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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 20 luglio 1897; Pres. ed Est. Risi — Ric. P. M....

Date post: 12-Jan-2017
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Udienza 20 luglio 1897; Pres. ed Est. Risi —Ric. P. M. nell'interesse della legge in causa Capararo Source: Il Foro Italiano, Vol. 22, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1897), pp. 449/450-451/452 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23101100 . Accessed: 22/06/2014 17:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.174 on Sun, 22 Jun 2014 17:42:17 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 20 luglio 1897; Pres. ed Est. Risi —Ric. P. M. nell'interesse della legge in causaCapararoSource: Il Foro Italiano, Vol. 22, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1897), pp.449/450-451/452Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23101100 .

Accessed: 22/06/2014 17:42

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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449 GIURISPRUDENZA PENALE 450

CORTE DI CASSAZIONE CI ROMA. Udienza 20 luglio 1897; Pres. ed Est. Risi — Ric.

P. M. nell'interesse della legge in causa Capa

raro.

Ingiurie — Compeuakiione — Con temporali «HA — Mancanza di querela (Cod. pell., art. 397j.

Per farsi luogo alla compensazione delle ingiurie,

di cui all'art. 397 cod. pen., non occorre che

siano contemporanee. (1)

. .. . Ma la compensazione non può pronunziarsi se

il querelato non abbia alla sua volta dato que

rela per le ingiurie fattegli dal querelante. (2)

La Corte: — Osserva che il ricorso stato dedot

to nell'interesse della legge contro la sentenza 15

maggio 1897 del pretore di Sant'Angelo dei Lom

bardi sollevale seguenti due quistioni :

1° Per farsi luogo alla compensazione delle in

giurie di cui è parola nell'art. 397 cod. pen., oc

corre la contemporaneità delle medesime ? Su que

sto punto la Corte regolatrice non può convenire

col ricorrente p. m., e ritiene invece che la con

temporaneità delle ingiurie non è necessaria perchè

il magistrato di merito abbia facoltà di compen

sare le ingiurie. Anche ingiurie che non hanno

carattere di contemporaneità, possono dar luogo

(1-2) Con la sentenza '26 agosto 1896 (Foro it., 1896,

II, 447), la suprema Corte stabili non potersi ammette

re la compensazione a favore di chi ingiuria non per

ritorcere 1' ingiuria ricevuta o sotto 1' impressiono di

questa, ma per offendere, quantunque agisca pel ricor

do di ingiurie fattegli nei giorni precedenti. Crediamo

però che tale sentenza non sia contraria alla presente,

poiché allora tratta vasi d'ingiuria pronunziata qualohe

mese dopo quella ricevuta, sicché l'imputato, come si

espresse la stessa sentenza, non trovavasi nella condi

zione di chi "ritorcendo la ingiuria sotto la impres

sione di altra ingiuria patita, erompe in essa meno per

proposito di denigrare il suo ingiuriatore, quanto per

riparare alla propria dignità offesa „. E poiché questa condizione può avverarsi anche quando le ingiurie non

siano contemporanee, cosi la sentenza attualo ci pare

del tutto esatta, e non contraria alia precedente.

Riguardo poi alla 2a massima, non crediamo che sia

conforme né alla lettera dell'art. 397 cod. pen., che nel

l'accordare il beneficio non mette la condizione della

reciproca querela, né allo spirito di esso, poiché essen

do il beneficio concesso in vista dello stato di animo e

dello scopo di chi ritorce contro il suo offensore la in

giuria ricevuta, l'avere o no sporto querela è del tutto

indifferente. Pubblichiamo poi la requisitoria del p. g. (Melega

iti) che è difforme <lalla sentenza sulla prima massima. " Il P. G. : — Nel 19 aprile 1897, Agostino De Biasi,

giornalista di S. Angelo dei Lombardi, sporgeva que

rela contro Capararo Antonio, sottoprefetto di detta cit

tà, perchè nel giorno precedente, mentre esso querelan te passeggiava con altri in via del Duomo della città

slessa, improvvisamente l'investiva, afferrandolo,spin

gendolo e tenendolo fermo contro il muro, apostrofan dolo con le parole: "rettile schifoso, finalmente ti ho

trovato Il querelato presentava le sue deduzioni a difesa in

scritto, chiedendo la compensazione delle ingiurie a lui

ascritte, perchè il De Biasi in antecedenza si era reso

verso di lui responsabile del delitto di oltraggio a cau

sa delle suo funzioni di sottoprefetto e posteriormente continuava ad offenderlo in reiterate corrispondonze

giornalistiche, accettate per proprie dal querelante nel

pubblico orale dibattimento. Il pretore di S. Angelo dei Lombardi, con sentenza

del 15 maggio 1897, non appellata dichiarava non far

si luogo a procedere contro il dott. Antonio Capara ro per inesistenza di reato di lesioni lievissime in pre

giudizio del De Biasi, costituitosi parte civile, ed esen

te da pena per l'altra imputazione d'ingiurie semplici in danno del medesimo, ritenendole compensate, con

dannandolo alle spese del giudizio. Se non che tale

pronunziato non è conforme alla legge e alle discipli ne cho regolano la materia. Per'il disposto dell'art.

397 del cod. pen. la pena dovuta all'ingiuriatore deve

in alcuni casi essere diminuita ed in altri casi o deve

o può pronunziarsene l'esenzione. È di diritto l'esen

zione quando chi ha offeso vi fu indotto da violenze

personali. Dipende dal prudente arbitrio del;magistrato

quando si tratti d'ingiurie scambiatesi reciprocamente tra i contendenti, mentre non si fa luogo che a dimi

nuzione quando 1' ingiuriatore sia stato provocato, a pa

role, dall'ingiuriato. E condizione quindi necessaria per chè il magistrato possa nel suo prudente arbitrio dichia

ralo l'esenzione della pena (quando chi ha offeso non vi

sia stato indotto da violenze personali) che vi sia st ita

reciprocanza, giacchèse vi è materia in cui l'olemento del

la reciprocanza ha un valore, è quella appunto delle in

giurie. Anzi bisogna risalirò al principio della ritorsio

ne, al vim vi repellere licet per trovare la ragione giuridica dell'esenzione della pena. Il che porta al concetto d'in

giurie scambiatesi fra i contendenti nel calore dell'al

tercazione, all'intendimento di respingere la violenza

delle offese, e mena necessariamente à quello della lo

ro contemporaneità (sentenza 20 febbraio 1894 di que sta Corte di cassazione, causa Crescimanno, e relazione

Zanardelli sul progetto presentato alla Camera dei de

putati nella tornata del 2 novembre 1887). Che se manca la contemporaneità dell'offesa, venen

do meno l'attualità della violenza, dovrà tenersi conto, nella punizione, dell'ingiustizia contenuta nell'oltrag

gio patito, diminuendo la pena per la provocazióne, ma

non mai pronunziarsi, come nel concreto fu fatto, l'e

senzione della pena. Inoltre tale temperamento equi tativo della compensazione, accolto nell'articolo succi

tato, e suggerito alla giurisprudenza dal diritto comu

ne, trova la sua origino, oltre che nella legge 151 ff., § 1

De reg. juris : " Illi debet pennini poenam petcre qui in

ipsam non inciditi , anche, e meglio, nella legge 39 ff.

soluto matrim: " Paria enimi delieta mutua yensatione dis

solvuntur „. Da cui consegue che per l'applicazione di

tale temperamento occorre anche la parità delle ingiu

rie, l'eguaglianza dei termini da elidere, giacché come

quando ad propulsandam injuriam l'offeso ritorcaul'in

giuria sul suo offensore, egli sta nel suo diritto fino a

che si contiene nei limiti dell'offesa ; nello stesso óio

do la compensazione quale mezzo d'esenzione della pe na perirne le pene reciproche dei contendenti altrimen

ti incorse, elide l'una l'altra quando i medesime si tro

vino nelle stesse condizioni. Quando cioè i reati sieno

dello stesso genere ed importanza e nelle medesimo con

dizioni di punibilità, e non già allora che per l'uno l'a

zione sia stata messa in moto e per l'altro no. La man

canza della querela se non è impedimento al sorgere

dell'azione penale, lo è però al suo esercizio, in quanto

che la querela, dove è necessaria a promuovere l'azio

ne è condizione sospensiva della punibilità. L' antica

giurisprudenza toscana (Cebetelli, verbo injuriae) ha

sempre accoltola compensazione quale mezzo estintivo

dell'azione, quando le offese e le ingiurie hinc inde pro

ferite erano leggiere, rispettivamente semplici e di ugua

le parità. E tale giurisprudenza fu mantenuta anche

dopo la pubblicazione del codice leopoldino, dalla Cor

te suprema fiorentina colla normale decisione 24 feb

Il Foro Italiano — Anno XXII — Parte 11 38.

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451 PA RTK SECONDA 452

alla compensazione, purché dedotte nello stesso

giudizio. Niun dubbio poi che la reciprocilà delle

ingiurie sia richiesta, ma cotesto requisito indi

spensabile per ammettersi la compensazione nella

specie fu riconosciuto dalla sentenza alla quale sot

to a questo aspetto non può muoversi utile cen

sura.

2° Una seconda quistione solleva il ricorso del

procuratore generale, sostenendo che il pretore di

S. Angelo dei Lombardi, non poteva dichiarare esen

te da pena il querelato Capararo, per non essere

egli alla sua volta querelante, per le pretese in

giurie state compensate. E su questo punto vuol

farsi diritto al ricorso. Difatti l'istituto della com

pensazione, per il quale il magistrato può, in ca

so di reciproche ingiurie, dichiarare esenti da pe

na le parti, presuppone necessariamente che le in

giurie stesse siano reciprocamente querelate da cia

scuna delle parti, e che il giudice le abbia rico

nosciute sussistenti a carico delle medesime. Nella

specie non querela da parte dell'imputato Capa

raro, nè il pretore si è curato di dichiarare la col

pabilità del querelante De Biasi in ordine alle in

giurie da esso Capararo dedotte ; in tale stato di

cose mancano i termini giuridici per ritenere av

venuta la compensazione e poter dichiarare esenti

da pena le parti.

Con ragione pertanto il procuratore generale de

nunzia la sentenza pretoriale sotto cotesto secon

do punto di quistione, e dev'essere perciò annulla

ta neir interesse della legge.

braio 1855 in caso d'ingiurie reciproche al seguito di

rispettive querele, confermando la sentenza 24 novem bre 1854 del pretore di Poppi ohe, esentati l'uno e l'al tro degl'intimati dalle penalità per l'ammessa compen sazione, sottoponeva ambidue alle spese degli atti e del

giudizio da pagarsi fra loro a perfetta metà. A tali

principi di diritto non uniformandosi la sentenza suc citata 15 maggio 1897 del pretore di Sant'Angelo dei

Lombardi, ohe ammetteva Oapararo Antonio all'esen zione di pena per compensazione d'ingiurie non con

temporaneamente pronunziate e non respettivamente querelate da entrambe le parti, il proc. geu., veduti gli art. 683 e 687 proc. pen., la denunzia per il dovuto esa me di legge a questa eccma Corte di cassazione chie dendone l'annullamento nell'interesse della legge „.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.

Udienza 4 giugno 1897 ; Pres. Risi, Est. Baudana

VaccoiiIni — Ric. Vittoria.

Omicidio colposo — Invito a soccorrere perso

ne in pericolo (Cod. pen., art. 371).

A ritenere la responsabilità per reato colposo, non

basta che la vittima sia accorsa all' invito dell' im

putato per salvare una persona in pericolo di

vita, mancando in quei supremi momenti la pos sibilità di provvedere con diligenza e perizia, co

me alla propria, così all'altrui incolumità.

La Corte : — II tribunale di Termini Imerese di

chiarò non farsi luogo a procedimento per inesi

stenza di reato a carico di Mariano Vittoria, im

putato di omicidio colposo in persona di Gaetano

Di Liberto e Bongiorno Agostino, e di lesioni col

pose in persona di Paolo Di Liberto ; fatti avve

nuti in seguito alla ripulitura di un pozzo.

Ne appellò il p. m.t e la Corte d'appello di Pa

lermo condannò il Vittoria a tre mesi di detenzione

per l'omicidio colposo di Gaetano Di Liberto e pel le lesioni di Paolo Di Liberto.

II condannato ricorre per cassazione, e deduce

che egli non poteva essere condannato, perchè fu

del tutto estraneo ai lavori che produssero la di

sgrafia, della quale fu ritenuto responsabile, e che

erano stati appaltati allo sventurato Agostino Bon

giorno, persona del mestiere ed abilissima; perchè non conosceva le condizioni del pozzo della casa

che egli abitava, per locazione, da 10 giorni ap

pena, e il proprietario dichiarò all'udienza che a

lui non ne fece mai parola; e perchè prosciolto

dall'imputazione dell'omicidio colposo in persona del Bongiorno, il tribunale non lo poteva, senza con

traddirsi, condannarlo per la morte di Gaetano Di

Liberto.

La Corte d'appello di Palermo ritenne che il Vit

toria non ignorava di aver preso in fitto un piano terreno con un pozzo da parecchi anni non usato ed

ingombro di luride materie di ogui specie, e per

procurare il nettamento adibì il nettapozzi di me

stiere Bongiorno Agostino per la mercede di L. 10:

costui scese e ridiscese nel pozzo a suo rischio e

pericolo, senza nulla richiedere al committente per le occorrenti precauzioni, e la sua sventura de

ve esclusivamente attribuirsi alla propria impru

denza.

Riguardo a Gaetano Di Liberto, ritenne che co

stui fu invitato di accorrere al salvataggio d<*l po vero Bongiorno dai coniugi Vittoria, senza essere

nemmeno legato ad una corda, e nel fondo del pozzo né giacque anche egli asfissiato; che di questo se

condo fatto è responsabile il Vittoria, il quale ri

chiese un operaio che non era del mestiere, e quan do era già edotto che una grave sventura aveva

dovuto succedere al Bongiorno, che non dava più

segno della sua esistenza; e che una mediocre pre cauzione fosse possibile lo dimostra il terzo espe rimento praticato dal Di Liberto Paolo, che, attac

cato ad una corda e calatosi nel pozzo, potè al

meno campare la propria vita, comunque uscitone

malconcio.

Ma questa sentenza, dopo aver prosciolto il Vit

toria dalla imputazione di omicidio colposo in per sona di Agostino Bongiorno, non persuade riguar

do alla condanna per gli altri fatti pronunciata.

E veramente, a fine di ritenere responsabile per reato colposo, non basta che la vittima sia accorsa

all'invito dell'imputato per salvare una persona in pericolo di vita. In quei supremi momenti non

si ha tempo, nè mezzo, nè volontà di provvedere

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