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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 21 dicembre 1897; Pres. Capaldo, Est. Petrilli —...

Date post: 11-Jan-2017
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Udienza 21 dicembre 1897; Pres. Capaldo, Est. Petrilli —Ric. Durini e Navazio Source: Il Foro Italiano, Vol. 23, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1898), pp. 107/108-109/110 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23101249 . Accessed: 17/06/2014 00:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.187 on Tue, 17 Jun 2014 00:19:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 21 dicembre 1897; Pres. Capaldo, Est. Petrilli —Ric. Durini e NavazioSource: Il Foro Italiano, Vol. 23, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1898), pp.107/108-109/110Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23101249 .

Accessed: 17/06/2014 00:19

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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107 PARTE SECONDA 108

sua qualità di ufficiale postale, e quello previsto

dall'art. 168 cod. pen., sottrazione continuata di

somme che nella sua qualità di pubblico ufficiale

per ragioni del suo ufficio amministrava e custo

diva.

Contro quella sentenza deduceva, fra gli altri

motivi, la violazione degli art. 162, 168 predetti,

inquantochè l'impossessamento della lettere coni

valori in esse contenuti costituisse l'unico reato di

peculato, e non già i due reati di peculato e di

violazione di corrispondenza, trattandosi di un fatto

unico a senso dell'art. 78 cod. penale. Il supremo collegio, sezione prima, con sentenza

1 febbraio 1897, accoglieva questo motivo, e an

nullando la sentenza impugnata, rinviava la causa

alla Corte d'assise di Napoli, affinchè in base al

verdetto già emesso e senza intervento dei giurati,

procedesse a nuova applicazione della pena. E la

Corte d'assise di Napoli, il 4 giugno stesso anno

corrente, pronunziava nello stesso senso della Corte

di Avellino, e infliggeva al Greco la stessa pena, cui essa lo aveva condannato.

Che la Corte di rinvio essenzialmente ha così

giudicato, perchè nel caso concreto manca il fatto

che avrebbe dovuto essere affermato dai giurati, che il peculato sia stato il fine principale, per la

consecuzione del quale il colpevole siasi imposses sato delle lettere raccomandate.

Attesoché, avendo il Greco ricorso ora contro

questa sentenza della Corte di rinvio, invocando

di nuovo la violazione dell'art. 78 cod. pen., la

causa deve esser decisa a sezioni unite.

Attesoché la sentenza deve pronunziarsi in base

ai risultati del verdetto dei giurati. Ad essi erano

stati proposti questi due quesiti: primo, se il Greco

fosse colpevole di essersi impossessato, abusando

della sua qualità di collettore postale, di parecchio

lettere raccomandate, indicate specificamente nel

quesito stesso. Secondo, se egli fosse colpevole di

avere nella qualità di pubblico ufficiale, cioè di

collettore postale, sottratto diverse somme, che

egli per ragione del suo ufficio amministrava e cu

stodiva, cioè le somme, ecc.

Che evidentemente caduno di questi quesiti rac

chiudeva gli estremi di un reato di un carattere

diverso l'uno dall'altro, caduno dei quali poteva avverarsi indipendentemente dall'altro; un collet

tore postale può impossessarsi di lettere racco

mandate, e violare i diritti di corrispondenza, senza

sottrarre danaro, non tutte le lettere che si rac

oomandano contenendo sempre denaro, e può sot

trarre somme, che deve amministrare e custodire, senza violare la corrispondenza.

Che, per ritenere che la violazione delle due di

sposizioni di legge, cioè degli art. 162, 168, fosse

stata commessa con un unico fatto, sarebbe stato

necessario che un quesito, cui avessero risposto

affermativamente i giurati, avesse collegato uno

all'altro i due sopramenzionati quesiti, sicché ne

fosse risultato, che l'impossessamento delle let

tere raccomandate era stato commesso al fine con

seguito di sottrarre il danaro in esse contenuto.

Che, non essendo stata proposta ai giurati alcuna

questione in questo seuso, non si poteva fare a

meno, nell'applicare la pena, di considerare il por tato di caduno dei due quesiti affermati, e siccome

caduno di essi rappresentava una figura di reato

per sè stante, non si poteva fare a meno d'inflig

gere una pena per l'uno e per l'altro reato, a senso

delle disposizioni contenute negli art. 77, 78 co

dice penale.

Che in conseguenza tanto basta per ravvisare

che la Corte di rinvio ha inteso nel vero suo senso

la legge e di essa ha fatto giusta e regolare ap

plicazione.

Per questi motivi, rigetta ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 21 dicembre 1897; Pres. Capaldo, Est.

Petrilli — Ric. Durini e Navazio.

Bancarotta — Società commerciale — Cassiere

o ragioniere (Cod. comm., art. 863). Falso — Banca agricola — Atto pubblico (Cod.

pen., art. 278).

La sanzione stabilita dall'art. 867 cod. comm.

per gli amministratori e t direttori di una so

cietà caduta in fallimento, non può estendersi

al cassiere ed al ragioniere. Le banche agricole ed industriali sono istituti di

ragion privata, sottoposti alla sorveglianza e non

alla tutela dello stato ; epperò la falsificazione delle loro situazioni mensili non può costituire

falsità in atto pubblico. (1)

La Corte: — .... Violazione dell'art. 863 cod.

comm. non potendo il ricorrente (Durini) nella

sua qualità di cassiere della banca essere com

plicato in responsabilità che per legge è ascritta

esclusivamente agli amministratori ed al direttore

di una società anonima, qual' è quella della Banca

agricola ed industriale di Chieti. La medesima de

duzione è prospettata dall'altro ricorrente Navazio

il quale teneva in quell'istituto l'ufficio di ragio

niere.

Attesoché il tribunale e la Córte di appello, di

chiarando il Durini e Raffaele Navazio colpevoli

del reato preveduto dalla prima parte dell'art. 803

codice di commercio, dettero in errore, perchè per

giungere a tale conclusione l'uno ritenne che il cas

siere ed il ragioniere avessero qualità di ammini

stratori, e l'altra di direttori, e ciò per affinità di

funzioni considerate giuridicamente e non per loro

esercizio di fatto. Sono gli amministratori di una

società anonima per azioni i mandatari di essa

(1) Y. lo conformi sentenze della suprema Corte, 18

giugno 1896 (Foro it., 1896, II, 467) e 27 maggio 1893

(Id., 1893, II, 232 — Y. poi l'altra sentenza 24 luglio 1894 (Ibid., II, 424) relativa al banco di Napoli, ritenuto

stabilimento sottoposto alla tutela dello stato.

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109 GIURISPRUDENZA PENALE 11 0

per nomina avutane nell'atto costitutivo o dall'as

semblea generale, e sono perciò incaricati del

l'azienda sociale, onde in essi si compenetra la rap

presentanza giuridica della società stessa, sia nelle

operazioni che nelle obbligazioni. È il direttore

quegli che o per clausola del contratto o per de

liberazione dell'assemblea assume la parte esecu

tiva dell'azienda e ne è responsabile a fronte dei

soci e dei terzi al pari che gli amministratori (art.

122, 121 e 147 cod. comm).

Nel cassiere e nel ragioniere non si ha per nulla

il riscontro di tali uffìzi, imperocché, limitate le

loro funzioni ad un solo e speciale incarico, su di

cui è esclusivamente rivolta la loro responsabilità,

non può mai esserne ritratta la figura giuridica

della rappresentanza e della gestione, le quali ten

gono all'universalità della funzione sociale, tanto

nell'indirizzo e movimento degli affari, che nella

responsabilità delle obbligazioni. — È possibile, che

un cassiere o un ragioniere s'ingerisca di fatto o

concorra nella rappresentanza della società, e, o

dirigendo l'azienda o coadiuvandovi, ne divenga il

gerente, e quindi possa esser tenuto del reato con

templato nella prima parte dell'art. 863 del codice

di commercio; ma in tal caso è l'assunta funzione

di amministratore o di direttore che il rende re

sponsabile, ma non mai il proprio speciale ufficio.

— Se ciò avessero ritenuto in merito e il tribu

nale e la Corte, niun dubbio su l'esattezza del loro

pronunziato ; ma l'affermare, come fecero, che, ai

fini della succennata violazione di legge, per am

ministratore debba intendersi chiunque operi e sotto

qualsiasi veste per conto della società, e per di

rettori tutti coloro che ai vari uffizi dell'azienda

commerciale siano proposti, è dire cosa che alla

legge si oppone ed al concetto di amministra2Ìone

e di direzione tanto nel significato delle parole

che nella ragione giuridica dell'istituto.

Attesoché Raffaele Navazio ricorre anche contro

il capo della sentenza che lo dichiarò colpevole di

falsità in atti pubblici per avere contraffatto le si

tuazioni mensili, nelle quali contro il vero fece figu

rare una regolare posizione della banca. Denunzia

la violazione degli art. 275 e 278 del codice pena

le, non potendosi definire atti pubblici le situazioni

mensili di una società anonima per azioni.

Attesoché il ricorso è fondato. — Come ha sem

pre costantemente deciso questo supremo collegio,

le banche agricole ed industriali sono istituti di

ragione privata, imperocché non sono sottoposte

alla tutela dello stato, il quale non altro vi eser

cita che una semplice sorveglianza. Non può poi

confondersi la tutela con la sorveglianza, l'una es

sendo riposta nell'ingerenza degli affari e nella im

posta dipendenza, l'altra nella vigilanza ed ispe

zione di buon andamento. — Limitata pel ricor

rente la falsificazione alle sole situazioni mensili,

queste non sono atti pubblici, perchè svolgimento

di adempimenti e di pratiche resi da individualità

che non hanno qualità di pubblici ufficiali.

Per questi motivi, cassa senza rinvio nei riguardi

di Durini e Navazio in quanto al reato previsto

dall'art. 863 cod. comm., ed annulla poi la sen

tenza medesima noi riguardi di Navazio, per ciò

che concerne il reato di falsità e rinvia alla Corte

d'appello di Ancona.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA

Udienza 28 ottobre 1897; Pres. Serra, Est. Naza

ri — Ric. Pratesi e Susini.

Stampa — Offese al re — Intorlnsilene a pro

cedere (L. sulla stampa, art. 19; Cod. pen., art.

10 e 122;.

Per le offese al re commesse per mezzo della

stampa, e prevedute dalVart. 19 dell'editto sulla

stampa 26 marzo 1848, non occorre l'autoriz

zazione a procedere, che per l'art. 124 cod. per.

riguarda le offese fatte con parole od atti, di

cui al precedente art. 122.

La Corte: — Attesoché per l'art. 4 della legge

22 novembre '88 n. 5801, che ordinò la pubblica

zione del codice penale, la legge sulla stampa (r.

editto 26 marzo '48) rimane in vigore, salvo per

gli art. 17, 27, 28, 29 e inoltre limitatamente per

l'art. 13, che è quanto dire, salvo per i reati di

diffamazione, di ingiuria e di offesa al buon co

stume, i quali casi ora sono reati puniti dal co

dice penale, sebbene siano commessi con la stam

pa. Ciò si rileva dalla locuzione di detto art. 4,

non solo, ma ancora dalla relazione ministeriale

sul progetto del cod. pen., la quale, esponendo le

ragioni, per cui si rendevano di diritto comune

quelli preveduti da detti articoli della legge sulla

stampa, diceva, che nel resto era lasciata integra

nel suo complesso l'antica e memorabile legge sulla

stampa.

Che, ciò stante, nessuna immutazione essendovi

stata all'art. 19 di essa, che contempla l'offesa alla

sacra persona del re fatta con la stampa, ne vie

ne, che, se quest'offesa è contenuta in un giornale

periodico, non occorre autorizzazione ministeriale

per l'azione penale, ciò non richiedendo la legge

stessa.

Che, ove altrimenti il legislatore avesse voluto,

sarebbe stato facile io indicare il suo intendimento

e nella predetta legge 22 novembre '88, e nell'art.

122 cod. pen., il quale riflette le offese fatte con

parole od atti al re. Il silenzio in proposito di

mostra, che il legislatore ha ponderato la natura

diversa delle offese, per cui, se era cosa prudente

stabilire una misura di cautela per le offese con

parole od atti irriverenti alla persona sacra del

re, potendo talvolta essere più conveniente evitare

la maggiore diffusione che nasce dal giudizio, non

così poteva dirsi per le offese commesse verso il

sovrano con la stampa, che hanno una impronta

grave per sè stesse, riescono più diffuse, hanno

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