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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 17 luglio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M....

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Udienza 17 luglio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M. Del Mercato. —Ric. Catalano Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 457/458-459/460 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084881 . Accessed: 17/06/2014 01:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.20 on Tue, 17 Jun 2014 01:02:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 17 luglio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M. Del Mercato. — Ric. Catalano

Udienza 17 luglio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M. Del Mercato. —Ric. CatalanoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.457/458-459/460Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084881 .

Accessed: 17/06/2014 01:02

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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457 GIURISPRUDENZA PENALE 458

che il reato di cui si tratta, è previsto e represso dal

l'art. 624 cod. pen., e passibile perciò di pena ecce dente la competenza pretoriale;

E niun conto quindi fatto dell'ordinanza 30 aprile 1879

del giudice istruttore di Reggio Emilia, rimanda gli atti al Tribunale correzionale di detta città.

CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO. Udienza 17 luglio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M. Del Mercato. — Ric. Catalano.

Cassazione — Ilevoca di mandato di cattura —

Sentenza della Sezione di accusa — Iliserva di

riesame — Kicorso inamiuessibiie (Cod. proc. pen., art. 647).

La sentenza della Sezione di accusa che, provvedendo sulla domanda con la quale, adducendo la inesi

stenza di reato, sia chiesta la revoca del mandato

di cattura, rigetta nel dispositivo la domanda, ma

nei motivi si riserva di ritornare sugli apprezza menti delle prove, non può dirsi nè definitiva nè

avente forza di definitiva. (1) Epperciò contro detta sentenza non è ammesso il ri

corso per annullamento. (2)

La Corte, ecc. — Attesoché il primo còmpito della

Corte di cassazione è quello di vedere se il ricorso sia

o pur no ammessibile. Ed all'uopo occorre indagare

l'indole della sentenza impugnata ; conciossiachè, se la

stessa non sia una sentenza definitiva, il ricorso in

contra l'ostacolo dell'art. 647 cod. proc. pen., sicché si

debba non ora produrre, ma unitamente a quella contro

la definitiva. E che definitiva non sia l'indole della sentenza im

pugnata risulta dai fatti premessi all'uopo, non che

dalla lettera e dalla sostanza della sentenza medesima.

Nulla mette in essere il fatto enarrato, cioè che la

Sezione, nel confermare il mandato di cattura di cui

si tratta, aveva riconosciuto la esistenza degli elementi

del reato; tale riconoscimento era implicito nel fatto

di quella conferma.

E nulla mette in essere l'altro fatto, cioè che nel di

spositivo della sentenza impugnata si legga il semplice

rigettamento della domanda, quando, come fu premesso

in fatto, nella finale considerazione leggesi chiara ed

espressa riserva del riesame sulla domanda ad istru

zione compiuta. E la riserva nella finale considerazione contenuta,

che tutto quanto avea detto precedentemente subordina

al compimento della istruzione, e che, unita al dispositivo, costituisce un sol tutto della sentenza, avea fondata ra

gione di essere nella possibilità di doversi mutare il

titolo del reato, al che la requisitoria del pubblico mi

nistero avea chiaramente accennato, in quello di falsa

testimonianza, avuto luogo in un processo già chiuso ed

ultimato ; circostanza questa che risulta dall'esposizione dell'istanza dello stesso Catalano.

Se dunque la Sezione delle accuse riservossi il rie

same della domanda ad istruzione compiuta, per fermo

non si comprende come possa dirsi definitiva tal sen

tenza, già revocabile, per virtù di legge, dallo stesso

magistrato che la emise, giunto il momento dell'ultima

statuizione, ai termini degli art. dal 429 al 444 cod.

proc. pen.

Regola generale è quella che il ricorso in Cassa

zione sia un rimedio straordinario, e non debba am

méttersi che nei casi, modi e tempi dalla legge de

terminati. Una sola eccezione contiene l'art. 647 del cod.

cit., se tale essa sia, o non piuttosto applicazione della

stessa regola. Ed essa è in ordine alle sentenze della

Sezione di accusa, per le quali siasi dichiarato non es

sere luogo a procedimento penale, per difetto d'indizi

sufficienti di reità a carico dell'imputato, quando le

stesse vengano impugnate per taluno dei motivi desi

gnati nei nn. 2, 3 e 4 dell'art. 460. Or nella indagine

della ragion della legge, per siffatta eccezione, non si

procede a stento. La sentenza della Sezione d'accusa,

che tanto dispone, non puossi qualificare preparatoria

di un giudizio ; essa costituisce cosa giudicata, imper

ciocché, se nel termine di legge sorgono nuove prove,

è in virtù di queste esclusivamente che la istruzione

si riprende ; senza di esse il rispetto al giudicato esser

debbe assoluto. Or questo precisamente volle la legge

dichiarare nell'alinea dell'art. 647, ad eliminare ogni

possibile dubbio. Si sa che la dottrina e la giurisprudenza, basando

(1-2) Catalano Francesco, imputato di calunnia in danno di Anto nino Sinatra ed altri, produsse domanda alla Sezione d'accusa di Pa

lermo, premettendo lunga esposizione di fatti relativi all'istruzione !

segreta in corso, e, ragionando sui fatti medesimi, conchiuse l'istanza j nei seguenti precisi termini : « Rimanendo quindi escluso il titolo del ;

reato, per cui l'arresto del Catalano è avvenuto, rimanendo escluso 1

ogni altro titolo di reato, per cui potrebbe procedersi a mandato di

cattura, si fa istanza perchè, nei termini dell'art. 185 cod. proc. pen., riformato dalla legge 30 giugno 1874, sia revocato il mandato di cat tura eseguito contro Francesco Catalano, e venga di conseguenza or dinata la escarcerazione di lui, dichiarandosi non farsi luogo a pro cedimento penale per inesistenza di reato ».

Sulla esposta domanda il P. M. osservò che non era qui il caso di valutare il merito della denuncia del Catalano, incriminata come falsa, cioè se costituiva o no un reato in rapporto alla volontà dell'agente, perchè ciò doveva essere riservato ad istruzione compiuta. Accentuava inoltre il P. M. la riflessione che allo Stato bastava assodare potervi essere il reato di calunnia o di falsa testimonianza, e che elementi

per l'uno e per l'altro vi erano, sicché richiese il rigetto della do manda.

La Sezione d'accusa, con sentenza del 26 aprile 1879, osservò che

dessa, nel confermare il mandato di cattura eseguito contro il Cata

lano, tenne presente altra domanda di costui, identica all'attuale, e che aveva allora riconosciuto nei fatti in esame gli elementi della ca lunnia. Osservò altresi che non erano sopravvenute altre risultanze istruttorie valenti a modificare i concetti di fatto e di diritto sulle par venze della istruzione, cioè che le dichiarazioni del Catalano conte nessero una denuncia di fatti criminosi.

Ed osservò in ultimo luogo che, stando così le cose, e salvi gli op portuni apprezzamenti delle prove, quando il processo sulla calun nia sarà compiuto, non era il caso di dare accoglienza alla proposta istanza. Dietro tali considerazioni dispose il rigetto della domanda

Catalano, cioè di revoca del mandato di cattura contro lui eseguito, della dichiarazione di non farsi luogo a procedimento penale per ine sistenza di reato ; ed avverso tale sentenza il Catalano produsse ri corso per annullamento adducendo di non concorrere gli estremi del

reato imputatogli.

Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte II — 32.

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459 PARTE SECONDA 460

sempre sullo stesso principio, ammettono che, se una

eccezione perentoria fosse stata giudicata dalla Sezione

d'accusa, come la desistenza nei reati di azione pri

vata, l'amnistia, la prescrizione, allora il ricorso in

Cassazione sarebbe ammessibile, altrimenti si andrebbe

all'assurdo di dare continuazione e svolgimento ad una

azione già estinta per comando di legge.

Si sa del pari che, in fatto di libertà provvisoria, anche assurdo sarebbe il rimandare all'esito del giu

dizio di cognizione la disamina di una questione che

necessariamente debbe essere risoluta nello stadio pre

cedente. .

Ma vuoisi sapere altresì che assurdo evidente sa

rebbe il ritenere definitivamente, senza rimedio, riso

luta una questione di diritto, che dipenda da un fatto,

di cui non è ancora compita l'istruzione, e nonostante

che il magistrato nel rispondere all'incalzo della do

manda analoga, questa rigetti, ma si riservi il riesame

sulla stessa tosto che l'istruzione fosse compita.

Ed è appuntino questa la tesi. La revoca del man

dato di cattura si voleva far dipendere dal manco degli

elementi di diritto che costituiscono il reato di calun

nia. La sentenza impugnata non avrebbe dato appicco

al presente ricorso, se avesse risposto alla domanda,

colla forinola di non trovar luogo a deliberare allo

stato e sino al compimento dell' istruzione ; ma la for

inola, più o meno esatta, non vale a mutar la sostanza

della sentenza. Il rigettamento con la riserva del ri

esame significa il non trovar luogo a deliberare allo

stato.

Ed allora qual è il pregiudizio od il danno? Quale

la sentenza definitiva, o che abbia vim definitivae?

Qual termine finale fu posto al merito o ad un inci

dente risoluto?

Il ricorrente accenna alla continuazione del carcere,

che subisce; ma egli, in tal modo, accenna anche ad

una petizione di principio, imperciocché se la Sezione

di accusa poteva rinviare ad altro esame la libera

zione di lui dal carcere, esso vi rimane legalmente; Ond'è che il ricorso è inammessibile. Pertanto, di

chiara, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO. Udienza 15 settembre 1879, Pres. ed Est. Abrignani

— Ric. Mangiavillano.

EJIiertà provvisoria — Ricorso per cassazione —

Detenuto condannato per crìmine a pena corre

zionale (Cod. proc. pen., art. 657).

In pendenza del ricorso per cassazione, il condan

nato dalla Corte d'assise a pena correzionale può essere ammesso a libertà provvisoria, quantunque il titolo dell' accusa sia di crimine. (1)

Ed allo scopo di ottenere quel beneficio non può farsi

distinzione tra condannato che trovasi a pie libero

e condannato che già trovasi detenuto, potendo anche quest'ultimo mutare il suo stato di deten

zione in quello di custodia esteriore, cioè di libertà

provvisoria. (2)

Là Corte, ecc. — Atteso, nel fatto, che il Mangiavil

lano, accusato per crimine e condannato dalla Corte

d'appello di Girgenti al carcere per anni tre, siccome

colpevole di ferita con arma da fuoco, spinse, dall' un

(Janto, domanda di cassazione avverso la sentenza di

condanna, e, sotto lo stesso giorno, chiese dalla Corte

d'assise medesima il benefìcio della libertà provvisoria; ma la Corte rispose di non trovar luogo a deliberare

sulla domanda, per la considerazione che dall'art. 657

cod. proc. pen. risultava la esclusione del chiesto be

neficio, leggendosi in esso che lo si accorda solamente

a coloro che non si trovino detenuti, nè in istato di

libertà provvisoria; e quindi al Mangiavillano detenuto

non si poteva concedere.

Osserva, nel diritto, che la Corte d'assise di Girgenti mal si oppose alla ragione addotta. Nessun dubbio che,

per l'ammessibilità del ricorso, il Mangiavillano, poiché trovavasi detenuto, non aveva bisogno della libertà

provvisoria, ma era a vedersi dalla Corte, se il con

dannato a pena correzionale, il quale intenda giovarsi del ricorso in Cassazione, possa cambiare lo stato di

detenzione, in cui trovasi, nell' altro della custodia este

riore.

Ed in siffatta disamina la Corte d'assise di Girgenti,

pur tenendo presente la regola di guarentigia, richie

sta dall'art. 657, che non è la sola detenzione, ben pure la custodia esteriore, avrebbe dovuto altresì ricorrere

al principio che regola il più grande fra i diritti del

cittadino, la libertà personale, e considerare che la pri vazione di questa costituisce un' eccezione necessaria, nel conflitto con la tutela della sicurezza sociale, avuto

riguardo alla pena; ed allora ne avrebbe conferita la

conseguenza, che tal conflitto, nella fattispecie, non avea

ragione di essere, per la mancanza della gravità della

pena applicata, essendo stata essa correzionale.

Ed era necessario altresì uscire dai limiti dell' arti

(1-2) Riguardo al principio di doversi concedere la libertà provvi soria in pendenza del ricorso per annullamento anche ai condannati

per crimine a pena correzionale, la giurisphidenza di tutte le nostre Corti di cassazione è concorde; e la stessa Cass. di Napoli, la quale per più tempo aveva adottata l'opinione opposta, l'ha poi abbando

nata, come può vedersi nello scritto del cons. Narici, pubblicato nella

Legge, 1877, n. 24, e nella sentenza di quella Corte del 19 febbraio 1879, da noi pubblicata nel volume dell'anno decorso, col. 142 e seg.

Riguardo poi alla seconda delle massime che annotiamo, l'argomento a contrario dedotto dalla disposizione dell'art. 657 cod. proc. pen. (se condo la quale la libertà provvisoria in pendenza del ricorso per an nullamento può concedersi a coloro che non si trovano detenuti ne in istato di libertà provvisoria) sembra in verità più specioso che solido, ed è ampiamente confutato dalla suprema Corte. In pratica poi è co munemente e pacificamente ritenuto di potersi concedere la libertà

provvisoria anche al ricorrente in Cassazione che sia detenuto; e se così non fosse, la questione lungamente agitata per istabilire se com

petesse il beneficio della libertà provvisoria all'accusato di crimine che fu condannato al carcere, non avrebbe quasi mai applicazione; essendo rarissimo il caso in cui si possa esser rinviato per crimine alle Assise a piede libero, e dovendosi anzi considerarlo come legal mente impossibile se si ritiene che la disposizione dell'art. 439 cod.

proc. pen. non sia stato tacitamente abrogato dalla legge 30 giugno 1876, come ritenne la Cass. di Firenze con la sentenza 29 dicembre 1877

{Foro it1878, II, 209).

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