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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 19 settembre 1911; Pres. Gui, Est. Tocci — Ric....

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Udienza 19 settembre 1911; Pres. Gui, Est. Tocci —Ric. Erdas Source: Il Foro Italiano, Vol. 37, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1912), pp. 63/64-65/66 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23114655 . Accessed: 28/06/2014 07:44 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.26 on Sat, 28 Jun 2014 07:44:34 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 19 settembre 1911; Pres. Gui, Est. Tocci — Ric. Erdas

Udienza 19 settembre 1911; Pres. Gui, Est. Tocci —Ric. ErdasSource: Il Foro Italiano, Vol. 37, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1912), pp.63/64-65/66Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23114655 .

Accessed: 28/06/2014 07:44

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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68 PARTE SECONDA

risarcimento del danno, ove tale pagamento non siasi

poi verificato. (1)

La Corte: — Ritenuto ohe all'udienza 19 luglio 1911

il pretore di Busca, a cui era stato rinviato il giudizio a carico di Martino Dalmasso, imputato di lesioni lievis

sime in danno di Luigi Alena, propose alle parti una

conciliazione suggerendo la remissione della querela verso

il previo pagamento di lire 100 per danni, oltre le spese. La proposta fu accettata, ma non avendo il Dalmasso

presso di sè la somma, la causa fu rinviata per la reda

zione dell'atto di remissione, prima al 31 stesso mese, e

dipoi per la non comparizione dell'imputato al 19 agosto successivo.

Che in quest'ultima udienza, nella quale l'imputato

neppure comparve e fece chiedere un nuovo rinvio, il

querelante, come è detto nel verbale, si oppose al rin

vio, dicendosi stanco di recarsi a Busca per colpa del

Dalmasso, e chiese darsi atto dell'avvenuta remissione ; il pretore ordinò procedersi in contumacia, invitando il

querelante a far la remissione su un foglio di carta bol

lata già lasciata all'uopo dal Dalmasso, e quegli su detto

foglio che debitamente sottoscrisse, dichiarò « in confor

mità di quanto risulta dal verbale d'udienza del 19 lu

glio 1911, di fare remissione della querela sporta contro

Dalmasso Martino par lesione personale. . ., a condizione

che il Dalmasso paghi lire 100 a titolo di danni e le

spese del giudizio » ; a seguito di che il detto pretore con sentenza pronunziata lo stesso giorno 19 agosto 1911

dichiarò estinta l'azione penale per remissione.

Appellò il P. M. sostenendo sostanzialmente che la re

missione non poteva ritenersi operativa perchè subordi

nata a condizione non vesificatasi; ma avendo il tribu

nale di Cuneo con sentenza 14 settembre u. s. respinto il gravame, lo stesso P. M. ha prodotto ricorso per an

nullamento e deduce la violazione dell'art. 88 cod. pen.,

per lo stesso motivo già dedotto in appello. Attesoché il tribunale ritenne valida la remissione

benché subordinata alla condizione di pagare previamente lire 100 per i danni, oltre le spese, rilevando esser tale

condizione estranea all'essenza ed all'indole della remis

sione, ed esser pure contraria, per quanto riguarda le

spese, al precetto di legge che le pone a carico del re

mittente, e perciò doversi quella condizione considerare

«come non apposta per gli effetti penali, salva l'obbli

gazione che separatamente ne consegue tra le parti in

linea civile». Che giustamente tal concetto del tribunale è censu

rato dal ricorrente, poiché, a prescindere da quanto ri

guarda le spese, non essendo vietato al querelante di

subordinare il suo perdono al previo risarcimento dei

danni, ed avendo il tribunale ammesso che a tal condi

zione il querelante Alena aveva subordinata la sua re

missione, non era legalmente possibile, per la contrad

dizione che non lo consente, ritener valida e sussistente

tale remissione, o meglio promessa.di remissione, quan

tunque non ricorresse il caso pel quale la promessa fu

fatta. Ed occorre rilevare che il tribunale ammise la re

missione non già interpetrando le dichiarazioni del que relante nel senso di ritenerle qual remissione pura e

semplice, operativa immediatamente, e con semplice ri

ti) Cfr. le sentenze 27 aprile 1903, Pilogatti (Foro it., 1903, II, 432), 1 marzo 1910, Toscano e Testa (id., 1910, II, 457), e

1° giugno 1911, Zerbi (id., 1911, II, 492).

serva di esigere successivamente le 100 lire che il Dal

masso si fosse obbligato a pagargli ; ma ritenne trattarsi

di remissione subordinata alla condizione di quel paga

mento, da eseguirsi previamente (al quale scopo la causa

era stata per due volte differita dal pretore — fol. 31 e

31bis yoI. e quindi non potrebbe, come si sostiene

nella memoria dell'imputato, ritenersi la desistenza di

cui trattasi come sottoposta alla condizione, consentita

dall'invocato art. 118 proc. pen., che sia salvo il diritto

ai danni, appunto perchè avendo il tribunale ricono

sciuto ed ammessa la ben diversa condizione del previo

pagamento della somma concordata pel risarcimento dei

danni, vi era semplice promessa di desistenza che, senza

il pagamento a cui era subordinata, non poteva avere

alcun effetto.

Che pertanto il ricorso del P. M. dev'essere accolto.

Per questi motivi, annulla e rinvia al tribunale di

Torino.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA (Prima sezione penale)

Udienza 19 settembre 1911; Pres. Grui, Est. Tocci —

Ric. Erdas.

Parte civile — Beni parafernall — Costituitone del ma

rito (Cod. proc. pen., art. 105 e 109; cod. civ., ar

ticolo 1427).

Il marito può sostituirsi parte civile pel danno arrenato

ai beni della moglie anche se questi siano parafer nali. (1).

La Corte: — Nel maggio 1911 Erdas Antonio pro dusse un danno mediante pascolo di pecore nella vigna di Maria Palmas, in Laconia (Sardegna). Giovanni Pia

cenza, marito della Palmas, sporse querela contro l'Erdas

costituendosi parte civile. Essendosi l'imputato opposto alla costituzione di parte civile, il pretore di Laconia

con ordinanza pronunziata in udienza rigettò l'opposi

zione, e poscia, con sentenza 8 giugno 1911, condannò

1' Erdas a lire 50 di ammenda, alla rifazione dei danni

ed alle spese. Il condannato propose ricorso in termine contro la

sentenza pei seguenti motivi.

Contro la ordinanza :

1° violazione dell'art. 296 cod. civile in rapporto all'art. 109 cod. di proc. penale ;

2° in subordine, violazione dell'art. 1741 cod. civ.

in rapporto all'art. 1427 stesso codice ed all'art. 109 cod.

proc. pen. . . .

Osserva che il ricorso non è sorretto da buone ra

gioni. Il diritto del marito di costituirsi parte civile nel

giudizio penale, per rivendicare il danno prodotto in un

fondo parafernale della moglie come nel caso in esame

risulta dall'insieme delle disposizioni del codice civile

che regolano i rapporti di famiglia, ma più direttamente

dal disposto degli art. 104, 105 e 109 del codice di proc.

penale. Per l'art. 104 può portare querela ogni persona,

che si pretende offesa o danneggiata da un reato ; e per

l'art. 105, il marito può portare querela per la moglie.

Ora, perchè il diritto di querela della moglie fu esteso

(1) In senso sostanzialmente conforme, vedi la sentenza 7

maggio 1903, Longo (Foro it. 1903, II, 240). — Vedi pure le al

tre sentenze ivi citate in nota.

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65 GIURISPRUDENZA PENALE 66

al marito ? Evidentemente perchè l'offesa e il danno pro dotti alla persona od ai beni della moglie sono offesa e

danno della famiglia, e di conseguenza del marito che

della famiglia è capo e protettore legittimo. E se per tal

modo la legge riconosce, che il reato offende e danneg

gia il marito come la moglie, sebbene in diverso grado e misura ; se può costituirsi parte civile ogni persona of

fesa o danneggiata dal reato, ai sensi dell'art. 109 ; in

negabilmente, il marito può anche costituirsi parte civile

per la moglie. Dà luogo a dubitare il fatto, che il di

ritto di querela della moglie fu espressamente esteso al

marito coll'art. 105, ma non fu del pari espressamente

esteso il diritto di costituzione di parte civile ; il dubbio

però svanisce se si rifletta, che nel primo caso l'esten

sione espressa era necessaria e nel secondo sarebbe stata

una superfetazione. Il diritto di querelarsi, come avente importanza po

litica, è personalissimo e per sè stesso non estensibile, donde la necessità dell'estensione espressa. Il diritto di

costituirsi parte civile importa l'esercizio di un diritto

patrimoniale privato, e questo esercizio spetta in primo

luogo al titolare del diritto, ma può anche spettare ad

altri secondo i principii generali di ragione e di legge, e per la moglie può spettare al marito specialmente per le disposizioni che regolano i rapporti di famiglia: donde,

manifestamente, la superfluità della estensione espressa. Sembra che il ricorso convenga in siffatte norme,

quando il reato e il danno si riferiscano ai beni dotali

della moglie, ina non convenga nel caso di beni para fernali. Sul proposito però ogni dubbio è eliminato dal

l'art. 1427 cod. civ., secondo il quale la moglie ritiene

il dominio, l'amministrazione e il godimento dei suoi

beni parafernali, ma con salvezza dei diritti spettanti al

marito per le disposizioni del capo IX, titolo V, del li

bro 1°. . . .

Per questi motivi, rigetta il ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. (Prima sezione penale)

Udienza 16 gennaio 1912; Pres. Gui, Rei. Sqtjitieri — Ric. P. M. nell' interesse della legge in causa

Verga.

Pesi e misure — fsbbrlesiloiit « venditi» dt misure di

sistema abolito — Contratremlont (L. sui pesi e

misure, testo unico 23 agosto 1890 n. 7088, art. 31

n. 1 ; reg. 31 gennaio 1909 n. 242, art. 146 n. 5).

Costituisce contravvenzione all'art. 31 legge testo unico

23 agosto 1890 n. 7088 sui pesi e misure e 146 re

lativo regolamento 31 gennaio 1909 n. 242, la fabbri cazione e conseguente vendita di misure di abolito

sistema metrico.

Il Procuratore Generale : — Vista la sentenza pro nunciata dal pretore del 2° mandamento di Como il

26 giugno del cadente anno nel procedimento a carico

del falegname Verga Emilio, imputato di contravvenzione

alle leggi metriche, rileva che il 29 aprile dell'anno in

corso i carabinieri della stazione di Fino Marnasco, es

sendo stati informati dal verificatore dei pesi e misure

di Como che il falegname Verga Emilio del Comune di

Bregnasco solesse fabbricare e mettere in vendita misure

di legno per cereali di abolito sistema, procedettero a

perquisizione nella bottega del Verga, e vi rinvennero un

solo staio, riuscendo però indi dopo a rinvenire e seque strare in un ripostiglio, a breve distanza dalla bottega, ma esistente entro lo stesso cortile, 14 stai, 11 mezzi stai,

47 quarti e 103 mezzi quarti, tutte misure dell'abolito

antico sistema metrico del luogo. Il Verga non si peritò di dichiarare ai carabinieri che egli solesse fabbricare

quelle misure per venderle ai negozianti ed ai privati che gliele avessero richieste.

Che il pretore, cui fu il Verga denunziato, lo chiamò

a rispondere di contravvenzione agli art. 1, 4, 27, e 31

n. 1 parte 2a della legge sui pesi e misure approvato nel suo testo unico col regio decreto 23 agosto 1890 n. 7088,

nonché all'art. 498 cod. pen., per aver fabbricato, dete

nuto e messo in vendita nel suo negozio di falegname in

Bregnasco misure metriche dalla legge vietate; ma con

sentenza del 26 giugno dichiarò non esser luogo a penale

procedimento per inesistenza di reato. Il pretore, dopo aver affermato che i recipienti di legno in sequestro,

pure avendo la forma delle vecchie misure del luogo, hanno perduto i caratteri di misura e sono ora usati dalle

famiglie del luogo a scopo diverso da quello di misurare

prodotti nelle contrattazioni e precisamente per racco

gliere le sementi, il grano o la biada da somministrare

alle bestie o per misurare la farina da usarsi volta per volta in casa per i pasti giornalieri o per staccare il

granturco dalle pannocchie, considerò che, se pur li si

volesse ritenere quali misure del vecchio sistema, non

per questo ne sarebbe vietata la fabbricazione. A dimo

strazione di codesto assunto, affermò che la legge metrica

(nell'art. 31, nel quale è incluso l'art. 498 cod. pen.) nel

distinguere i due momenti diversi della vendita e della

detenzione delle misure, vieta nel 1° caso la vendita e

l'introduzione in commercio di pesi e misure mancanti

del bollo di prima verificazione e della vendita di misure

diverse da quelle stabilite dalla legge, e limita nel 2° caso

il divieto alla semplice detenzione dì quest' ultime in un

pubblico negozio; soggiunse che, se intenzione del legi slatore fosse stata quella di estendere il divieto alla fab

bricazione o vendita, nella redazione dell'articolo avrebbe

aggiunto alla prima parte l'inciso « o diverse da quelle

stabilite dalla legge», per il che il silenzio al riguardo

è manifesto indizio di volontà contraria ; disse che nella

dizione « pesi e misure mancanti del bollo di prima veri

ficazione » non possono esser comprese le misure di vec

chio sistema, ma solo i pesi e le misure legali, dappoiché la legge vuole garantire colla verificazione chi negozia dalla possibilità di essere passivo di frode, mentre le vec

chie misure abolite non possono essere sottoposte a ve

rificazione. Per chiarire poi che le vecchie misure deb

bono essere considerate come semplici recipienti (e quindi

di fabbricazione non vietata) il pretore volle trovare un

argomento nell'art. 36 della legge (disposizione transi

toria), ove si è detto che i barili, le botti, e gli altri vasi

chiusi di legno, aventi capacità diverse da quelle contem

plate nella tabella venivano ammessi per un biennio, a

far tempo dal 1° gennaio 1891, alla prima verificazione

e successivamente per non oltre un decennio anche alla

verificazione periodica, dopo la quale epoca questi bari

li ecc., come gli altri non presentati alla verificazione ed

i nuovi, potevano essere usati come recipienti ma non

come misure. Considerò per ultimo il pretore che al Verga

non poteva farsi carico neppure di avere detenuto in

pubblico negozio misure diverse da quelle stabilite dalla

legge — nella ipotesi che nella specie si potesse parlare

Il Foro Italiano — Anno XXX VII — Parte II-G.

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