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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 14 giugno 1879, Pres. ed Est. Poggi; P. M. Pironti...

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Udienza 14 giugno 1879, Pres. ed Est. Poggi; P. M. Pironti (concl. conf.) —Ric. P. M. nell'interesse della legge, in causa Caliari Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 331/332-333/334 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084816 . Accessed: 17/06/2014 12:32 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.78.90 on Tue, 17 Jun 2014 12:32:48 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 14 giugno 1879, Pres. ed Est. Poggi; P. M. Pironti (concl. conf.) —Ric. P. M.nell'interesse della legge, in causa CaliariSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.331/332-333/334Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084816 .

Accessed: 17/06/2014 12:32

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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331 PARTE SECONDA 332

facoltà del potere legislativo accordate a quello ese

cutivo, imperocché la esclusione della facoltà di ema

nare sanzioni penali sta appunto in ciò che coli'arti

colo 4 della legge 22 giugno 1874, il Parlamento non

accordò al Ministero altra facoltà che quella di pub

blicare un regolamento per la esecuzione della legge,

e non è nuovo in diritto che le sanzioni penali sono

parte sostanziale della legge, non riflettono la esecu

zione, e per conseguenza non si può ritenere accordata

nelle leggi la facoltà di determinare pene per le con

travvenzioni se non sia chiaramente espresso. E ciò è

tanto vero, che quando il Parlamento italiano ha vo

luto incaricare il potere esecutivo di pubblicare san

zioni penali, lo ha fatto espressamente e determinan

done i limiti come nella legge 20 marzo 1865, all. F,

riguardo alle ferrovie. E male s'invocano le discussioni

parlamentari che precedettero l'approvazione della

legge del 1874, imperocché queste, anziché appoggiare,

combattono meglio la teoria seguita dalla sentenza

denunciata. Ed invero, durante la discussione non fu fatto

mai cenno che uno degli articoli del regolamento do

vesse comprendere sanzioni penali ; e ciò che più monta,

l'approvazione- dell'art. 4 seguì dopoché il Ministero

ebbe dichiarato che si. trattava meramente di norma

di procedura, e che il Parlamento non era invitato ad

accordare al Ministero facoltà diversa da quella ac

cordatagli nel 1865; ed ognun sa che le sanzioni pe nali eccedono i limiti di una regola di procedura, sono,

come si è accennato, parte sostanziale della legge, e

la parte più importante, più delicata, come quella che

tocca le libertà e le sostanze dei cittadini, e non è

nuovo neppure che fu con generale giurisprudenza

sempre deciso che con la legge del 1865 non si era

dal potere legislativo autorizzato l'esecutivo a pub blicare sanzioni penali;

Considerando che tutto ciò stante, avendo il pretore male applicato la legge, la sentenza deve essere cas

sata, ecc.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 22 febbraio 1879, Pres. Poggi, Est. Mori-Ubal

dini, P. M. Trecci — Ric. Mariani.

Ordinanze — Iloti razione in l'alio (Cod. proc. pen., art. 323, 498, n. 2, e 281 n. 4).

IlilialliiiK'iilo — I*orte chiuse — Ordinanza intorno

alla posizione «Ielle questioni (Cod. proc. pen., art.

268 e 322). Le ordinanze motivate con le quali la Corte d'as

sise provvede sulle domande relative alla posizione

delle questioni non possono qualificarsi sentenze

vere e proprie; epperciò non è necessario che ed

pari di questa contengano l'enunciazione dei fatti che formano il soggetto dell' accusa.

Perciò stesso, allorché il dibattimento é tenuto a porte

chiuse, le dette ordinanze sono regolarmente lette

fuori la presenza del pubblico, essendo relativo alla

sola sentenza definitiva il precetto di doversene

fare la lettura in pubblico anche quando il dibat

timento fu tenuto a porte chiuse.

La Corte, ecc. — Considerando che non fu violato

l'art. 323 n. 2 Cod. p. p., se la Corte non enunciò i

fatti formanti soggetto dell'accusa nell'ordinanza colla

quale rigettavasi l'opposizione della difesa a che dal

presidente fosse posta la terza questione. Imperocché è a torto che vuoisi questa pronunzia qualificare sen

tenza vera e propria, non essendo essa invece che

un'ordinanza motivata, nè potendo esser altrimenti

(quantunque intitolata nel nome augusto del Re), coe

rentemente al combinato disposto dègli art. 498 e 281

n. 4 del Codice predetto; e così la Corte non aveva

bisogno di procedere alla prefata enunciazione, ba

stando che si limitasse, come fu fatto, ad enunciare

il soggetto della opposizione da lei decisa; Considerando che, dopo ciò, perde qualunque impor

tanza anche il terzo motivo, con cui si lamenta la vio

lazione dell'art. 322 del Codice stesso, in quanto risulta

dal verbale essere quell'ordinanza stata letta a porte

chiuse. E questo fu regolare, tuttavolta che quella pro nunzia non era la sentenza cui quell'articolo si rife

risce ; essendo giusta e necessaria illazione (avvalorata dal disposto del successivo art. 268, prescrivente do

versi proferire in pubblica udienza l'ordinanza benché

il dibattimento sia fatto, come fu nel caso concreto, a porte chiuse), che nell'eccezione al principio della

pubblicità debbano includersi tutte le altre delibera

zioni a cui siasi proceduto nello svolgimento della

causa, ecc.; Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 14 giugno 1879, Pres. ed Est. Poggi; P. M. Pi

ronti (conci, conf.) — Ric. P. M. nell' interesse della

legge, in causa Caliari.

Dibattimento — Imputato detenuto — Contumacia

(Cod. proc. pen., art. 271).

Non può dirsi contumace l'imputato non comparso, se essendo egli detenuto V autorità, cui incombe, non lo faccia accompagnare innanzi al giudice; e il dibattimento tenuto in assenza di lui è radical

mente nullo. (1)

La Corte, ecc. — Veduta la requisitoria di S. E. il

procuratore generale del re presso questa Corte, del

seguente tenore:

« Letti gli atti del procedimento penale contro Gae

tano Caliari, condannato con sentenza del Tribunale di

Verona, confermata in grado di appello, alla pena del

carcere per mesi sei, siccome colpevole del reato pre visto dagli articoli 103, n. 1, 638 Codice penale italiano;

« Attesoché, in seguito all'appello del condannato, il

presidente della Corte d'appello di Venezia ordinò la

(1) Conforme: stessa Corte 10 aprile 1878, ric. Lampato (Temi neta, 1878, pag. 308; Rivista pen., IX, pag, 173).

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333 GIURISPRUDENZA PENALE 334

citazione dell'appellante perl' udienza del 15 aprile 1879,

destinata per la discussione dell'appello; eia citazione

a comparire fu notificata il 24 marzo 1879 al Caliari

in persona propria;

« Attesoché nel frattempo, ossia il 5 aprile suddetto,

il Caliari venisse per altro furto arrestato, e dal car

cere di Verona,"ov'era detenuto, non fosse quindi, a

norma dell'art. 411 del Cod. di proc. pen., tradotto in

quello di Venezia; e nonostante l'impossibilità che lo

appellante potesse esser presente, perchè era detenuto,

tuttavia la Corte nel giorno stabilito per la discussione

procedette in sua contumacia e rigettò l'appello; « Attesoché il condannato abbia fatto decorrere il

tempo utile senza produrre ricorso per annullamento; « Attesoché sia manifesta la violazione della legge. « La presenza dell' imputato al dibattimento è con

dizione indispensabile dell'integrità e legittimità del

giudizio penale e parte sostanziale del diritto della di

fesa, neque enirn inaudita causa quemquam damnari

aequitatii ratio patitur. L. 1 Dig., de req. vel absen.

damnandis

« È bensì autorizzato il procedimento contumaciale

nei casi e nelle forme indicate dagli articoli 279, 347,

348, 388 proc. pen.; e nei casi previsti dagli articoli

629 e 630 dello stesso Cod. di proc. pen. si può pure

senza la presenza dell' imputato, procedere oltre al di

battimento; ma fuori di questi casi, il procedimento

senza l'intervento personale dell'imputato o del pro

curatore speciale, secondo le distinzioni dell'art. 271

della procedura penale, è radicalmente nullo.

« L'imputato non può dirsi contumace se non sia de

bitamente citato, se sia detenuto, e l'autorità, cui in

combe, non lo faccia accompagnare avanti il giudice,

o se altro ostacolo di forza maggiore gli abbia per av

ventura impedito di presentarsi in giudizio: epperò pro

cedendosi al dibattimento anco in assenza di lui, si com

mette un eccesso di potere e si violano i diritti della

difesa, e le forme sostanziali dell'orale giudizio;

« Per tali motivi, ecc ».

La Corte, per i motivi espressi nella requisitoria del

R. procuratore generale, cassa nello interesse della

legge, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO Udienza del 21 maggio 1879, Pres. Montagnini, Est.,

P. M. Gambara (conci, conf.) — Ric. Delli Casa.

Oltraggio — Presenza ilell'oltrag'g'iato — Apostro

l'azione «liretta (Cod. pen., art. 258).

Sentenza — Motivazione — Esistenza ilei fatto —

Estimazione giuridiea (Cod. pi'OC. peli., art. 323,

n. 3).

Quando le parole ingiuriose siano pronunziate in

presenza elei pubblico uffìziale allo scopo di dileg

giarlo, si ha senz'altro il reato d'oltraggio, quando anche l'ingiurialo non sia stato apostrofato diret

tamente. (1)

Allorché la sentenza abbia esaminato se le parole im

putate fossero oltraggiose, deve ritenersi che im

plicitamente siasi occupata del motivo di appello diretto a sostenere la mancanza di prova di essersi

pronunziate quelle parole. (2)

La Corte, ecc. — (Omissis). Sul secondo mezzo : —

Attesoché, giusta l'art. 258 Cod. pen., già cotanto illu

strato dalla giurisprudenza, basta che le parole oltrag

giose siano proferite in tali circostanze e modi, che si

debbano necessariamente riguardare personalmente ri

volte al pubblico ufficiale, e cosi lo colpiscano in di lui

cospetto, e sia quindi costretto a riceverle e subirle

nell' atto dell'esercizio delle sue funzioni, od a causa

del medesimo, senza che si richieda all' essenza del

reato, come pretenderebbe il ricorrente, che venga il

pubblico ufficiale direttamente apostrofato. Ora la stessa sentenza impugnata pone in sodo che

il ricorrente ebbe a pronunciare le oltraggiose parole in presenza del delegato di pubblica sicurezza, con tono

di voce alta abbastanza da poter essere intesa dalle

persone presenti, collo scopo di dileggiare.

E ne concluse pel concorso di queste circostanze

doversi ritenere l'ingiuria proferita in presenza del

pubblico funzionario, e diretta contro lo stesso, mentre

poi era fuori di questione che si trovava nell'esercizio

delle sue funzioni.

È adunque manifesta l'applicabilità dell'art. 258.

E quindi nemmeno per questa parte la denunciata

sentenza merita censura.

Questo mezzo adunque non ha fondamento (Omissis). Sul quarto mezzo : — Attesoché, per quanto sia vero

che l'impugnata sentenza lasci desiderare una più espli cita motivazione intorno allo specifico motivo d'appello dedotto dalla mancanza di prova che abbia il ricorrente

(1) L'elemento caratteristico del reato di oltraggio e che lo differenzia dalla diffamazione od ingiuria, di cui agli articoli 570, 572, 583 e 585

cod. pen., consiste nell'essere le parole oltraggiose o le imputazioni pronunziate alla presenza deY pubblico funzionario ed a lui dirette

personalmente. Se le parole furono pronunziate contro un pubblico ufficiale assente si ha il reato d'ingiuria e diffamazione, di cui nei ci tati articoli : Cass. Torino, 30 aprile 1866 (Monit. tribMilano, 1866,

pag. 541, e 20 luglio 1870 {Gazi, trib., Genova, XXII, pag. 281); Cas sazione Firenze, 9 novembre 1872 (Annali, 1872, pag. 362). La Cassa zione di Torino con la sentenza 29 gennaio 1875 (Gazz. trib., Genova,

XXVII, pag. 52) decise doversi ritenere il concorso di questo estremo della presenza dell'oltraggiato nel caso in cui le parole oltraggiose siano state proferite in vicinanza della caserma, e mentre ne usciva

l'agente della forza pubblica contro al quale eran dirette. Nella sen tenza che annotiamo non si fa questione della presenza dell'oltrag giato, ma della circostanza di non- essere egli stato apostrofato di

rettamente, e la decisione della suprema Corte ci sembra perfettamente giusta.

(2) Associandoci all'egregio Monitore dei Tribunali di Milano (1879, n. 25, pag. 592), dal quale togliamo il testo della sentenza, ci per mettiamo esprimere i nostri dubbi sull'esattezza del principio ritenuto dalla Cassazione di Torino. L'esser la Corte di mèrito passata alla estimazione giuridica delle parole oltraggiose non pare che possa far ritenere che necessariamente siasi prima occupata (come ne aveva

dovere) dello specifico motivo di appello relativo alla mancanza di

prova. Egli è evidente all'opposto che la Corte, anche decidendo se le parole erano ingiuriose, poteva ciò fare senza occuparsi di esami nare se in realtà le parole stesse furono o no pronunziate. Ed anche ammesso che se ne fosse occupata, non avrebbe dovuto esprimere i motivi pei quali riteneva che furono pronunziate1? Non doveva cioè

ragionare sull'esistenza della prova ?

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