Udienza 21 giugno 1879, Pres. Mori-Ubaldini, Est. Martuccu, P. M. Miraglia —Ric. SgarallinoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.327/328-329/330Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084812 .
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327 PARTE SECONDA 328
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI.
Udienza 11 giugno 1879, Pres. ed Est. Narici. — Ric.
Miggiani.
Calunni» — Inesistenza «lei fatto imputalo — Falsa
denunzia (Cod. pen., art. 375 e 380).
La calunnia non si tramuta in falsa denunzia, sol
perchè sia stata dichiarata la inesistenza dei reati
apposti al calunniato.
La Corte, ecc. — Osserva nel fatto, che condannato
il ricorrente ad un anno di carcere, come colpevole di calunnia in danno del pretore Rochirà, per avergli
imputato, sapendone la innocenza, falsificazione di re
lazione medica in un procedimento penale, e la sop
pressione di un rapporto, senza procedere a legale
instruzione, se ne dolse in appello; ma la Corte, re
spinti tutti gli altri motivi del gravame, accolse quello
concernente la pena, che ridusse a mesi otto, con la
diminuzione di sei in applicazione dell'amnistia del 19
gennaio 1878; Che ora co' due mezzi principali del ricorso, assu
mesi, come essendo stata dalla Camera di Consiglio
nel procedimento a carico del Rochirà ritenuta la ine
sistenza de' reati imputatigli, avesse dovuto il ricor
rente considerarsi responsabile, non di calunnia, ma
di falsa denunzia, e come subordinatamente la Corte
ilon si fosse versata sulla dedotta buona fede.
Osserva nel diritto, che se i giudici del merito si
convinsero di avere il ricorrente agito con intenzione
di nuocere, e per sfogo di vendetta, mentre avea piena
scienza della innocenza del pretore, avessero necessa
riaìnente escluso l'asserta buona fede ; e bene ritenuto
"verificarsi la ipotesi della calunnia contemplata dallo
art. 375 Cod. pen.; ed erroneo sia il sostenere, che al
l'uopo faccia mestieri di un effettivo reato, potendo la
calunnia sussistere, tanto se falsamente venga apposto allo innocente il reato effettivamente accaduto, quanto
se questo ne abbia solo le parvenze ; nè tali casi pos
sono confondersi con l'altro della falsa denunzia pre
veduta nello art. 380, ed informata dal disegno di fare
onta alla pubblica autorità; Per tali motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE.
Udienza 21 giugno 1879, Pres. Mori-Ubaldini, Est.
Martucci, P. M. Miraglia — Ric. Sgarallino.
Kraii contro la sicurezza interna — Manifestazioni
sediziose — ISamliera repubblicana (Cocl. pen. to
scano, art. 129).
Lo spiegare in pubblico una bandiera nazionale avente
l'iscrizione: Circolo repubblicano, e portarla per le vie di una città in uno Stato retto a monarchia
costituzionale, è atto eminentemente ostile alle leggi
politiche del paese, e quindi presenta gli estremi
del reato di manifestazione sediziosa in luogo pub
blico, preveduto dall'art. 129 Cod. pen. toscano. (1)
La Corte ecc. — Ritenuto che Jacopo Sgarallino e
Adolfo Tedeschi vennero deferiti al Tribunale di Li
vorno per rispondere di manifestazioni sediziose, per
avere nelle pubbliche vie di quella città rispettiva mente portato e fatto portare, in occasione di un corteo
funebre, una bandiera a colori nazionali italiani col
l'iscrizione : Circolo repubblicano livornese. Avendo il
Tribunale assolto gli imputati, il pubblico rqinistero ne
interpose appello alla Corte di Lucca, la quale, dichia
rati convinti lo Sgarallino ed il Tedeschi dell'ascrit
tagli imputazione, condannava il primo a quaranta
giorni di carcere e l'altro ad un mese della stessa
(1) L'art. 129 del Cod. pen. toscano, al quale si riferisce la mas
sima, è così concepito : « Le manifestazioni sediziose che senza l'animo di eccitare ai delitti indicati nell'art. 126 » (cioè attentati contro la
persona del sovrano e l'integrità dello Stato) « sono fatte in luogo pubblico . . . ., ognorachè non cadano sotto una pena più grave, sono
punite col carcere da un mese ad un anno ». Nel cod. sardo vi
gente nel resto d'Italia non vi è un articolo che corrisponda all'ar ticolo 126 del cod. pen. toscano e che contempli il reato speciale di manifestazioni sediziose; le quali però oltre il caso in cui costituissero il crimine di attentato avente per oggetto di distruggere o cangiare la forma di governo (art. 156), potrebbero nei congrui casi ricadere sotto la sanzione dell'art. 471, che prevede ogni discorso o scritto o
fatto che sia di natura da eccitare lo sprezzo ed il malcontento contro la persona del re o contro le istituzioni costituzionali. E sotto questo aspetto fu recentemente iniziato a Milano processo per lo stesso fatto di aver portato in giro per la città, in occasione di una commemora zione patriottica, una bandiera repubblicana. La Camera di Consiglio vi ravvisò gli estremi del reato di cui nel citato art. 471, ma la Se zione d'accusa, in-difformità delle conclusioni del pubblico ministero, dichiarò non concorrervi quelli estremi. Senonchè essendo stati gli stessi imputati tradotti in giudizio per rispondere di resistenza alla forza pubblica nell'atto che questa voleva sequestrare, giusta gli or dini del prefetto, la bandiera repubblicana, opposero la legittimità della resistenza, dovendosi ritenere ingiusto ed arbitrario l'ordine di
sequestro del vessillo, per essersi dichiarato che il portare questo in
giro non costituiva reato. Ma il Tribunale di Milano con l'elaborata sentenza del 1° settembre 1879, riportata nel Giornale dei tribunali
(1879, n. 209, pag. 835) e che è stata confermata in appello, rigettò l'eccezione, stabilendo il principio ch.e l'autorità politica ha diritto di
impedire con qualsiasi mezzo legale che in uno Stato retto a monar chia costituzionale si portino in giro vessilli repubblicani, ed ove "ciò
avvenga ha diritto di farli sequestrare. Ed in appoggio di questo prin cipio, osservò che per dar luogo all'intervento dell'autorità di pub blica sicurezza non è richiesto che siasi già constatato il reato in tutti i suoi estremi, ma basta la sola parvenza del reato, che siano cioè adombrati nel fatto gli estremi di azione delittuosa ; e che nella specie potesse supporsi con fondamento l'esistenza di un reato lo dimostrava l'ordinanza della Camera di Consiglio e il voto del pubblico ministero
presso la Corte di appello ; che inoltre all'autorità politica spetta, per motivi di sicurezza pubblica, d'impedire anche un'azione innocente, quando possa temersene contingibili eventi a danno dell'ordine pub blico ; e che del resto non si poteva disconoscere che nell'emblema di cui trattavasi, e nell'insieme dei motti su di esso stampati (bandiera tricolore coi motti: Fratellanza repubblicana - Dio e Popolo - Pen siero ed azione) si ravvisasse un complesso non conciliabile colle isti tuzioni monarchico-costituzionali che ci reggono, e che quindi facen dosene pubblica mostra poteva venire turbata la pubblica tranquillità. Il Tribunale inoltre ricordò (e giustamente, a nostro avviso) la sen tenza della Cassazione fiorentina che annotiamo., come quella, che in
applicazione di un codice speciale, ma emendato in armonia ai prin cipi fondamentali che ci reggono, ebbe a riconoscere come fatto se dizioso e contrario ai vigenti ordini costituzionali che ci reggono il
portare per le pubbliche vie una bandiera repubblicana.
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329 GIURISPRUDENZA PENALE 330
pena. Mossone ricorso, lo Sgarallino domanda l'annul
lamento di questa sentenza per erronea applicazione
dell'art. 129 del Cod. pen. toscano, sostenendo che il
fatto addebitatogli non costituisce reato ; Attesoché il fondamento della denunziata sentenza si
riassuma nella considerazione non potersi ragionevol mente mettere in dubbio che lo spiegare in pubblico una bandiera nazionale avente l'iscrizione : Circolo re
pubblicano, e portarla per le vie di una città in Stato
retto a monarchia costituzionale, sia un atto eminen
temente ostile alle leggi politiche del paese, e quindi
presenti gli estremi del reato di manifestazione sedi
ziosa fatta in luogo pubblico;
Attesoché questo concetto risponde ai principi ra
zionali e giuridici meno discutibili, essendo manifesto
che la bandiera repubblicana, sotto qualsiasi forma più o meno evidente e spiccata, presenta il simbolo della
repubblica, e che coloro che l'assumono pubblicamente
per loro divisa e vi si raccolgono corne a loro centro,
oltre ad affermarsi repubblicani, intendono a mettere
in mostra e ad ostentare un partito contrario al reg
gimento scelto dalla nazione, ed invitarla ad ingros sarne le Ale; il qual fatto travalica i confini di una
aspirazione speculativa, e si traduce in quelle mani
festazioni sediziose previste dall'art. 129 del Cod. pen. toscano ;
Attesoché male a proposito il ricorrente metta in
campo la sua buona fede per non avere in precedenza incontrato opposizione a fatti consimili. A parte l'os
servare che le azioni contrarie alle leggi non cessano
di essere tali solo perchè impunite altre volte ; quello che tronca in radice ogni possibile questione si è che
la denunciata sentenza con apprezzamento insindacabile
escluse la buona fede nello Sgarallino, e quindi un tale
argomento non può costituire soggetto di discussione
in questa sede di giudizio; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 5 luglio 1879, Pres. Poggi, Est. Martucci,
P. M. Trecci — Ric. Bencini.
Confi sea — Contravvenzione a carico il' ignoti —
Ordinanza ili confisca — Clii possa chiedere l'an
nullamento (Cod. proc. pen., art. 641).
Ordinatasi dal giudice la confisca del corpo del
reato, di cui rimasero ignoti gli autori, se, dopo
compiutasi la prescrizione del reato, alcuno asse
rendosi autore di questo e proprietario degli og
getti confiscati, domandi in sede di Cassazione
V annullamento dell' ordinanza,' il suo ricorso deve
dichiararsi inammessibile : e ciò sia perchè sareb
bero scorsi i termini utili, sia perchè gli manca la
veste per ricorrere.
La Corte, ecc. — Premesso in fatto che dopo inutili
indagini per rintracciare tre incogniti, sorpresi dagli
agenti della forza pubblica ad esercitare la caccia in
tempo vietato, i cui fucili vennero sequestrati, il pretore
di Prato (città) nel 12 ottobre 1878 dichiarava confi
scati i fucili anzidetti. Dopo sette mesi, quando era già
prescritta l'azione penale per la contravvenzione alla
caccia, Ugolino Bencini, affermandosi uno dei caccia
tori, cui appartenevano i fucili sopraindicati, doman
dava l'annullamento della ordinanza di confisca per avere violato gli articoli 10, 90 e 93 del regolamento di polizia punitiva, non che gli articoli 3, 7, 9 e 28
della legge 3 luglio 1856; Attesoché sotto duplice aspetto non è ammissibile il
ricorso del Bencini, tanto per essersi tardivamente in
terposto, quanto per non trovarsi egli nella condizione
di coloro autorizzati dalla legge a ricorrere in Cassa
zione dai giudicati in materia correzionale e di polizia. Niuno ignora che il condannato, il quale voglia pro
porre ricorso in Cassazione contro-"un giudicato, ha tre
giorni interi decombili da quello successivo alla pro nunzia della sentenza od alla notificazione della me
desima, nei casi in cui la legge richiede che sia noti
ficata. Trattandosi nella specie di un'ordinanza relativa
a confisca di fucili appartenenti ad incogniti, per eerto
non doveasi né poteasi notificarla al Bencini, il quale era in dovere di procurarsi notizia di quella pronuncia, onde avanzarne ricorso in tempo debito; e se egli in
vece non ne mosse reclamo che dopo sette mesi, im
puti a sè stesso la decorrenza del tempo utile e la
conseguente inammissibilità del ricorso; Attesoché a questo radicale difetto si aggiunge l'altro
del pari perentorio, che le vie di annullamento in ma
teria correzionale e di polizia sono aperte rispettiva mente all' imputato, al P. M., ed alla parte civile, sic
come letteralmente dispone l'art. 645 del Cod. di proc.
pen. Ora, non essendo fornito il Bencini d'alcuna di
queste qualità, manca affatto di veste legittima per ricorrere contro il giudicato, che ordinava la confisca
dei fucili; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 14 giugno 1879, Pres. Poggi, Est. Ferrari,
P. M. Miraglia. — Ric. Polese.
Sanità pubblica — ltej(«lanii'nto © settembre lSf4 — Sanzioni penali — Incostituzionalità (Reg. CÌt., art. 141 ; Legge 22 giugno 1874, art. 4).
Le disposizioni penali di cui all'art. 141 del rego lamento sanitario 6 settembre 1874 sono inappli
cabili, perchè decretate dal potere esecutivo senza
averne avuta facoltà dal Parlamento. (1)
La Corte, ecc. — Considerando che secondo è stato
ripetutamente e costantemente deciso da questa Corte, l'art. 141 del regolamento 6 settembre 1874 non è ap
plicabile, come quello la cui pubblicazione eccedeva le
(1) V. in senso contrario la sentenza della Cassazione di Torino del 6 febbraio 1879, a col. 3S del presente volume, in nota alla quale è riassunto lo stato della giurisprudenza su questa dibattuta que stione.
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