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Udienza 2 luglio 1937; Pres. Aloisi, Est. Serena Monghini, P. M. Bruno (concl. conf.) —Ric.Gagliardi (Avv. Peverati, Tibone)Source: Il Foro Italiano, Vol. 63, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1938), pp. 9/10-11/12Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23136082 .
Accessed: 28/06/2014 12:27
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GIURISPRUDENZA PENALE 10
n. 4, per la repressione delle violazioni delle leggi finan ziarie. Siffatte ragioni non appaiono tali da imporre di
insistere in una soluzione in netto contrasto con il con
cetto, affermatosi in dottrina e in giurisprudenza, che, nel nostro sistema legislativo, la unicità del reato conti nuato e la conseguente unicità della pena costituiscono un mezzo per derogare, a favore e non in danno del reo, alla espressa applicazione delle norme sul concorso di
reato.
L'amnistia, anteriore o posteriore al giudicato irrevo
cabile, estingue sempre il reato. Non interessa, qui, che
l'amnistia impropria non estingua alcuni effetti penali di
versi dalle pene accessorie, effetti penali non potutisi verificare nella ipotesi di amnistia propria. Non invocabile
appare l'art. 8 della legge n. 4. Codesta norma se si in
spira al progetto preliminare del codice, che aveva abo
lito il reato continuato, pone il criterio del concorso ma
teriale di reato anche nel caso di continuazione : soltanto
dà al Giudice facoltà di applicare unica sanzione non su
perante la metà dell'ammontare complessivo delle san
zioni, che egli avrebbe inflitto qualora aveva calcolato
distintamente le singole sanzioni Si tratta, dunque, di
una disposizione di legge spéciale non conforme all'art 81
del codice.
Comunque la tesi, per l'art. 8, appare ancora più di
scutibile; perchè la non applicazione dell'amnistia dipen derebbe dall'avere il Giudice fatto uso di una facoltà (non
obbligo) che presuppone, risolvendosi in un beneficio, il
favorevole apprezzamento della personalità del colpevole. Le difficoltà pratiche sopra accennate possono effetti
vamente verificarsi in qualche caso ; ad es., quando al
cune delle meno gravi violazioni, prescindendo sulla me
desima oggettività giuridica specifica su cui incide la
violazione più grave, rimanga esclusa dalla amnistia.
Ma l'inconveniente che può, d'altronde, verificarsi an
che in tema di concorso di reati se il Giudice abbia omesso
di applicare, nell'unica sentenza, pene distinte, non au
torizza l'interprete a concludere per la non applicazione in
ogni caso della amnistia
Il fulcro del contrario argomentare è la intangibilità del giudicato (irrevocabile) quando la pena è stata indi
vidualizzata ai termini dell'art. 81, ult. capov., cod. penale. Senonchè se, come si è premesso, l'amnistia (anche im
propriaj estingue il reato ; se fa venir meno il diritto
dello Stato alla esecuzione totale o parziale, delle con
danne ; se, in una parola, modifica il giudicato lasciandolo in vita soltanto come fatto storico e come fonte di alcuni
effetti penali ; se nel caso di concorso di reati (e tale è
la continuazione) l'amnistia si applica ai singoli reali (ar ticolo 151 cod. pen.), non si vede come tutto ciò non si
debba verificare soltanto perchè il Giudice abbia, in omag
gio all'art. 81, che intende favorire il reo, applicato una
pena unica. Rimane insopprimibile la contrpddizione fra
l'applicazione~della amnistia nel caso di concorso di reati
(pene distinte cumulate nel complesso più grave) e la non
applicazione nel caso di reato continuato (pena unica sta
bilita a favore del reo). Si ritorcerebbe contro il colpe vole una disposizione creata per favorirlo.
Ritiene pertanto la Corte suprema che anche nella
ipotesi di amnistia impropria non si debba tener conto
dell'aumento della continuazione agli effetti di stabilire il
massimo della pena edittale. E poiché è pacifico che nella
fattispecie tale massimo, per i singoli reati, non tenuto
conto dell'aumento per la continuazione, rientrava nel
limite di cinque anni stabiliti nel regio decreto 5 novem
bre 193 ', n. 1403, il ricorso va rigettato. Per questi motivi, rigetta il ricorso.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Prima sezione penale)
Udienza 2 luglio 1937 ; Pres. Aloisi, Est. Serena Mon
ghini, P. M. Bruno (conci. co:.f.) — Eie. Gagliardi
(Avv. Peverati, Tibone).
(Sent, denunciata: App. Torino 10 ottobre 1936)
Minore età agli effetti penali — Minore «legli anni
diciotto — Vizio parziale di mente -— Non
esclude la capacità d'intendere e di volere (Cod.
pen., art. 85, 89 e 98).
Non si può affermare che il riconosciuto vizio parziale di mente del minore tra i quattordici ed i quindici anni escluda in ogni caso la sua capacità d'inten
dere e di volere. (1)
La Corte : — Ritenuto che il Tribunale dei mi
norenni di Torino con sentenza 6 giugno 1936 dichiarava
Gagliardi Giacomo colpevole di omicidio a scopo di ra
pina in persona di Brizio Costanzo e di rapina in danno
dello stesso Brizio, con le diminuenti del vizio parziale di
mente limitatamente al primo dei suddetti reati e con
seguentemente lo condannava alla pena della reclusione "
per anni diciassette, mesi nove e giorni dieci è della multa
di lire 3.856, ordinandone il ricovero in una casa di cura
dopo l'espiazione della pena per un tempo non inferiore
ai tre anni.
Il Gagliardi proponeva appello e la Corte d'appello di Torino, sezione minorenni, con sentenza 10 ottobre
1936 gli concedeva la diminuente del vizio parziale di
mente anche in ordine al reato di rapina e riduceva la
pena detentiva ad anni diciassette, mesi due e giorni e
quella pecuniaria a lire 2.400, ferma restando l'applica zione della misura di sicurezza.
Ricorre per cassazione il Gagliardi deducendo il se
guente motivo :
Violazione dell'art. 524, n. 1, cod. proc. pen., in re
lazione agli art. 42, 85, 89, 98> cod. pen. per averlo la
Corte ritenuto imputabile, pur essendo minore degli anni
diciotto, all'epoca dei commessi reati, nonstante l'accer
tato e riconosciuto vizio parziale di mente.
La Corte di merito, ritenendo l'imputabilità del Ga
gliardi, si è posta in aperto contrasto con la sentenza 1°
luglio 1936 della Corte di cassazione, ric. Colapietro, che
ha affermato il principio che il minore non può essere
nello stesso tempo considerato semi-infermo di mente e
imputabile. Osserva che la tesi sostenuta dal difensore del ricor
rente che l'accertato vizio parziale di mente determini
in ogni caso la non imputabilità del minore degli anni
diciotto e maggiore degli anni quattordici, non può es
sere accolta nel suo rigore di assoluta incompatibilità tra
l'uno e l'altro stato di minore capacità penale. Come è affermato nella relazione del Guardasigilli a
S. M. il Re per l'approvazione del testo definitivo del
codice penale in ordine all'art. 98 cod. pen., il presup
posto necessario dell'imputabilità del minore fra i quat tordici e i diciotto anni è la normalità psichica del sog
getto, in modo che l'imputabilità viene esclusa non solo
quando si tratta di un deficiente organico (e qui convie
ne osservare che il quattordicenne Tommaso Colapietro, di cui alla sentenza di questo Supremo collegio citata
dal ricorrente, per la frenastenia di cui era affetto era
da considerarsi un quasi imbecille) o di altro infermo di
mente, ma altresì quando, per ritardato sviluppo indivi
(1) Conformi : 12 febbraio 1937, Cassini (Riv. di dir. penit., 1937, 1019; Contorsi Lisr, Immaturità e vizio parziale di mente, in Scuola pos., 1937, II, 91; Sacerdotk, Sull'imputabilità dei mino renni sotto l'aspetto medico-legale, in Gitisi, pen., 1937,1, 9 ; Bicci, Minorenni e seminfermità di mente, in Riv. di dir. penit., 1937, 124. - Contra : 1 luglio 1936, Colapietro (Foro it., 1936, II, con nota di richiami) ; Cassiseli-!, L'imputabilità del minorenne, in Riv. pen., 1937, 354; Florian, Immaturità e vizio parziale di mente nel minore, in Scuola pos., 1937, II, 93,
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11 PARTE SECONDA 12
duale in persona atta a raggiungere lo sviluppo normale, non si abbia in concreto quella capacità di intendere e di
volere che è invece comune nelle persone della stessa età.
In altri termini, il legislatore stabilisce che i minori
tra i quattordici e i diciotto anni quando sia accertato
che hanno raggiunto lo sviluppo normale della loro età
siano imputabili, sempre che non concorrano altre cause
che escludano la loro capacità di intendere e di volere, e ciò con quelle attenuazioni della responsabilità, in rap
porto ai colpevoli che abbiano compiuto i diciotti anni, che si risolvono nelle diminuzioni di pene prevedute dal
l'art. 98 cod. penale. Non si può pertanto affermare che il riconosciuto vi
zio parziale di mente del minore fra i quattordici e i di
ciotto anni escluda in ogni caso la sua imputabilità. Invero quando sia accertato, come nella specie, che
il minore, anche in considerazione dell'età (il Gagliardi al momento dei commessi reati aveva compiuti i dicias
setti anni) aveva 'raggiunto la capacità d'intendere e di
volere che è comune nelle persone della stessa età, una
parziale infermità di mente non può escludere senz'altro
la sua imputabilità. Si afferma in contrario che la parziale infermità di
mente, avendo impedito il normale sviluppo delle facoltà
"intellettive del minore, ha determinato necessariamente
quella immaturità che lo rende incapace di intendere e
di volere. La deduzione pecca di eccessività. L'accertamento
della capacità d'intendere e di volere, salvo i casi spe ciali in cui tale capacità è esclusa per presunzione di
legge (ad esempio, nei minori di quattordici anni) è de
mandato, caso per caso, al Giudice di merito, il quale
deve, in concreto, stabilire se l'imputato, minore o no, abbia agito con capacità di intendere e di volere, intera
0 diminuita.
Il Giudice pertanto potrà ritenere in taluni casi che
una particolare infermità, la quale in un maggiorenne avrebbe determinato soltanto una diminuzione dell'impu tabilità a termini dell'art. 89 cod. pen., porti ad esclu
dere che il minore abbia» raggiunto quella normalità psi chica che per l'art. 98 cod. pen. costituisce il presup
posto della sua imputabilità ; in altri casi potrà ritenere
che la riconosciuta semi-infermità importi anche nel mi
nore soltanto una diminuzione della sua capacità di in
tendere e di volere, senza escluderla.
Nella fattispecie, la Corte di Torino ha ritenuto che
l'imputato Gagliardi che al momento del reato aveva
compiuto, come si disse, gli anni diciassette, fosse di in
telligenza sufficiente, di volontà anche prepotente, di di
screta cultura elementare e dimostrasse logiija e coerenza
nei suoi discorsi e nei suoi scritti. La Corte ritenne in sostanza che il Gagliardi avesse
in concreto raggiunto io sviluppo normale, comune alle
persone della sua età, nonostante che egli fosse affetto, come aveva affermato il perito prof. A. Sacerdote, da
una deficienza mentale congenita di sifilide ex-editaria; deficienza della quale lo stesso perito, che naturalmente
aveva esaminato la personalità dell'imputato nella sua in
terezza, tenendo conto della sua età al tempo dei com
messi reati, affermò che, pur attenuando grandemente la
capacità di intendere e di volere del Gagliardi, non l'e
scludeva interamente.
Infine va rilevato che, se da un punto di vista pura mente astratto la questione della compatibilità del vizio
parziale di mente coll'imputabilità del minore può for
mare oggetto di opposte soluzioni, tale questione deve es
sere risolta in senso affermativo in rapporto alla nostra
legislazione positiva, che non stabilisce presunzione nè di
capacità nè di incapacità nei riguardi dei minori tra i
quattordici e i diciotto anni (vedi relazione ministeriale
su citata), ma riserva al Giudice di convincersi della ca
pacità e dell'incapacità dei singoli soggetti, ed anzi pre vede espressamente il caso di minori degli anni diciotto
condannati a pena diminuita per infermità psichica, per i
1 quali stabilisce l'assegnazione a stabilimenti speciali
(art. 142, capov. 2°, cod. pen. e 28, capov. 2°, regio de
creto 18 giugno 1931, n. 787, sugli istituti di preven-" zione e di pena).
Per questi motivi, visto l'art. 549 cod. proc. pen.,
rigetta il ricorso di Gagliardi Giacomo contro la sentenza
10 dicembre 1'- 36 della Corte di appello di Torino, se
zione minorenni, e lo condanna alle spese di questo pro cedimento e al pagamento di lire 505 alla Cassa delle
ammende.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Seconda sezione penale)
Udienza 16 luglio 1937 ; Pres. Carboni, Est. Messini, P. M. Laviani (conci, conf.) — Eie. Elici (Avv. Ge novesi).
(Sent, denunciata: Pret. Milano la dicembre 1936)
Sentenza penale — Motivazione generica e stereo
tipata — Non aderenza alle vicende del dibat
timento — Nullità, Cod. proc. pen., art. 474 e
475).
E' nulla la sentenza la cui motivazione consista in pe riodetti stereotipati, stampati o scritti, neppure ade
renti alle vicende del dibattimento. (1)
La Corte : — Il Pretore di Milano con sentenza del
15 dicembre 1936, enunciata la imputazione con questa formula « delitto di cui all'art. 498 cod. pen., per es
sersi tal Elici Luigi arrogato i titoli di capitano, profes
sore, dottore, ragioniere, accertato il 23 ed il 81 agosto 1935 », in contumacia condannava l'imputato a lire mil
lecinquecento di multa, dopo avere in questi termini pre cisi motivato in fatto e in diritto :
« Ritenuto che il fatto contestato all'imputata in epi grafe risulta provato dal verbale degli agenti, confermato in udienza e non contraddetto da valide prove.
« Che tale fatto costituisce il reato indicato, e la pe
na, che si ritiene giusto applicare, è quella di che in ap
presso, e cioè lire 1.500 di multa. c Attesoché le spese seguono la condanna, la quale
importa altresì la pubblicazione del dispositivo della con
danna, come è stato già detto ».
L'Elici, che, nonostante la pena stabilita lo consenta, non può per precedenti condanne godere dell'amnistia di
cui al regio decreto 15 febbraio 1937, n. 77, ha ricorso, ed il suo difensore ha dedotto la violazione dell'art. 474, un. 3 e 4, cod. proc. pen. e così del successivo art. 475
n. 4, rilevando : che in qnelle stereotipate espressioni non
c'è la esposizione nè del fatto nè del diritto ; che, fra
l'altro, nell'adoperato modello si accennava ad un verbale
fatto da agenti di polizia ed in udienza confermato, il
che neppure rispondeva alla situazione processuale, poi ché l'Elici era stato invece denunziato da cittadini pri vati alla Pubblica sicurezza che aveva raccolti atti e tra
smessi all'Autorità giudiziaria. Il ricorso deve essere accolto.
La Corte di cassazione è il giudice superiore cui
(1) Non importa nullità la concisione anche eccessiva: 30 marzo 1932, Battelli (Foro it., Bep. 1932, voce Sentenza pen., nu mero 116): 21 gennaio 1933, Blorenzano, 30 gennaio 1933, Me nali (id., Bep. 1933, voce cit., mi. 26 e 22), Ma una sentenza
])pr essere motivata deve suffragare il suo assunto con argo menti tratti da tutti gli elementi del processo : 22 maggio 1933, Castagno (iil , 1933, II, 449, con nota di richiami) ; e non rife rirsi genericamente alle emergenze processuali: 8 aprile 1935, Brescia (id., Bep. 1936, voce cit., n. 36).
Per quanto riguarda in specie le sentenze con motivazione contenuta in liba formola a stampa in precedenza stabilita ne è stata più volte ritenuta la nullità: 5 luglio 1918, Alianello (id., 1919, II, 34, con nota di richiami): 4 febbraio 1935, Francini
(Giust. pen., 1935,'IY, 787 n. 297>. Tuttavia qualche sentenza ha riconosciuto la regolarità se nella parte a stampa sono conte nute soltanto le formalità estrinseche ed è manoscritto tutto ciò che è indispensabile per legge alla formazione : 20 dicem bre 1922, Verdóne (l'roc. pen. it., 1923, 280 n. 285).
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