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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 20 luglio 1885; Pres. Nobile, Est. Vinci-Orlando, P....

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Udienza 20 luglio 1885; Pres. Nobile, Est. Vinci-Orlando, P. M. Malato-Fardella (concl. conformi) —Ric. P. M. c. Marchese Source: Il Foro Italiano, Vol. 11, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1886), pp. 41/42-45/46 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23089546 . Accessed: 28/06/2014 15:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.45 on Sat, 28 Jun 2014 15:17:27 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 20 luglio 1885; Pres. Nobile, Est. Vinci-Orlando, P. M. Malato-Fardella (concl.conformi) —Ric. P. M. c. MarcheseSource: Il Foro Italiano, Vol. 11, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1886), pp.41/42-45/46Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23089546 .

Accessed: 28/06/2014 15:17

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GIURISPRUDENZA PENALE

detto articolo della legge comunale e provinciale attribuiti al prefetto ed agli altri ufficiali preposto alla tutela della pubblica sicurezza, quei provvedi

menti che avessero per effetto di sopprimere il detto

diritto interdicendone in modo generale e perma nente l'esercizio, e dovrebbero invece riguardarsi le

gittimi, epperò legalmente efficaci, quelli ohe in vista

di peculiari circostanze di tempo e di luogo, e nel

l'intento di prevenire il male, la perturbazione del

l'ordine pubblico, piuttosto che ricorrere ai rimedio

troppo tardi quando il male già sia fatto, tempo raneamente soltanto abbiano in una data zona so

speso l'esercizio del diritto stesso di riunione vietando

le adunanze in luoghi pubblici sì religiosi che civili.

Considerato che una volta stabilito che al pre

fetto, a cui unicamente spetta di apprezzare quali siano le giuste esigenze del mantenimento dell'ordine

pubblico che deve assicurare nell'ambito della pro vincia affidata alle sue cure, competa in forza del

l'art. 146 della legge comunale e provinciale il potere di vietare temporariamente le adunanze pubbliche sia civili sia religiose che preveda avere a riuscire

sorgente di perturbazione' alla pubblica tranquillità, die lia dovere di tutelare, non vi ha davvero ragione

plausibile per negare al prefetto il potere di proi birle con nn solo provvedimento o decreto, per un

tempo determinato in una parte od anche in tutto

il territorio soggetto alla sua giurisdizione qualora

egli ritenga che i motivi i quali stanno a consigliare il divieto abbiano a durare per qualche tempo.

Che anzi, ove ben si guardi alla ragione della leg

ge, fia mestieri riconoscere che rimarrebbe falsato ij

concetto, a cui appare informato, riducendosi il po tere del prefetto al provvedere di volta in volta per i singoli casi, inquantochè per la distanza dei luoghi ben difficilmente il prefetto avrebbe modo di cono

scere che in dato giorno e in un dato luogo abbia

a seguire una processione religiosa o civile, in ordine

alla quale torni opportuno emanare un provvedi mento a tutela della tranquillità pubblica, di guisa

che, ristretta entro tali limiti 1' azione del prefetto rimarrebbe il più delle volte infeconda di utili ri

sultati.

Considerato che la impugnata sentenza assoda che

il decreto o manifesto 17 giugno 1885 con cui il pre

fetto di Genova, valendosi della facoltà accordatagli

dalla legge comunale e provinciale, pfoibisce nei

circondarii di Genova e Savona tutte le processioni

sia religiose cha civili, e ciò per considerazioni di

ordine pubblico, è un provvedimento che non ha

carattere di ordine generale e permanente; ma ri

stretto invece pel tempo in quanto si estende so'o

dal 17 giugno al 31 luglio stesso anno, e determinato

anche nello spazio, comprendendo solo i circondarii

suddetti, esclusi gli altri compresi nella provincia. E da tale premessa deduce la legittimità e la forza

obbligatoria del decreto stesso, di guisa che l'inosser

vanza del divieto, dal medesimo portata, valga a

costituire il sacerdote Emilio Parodi, il quale aveva

confessato di avervi contravvenuto nel giorno 21

detto giugno, come era imputato, passibile della pena di polizia comminata dall'art. M'ideila legge comu

nale nello stesso decreto richiamato, e fosse quindi ad applicarsi la pena dell' ammenda cogli arresti

sussidiarli come di legge. Che adunque si deve rico

noscere come il pretore si sia esattamente confor

mato ai principii di diritto, che, giusta le premesse

considerazioni, reggono la soggetta materia, e cosi

la sua sentenza resiste agli appunti che il ricorrente

gli ò venuto facendo di aver violato l'art. 5 della

legge sul contenzioso amministrativo, 32 dello Sta

tuto e 26 e segnenti della legge di pubblica sicu

rezza, e falsamente applicato l'art, 146 ddlla legge comunale e provinciale 20 marzo 1865.

Laonde il ricorso vuole essere rigettato, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO Udienza 20 luglio 1885; Pres. Nobile, Est. Vinci-Or

l \ndo, P. M. Malato-Fardei.la (conci, conformi) - Ric. P. M. c. Marchese.

llancarotla — Concordato —Dichiarazione di scu

«abiìiià — Sospensione dei procedi in sii io penale

(Cod. di comm., art. 839 e 861).

Soltanto il tribunale di commercio ed all'epoca del

l'1 omologazione può, a norma dell'art. 839 cod. di

comm., dichiarare che con l'adempimento delle

condizioni assunte nel concordalo Vazione penale resterà estinta, e soltanto in questo caso il pro

cedimento penale per bancarotta resta sospeso,

giusta il successivo art. 839. (1) Laonde se la sentenza abbia omologato puramente

e semplicemente il concordalo senza fare quella

dichiarazione, il magistrato penale deve senz'al

tro giudicare della bancarotta, ne può ordinare

alcuna sospensione in dipendenza del benefizio indicato nei citali articoli. (2)

La Corte, ecc. — In fatto è da premettere che,

sull'istanza della Ditta fratelli Manganare, fu di

chiarato fallito Marchese Antonino, da Catania, da

quel Tribunale di commercio, il 2 febbraro 1883, e

querelato inoltre dalla Ditta Curcio di bancarotta

ed arrestato, e dalla Camera di Consiglio del Tri

bunale, con ordinanza del 15 dicembre 1883, rin-»

viato al Tribunale correzionale, per rispondere di

bancarotta semplice. Intanto al 6 giugno 1884 fu

consentito un concordato tra il fallito Marchese, ed

i suoi creditori, e dal Tribunale di commercio a 30

dello stesso giugno omologato, dichiarandolo (è te

sto) eseguibile a tutti, e per tutti gli effetti di legge.

Procedendosi avanti il Tribunale correzionale di Ca

tania, a 22 luglio 1884, al giudizio per la bancarotta

semplice, la difesa, presentato il concordato e la sen

tenza di omologazione, preliminarmente chiese che

si sospendesse, alla base degli art. 839, ed 861 cod.

(1-2) V. la sent, della Cass, di Torino a col. 378 del voi. del 1885, le altre ivi richiamate in nota — V. pure le altre sent, della

stessa Cass. di Torino, 26 luglio 1884 e 17 giugno 1885 nella Giu

rispr. it., 1885, pag. 31 e 320,

Il Foro Italiano — Volume XI— Parte II. - 4.

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43 PARTE SECONDA 44

di commercio vigente, il procedimento penale, per- ;

cliè, estinti i debiti, che si doveano pagare, e di- i

chiarato poi dal Tribunale di commercio lo adempi- !

mento e riabilitazione, si fosse dal Tribunale corre

zionale detto non farsi luogo al procedimento penale. Però il Tribunale rigettò tale istanza, ed ordinò pro

cedersi oltre, considerando che il benefìcio dei sud

detti art. 839 ed 861 va concesso quando il Tribu

nale di commemo avesse riconosciuto il fallito me

ritevole di speciale riguardo, e revocata la sentenza

di fallimento, il che non era nella specie. Laonde,

esaurito il dibattimento, e, ritenendo che Marchese

vendeva le mercanzie meno del prezzo corrente, e

non teneva i libri in regola, lo dichiarò colpevole del reato ascrittogli, e lo condannò a tre mesi di

carcere. Sull'appello del Marchese, la Sezione corre

zionale della Corte di Appello di Catania, a 4 set

tembre 1884, avanti cui fu riprodotta la eccezione, fatta in Tribunale dall'imputato, per gli art. 839 ed

861 cod di commercio, sospese di pronunziare sul

l'azione penale, fino a che il Tribunale di commer

cio non svolgesse la locuzione, tenuta nel dispositivo della sentenza di omologazione del concordato cioè, dichiara la omologazione ese uibile a tutti, e per tutti gli effetti di legge. Considerò che per gli ar

ticoli suddetti del nuovo codice di commercio, puossi dal Tribunale di commercio, nell'omologare il con

cordato, ordinare che, dopo l'adempimento degli ob

blighi assunti (nella specie fu accordata al fallito

una dilazione di 5 anni al pagamento), il nome del

debitore sia cancellato dall'albo dei falliti, dichia

rando revocata la sentenza di fallimento, e ciò in

ordine al procedimento penale. Revocata la sentenza

del fallimento, il procedimento penale rimane so

speso, e col semplice adempimento l'azione penale si

estingue. Or la sentenza di omologazione del Tribu

nale di commercio con quella locuzione , eseguibile a

tutti, e per tutti gli effetti di legge, nel senso e

stensivo e benigno, par che alluda alla sospensione dell'azione penale, in altri casi permessa (art. 33

cod. proc. pen.). Altronde il Tribunale decise tor

narvi, quando deve dichiarare l'adempimento degli

obblighi assunti, e quindi non è stata esaurita la

sua giurisdizione con la sentenza sola di omologa

zione; indi a che si estinguerà l'azione penale. Ri

pete impertanto che la locuzione usata non è chiara,

e fa d'uopo che si svolga dal medesimo Tribunale'

Dopo molti mesi da tale sentenza, niuna delle parti

provocò quel tale svolgimento dal Tribunale di com

mercio: laonde il Proc. Gen. istanzò pel nuovo pub blico dibattimento, ch'ebbe luogo nel 28 aprile 1885.

Da un canto il P. M. con<ihiuse rigettarsi l'appello, revocando la precedente preparatoria, e la difesa

che la causa fosse rimandata per l'espletamento del

giudizio innanzi al Tribunale di commercio. La Corte

considerò che la precedente sentenza, del 4 settem

bre 1884, non può intendersi che avesse voluto, e

potuto, il Tribunale di commercio ritornare sul suo

pronunziato, e dato spiegazione; ma dalle sue con

siderazioni rilevasi il criterio direttivo essere stato

dapunto, per gli art. 839, ed86lcod. di commercio

ch^, ove il fallito adempisse nel termine di 5 anni,

consentito ai pagamenti assunti, potrebbe un giorno

ripresentarsi allo stesso Tribunale, implorando quei

favori, prescritti dai detti articoli, e quindi sospese la disamina, fino a elle fosse scorso il quinquennio. Laonde ordinò che non fosse riportata la causa sul

ruolo, fino a quando il Tribunale di commercio non

avesse pronunziato, ai termini della precedente sen

tenza, del 4 settembre 1884. Avverso questa sen

tenza il Proc. Qen. di Catania ritualmente domandò

l'annullamento, per violazione degli art. 4, alinea, e

33 cod. proc. pen., ed 839 ed 861 cod. di commercio, che applicò falsamente, avvegnaché la Corte non più

preparatoriamente, ma diffìnitivamente, decise che

il giudizio penale sottostesse all' esito del giudizio

commerciale, né la sentenza commerciale si occupò

dell'azione penale, che rimase libera nel suo movi

mento. La prima sentenza della Corte invitò il Tri

bunale di commercio ad occuparsi dell'azione penale; la seconda sentenza della stessa Corte, la stigma

tizzò, e la disse ineseguibile, correggendola, comun

que chiaro fosse il dispositivo della prima, e, som

mato tutto, ha creato un ostacolo allo svolgimento

dell'azione penale, essenzialmente pubblica, e che non

soffre remora.

Il Supremo collegio osserva in diritto che l'azione

penale è essenzialmente pubblica, e non soffre re

mora dall'azione ile, la quale, non esercitata con

quella, va sospesa sino a che diffìnitivamente non si

pronunzii sulla penale, sart. 1 cod. proc. pen ). Co

tale principio generale può soggiacere a qualche ec

cezione, espressamente indicata dalla legge, ed, ap

punto perchè eccezione, non può estendersi oltre i

casi, e tempi, in essa espressi, art. 4 delle disposi zioni generali del cod. civ.)- Gli art. 839 ed 861 del

vigente codice di commercio accordano questo spe ciale ed eccezionale favore al fallito, qualora il Tri

bunale di commercio, nell'omologare il concordato

con i di lui creditori, secondo le circ stanze del fal

limento, lo ritrovi meritevole di special riguardo, od

allora nella sentenza di omologazione può ordinare

che, dopo il completo adempimento degli obblighi, assunti nel concordato, il nome del debitore sia can

cellato dall' albo dei falliti. Può altresì dichiarare

che mercé l'adempimento suddetto resti revocata la

sentenza dichiarativa del fallimento, anche rispetto

al procedimento penale. L'adempimento degli obbli

ghi anzidetti è accertato con sentenza, pronunziata

dallo stesso Tribunale di commercio. Si soggiunge nel

primo alinea del detto art. 861: « Se il Tribunale

« con la sentenza di omologazione del concordato,

« dichiari, secondo le disposizioni dell'art. 839, re

« vocata la sentenza dichiarativa del fallimento, il

l « procedimento penale per bancarotta semplice ri

« mane sospeso, e col completo adempimento delle

« obbligazioni, assunte nel concordato, l'azione pe

« naie rimane estinta ». Nella specie in esame, la

sentenza di omologazione del concordato fu pura e

semplice. Niuna circostanza, meritevole di riguardo,

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45 GIURISPRUDENZA PENALE 46

fu accennata nelle considerazioni; non ordinato che,

dopo gli adempimenti, assunti nel concordato, venga ■

annullata la sentenza di fallimento, ed il nome del

fallito dall'albo dei falliti. Insomma niuna delle condi

zioni, richieste pel godimento di tale eccezionale bene

ficio, fu ordinata dal Tribunale di commercio, nell'omo

logare il concordato, conia sua sentenza non impu

gnata e passata in giudicato, e quindi non suscettiva di

modificazione, come quasi pretese con la prima sen

tenza la Corte, Sezione correzionale, e con la sen

tenza impugnata, che sospese il procedimento penale.

La Corte, pur volendo interpertarla, cadde nello

stesso vizio, violando le disposizioni di legge, dal ri"

corrente P. M. invocate, senza riguardare al tempo

in cui si possa far godere il beneficio delle nuove

disposizioni del codice di commercio, ed alle condi

zioni, e da chi dichiarato, per le quali si possa im

petrare, cioè, all'epoca dell'omologazione, e dal Tri

bunale di commercio. Eppure questa via alla Corte

di Appello, Sezione correzionale, fu bene indicata,

nel rigettare l'incidente del fallito, dal Tribunale

correzionale, contro cui era appello. Dal fin qui detto

consegue che deve essere accolto i! ricorso del P. M.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE SUPREMO DI GUERRA E MARINA. Udienza 24 gennaio 1886; Pres, Durando, Est, Sakk

i>0 — Causa Nasib Idris e Osman Amadù.

Competenza — Corpo d'occupazione In Africa —

Itcall a danno di militari.

Tribunale militare — Compo; iziouc — l'frtclale

che fece rapporto del reato (Cod. pen. milit.., art.

308 n. 6. e 344 n. 1).

Quando un esercito sia per ragion di guerra, sia

a titolo di occupazione militare è stabilito in ter

ritorio straniero, se avvenga' che nel territorio

occupalo manchino istituzioni giudiziarie che

provvedano efficacemente all' amministrazione

della giustizia penale, Vesercito occupante ha il

diritto di provvedervi egli stesso applicando le

sue leggi nazionali. (1)

E ciò tanto più allorché si ti alti per V eser

cito di provvedere alla propria sicurezza come

nel caso di reali commessi da estranei alla mi

lizia a danno dei militari che rw fanno parie. (2)

Questi principii sono applicabili per analogia al

corpo di spedizione in Africa, quantunque questo

non si tìovi in islalo di guerra. (3)

Laonde è regolarmente giudicato a norma delle

leggi nazionali dal tribunale militare italiano

istituito a Massaua con reg. decr. 21 maggio 1885,

l'individuo estraneo alla milizia che si rende

colpevole di offese personali contro un militare.

La redazione e la trasmissione al superiore ài un

rapporto sopra tin reato di cognizione della giù

risd.izione militare non è un atto d'istruzione

del processo. Laonde Vufficiale che ha redatto quel rapporto, può

far parte del tribunale militare che deve poi giu

dicare della causa.

Il Tribunale, ecc. Sul ricorso di Nasib Idris, do

miciliato a Massaua, facchino e barcaiuolo; di Osman

Amadù, nato a Baka, dell'apparente età di anni 20,

marinaro; e dell'avvocato fiscale presso il tribunale

militare presso il comando superiore delle truppe

italiane in Africa, contro sentenza del detto tribu

nale del 14 novembre 1885 che condanna il Nasib ad

un anno di carcere e Osman a sei mesi della stessa

pena, per reato di offese personali che potevano

portare il pericolo della vita verso il soldato Marto

rella Ferdinando del 3." genio, telegrafista militare;

Attesoché i due condannati ricorrenti chiedono

l'annullamento della sentenza:

1. perchè contrariamente al capoverso dell'art. 308

n. 6, in relazione all'art. 344 n. 1, venne ammesso

a far parte del tribunale militare che li ha giudi

cati il maggiore De Jturbe cav. Ciro, mentre questo,

previe inchieste ed indagini, estese il rapporto sul

fatto su cui versò il giudizio;

2. perchè il tribunale militare fu incompetente a

giudicare di un reato commesso da persone non

soggette alla giurisdizione militare.

Attesoché il p. m. chiede l'annullamento della sen

tenza per il primo dei due motivi sopra addotti;

Sulla eccezione d'incompetenza — Attesoché è prin

cipio incontestabile di diritto delle genti, sancito,

anche in mancanza di speciali disposizioni legisla

tive, dalla costante giurisprudenza di tutti gli stati

civili, che quando un esercito, sia per ragione dj

guerra, sia a titolo di occupazione militare è sta

bilito in territorio straniero, se a-venga che nel ter

ritorio occupato manchino istituzioni giudiziarie che

provvedano efficacemente all'amministrazione della

giustizia penale, l'esercito occupante ha il diritto e

il dovere di provvedervi egli stesso, applicando, giu

sta il precetto della sapienza romana, usu exigente

et humanis necessitatibus, quel jus gentium che omni

huraano generi commune est (§ 2, 1st., de jure natur.

et geni., I, 2); ed è in virtù di questa necessità che

ogni esercito porta dovunque si trova le sue leggi

nazionali, per la nota regola di diritto internazio

nale, che dov'è la bandiera, ivi è la nazione dell'e

sercito che la porta.

Che questa necessità é ancora più evidente quando

si tratti per l'esercito di provvedere alla sua imme

diata sicurezza, come nel caso di reati commessi da

estranei alla milizia a danno dei militari che ne

fanno parte, in paesi nei quali manca ogni mezzo

legale di repressione penale.

Che in mancanza Ji una speciale prescrizione di

legge si ha la norma regolatrice dell'art. 3 delle di

sposizioni sull'applicazione e interpretazione delle

leggi in generale, secondo il quale « qualora una

controversia non si possa decidere con una precisa

(1-3) Analoghi principi sono stati applicati più volte dalla Cass.

francese: V. Dalloz, Rèpv. Droit nalurel e( des yens, n. 119 e

seg.; Recueil period., 1855, I, pag. 500 e seg., 1866, I, pag. 46, e

Y.,col. 84 n. 2; Table de vingt deux années^ v. Militaire, n. 88 e seg.

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