Udienza 18 aprile 1879, Pres. Montagnini, Est. Talice, P. M. Pozzi (Concl. contr.) —Ric.Macchiavello Giacomo e Calandra DomenicoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.203/204-207/208Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084748 .
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203 PARTE SECONDA
un precedente decreto ammonì il ricorrente Gabbani,
rinviando la causa ad altro pretore ; Per questi motivi, cassa e rinvia, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE.
Udienza 19 aprile 1879, Pres. Poggi, Est. Giuliani,
P. M. Trecci — Ric. P. G. di Firenze e. Traina.
Armi — Viaggiatore — BBag'agiio — Porto — Ili
tenzioue (Cod. pen., art. 457).
Il trasportare armi insidiose in una cassa chiusa a
chiave che il viaggiatore ha depositata nella sta
zione ferroviaria per esser riposta nel bagagliaio,
costituisce non il reato di porlo d' arma preveduto
dalla prima parte dell' art. 45 7 Cod. pen., ma quello
di ritenzione, preveduto dall' alinea dello stesso ar
ticolo.
La Corte, ecc — Attesoché la denunziata sentenza
ritenne in fatto clie Tommaso Traina era alla stazione
ferroviaria di Siena in procinto di mettersi in viaggio,
quando i reali carabinieri, avendo fondati sospetti che
nel suo equipaggio si contenessero armi insidiose, lo
indussero ad aprire una cassa chiusa a chiave, già de
positata in detta stazione ferroviaria per essere riposta nel bagagliaio, volendo praticare una perquisizione. La
quale dette per risultato il ritrovamento di un bastone
con dentro lo stocco e di altro stocco unito al manico
che si adattava ad una canna d'india bucata, posta al
di fuori della cassa.
Attesoché l'art. 457 del Cod. pen. italiano, modificato
dalla legge del 6 luglio 1871, là dove nella sua prima
parte si riferisce a chiunque fuori della sua abitazione
sia trovato con armi, ecc. vuoisi intendere che designi colui che sia trovato con armi sulla propria persona, ovvero a portata del medesimo, in modo da poterne fare un facile ed immediato uso.
Ecco il senso da darsi a quella disposizione di legge secondo la norma espressa nell'art. 3 delle disposi zioni sulla interpretazione delle leggi in generale,
avvegnaché sia l'unico senso fatto palese dal proprio
significato delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
Infatti, la dizione: esser trovato con alcuna cosa,
sveglia l'idea di aver la cosa o in atto di usarla, ov
vero a pronta disponibilità. Ed una tale configurazione di fatto, rispetto al possesso di un'arma vietata, dovè
apprendersi dal legislatore come più perigliosa alla
sicurezza pubblica di ogni altra congenere; onde si
giustifica la grave pena comminata dalla prima parte del citato articolo di legge ;
Attesoché il possesso di un'arma contenuta in una
cassa abbastanza grande e chiusa a chiave, che si tras
porta dal viaggiatore nella ferrovia e da riporsi nel
bagagliaio, per le cose superiormente avvertite, costi
tuisce un fatto al quale è applicabile la seconda parte dell'art. 457, ove si parla della ritenzione in casa od
in altro luogo qualsiasi delle armi vietate;
Attesoché, avendo appunto la denunziata sentenza
giudicato il fatto del Traina ai termini di questa se
conda parte dell'articolo stesso, anziché violare la
legge, ne fece la più retta applicazione;
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 18 aprile 1879, Pres. Montagnini, Est. Tauce,
P. M. Pozzi (Conci, contr.) — Ric. Macchiavello Gia
como e Calandra Domenico.
'B'estinione ammalato — Lettura della deposizione a semplice schiarimento — Nullità (Cod. proc. peli., art. 311 e 292).
Cassazione — Condanni! capitali — Facoltà della
Corte (Cod. proc. pen., art. 650, 284 e 655).
Trattandosi di testimonio citato e non comparso per
legittimo impedimento, la sua deposizione, ove ne
sia ammessa la lettura, dev'esser letta per tutti gli
effetti; e quindi è nullo il dibattimento, se l'ordi
nanza che ammette la lettura dichiari nel dispo sitivo che questa debba darsi a titolo di semplici indicazioni e schiarimenti. (1)
Trattandosi di condanne capitali, la Corte di cassa
zione può liberamente giudicare delle ordinanze
proferite dalla Corte d'assise, quantunque non vi
sia stata per parte dell'accusato e del suo difen sore né protesta, nè riserva di ricorrere, e quando
anche le ordinanze stesse non siano indicate nella,
dichiarazione della domanda di cassazione (2).
(1) Giurisprudenza costante. Si vedano infatti le seguenti sentenze: Cass. Firenze, 16 luglio 1873, ric. Pompa (Annali, VII, pag. 218), e 8 novembre 1873 (Mon. giud., Venezia, 1873, pag. 172) ; Cass. Pa
lermo, 3 febbraio 1874, ric. Aliberti {Legge, XIV, pag. 619), e 5 mag gio 1877 (Foro it., 1877, col. 432) ; Cass. Napoli, 17 dicembre 1869 (An nali, 1870, pag. 127), 27 marzo 1863 (Id., 1863, pag. 279), e 30 no vembre 1877 (Foro it., 1878, col. 258) ; Cass. Torino, 27 marzo 1871
(Annali, 1871, pag. 100), 10 luglio 1873, ric. Verità ed altri (Id., 1873, pag. 192), 26 marzo 1874 (Id., 1874, pag. 147), 13 febbraio 1878, ric.
Russo, est. Talice (inedita), ecc. Da una memoria a stampa dell'avv. Eusebio di Torino, relativa ad
altra causa, togliamo il seguente brano che si riferisce alla distin zione tra la lettura del deposto del testimone non comparso per legit timo impedimento e quella del testimone non comparso senza trovarsi nella impossibilità di comparire : « La deposizione scritta di un testi mone (ivi si legge), il quale citato al pubblico dibattimento non com
parisce, pur non trovandosi nella impossibilità di comparire, viene da
questo contegno intaccata e scossa nella sua credibilità, non essendo
irragionevole il supporre che il testimone non si presenti per non smen tire o modificare alla pubblica udienza, quanto ebbe già a deporre nel l'istruttoria scritta. La legge quindi, pur permettendo che tale depo sizione venga letta all'udienza, non vuole però che entri nel dibatti mento e concorra a creare la convinzione del giudice come vera prova, ma vuole che vi entri unicamente come semplice indicazione o schia rimento. La stessa suspicione non intacca per contro la deposizione scritta di quel testimone, il quale, se citato non si presenta al pub blico dibattimento, si è perchè trovasi nella impossibilità di presen tarsi. La legge vede in tale deposizione una testimonianza vera, e quando tale deposizione scritta è fatta entrare nel pubblico dibatti mento, la legge vuole che come vera testimonianza vi entri, e non come semplice schiarimento ».
(2) L'illustre ed infaticabile estensore della sentenza, comm. Talice, si è compiaciuto indicarci come conformi alla massima le seguenti
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205 GIURISPRUDENZA PENALE 206
La Corte, ecc. — Attesoché la legge, con due di
stinte e ben diverse disposizioni, regolò l'eccezione al
principio fondamentale di oralità concernente la let
tura della deposizione scritta di un testimonio citato,
e non comparso, secondo che la non comparizione av
venga per giusta ragione, stante cioè l'impossibilità verificatasi ed accertata a presentarsi per causa di
malattia, ovvero il testimonio si renda contumace, senza
che consti di alcun legittimo impedimento. Il primo caso è compreso nell'art. 294 del Codice di
procedura penale, ove all'ultimo alinea leggesi: « che
qualora la Corte non creda delegare l'esame del testi
monio impedito, dovrà far dare lettura della sua de
posizione e dichiarazione scritta, se una parte ne faccia
l'istanza, e le altre non dissentano »; l'altro caso è di
sciplinato dall'ultimo alinea dell'art. 311, così conce
pito: «le parti possono consentire che le deposizioni
dei testimoni citati e non comparsi sieno lette a titolo
di semplici indicazioni e schiarimenti »; restrizione
questa che non si riscontra nel predetto art. 294. Anzi,
per porre in avvertenza che le due suddette disposi
zioni non fossero per confondersi l'una coll'altra, espres
samente si aggiunse: « salvo, nel caso in cui il testi
monio non abbia potuto presentarsi, la disposizione del
l'ultimo alinea dell'art. 294 ».
E la ragione della sostanziale differenza delle due
disposizioni consiste in ciò, che giusta l'art. 294 è la
sciato anzitutto al prudente criterio della Corte il giu
dizio sulla necessità ed opportunità o meno di pro
curarsi per mezzo di delegazione l'esame orale e giu
diziale del testimonio impedito, ed allora soltanto che
essa non creda di usare della facoltà di delegare, sic
come per contro le parti potrebbero avvisare altri
menti, e che invece la deposizione di quel testimonio
fosse necessaria od utile nel rispettivo loro interesse, e
conveniente quindi di porre in rilievo gli elementi di
prova, che possa contenere già raccolti nel processo
scritto, la legge sanzionò in termini formali il diritto
a favore delle parti stesse di esigere, ed il correlativo
obbligo nella Corte di ordinare la lettura della stessa
deposizione nelle condizioni medesime in cui fu fatta
nell'istruzione preparatoria. Ma bisogna che il testi
monio sia per malattia od altra causa grave impedito
a comparire; è questa l'ipotesi tassativamente prevista
dalla legge. E verificandosi la medesima, stante anche
la guarentigia del precedente giudizio della Corte, ben
si potè, in ossequio al diritto delle parti, disporre quella
lettura per tutti gli effetti giuridici d'una vera e le
gittima testimonianza, di guisa che formar potesse ele
mento legale del dibattimento.
All'incontro, nella specie contemplata dall'ultimo
alinea dell'art. 311, la lettura della deposizione scritta,
essendo fatta soltanto in base al mutuo consenso delle
parti, la legge non acconsentì che le medesime di esclu
sivo loro arbitrio potessero senz'altro indurre la sur
rogazione relativa della procedura scritta a quella
orale, fuori dei casi tassativamente indicati, e vi ap
pose la clausola restrittiva per semplici indicazioni
e schiarimenti, cioè con un valore di prova accessoria
secondaria; Attesoché contro la lettera chiara e precisa della
legge e lo spirito della medesima, non meno che contro
la giurisprudenza uniforme e costante di questa e
delle altre supreme Corti del Regno, essendosi la let
tura della deposizione del teste Sanguinetti ordinata
non già puramente e semplicemente ed a tutti gli ef
fetti della prova, ma a titolo di indicazioni e schiari
menti, è di per sè evidente l'incorsa violazione del
l'art. 294 e falsa applicazione dell'altro art. 311 del Co
dice di procedura nel ricorso invocato, non meno che
il disconoscimento del diritto degli accusati, ed inevi
tabile conseguenza ne è la nullità del dibattimento e
della sentenza denunciata; Attesoché non può, a mente dell'art. 650 del Codice
di procedura penale, essere d'ostacolo all'ammissione
di questo mezzo l'inosservanza del disposto dell'art. 284
dello stesso Codice opposta dal pubblico ministero, es
sendo massima di giurisprudenza, che quando vi è con
danna alla pena di morte, la Corte di cassazione può liberamente giudicare delle ordinanze proferite dalla
Corte d'assise, quantunque non vi sia stata per parte dell'accusato e del suo difensore nè protesta, nè riserva
di ricorrere, e quand'anche le ordinanze stesse non
siano indicate nella dichiarazione della domanda di
cassazione.
E di vero, trattandosi di pena che per la sua irre
parabilità accresce il dubitare delle coscienze, l'inte
resse pubblico vuole assicurata la società della pienis sima osservanza della legge e dell'assoluto e scrupo loso rispetto delle sue forme tutelari, onde si renda
supernamente legittima l'opera della giustizia umana;
egli è perciò che la legge stessa supplisce ad ogni di
fetto di protesta e dichiarazione; tutto in tali cause
diviene d'ordine pubblico sindacabile e discutibile d'uf
ficio. Investita la Corte suprema, anche per sola virtù
e mandato della legge, della cognizione dell'intiera
causa, ed espressamente eccitata dal legislatore a ri
levare essa stessa per sè sola mezzi d'annullamento
senza alcuna limitazione, spiega la pienezza della sua
giurisdizione come un diritto suo proprio ed ingenito, s^nza riguardo all'acquiescenza privata, che non può
più essere operativa di effetto giuridico. Contraria
mente, ove solo perchè per un condannato, per neghit tosità od inesperienza, siasi omessa la protesta o ri
decisioni, che noi ci facciamo premura d'indicare a nostra volta ai
lettori: Cass. Torino, 15 febbraio 1872, ric. Manca-Rujo (Annali, 1872,
pag. 47) e 10 luglio 1873, ric. Verità ed altri {IcL., 1873, pag. 192); Cass. Firenze, 8 maggio 1872, ric. Di Marzio (Id., 1872, pag. 133) ; Cass. Milano, 3 agosto 1863 [Legge, 1863, pag. 1024) ; Cass. Palermo, 16 settembre 1869, ecc.; Cour supérieure de Bruxelles, 22 juillet 1816
{Journal du Palais, XIII, pag. p59); Cass. fr.,29 juin 1827 (Id., XXI,
pag. 557), 17janvier 1823 {Id., pag. 1057), 10 avril 1823 {Id., pag. 1355), 29 avril 1831 {Id., XXIII, pag. 1527), 23 avril 1855 {Id., XXVII, pag. 95), 24 septembre 1840, ecc.
A maggiore schiarimento osserviamo, che il dissenso manifestato dal
pubblico ministero su questo punto, era motivato dalla mancanza di
protesta o riserva di ricorrere per parte della difesa, allorché fu letta
l'ordinanza che fu poi denunziata in Cassazione (art. 234 proc. pen.); ma con le citate sentenze è stato costantemente ritenuto non esser
necessaria quella protesta.
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207 PARTE SECONDA 208
serva di ricorrere, dovesse la Corte, abdicando il pro
prio potere ed in urto al sentimento morale, chiudere
volontariamente gli occhi per non vedere anche una
flagrante violazione delle più essenziali forme di rito,
rimarrebbe per modo indiretto abolita la provvida di
sposizione dell'art. 650 precitato, sanzionato nell'inte
resse privato non meno che in quello dell'ordine so
ciale ; Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 23 aprile 1879, Pres. Montagnini, Est. Long hi,
P. M. Pozzi (Conci, conformi) — Ric. Tedeschi.
Appello — Nolo imputato appellante — Incompe
tenza del primo {fimliee (Cod. proc. pen., art. 364).
L'ultimo alinea dell'art. 364 proc. pen. (secondo il
quale, trattandosi di appello interposto dal solo im
putalo, il Tribunale deve provvedere quantunque
riconosca che il pretore era incompetente) si ap
plica al solo caso in cui l'appello dell'imputato si
riferisca soltanto al merito. (I)
Se invece tale appello dell'imputato abbia sollevato
la quistione d' incompetenza, il Tribunale deve ver
sare sulla medesima e provvedere a norma della se
conda parte del citato art. 364. (2)
La corte, ecc. — Attesoché essendo l'eccezione d'in
competenza un'eccezione d'ordine pubblico, che devesi
rilevare d'ufficio, non si può a meno di ravvisare affatto
eccezionale il caso previsto dall'ultimo alinea dell'ar
ticolo 364 del Codice di procedura penale, per cui il
Tribunale, trattandosi-d'appello interposto soltanto dal
l' imputato da condanna pronunziata dal pretore, deve
tuttavia provvedere, sebbene questi fosse incompetente;
che quindi, come eccezione ad una regola generale do
vendosi rispettivamente intendere tale disposto di legge,
è consono a giustizia, che sempre quando l'imputato
non limiti l'appello al merito, ma sollevi l'incompe
tenza, debba il Tribunale versare sulla medesima;
Che infatti quando l'imputato appella soltanto sul
merito, sicome la pena non può essere aumentata, così
per l'economia del giudizio, e per trattarsi di reati
meno gravi, e maggiormente frequenti, importa che
siano prontamente definiti; mentre invece quando lo
imputato solleva l'incompetenza per non essere sot
tratto dai suoi giudici naturali, allora egli ha interesse
ad un nuovo giudicio per ottenere una diminuzione di
pena, ed anche la sua assolutoria;
Che d'altronde potendo in appello il pubblico mini
stero sollevare la stessa eccezione, anche per recipro
cità di trattamento, devesi accordare eguale facoltà al
l' imputato;
Che pertanto la sentenza del Tribunale di Brescia
coll'avere respinta l'eccezione d'incompetenza opposta dal ricorrente, sébbene riconoscesse che il pretore era incompetente a provvedere sul reato d'oltraggio a lui ascritto, falsamente applicava l'ultimo alinea di
detto art. 364, e quindi dev'essere annullata; Per questi motivi, cassa, ecc.
(1-2) In senso conforme decise la Cass. di Napoli con sentenza 7 ottobre 1870 (Annali, 1871, pag. 173). Si confronti poi la sentenza della stessa Cass. Torino del 30 giugno 1877, P. M. c. Sogni (Giorn. trib., Milano, 1877. pag. 815; Riv. pen., VII, pag. 499; Annali, 1878, pag. 24).
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 14 maggio 1879, Pres. Montagnini, Est. Talice,
P. M. Pozzi (Conci, conf.) — Ric. P. G. della Corte
d'appello di Torino e Cigolini Don Agostino.
Inumazione — Neonato — Morte violenta — Vita
extrauterina (Cod. pen., art. 518 e 517).
L'occultamento del cadavere di un neonato estinto di
morte violenta costituisce il reato preveduto dal
l'art. 518 Cod. pen., e non quello più lieve previsto dal precedente art. 517, quantunque non siasi po tuto constatare se il neonato fosse nato vivo o morto ; e ciò tanto più se siasi accertato che scopo dell' oc
cultamento fu V impedire l'investigazione della giu stizia.
La Corte, ecc. — Sul pruno e secondo mezzo. —
Attesoché sebbene nel mandato di cattura rilasciato
contro il Don Cigolini al primo dei fatti in esame si
l'osse attribuita la qualificazione giuridica del reato di
occultazione d'infante previsto e represso dall'art. 506
del Codice penale; però il D. Cicolini fu poi rinviato al
giudicio correzionale siccome imputato del reato di cui
nell'art. 518 di detto Codice « per avere in uno dei primi « giorni di marzo 1878 in Antrona Piana nascosto il ca « davere di un neonato partorito poco prima in sua « casa dalla di lui nipote Petronilla Giordani seco lui « convivente »: ed il Tribunale di Domodossola ritenne
stabilito tale fatto di nascondimento del cadavere di un
neonato, ne dichiarò colpevole il D. Cigolini, e lo con
dannò a 9 mesi di carcere; Attesoché la Corte d'appello invece, dopo avere con
un apprezzamento di fatto non soggetto a sindacato in
questa sede ritenuta come constatata l'avvenuta gra vidanza della Petronilla Giordani, e che autore esclu
sivamente ad ogni altro ne fosse stato il D. Cigolini, non che il susseguitone parto in di costui casa, senza
l'assistenza di altra persona, di un infante a termine, ne dedusse (sono testuali parole della sentenza denun
ciata) « che D. Cigolini dovesse rendere ragione della « scomparsa di quell'infante: che però,non risultando « che il neonato fosse nato vivo o no, sebbene a ter « mine, si dovesse ritenere che non siasi occultato vivo, « ma che sia perito di morte violenta, e non potesse « così rendersi applicabile al caso l'art. 518 del Codice « penale nel senso dell'imputazione, ma piuttosto in « quello dell'art. 517, ipotesi la più favorevole all'im
« putato. Che per conseguenza la condanna pronuncia « tasi dal Tribunale non potesse venire revocata, ri « tenuto però applicabile l'art. 517 del Codice penale:
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