Udienza 2 maggio 1879, Pres. De Luca, Est. Ciollaro —Ric. Greco-Quintano LuigiSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.237/238-239/240Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084765 .
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237 GIURISPRUDENZA PENALE 238
l'azione civile e quella penale, e perchè i documenti
raccolti in una istruttoria penale possono servire di
base in un giudizio civile dopo che il giudizio penale sia finito.
Essendo perciò vasta la sfera di azione dell'istrut
toria penale la legge di rito non doveva perdere di
mira gl'interessi civili. E ben può verificarsi che una
determinata azione sia perseguibile in via penale e non
in via civile, com'è nel caso di cui è esame. Era dunque necessario che il Cod. di proc. pen. se ne preoccupasse e disponesse che venissero nel corso dell'istruttoria
raccolti tutti gli -elementi per potersi con certezza im
partire la giustizia nei giudizi penali ed in quelli ci
vili. Ed anche il Cod. di proc. civ. contiene delle di
sposizioni che si riferiscono all'ordine civile ed all'or
dine penale. La legge di rito è forma, ed una stessa forma può
servire a più diritti disparati e diversi ; ma il diritto
resta sempre fermo ed isolato, non potendo mai con
fondersi un diritto che proviene dal Cod. pen. e per
sola ragione di diritto pubblico, con un diritto che
proviene dal Cod. civ. per la sola ragione di ordine
privato ;
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.
Udienza 27 giugno 1879, Pres. Giiiglieri, Est. De Ce
sare, P. M. Spera — Ric. Mamurata.
Medico — Hifinto (li visitare un infermo — Iti
eliiesta fatta «la un girivato — Non vi e reato
(Cod. pen., art. 307).
Il medico che chiamato da un infermo a prestare
l'opera sua vi si rifiuta, non commette il reato di
cui all'art. 307 Cod. pen. (1)
La Corte, ecc. — Osserva che la impugnata sen
tenza ritiene verificato il reato dell'art. 307 Cod. pen.,
sol perchè il ricorrente, qual medico, richiesto da un
privato cittadino, rifiutò di prestar l'opera sua.
Osserva che questo giudizio poggia su di un errore
d'interpretazione, imperocché il rifiuto di servizio le
galmente dovuto è una sezione del tit. Ili del libro II
del Cod. pen. concernente i reati contro la pubblica
amministrazione. Essa riguarda e punisce la inobbe
dienza alla legge ed agli ordini dell'autorità costituita.
Contiene quattro articoli: col primo (305) si punisce
l'agente della l'orza pubblica che ricusa di aderire alle
richieste legalmente fattegli dall'autorità giudiziaria od
amministrativa; col secondo (306) si puniscono i testi
moni citati per deporre avanti l'autorità, o i giurati
chiamati a prestare il loro ufficio, i quali per esimersi
dal comparire o dall'assumere il loro incarico alle
ghino una scusa riconosciuta falsa; col terzo (307),
eh' è la disposizione applicata al caso, si punisce chi
esercita pubblicamente un'arte od una professione e
legittimamente chiamato ricusa senza giusta causa
di presentarsi e dare il suo giudizio o prestare l'opera
sua; e finalmente col quarto (308) si puniscono i me
dici, i chirurghi ed ogni altro ufficiale di sanità, che
nei casi di veneficio, ferimenti, od altre offese corpo rali omettano o ritardino le notificazioni o le relazioni
prescritte dal Cod. di proc. pen.
Onde è evidente che lo art. 307 è diretto ad affer
mare un principio, quello cioè dell'obbedienza degli
esercenti professioni o mestieri agli ordini dell'autorità
costituita nell' interesse della giustizia o della pubblica
amministrazione, in quanto che non sia lecito rifiutarsi
ad un servizio d'interesse pubblico a cui il professore o l'esercente mestieri è tenuto.
Sarebbe però esorbitante estendere siffatta disposi
zione al rifiuto ad una richiesta di un privato citta
dino. Con ciò si verrebbe a vincolare il libero esercizio
della professione o mestiere. Sicché alla fattispecie er
roneamente si applicava la citata disposizione, la quale
contempla il caso di coloro che esercitando pubblica mente un'arte o professione ricusino, senza legittimo
impedimento, di prestarsi alla richiesta fatta loro le
galmente dall'autorità per dare il loro giudizio o pre
stare l'opera loro in verificazioni concernenti la giu
stizia o la pubblica amministrazione;
Per queste ragioni, cassa, ecc.
(1) In senso conforme: V. Cass. Torino, 24 luglio 1871, ric. P. M.
c. Bonfìgli (Legge, 1871, pag. 798), ove anzi fu stabilito che quando anche il rifiuto venisse da un medico condotto che si fosse obbligato a prestare l'opera sua a tutti i malati del Comune conformandosi ad
un regolamento disciplinare, non si avrebbe il reato di cui all'art. 307, Cod. pen., ma una contravvenzione agli art. 146 e seg. della legge comunale e provinciale.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 2 maggio 1879, Pres. De Luca, Est. Ciollaro
— Ric. Greco-Quintano Luigi.
Ammonizione — Istanza ili revoca— l'rovveilimenio
«lei pretore — llicorso in Cassazione (L. 20 marzo
1865 sulla pubblica sicurezza, art. 70; Cod. proc. pen.,
art. 638).
Quantunque avverso i verbali di ammonizione non
sia ammesso ricorso per cassazione, pure questo
gravame è ammesso avverso il provvedimento reso
dal pretore sulla istanza prodotta dall'ammonito
per ottenere la revoca dell'ammonizione; e ciò anche
quando tale revoca sia domandata per illegalità
commesse ad occasione del monito o per erroneità
di fatti in quel rincontro ritenuti a carico dell'am
monito. (1)
La Corte, ecc. — Osserva in diritto che se questo
supremo Collegio ha costantemente ritenuto la irrice
(1) L'attuale sentenza riassume la giurisprudenza seguita dalla su
prema Corte di Napoli sull'importante e controverso argomento del
l'ammissibilità del ricorso per cassazione in tema di ammonizione. E
lucidamente ne emerge il principio formulato nella massima: se si
tratta di attaccare l'ordinanza di ammonizione, il ricorso è inammes
sibile; se poi si impugna il provvedimento reso sulla domanda per revoca dell'ammonizione, il gravame deve ammettersi.
Non sarà inopportuno avvertire esser stata sempre tale la giuris
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PARTE SECONDA
vitalità del ricorso per annullamento avverso i verbali
di ammonizione, riconoscendo che per l'art. 638 del
Cod. di proc. pen. il cennato straordinario gravame è
ammesso soltanto avverso le sentenze, lia però in sva
riati rincontri temperata la severità del principio pro
clamando la massima, che quando sul reclamo dell'am
monito il pretore emetta analogo provvedimento, in
tal caso questo va bene equiparato ad una sentenza;
sì che il rammentato art. 638 del Codice di rito pe
nale gli è applicabile ed il ricorso per Cassazione av
verso il provvedimento non è del pari irricevibile
come avverso il verbale. La quale massima non po
trebbe senza evidente contraddizione applicarsi nei
casi in cui l'ammonito cliiegga la revoca dell'ammoni
zione, o perchè siano trascorsi i due anni nei sensi
dello art. 104 della legge sulla pubblica sicurezza, o
prudenza della Cassazione di Napoli ; e che riguardo al ricorso contro
l'ordinanza di ammonizione inesattamente si è creduto da alcuni che essa con la sentenza 9 dicembre 1874, ric. Murolo (Giorn. trib., Mi
lano 1875, n. 23; Annali, 1875, pag. 4, ecc.) siasi pronunziata per l'ammessibilità. Gli è vero che in quella sentenza si dice che: « la
potestà data ai pretori dalla legge di pubblica sicurezza non induce una giurisdizione indipendente fuori della legge organica giudiziaria; onde essi non sono sottratti al magistero della Cassazione quante volte nell'esercizio di detta potestà violino il testo della legge e le forme dalla medesima sancite »; le quali espressioni sembrano gene rali e riferibili all'ordinanza o verbale di ammonizione per sè stanti.
Ma in verità nel caso deciso con quella sentenza s'impugnava non il decreto di ammonizione, ma il provvedimento con cui il pretore ri
gettò la domanda di revoca del monito, fondandosi sul motivo (che la Cassazione ritenne erroneo) di non potersi estendere agli ammoniti
per oziosità e vagabondaggio o per altra causa la cessazione degli effetti dell'ammonizione stabilita per gli ammoniti per furti campestri, allorché sia decorso un biennio senza condanne. E del resto l'inam messibilità del ricorso contro l'ordinanza con cui si pronunzia l'am monizione era già stata affermata con la precedente sentenza della stessa Corte del 15 settembre 1873, ric. Raglia, ed è stata confer
mata, per citare le più recenti, dalle sentenze 9 febbraio 1877 (Foro il., 1877, col. 345), e 29 luglio 1878 (id., 1878, col. 411).
Riguardo poi al gravame avverso il provvedimento emesso sulla domanda di revoca del monito, oltre le sentenze citate dalla stessa
suprema Corte (la prima delle quali è riportata nel Giorn. trib., Na
poli, XXVIII, pag. 395, e l'altra nel voi. precedente di questo gior nale, col. 411), è utile tener presente l'altra, pure della stessa Corte, del 4 giugno 1875 (Annali, 1875, pag. 278).
Il principio accolto con queste decisioni, ed ampiamente confermato con la sentenza che annotiamo, di ammettersi cioè il ricorso quantun que la domanda di revoca sia fondata sovra illegalità commesse nel
pronunziare l'ammonizione, viene indirettamente a distruggere l'altro di non essere ammissibile il ricorso contro l'ordinanza o decreto di ammonizione. Basterà infatti all' indomani del monito proporre una domanda di revoca fondata su motivi d'illegalità dell'ammonizione., per far sì che questi motivi, i quali non si sarebbero esaminati se fossero stati proposti con ricorso avverso l'ordinanza di ammonizione, lo siano quando vengono riproposti contro il provvedimento emanato sulla domanda di revoca. In altri termini il decreto di ammonizione, o ciò che vale lo stesso, i vizi che gli s'imputano non possono esser esaminati dalla suprema Corte se viene denunziato direttamente il verbale od ordinanza di ammonizione ; ma viceversa possono esserlo se invece di esser recati alla diretta conoscenza della suprema Corte, siano prima dedotti innanzi al pretore a corredo di una istanza per revoca del monito.
Negli effetti pratici quindi la teorica della Cassazione napoletana non si discosta di molto da quella delle supreme Corti di Roma e
Firenze, le quali, com'è noto, ammettono (a differenza delle consorelle di Torino e di Palermo) il ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza o decreto di ammonizione.
perchè sostenga di aver egli dato prova di resipiscenza
e di emenda, e venir meno poi ognora che l'ammonito,
come nella specie, abbia chiesta la revoca dell'ammoni
zione o per illegalità commesse in occasione del mo
nito o per erroneità di fatti a suo carico in quel rin
contro ritenuti.
In due arresti, l'uno del 23 febbraio 1877 sul ricorso
Vernieri, e l'altro del 29 luglio 1878 sul ricorso Jan
doli, questo Collegio regolatore non potè non ricono
scere il diritto dell'ammonito (pel niun divieto di legge)
di reclamare quando che sia al pretore così per tra
sgressione del rito o del dritto nell'ammonizione, come
per migliori e più accurate indagini, salvo ben vero in
questa ultima ipotesi al pretore di vagliare se occor
rano le indagini ulteriori. E quando il diritto è rico
nosciuto, ciò importa due conseguenze : che il pretore
ha il dovere di emettere un provvedimento qualsiasi
conforme a sua coscienza, e che se al medesimo non
creda acquetarsi l'ammonito, l'aula del supremo Collegio non debba nè possa essergli chiusa.
Il ricorso adunque nel caso presente è ammessibile e
fa d'uopo vagliarne i motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 10 febbraio 1879, Pres. ed Est. Narici — Ric.
P. M. c. Cimino.
Appello — Sentenza «lei pretore — Appello del pro curatore del Re — Ove debba Interpol's! (Cod.
proc. pen., art. 353 e 356; Legge sull'orci, giucliz., art. 132; Tariffa penale, art. 400, n. 2).
Il procuratore del Re può validamente appellare dalla,
sentenza del pretore presentando la dichiarazione
di appello nella cancelleria dello stesso Tribunale,
non essendo assolutamente necessario che tale ap
pello sia presentato nella cancelleria della pre
tura. (1)
La Corte, ecc. — Osserva che la massima adottata
dal Tribunale, di essere inammessibile l'appello diret
tamente prodotto dal regio procuratore contro una
sentenza di pretore, quando non ne sia stata presen tata la dichiarazione nella cancelleria della pretura, non si trovi sorretta dalla legge;
Che di vero l'invocato art. 356 proc. pen. evidente
mente si riferisce all' imputato, alla parte civile ed al
P. M. presso la pretura, ma non mai al regio procu ratore che risiede presso il Tribunale, nè potrebbe certo assentarsene per andar presentando appelli nelle
cancellerie delle diverse preture comprese nella giu
risdizione del Collegio; Che senza alcun dubbio può la dichiarazione del gra
(1) Con questa sentenza la Cass, di Napoli conferma la sua giuri sprudenza di potersi l'appello del procuratore del re interporre presso la cancelleria del Tribunale, mentre tutte le altre Corti ritengono che la dichiarazione di quel gravame deve, a pena di nullità, presentarsi nella cancelleria del pretore. Vedi la sentenza della Cass. di Palermo, 13 gennaio 1879. e la relativa nota a col. 154 e seguenti del presente Volume.
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