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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 2 luglio 1879, Pres. Enrico, Est. Talice, P. M....

Date post: 12-Jan-2017
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Udienza 2 luglio 1879, Pres. Enrico, Est. Talice, P. M. Pozzi (Concl. conf.) —Ric. Gargano Giovanni Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 243/244-247/248 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084770 . Accessed: 18/06/2014 14:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.223 on Wed, 18 Jun 2014 14:10:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 2 luglio 1879, Pres. Enrico, Est. Talice, P. M. Pozzi (Concl. conf.) — Ric. Gargano Giovanni

Udienza 2 luglio 1879, Pres. Enrico, Est. Talice, P. M. Pozzi (Concl. conf.) —Ric. GarganoGiovanniSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.243/244-247/248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084770 .

Accessed: 18/06/2014 14:10

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PARTE SECONDA 244

sarebbe inoltre impolitico che potesse in questo fatto

delittuoso ulteriore trovare il benefìcio della confusione

delle pene. Ciò condurrebbe all'assurdo di creare pel

delinquente una ragione d'interesse a spingere alle sue

ultime conseguenze l'opera delittuosa, invece che trat

tenerlo dalla consumazione di tutti gli attr che la com

pongono;

Per questi 'motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE.

Udienza 31 maggio 1879, Pres. Poggi, Est. Terzi, P. M.

Miraglia — Ric. P. M. c. Lombardi.

Appello — Sentenza «lc^l pretore — Appello del pro

euratore «lei Ile — Richiesta «li citazione entro

i 15 giorni (Cod. proc. pen., art. 353, n. 2, e 360).

Trattandosi di appello del P. M. avverso sentenza del

pretore, la richiesta di citazione dell' imputato deve

aver luogo, a pena di decadenza, entro i quindici

giorni dalla data dell' interposizione, tanto se l'ap

pello sia stato interposto dal P. M. presso la pre

tura, quanto se sia stato interposto dal procuratore

del Re presso il Tribunale. (1)

La Corte, ecc. — Attesoché il pubblico ministero

sostenesse nel suo ricorso che la sentenza denunziata

violò e male applicò l'art. 360 proc. pen., relativamente

alla decadenza dell'appello, per non essere stata dal

procuratore del Re nel termine di giorni quindici avan

zata la richiesta di citazione, ed abbia sostenuto che

ciò fosse da quell'articolo prescritto pei soli appelli

interposti dal pubblico ministero presso i pretori, i

quali hanno bisogno d'essere valutati ed approvati dal

procuratore del Re, e non per quelli nei quali, come

nel presente, l'appello sia stato interposto direttamente

dallo stesso procuratore del Re presso il Tribunale, a

norma dell'art. 353, li. 2, Cod. proc. pen.;

Attesoché l'art. 360 non faccia alcuna distinzione fra

caso e caso di appello interposto dall'uno più che dal

l'altro ufficiale del pubblico ministero, e solo disponga

che questo debba, sotto pena di decadenza, essere pro

seguito colla richiesta di citazione da avanzarsi entro

quindici giorni dall' interposizione dell'appello, cosicché

la lettera della legge non permette la distinzione sulla

quale si fonda il ricorso;

Attesoché essendo chiaro lo spirito della legge, la

quale volle prescrivere quel termine alla richiesta di

citazione perchè l'appellato non debba rimanere inde

terminatamente sottoposto alla incertezza della sua

sorte per la pendenza di un appello da portarsi al

l'udienza a beneplacito dell'interponente, la quale ra

gione, verificandosi in qualunque siasi caso di appello

interposto dal pubblico ministero, non permette che si

faccia la distinzione dal ricorso proposta;

Attesoché, coerentemente a questo proposito di non

far rimanere un appello indeterminatamente sospeso,

la legge anche nel caso di appello interposto dall'im

putato dia facoltà al pubblico ministero di fare entro

quindici giorni la richiesta di citazione, perchè anche

l'appello dell'imputato venga esaurito. Egli è quindi

che l'avanzata censura manca sotto ogni aspetto di

fondamento; Per questi motivi, rigetta, ecc.

(1) Conformi: stessa Corte, 26 marzo 1872, ric. P. M. c. Ambrogi

{Annali, 1872,. pag. 279) ; Cass. Torino, 5 marzo 1873 {Legge, 1873,

pag. 955).

CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 2 luglio 1879, Pres. Enrico, Est. Talice, P. M.

Pozzi (Conci, conf.) — Ric. Gargano Giovanni.

(Giurati — Capo

— l'riino estratto — Impedimento

sojH'avvKiiuto — Secondo estratto (Cod. proc. pen.,

art. 501 e 606; Regolamento 1° settembre 1874, ar

ticolo 31). (tamii — Oggetti acquistati con denaro furtivo —

Aggiudicazione alla parte civile (Cod. proc. pen.,

art. 571).

Se nel corso del dibattimento il giurato primo estratto

non può, per sopravvenutogli impedimento, conti

nuare ad assistere alla trattazione della causa, e

ne viene quindi dispensato dalla, Corte, deve inten

dersi a lui surrogato, nelle funzioni di capo del

giurì, il secondo dei giurati estratti, salvo poi ai

giurati, ove lo credano, di sceglierne un altro nella

camera delle deliberazioni. (1)

Regolarmente quindi in quel caso opera il presidente

della Corte col consegnare le questioni scritte al

giurato che fu secondo nell'ordine di estrazione. (2)

Quando vi è parte civile in causa, V ammontare del

danno e il modo di riparazione rientrano nel di

ritto sovrano di apprezzamento del magistrato giu

dicante.

Laonde ben può la Corte d'assise aggiudicare alla

parte civile gli oggetti sequestrati, quantunque non ■ fossero gli stessi ed identici caduti nel furto, ma

ne fossero soltanto rappresentativi. Nè immuta la natura e la sostanza del provvedi

mento l'essersi usata la parola restituzione, quan

tunque questa, per trattarsi di vera aggiudicazione,

sia da considerarsi come impropria.

La Corte, ecc. — Sul primo mezzo. — Attesoché

trattandosi di giudici popolari, che hanno a reputarsi

(1-2) Conformemente la Cass. Milano (26 novembre 1863, ric. Bruno -

Legge, 1864, pag. 276) decise che se il giurato primo estratto, e quindi capo del giurì, vien colto da indisposizione, non commette veruna ir

regolarità il presidente, che gli sostituisce come capo il giurato che

gli succede nell'ordine dell'estrazione, e completa il numero dei dodici col primo supplente.

Ma contrariamente ebbe a decidere la stessa Cass. di Torino con la sentenza 11 giugno 1875, ric. Bonardi, Est. Merello (Giurispru denza italiana, vol. XXVII, 1875, col. 966), con la quale fu dichia rata nulla per eccesso di potere la sostituzione fatta dalla Corte del secondo giurato estratto in sostituzione del primo che per sopravve nuto impedimento si era dovuto allontanare.

Trattandosi di questione di massima importanza nella pratica, e ri feribile a casi che facilmente si ripetono, sarà utile riportare per in tero quella sentenza.

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245 GIURISPRUDENZA PENALE 246

tutti eguali innanzi alla legge, coll'art. 501 del Codice

proc. pen. provvedendosi circa il modo di nomina del

capo dei giurati non si credette di adottare altro

mezzo per designarlo se non se la sorte. Quindi si

pose come regola ordinaria che sia capo quello che

per il primo venga estratto a sorte, salvo che col con

senso del medesimo i giurati abbiano designato un

altro di loro per adempiere a tali funzioni. In tal caso

la designazione secondo l'art. 31 del regolam. 1° set

tembre 1874 segue prima dell'apertura dell'udienza, o

quando i giurati sono già ritirati in camera della loro

deliberazione; Attesoché come corollario di detta disposizione di

legge ne segue "che rendendosi nel corso della causa,

per malattia, impossibilitato il primo estratto a sorte

di continuare ad assistere alla trattazione della causa -

stessa, ed essendone perciò dalla Corte dispensato, in

virtù di quella regola ordinaria di designazione abbia,

pendente il dibattimento, a considerarsi come di l'atto

rimpiazzante il dispensato, nelle funzioni di capo del

giuri, quello che dopo di lui ebbe il primo rango nella

estrazione a sorte, libero poi ai giurati, di sceglierne

un altro nella loro camera di deliberazione, nel mo

mento cioè in cui più precisamente comincia l'effettivo

esercizio delle funzioni speciali di detto capo;

Che perciò il presidente lungi dal violare la leggo

si attenne esattamente alla regola da essa stabilita,

quando, per la sopraggiunta indisposizione ed avve

nuta dispensa del primo estratto, considerò come di

venuto capo il secondo estratto il quale, dopo quello

dispensato, veniva così ad essere alla sua volta il

primo tra i giurati estratti; e regolarmente quindi

fece consegna al medesimo delle questioni scritte, ed

i giurati usarono poi del loro diritto quando in ca

mera di deliberazione si nominarono un altro capo;

Sul secondo mezzo. — Attesoché a rigor di termini

la Corte potrebbe prescindere dall'esaminare questo

mezzo il quale non fa capo ad alcun articolo di legge

che si pretenda violata; però, ciò nonostante, a prima

giunta se ne palesa la insussistenza. E di vero, quando

vi è parte civile in causa, la realità del danno cagio

nato, la sua entità, e per conseguenza l'ammontare ed

il modo di riparazione sono altrettante questioni di

fatto che rientrano nel diritto sovrano d'apprezza

mento della Corte d'assise che può liberamente trarre

gli elementi di sua convinzione, sia dal verdetto dei

giurati, come pure da tutti gli atti processuali che si

sono ammanniti per l'accertamento del reato e della

colpabilità dell'autore del medesimo; e non eccede

punto i suoi poteri decidendo sopra le conclusioni di

detta parte civile che il numerario e gli altri oggetti

sequestrati sull'accusato ed in di lui casa, che essa

ritenne e dichiarò essere il prodotto del furto, si deb

bano aggiudicare alla stessa parte civile a titolo di

risarcimento dei danni derivatele dal reato;

Attesoché sostanzialmente null'altro fece la Corte di

assise di Voghera, come si può rilevare dall' insieme

dei motivi e del dispositivo della denunciata sentenza,

E di vero la stessa Corte con un giudicio di mero fatto

incensurabile in questa sede ritenne « che tutti gli

oggetti preziosi e somme in biglietti di banca e mo

nete d'oro e d'argento erano a ritenersi come deri

vanti e di compendio del furto commesso a danno del

Josse, e come il rappresentativo del denaro ad esso de

rubato »

E con queste premesse di fatto giustamente la detta

Corte d'assise ordinò che quegli oggetti fossero asse

gnati in parziale pagamento di quanto dichiarava te

nuto il Gargano verso il Josse a titolo di risarcimento

di danni, senza che fosse mestieri d'indagare sottil

mente se i medesimi oggetti fossero di fatto gli stessi

ed identici che erano caduti nel furto, ovvero ne fos

sero soltanto rappresentativi. Imperocché trattandosi

« Attesoché (così la Corte) è capo dei giurati il primo di essi estratto

a sorte e non ricusato, salvo che col consenso di lui i giurati abbiano

designato un altro di loro per adempiere a tali funzioni; e questa de

signazione in caso di rinuncia, segue in presenza della Corte, del P. M.

e dei difensori prima dell'apertura dell'udienza col mezzo di schede

o per via di acclamazione, e il giurato scelto a capo scambia il posto col primo estratto (art. 501 del Cod. di proc. pen., e 31 in princ. del

regolamento 1° settembre J874); « Che siffatta designazione può farsi nella camera delle deliberazioni

dai giurati se nel corso di causa sopravvenga un impedimento al loro

capo (art. 31 del regolamento anzidetto) ; « Attesoché da queste disposizioni di legge e di regolamento si in

duce che per la sorte non è mai designato capo fuorché il primo estratto e non ricusato, e in tutti gli altri casi di rinunzia e di im

pedimento tale designazione deve essere fatta per votazione dei

giurati ; « Attesoché nella fattispecie la Corte d'assise d'Oneglia con ordi

nanza proferita nel corso del dibattimento, per lo improvviso malore

onde fu colto il capo dei giurati Giuseppe Riccardi, lo dispensava dal

giudicare, gli surrogava nel giudizio il primo giurato supplente e di

chiarava che le funzioni di capo dovessero assumersi dal giurato Borea

D'Olmo il quale succedeva immediatamente al Riccardi in ordine di

estrazione ; « Attesoché con questa ordinanza la Corte estendeva al secondo

estratto la designazione che la legge rimetteva alla sorte unicamente

pel primo, e toglieva ai giurati il diritto di costituirsi un capo coi loro

suffragi ; « Che pertanto il giurato Borea D'Olmo non era legalmente capo

dei giurati e non poteva validamente esercitare le funzioni; « Che ciò nullameno egli le esercitò, leggendo e sottoscrivendo in

pubblica udienza la deliberazione, lochè porta la nullità della sen

tenza e di tutto il giudizio; « Per questi motivi, annulla, ecc. »

Non omettiamo poi di avvertire una diversità fra i casi decisi dalle

due sentenze della Cassazione torinese. Nella specie giudicata dalla

sentenza più recente il secondo dei giurati estratti aveva esercitate

soltanto le primordiali e meno importanti tra le funzioni di capo del

giurì, (cioè, aveva soltanto ricevute dal presidente le questioni scritte), cessando poi da quell'ufficio allorché i giurati, appena entrati nella

camera delle deliberazioni (cioè, quando il capo del giurì comincia, come dice la sentenza, l'effettivo esercizio delle sue funzioni), se ne

scelsero un altro. Nel caso poi deciso dalla sentenza anteriore il se

condo estratto aveva compiute tutte le funzioni di capo del giurì fino

alla lettura e sottoscrizione del verdetto.

Laonde anche ritenuta la nullità della surrogazione fatta dal pre sidente in persona del secondo estratto, la decisione di cui nella sen

tenza più recente avrebbe potuto restar la stessa, sul motivo che gli atti a cui procedè il capo nominato dal presidente non erano di al

cuna importanza e gli atti veramente importanti furono compiuti dal capo scelto dai giurati. Ma poiché la sentenza non si fonda me

nomamente su questo ordine di idee, così è da ritenere che secondo

il concetto della Corte la surrogazione fatta dal presidente sia da con

siderarsi come valida, anche se il giurì non abbia proceduto alla scelta

di un altro capo.

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247 PARTE SECONDA 248

d'indennità, alla quale tutti i beni del condannato sono

affetti, e non venendo in contrasto diritti di terzi sopra

gli oggetti medesimi, ben poteva la Corte senz'altro

aggiudicarli al derubato in soddisfazione della dovu

tagli indennità. Nè immuta la natura e la sostanza del

provvedimento l'avere per tutti indistintamente gli

oggetti adoperata la parola restituzione, che più pre cisamente si riferiva ad una sola parte di essi e per

gli altri era una vera aggiudicazione, giacché una meno

esatta espressione non immutava punto la sostanza

della cosa, nè lasciava dubbiezze sul vero intendimento

della Corte, che dal complesso dei ragionamenti abba

stanza chiaro appariva; Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 16 luglio 1879, Pres. Montagnini, Est. Talice,

P. M. Pozzi (Conci, contr.) — Ric. Fontana Faustino.

Itecidiva. — Crimine correzionalizzato — Prece

dente condanna correzionale (Cod. proc. pen., art.

440; Cod. pen., art. 123, 124).

Nel rapporto della recidiva la qualificazione del

nuovo reato (il determinare cioè se costituisca cri

mine, delitto o contravvenzione) si desume esclu

sivamente dal tìtolo, qualunque sia la pena che

effettivamente possa essere inflitta. (1)

Laonde il già condannato a pena correzionale che

commette un crimine non può esser ritenuto reci

divo quand'anche il crimine sia stato correziona

lizzato ; e soltanto non può essere passibile dello

aggravamento di cui all'art. 124 Cod. pen. (reci diva impropria), semprechè la pena correzionale

inflittagli precedentemente sia stata non minore di

un anno di carcere. (2)

La Corte ecc. — (Omissis)

— Attesoché la recidiva

è una circostanza aggravante che non può ammettersi

se non se nei limiti e secondo le determinazioni spe ciali che la legge ha espressi;

Attesoché nell'art. 123 Cod. pen. il legislatore rego lando le specie di recidiva da crimine a delitto, e da

delitto a delitto si espresse in questi termini : « il con

dannato a pena criminale o correzionale che commet

terà altro delitto... ». Stando quindi alla lettera di questa

disposizione di legge se ne deve dedurre che la reci

diva si desuma dalla pena pronunciata dalla sentenza

precedente e dal titolo del nuovo reato imputato, chè

altrimenti si sarebbe dichiarato recidivo chi dopo es

sere stato condannato a pena criminale o correzionale

commetta altro reato punito con pena correzionale. Il

legislatore poi non ammise la recidiva impropria da

delitto a crimine ; solo fece divieto all'applicazione del

minimo della pena dovuta pel crimine quando uno sia

già stato condannato alla pena del carcere per tempo

non minore di un anno (art. 124);

Attesoché nella specie il Fontana era bensì stato pre

cedentemente e per ben due volte condannato al car

cere, ma per un tempo minore di un anno, e colla de

nunciata sentenza fu condannato per furto qualificato

per tempo e per mezzo, punibile a termini del combi

nato disposto degli articoli 618, 610, 612, ed avente ti

tolo e carattere di crimine, non potevano perciò le

precedenti condanne valutarsi come elemento atto a

costituire la recidiva, né pel tenore dell'art. 123, nè

per l'art. 124 precitati; Attesoché quantunque per questo nuovo reato la se

zione d'accusa, valendosi della facoltà che le attribui

sce l'art. 440 Cod. proc. pen., abbia rinviato il Fontana

al giudizio in sede correzionale, autorizzato dall'arti

colo 682 Cod. pen., stante il tenue valore della cosa

derubata ed il concorso di circostanze attenuanti abbia

fatto luogo alla diminuzione della pena criminale com

minata dalla legge pel furto doppiamente qualificato

col passaggio a quella del carcere per la durata di un

anno, non per questo venne a svanire l'ingenita na

tura del crimine nel rapporto massimo coll'aggravante

della recidiva;

Che di vero, nè 1' uso della facoltà attribuita dalla

legge negli articoli 440 Cod. proc. pen., e 682 Cod. pen., nè l'ammessione delle circostanze attenuanti immutano

l'indole e la qualificazione del reato ;

Che in conseguenza delle discorse cose e trattandosi

di già condannato a pena di carcere minore d'un anno, che ha commesso un crimine, non si poteva tener conto

d'alcuna aggravante della recidiva senza incorrere

nella violazione dell'articolo di legge in questo mezzo

invocato; Che in questo senso si è già altra volta pronunciata

questa Corte nel 13 luglio 1864 sul ricorso Batou, e la

Corte di Roma nel 29 marzo 1876 sul ricorso del Pub

blico Ministero contro Ciulli ; Per questi motivi, cassa, ecc.

(1-2) In senso conforme vedi le decisioni citate dalla stessa sen tenza. — Ma la Cassazione di Firenze con sentenza 25 settembre 1867, decise al contrario che un crimine correzionalizzato dalla sezione di

accusa, con sentenza passata in giudicato, non può più considerarsi come crimine nemmeno all'effetto che venga applicato per la recidiva l'art. 124, Cod. pen., che contempla quello da delitto a crimine, anzi che l'art. 123 che riguarda l'altro da crimine o delitto a delitto (Foro il., 1876, col. 23).

CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 23 maggio 1879, Pres. Montagnini, Est. Rossi,

P. M. Pozzi (Conci, conf.) — Ric. Jacquemod.

Stani|ia — Consegua della prima copia all'autorità — Chiusura dell'ufficio — Coiiwe^iia al portiere

(Legge sulla stampa 26 marzo 1848, art. 7).

La consegna della prima copia di qualsiasi stampato,

giusta l'art. 7 della legge sulla stampa, deve farsi nei luoghi e modi ivi tassativamente stabiliti.

Dovendo farsi la consegna all'ufficiò dell' autorità, è

necessario che si faccia nelle ore in cui l'ufficio stesso resta aperto.

Laonde cade in contravvenzione lo stampatore che

consegni la prima copia ad un usciere dell'ufficio,

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