Udienza 20 giugno 1893; Pres. Canonico, Est. Spaziani —Ric. CecchiSource: Il Foro Italiano, Vol. 19, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1894), pp.43/44-45/46Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23096638 .
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PARTE SECONDA
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA, Udienza 12 agosto 1893; Pres. Canonico, Est. Pri
mavera — Ric. Liverio.
Sicurezza pubblica — Processione — Avviso al
l'autorità — Indicazioni necessarie (Reg. p. S.,
art. 5).
Non costituisce contravvenzione all'art. 5 del re
golamento di p. s. l'omettere nell'avviso di una
processione o pellegrinaggio, da darsi all'auto
rità, alcuna di quelle notizie di cui fa cenno il
detto articolo, se le notizie omesse non siano ne
cessarie a mettere l'autorità in grado di poter
esercitare il suo ufficio.
La Corte: — Attesoché mentre l'imputazione di
cui fu chiamato a rispondere don Liverio era di
contravvenzione agli art. 7 e 5 della legge e re
golamento di p. s., per avere dato opera al pelle
grinaggio da Galio al Buso senza la licenza dell'au
torità, il pretore, abbandonando quell'imputazione,
lo condannò non per la mancanza di tale licenza,
ma perchè nell'avviso, che ne dette al sindaco,
non indicò l'ora della partenza e del ritorno della
processione, il suo itinerario, nonché la celebra
zione della messa e delle altre cerimonie.
Attesoché, senza soffermarsi a discutere sul ti
tolo dell'imputazione e quello della condanna, che
dopo tutto non uscì dai termini del fatto e non
aggravò la condizione del prevenuto, il supremo
collegio non crede che, interpetrando equamente
gli art. 7 e 5 della legge e regolamento di p. s.,
possa ritenersi che il ricorrente sia caduto in con
travvenzione, per aver omesso, nell'avviso che die
de al sindaco del pellegrinaggio di cui si tratta,
alcune di quelle notizie che sono richieste dall'art.
5 del regolamento.
Infatti nel detto avviso si dice che il giorno 25
maggio si sarebbe fatto il pellegrinaggio da Galio
al Ruso. Ora, con tale partecipazione si può dire
esaurito l'intento della legge e del regolamento di
p. s., che mirano, in sostanza, con quelle disposi
zioni, a mettere l'autorità politica in grado o di
vietare tali processioni o di prescrivere ad esse
condizioni di tempo, di modo e di itinerario, come
si dice nell'art. 6 del detto regolamento, e in ogni
caso di vigilarle.
Imperocché, essendo indicato il giorno del pelle
grinaggio, il luogo donde partiva e quello ove si
dirigeva, v'è quanto può essere necessario all'au
torità politica per prendere quei provvedimenti
che credesse del caso, tanto più che, trattandosi
di una processione, che certamente si ripete ogni
anno, l'autorità locale, vale a dire il sindaco di
Galio, non poteva aver bisogno di più minute in
formazioni : e tanto ciò è vero, ch'egli rescrisse
nell'avviso «si concede».
Del resto, anche il citato art, 6 del regolamento,
in cui è disposto che l'autorità di p. s. potrà, per
riconosciute ragioni d'ordine pubblico, prescrivere
alle processioni condizioni (li tempo notificandole
ai promotori ventiquattr'ore prima, addimostra lo
spirito di tolleranza con cui sono dettate le dispo
sizioni stesse; spirito che non deve venir meno
neanche nell'applicazione della legge: per cui, nel
caso, non doveva ritenersi clie costituisse contrav
venzione l'avere l'arciprete di Galio omesso nel
suo avviso alcune di quelle notizie di cui fa cenno
l'art. 5 del regolamento in via indicativa piuttosto
che precettiva, per il motivo che non erano neces
sarie all'autorità di p. s., la quale con poca coe
renza elevò la contravvenzione dopo il « si conce
de » rescritto nell'avviso mandatole dal ricorrente.
Per questi motivi, cassa senza rinvio ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 20 giugno 1893 ; Pres. Canonico, Est. Spa
ziani — Rio. Cecchi.
Frode in commercio — Pesi e misture «Iterate —
impronta legale (Cod. pen., art. 294).
L'art. 294 cod. pen. colpisce l'uso di pesi e mi
sure in qualunque modo alterate nel loro mec
canismo, anche se non siasi alterata la impron
ta legale. (1) La Corte: — Ritenuto che sul finire del decorso
anno 1892 Guido Cecchi era chiamato avanti al
pretore di Lucca a rispondere del reato previsto
e represso dall'art. 294 del cod. pen., per aver
fatto uso, nel pubblico suo negozio esistente in
detta città, di misure alterate, essendosi constatato
come nelle due estremità del ferro in bilico della
bilancia ivi adoperata fossero state apposte da una
parte la moneta di cinque centesimi e dall'altra
quella di due centesimi, allo scopo di defraudare
gli avventori.
Che il pretore ritenendo tutto ciò provato dalle
risultanze del dibattimento, ritenendo applicabile
al fatto il disposto del citato art. 294, con sen
tenza del 22 dicembre 1892 condannava il Cecchi
alla reclusione per quindici giorni, ed aila multa
di lire 50.
Che di questa sentenza si gravò in appello il
Cecchi, sostenendo che non vi fosse stato da sua
parte il dolo, e che non fosse avvenuto alcun no
cumento agli avventori del suo negozio, ai quali
dava il buon peso. Ma il tribunale di Lucca, con
pronunziato del 24 febbraio dell'anno corrente, re
spinse tali gravami, e confermò la sentenza del
pretore. Che ora il Cecchi ha ricorso a questa Corte su
prema, e domanda l'annullamento del giudicato,
non solo per i motivi non accolti dal magistrato
di appello; ma ancora per un motivo aggiunto,
col quale dice non applicabile al caso in esame,
e quindi violato l'art. 294 del cod. pen. Egli in
sostanza dice che quest'articolo riguarda e punisce
(1) In senso conforme : stessa Corte, 24 novembre 1891
(Foro it., 1892, II, 118, con nota).
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GIURISPRUDENZA PENALE
chiunque faccia uso di misure o di pesi con im
pronta legale contraffatta o alterata ; invece nel
negozio di lui non fu trovata contraffatta o alte
rata la impronta dei pesi, ma la bilancia nel mo
do sopraindicato. Considerato che il motivo della mancanza del
dolo nel commerciante Cecchi, e del non avvenuto
nocumento agli avventori del suo negozio, non ha
valore; imperocché, prescindendo dall'osservare
che il dolo nella fattispecie inest in re ipsa, egli
è certo che alla esistenza del reato figurato nel
l'art. 294 basta il fatto materiale del far uso sciente
di misure o di pesi con impronta legale falsata, e
la possibilità di recare, con questo mezzo, nocu
mento altrui. Ora è incontestata l'alterazione della
bilancia, è incontestabile che da ciò potesse deri
vare nocumento agli avventori, i quali in buona
fede accedevano al negozio del Cecchi.
Considerato che parimenti infondato è il motivo
aggiunto, con cui il Cecchi vorrebbe sottrarsi alla
sanzione dell'art. 294, sol perchè la contraffazione
o l'alterazione era nel meccanismo delle sue bilan
cie, e non nella impronta legale dei pesi.
Altre volte questa Corte ebbe ad esaminare tale
questione, e riconobbe la fallacia della tesi che og
gi propugna la difesa del ricorrente Cecchi.
Ed in vero il ripetuto art. 294, compreso sotto
la rubrica delle frodi nei commerci, anch'esso ten
de a reprimerle ; ed a questo scopo parla della
impronta legale dei pesi come di cosa che sta in
relazione diretta ed immediata con la bilancia sulla
quale i medesimi pesi bollati debbono essere posti
per segnare la giusta misura. Vede ognuno come
la impronta legale del peso non possa altrimenti
raggiungere lo scopo, quello cioè di determinare
normalmente la quantità della merce, se non col
mezzo di una bilancia non viziata; dappoiché il
vizio di questa si comunica e toglie ogni valore
al peso, quantunque munito della impronta legale,
di maniera che in effetti lo altera col farlo corri
spondere ad un peso non giusto.
Laonde colui il quale a suo profitto rende vi
ziosa la bilancia che usa in commercio, sebbene
non alteri materialmente la impronta legale dei
corrispondenti pesi, l'altera effettivamente, e com
mette artificiosamente la frode in commercio che
il legislatore ha voluto punire. Lo stesso potreb
be dirsi della moneta quando avesse la impronta
legale, e nello intrinseco non corrispondesse alla
medesima impronta: questa moneta per il 'solo co
nio legale non potrebbe dirsi non falsificata.
Né vale pel ricorrente il riandare al corrispon
dente art. 283 dei progetti del codice vigente; im
perocché col sostituire alla dizione dei progetti
quella adottata nell'art. 294, lungi dal mutare il
concetto o restringere la portata dell'articolo si
volle usare una locuzione più comprensiva, e si
volle dichiarare bastevole alla esistenza del delitto
la possibilità del nocumento altrui.
Per questi motivi, rigetta ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 21 novembre 1893; Pres. Risi, Est. Bar
lutti. — Ric. Puglielli e Bernardi.
Ant«rliznzlon« a procedere — Sindaco — Reato
commesso qaal direttore del carcere (L. COITI.
e prov., art. 139 e 8; Reg. gen. carcerario, art. 16).
Le attribuzioni direttive delle carceri giudiziarie
mandamentali sono attribuite ai sindaci quali
ufficiali del governo, e non come capi dell'au
torità comunale.
Epperò non si pub senza Vautorizzazione di cui
agli art. 139 e 8 legge com. e prov. sottoporre a procedimento penale il sindaco per atti com
piuti nella qualità di direttore del carcere man
damentale (indebite facilitazioni ad un detenuto).
La Corte: — Attesoché l'art. 16 del regolamento
generale degli stabilimenti carcerari dispone che le
carceri giudiziarie mandamentali, ove non esista
ufficio di sottoprefettura o direzione carceraria lo
cale, sono affidate ai sindaci, i quali possono defe
rire ai capi guardia od a chi ne fa le veci, talune
delle loro attribuzioni previa autorizzazione del
Ministero;
Che messo in relazione tale articolo coll'art. 14,
in cui si dice che l'amministrazione delle carceri
dipende dal Ministero dell'interno, coll'art. 17 in
cui si stabilisce che tutte le autorità dirigenti....
dipendono in linea diretta dalle prefetture delle
rispettive provincie...., ed infine coll'art. 19 in cui
sta scritto che le autorità dirigenti ed il personale
degli stabilimenti carcerari e dei riformatori ese
guiscono e fanno eseguire, nella sfera delle loro at
tribuzioni, gli ordini impartiti in via gerarchica
dalle competenti superiori autorità amministrative
e giudiziarie, sorge manifesto il concetto che le at
tribuzioni direttive delle carceri mandamentali con
ferite ai sindaci od a chi ne fa le veci sono loro
date nella qualità, non di capi dell'amministrazione
comunale, ma in quella di ufficiali del governo, ciò
che è confermato dalla disposizione generale del n.
7 dell'art. ) 32 della vigente legge comunale e pro
vinciale.
Che pel disposto dell'art. 139 di quest'ultima
legge è applicabile ai sindaci o chi ne fa le veci
per gli atti compiuti nella qualità di ufficiale del
governo la disposizione dell'art. 8 precedente, per
la quale non possono essere chiamati a render conto
dell'esercizio delle loro funzioni fuorché dalla supe
riore autorità amministrativa, nè sottoposti a pro
cedimento per alcun atto di tale esercizio senza
l'autorizzazione del re, previo parere del consiglio
di stato;
Che, essendo stato il ff. di sindaco Puglielli sot
toposto a procedimento per un atto da lui com
piuto nell'esercizio delle suo funzioni di direttore
del carcere mandamentale di Caramanico, era indi
spensabile che si fosse previamente ottenuta nelle
forme di legge l'autorizzazione superiormente in
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