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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 21 maggio 1879, Pres. ed Est. Narici. — Ric. P. G....

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Udienza 21 maggio 1879, Pres. ed Est. Narici. —Ric. P. G. di Napoli c. Forino Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 365/366-367/368 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084834 . Accessed: 18/06/2014 02:22 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.113 on Wed, 18 Jun 2014 02:22:23 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 21 maggio 1879, Pres. ed Est. Narici. — Ric. P. G. di Napoli c. Forino

Udienza 21 maggio 1879, Pres. ed Est. Narici. —Ric. P. G. di Napoli c. ForinoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.365/366-367/368Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084834 .

Accessed: 18/06/2014 02:22

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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365 GIURISPRUDENZA PENALE 366

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI.

Udienza 11 giugno 1879, Pres. Narici, Est. Ciollaro. — Ric. Notarjanni.

Pena — Omicidio — Vizio di mente — I*rovoca

zione (Cod. pen., art. 95 e 562).

Corte d'assise — Interrogatorio anteriore al dibat

timento — Atto e sentenza di accusa — Notifica

posteriore (Cod. proc. pen., art. 443, 454 a 457).

Nel determinare la pena del reato allorché concorre

il vizio parziale di mente e la provocazione, il giu dice deve prender le mosse non dalla pena dovuta,

in vista di questa scusante, ma dalla pena stabi

lita nell'art. 95 Cod. pen. per i reati commessi col

vizio di mente, e quindi scemarla per effetto della

provocazione. (1)

È nullo il giudizio se V interrogatorio dell'accusato

sia stato fatto senza avergli prima notificato l'atto

e la sentenza di accusa; tanto più poi se in

udienza l'accusato, udita la lettura dell'atto e sen

tenza di accusa, abbia palesati dei fatti che se fos

sero stati noti precedentemente avrebbero potuto

far ordinare un prosieguo d'istruzione, a mente

dell'art. 464 pi-oc. pen.

La Corte, ecc. — Osserva che il mezzo principale del

ricorso si connette al terzo mezzo aggiunto, sì che vanno

discussi insieme. Con entrambi si deplora la violazione

degli art. 56, 95 e 562 del Cod. di proc. pen.; perocché

dicesi che essendo la reità del ricorrente risultata per

quella di omicidio volontario commesso nello stato di

vizio di mente ed in seguito di grave provocazione,

non doveva la Corte d'assise fissare prima la pena per

l'omicidio gravemente provocato, determinandola a

dieci anni di relegazione, e poscia pel vizio di mento

convertirla in dieci anni di carcere.

In fatto così statuì la Corte di merito, e senza dubbio

statuì male.

Quando avvenga che in un reato si riconosca il vizio

di mente da parte dell'agente, deve ciò principalmente

prevalere, e quindi il giudice penale convien che prenda

le mosse dalla pena fissata dall'art. 95 del Cod. pen.

Ogni altro beneficio meno importante che pur concorra,

deve senza dubbio ancora valere a pro del giudicabile;

ma per valere conviene che sia preso a calcolo nella

latitudine della pena cennata nel detto art. 95, la quale

essendo speciale o sui generis non è graduabile, e quindi

le scusanti, le minoranti o le attenuanti diverse dal

vizio di mente varranno a fare scemare la pena del

l'art. 95 in quella proporzione che il senno e la pru

denza del magistrato sapranno suggerire, tenuto cal

colo dei fatti e della natura dei benefici ammessi. Il

contrario sistema perciò avendo conculcata la testé

cennata disposizione di legge, costituisce ragioni di nul

lità a senso del n. 3 dell'art. 640 del Cod. di proc. pen.

Osserva che sussistente del pari sia il primo mezzo

aggiunto diretto a sostenere la violazione degli art. 443,

454, 456 e 457 del Cod. di proc. pen., dacché la sen

tenza e l'atto di accusa veggonsi notificati al ricorrente

dopo l'interrogatorio innanzi al presidente della Corte

d'assise. Il fatto è innegabile, essendo la notifica seguita

nel 9 aprile ultimo e l'interrogatorio nel 30 marzo, sì

che in questo ultimo atto è detto che il giudicabile

seppe dal presidente che era accusato di omicidio vo

lontario. Ma se per l'art. 443 del Cod. di proc. pen. la

notifica della sentenza e dell'atto di accusa è prescritta

sotto pena di nullità; se dal complesso degli art. 454

a 457 del Cod. mod., l'interrogatorio innanzi al presi

dente deve seguire la notifica, e ciò evidentemente nello

scopo che possa provvedersi, ove ne sia il caso, al pro

sieguo dell'istruzione sulle nuove deduzioni del giudi

cabile nel senso dell'art. 464 dello stesso Codice; è

chiaro che la notifica posteriore all'interrogatorio fal

lisce all'intendimento del legislatore, e quindi è da

aversi come nullamente fatta. E tanto più nella specie

vi ha luogo a ritenere il possibile pregiudizio dell'ac

cusato, in quanto questi in udienza, dopo la lettura

della sentenza e dell'atto di accusa, aggiunse circo

stanze le quali accennavano a necessità di legittima

difesa, le quali se narrate nell'interrogatorio innanzi

al presidente potevano per avventura far decidere ap

punto a novelle indagini, a mente del citato art. 464.

( Omissis ) ; Per questi motivi, ecc.

(1) Precisamente nel concorso del vizio parziale di mente con la

provocazione, la stessa Cass. di Napoli con sentenza 4 gennaio 1876

(Foro it., 1876, col. 351), decise, all'opposto della sentenza che anno

tiamo, doversi prender le mosse dall'art. 562 per stabilire se in vista della sola provocazione fosse applicabile" la relegazione o il carcere, e poscia applicare il vizio parziale di mente.

Del resto il metodo di applicar la pena quando concorrono più cir

costanze influenti per l'accrescimento o la diminuzione, è una delle

materie più controverse nella nostra giurisprudenza e che dà luogo in

pratica alle più gravi incertezze,

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI.

Udienza 21 maggio 1879, Pres. ed Est. Narici. — Ric.

P. G. di Napoli c. Forino.

Falso — Supposi/ioni' di persona — Imputato clic

declina an nome altrui (Cod. pen., art. 343 e 685, ti. 10).

Non commette falso in atti pubblici chi, datosi un

falso nome, prosegua ad assumerlo negli interro

gatori davanti la giustizia rispetto alle imputazioni

appostegli ; e ciò quand'anche il nome attribuitosi

appartenga a persona vivente.

La Corte, ecc. — Osserva nel fatto, che Vincenzo

Forino, da Napoli di anni 17, datosi il nome di Filippo

Punzo da S. Giovanni a Teduccio, di anni 16, e suo cu

gino, fu imputato di furto con destrezza, ed avendo

nello interrogatorio declinato il mentito nome, condan

nato a mesi tre di carcere con sentenza del Tribunale

renduta a' 9 giugno 1877 ;

Che lo stesso nome mentì nel 6 dicembre detto anno,

quando comparve davanti al pretore Vicaria per essere

ammonito, e successivamente nelle due fiate, in che

venne imputato di contravvenzione all' ammonizione,

non che di oltraggio alla pubblica forza;

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367 PARTE SECONDA 368

Che discoperto indi il mendacio, allorché il vero Fi

lippo Punzo chiese rettificarsi il suo certificato di pe nalità, nel quale erano riportati i mentovati carichi, fu il Forino imputato di falsità per supposizione di

persona negl'indicati atti giudiziari; però la Sezione di accusa rilevò la simulazione essere stata puramente

verbale, nè avere avuto il fine fraudolento di recare

altrui pregiudizio, ma solo di giovare a sè stesso, ser

bando senza nota il proprio certificato di penalità; e

da siffatti rilievi inferì che, non offerendo il fatto gli elementi constitutivi del falso contemplato nell'art. 343

Cod., rientrasse nella ipotesi preveduta dal n. 10 del

l'art. 685; Che di tale sentenza abbia dimandato la cassazione

il procurator generale presso la Corte di appello; dacché avendo lo imputato figurato sotto nome non

suo in atti pubblici ed autentici, la di lui affermazione

contraria al vero constituisse il falso per supposizione di persona; dacché ammesso pure di non avere egli avuto la intenzione di nuocere, la quale è propria mente richiesta nel falso in scritta privata, si riscon

trasse nel fatto il danno sociale; e dacché lo invocato

art. 685, inapplicabile quando la falsa dichiarazione

del nome inserve alla redazione di un atto destinato

a far la pruova di un fatto qualsiasi, od a formare il

titolo di un rapporto giuridico, si attagliasse soltanto

a' casi in che la richiesta del nome è intesa allo eser

cizio della vigilanza affidata all'autorità.

Osserva nel diritto, che se condizione generale del

falso è l'alterazione del vero, questa non possa venir

punita sotto figura di falso se non quando s'inquadri in una delle ipotesi espressamente contemplate dalla

legge, e sia informata dalla speciale intenzione di nuo

cere altrui per cupidigia, o satisfazione di vendetta o

di odio, secondo la energica frase della leg. 15 Cod. Non

nisi dolo malo falsum.; Che a prescindere dalla incensurabile estimazione

della Sezione di acousa sul difetto della intenzione di

nuocere nel fatto di aver lo imputato mentito il nome, difetti nella specie anche il primo requisito indispen sabile alla esistenza del falso soggetto a pena; con

ciossiachè se la legge incrimina sotto questa figura le

false dichiarazioni o nomi contenuti in atti i quali abbiano il fine di constatarli, non possa dirsi lo stesso

rispetto agli interrogatori giudiziari dello imputato, essendo essi diretti a constatare unicamente le sue

risposte e mezzi di difesa, ma non mica la verità delle

une e degli altri; Che non verificandosi impertanto i caratteri consti

tutivi del falso preveduto dal citato art. 343 Cod., non

abbia il ricorso giuridico fondamento; Per tali motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 28 luglio 1879, Pres. Narici, Est. Ciollaro —

Ric. Davoli.

Interrogatorio— (ìludice che prese parte all'istru

zione (L. sull'ordinam. giudiz.. art. 78).

Oiurì — Giuralo inabile fra i trenta — Esclusione

ilal giurì definitivo — Validità del giudizio (Legge

sui giurati, 8 giugno 1874, art. 43).

Non è nullo V interrogatorio dell' accusato anteriore

al dibattimento per essere stato ricevuto da un giu dice che prese parte all' ordinanza definitiva della

Camera di consiglio. (1)

La disposizione dell' art. 43 della legge 8 giugno 1874,

che stabilisce non potersi sanare col silenzio la il

legalità nascente dall' aver fatto parte del giurì le

persone colpite da alcune determinate incapacità, si applica quando tali persone abbiano fatto parte del giuri definitivo, cioè dei quattordici destinati al

giudizio, e non quando abbiano bensì fatto parte dei

trenta da cui devono estrarsi i quattordici del giu

dizio, ma non siano poi stati compresi tra questi ul

timi. In tal caso si applica la disposizione più gene rale dello stesso art. 43, ed il silenzio della parte ad

occasione della estrazione sani la illegalità. (2)

La Corte, ecc. — Osserva sul secondo mezzo che in

fatto sussiste di aver proceduto allo interrogatorio del

l' accusato oggi ricorrente, il giudice sig. Raffaele Bei

lizzi, il quale prese parte alla ordinanza diffinitiva della

Camera di consiglio ; ciò malgrado non sussiste la nul

lità, perciocché l'art. 78 della legge sull'ordinamento

giudiziario limita la incompatibilità in quistionè solo

a partecipare alla formazione della Corte di assise,

ossia solo a giudicare; il che è ben diverso dallo in

terrogare pria dell'apertura del dibattimento.

Osserva sul terzo che dal raffronto delle generalità del giurato Gregorio Simonetti con quelle del perito istruttorio dello stesso nome risulta incontrastabile la

identità della persona. Senza dubbio per l'art. 37 della

legge degli 8 giugno 1874 sono sanzionate in ben sei

numeri le categorie di coloro che non possono com

prendersi nei trenta giurati del giudizio, e nel n. 5 tro

vansi appunto compresi tra gli incompatibili, i periti o coloro che abbiano avuto parte in qualsiasi modo alla

istruzione del processo, come è il caso del Simonetti.

Ma non è questa sola disposizione la quale può bastare

alla decisione della presente disputa, perciocché non

essendosi innanzi alla Corte di assise proposta all'uopo

(1) In senso conforme: vedi stessa Corte, 24 gennaio 1873, ric. Scorza (Gazz. trib., Napoli, XXV, p. 470; 10 aprile 1874, ric. Maiolino (Ann., Vili, p. 214); 3 aprile 1875, ric. Lombardi (Gazz. trib., Napoli, XXVII, pag. 294); 14 giugno 1876 Foro it., 1876, col. 395), ecc.; Cass. Fi renze 25 settembre 1876 (Giorn. trib., Milano, 1876, pag. 1010), ecc. Ma in senso contrario può dirsi costante la giurisprudenza della Cass. di Palermo, come risulta dalle conformi sentenze 24 aprile 1827, ric. Capuano (Circ. ginr., Palermo, 1877, pag. 87); 20 agosto 1877, ric. Di Siena (Id., pag. 94) ; 24 aprile 1877, ric. Russo (IcL., 1878, pag. 25), ecc.

(2) Questa fu dapprima la giurisprudenza della Cassazione napoli tana, come risulta, fra altre, dalla sentenza 26 febbraio 1877, ric. Diana, est. Giliberti; ma dipoi, con la sentenza 1° febbraio 1878 (Foro it., 1878, col. 220) andò nell'opinione opposta. Con l'attuale sentenza è tornata alla prima massima, la quale è pure seguita dalle altre Corti supreme (Cass. Firenze, 13 gennaio 1877, ric. Salvini; Riv. pen., VII, pag. 200; Cass. Torino, 30 aprile 1879, che pubblichiamo in Rivista in questo stesso fascicolo, e che in verità sembra conforme non meno alla lettera che allo spirito della legge.

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