Udienza 23 febbraio 1877, Pres. Ghiglieri P., Est. Ferreri —Ric. Lucchetti (Avv. Lesen)Source: Il Foro Italiano, Vol. 2, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1877), pp.223/224-227/228Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23080826 .
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223 PAKTE SECONDA 224
Attesoché l'accusa essendo di ferimento seguito da
morte, vale a dire, di un reato misto di dolo e di colpa
(doloso quanto alle ferite, colposo quanto alla morte che
ne seguì), l'intenzione di uccidere rimaneva per ciò stesso
esclusa: e per tenersi entro i limiti dell'accusa, a senso
dell'art. 494 (modif.) del Codice di procedura penale, il
presidente della Corte d'assise, dopo aver posto la que stione sul fatto del ferimento, sulla legittima difesa e
sulla colpevolezza del Costantini, nonché sulle scusanti
di cui fosse il caso, più non poteva, riguardo alla morte
del ferito, porre ai giurati altra questione se non sulla
maggiore, o minore prevedibilità della morte medesima
per parte del feritore, a senso del capoverso dell'art. 569
del Codice penale ;
Attesoché il presidente della Corte d'assise di Aquila, avendo invece interrogato i giurati, se il Costantini,
nell'intenzione solo di offendere il Marchetti, avesse
commesso un fatto tale che nelle sue conseguenze sor
passò l'avuto disegno, interrogando cioè i giurati, se
Costantini, accusato di ferimento (fosse pure seguito da
morte), avesse intenzione di uccidere, oltrepassò i con
fini dell'accusa, frantese il concetto dell'articolo 541 del
Codice penale, e pose i giurati nella inevitabile neces
sità di contraddirsi ; poiché, rispondendo affermativa
mente sull'intenzione di uccidere, distruggevano la ri
sposta affermativa già data sull'intenzione di ferire : e
rispondendo negativamente, la loro risposta avrebbe
costituito una contraddizione in termini, essendoché
(stante il modo con cui fu posta la questione) essi avreb
bero con tale risposta dichiarato ad un tempo che Co
stantini aveva-solo intenzione di ferire, e che aveva ciò
nondimeno l'intenzione di uccidere.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.
Udienza 23 febbraio 1877, Pres. Ghiglieri P., Est. Feb
ee ri — Rie. Lucchetti (Avv. Lesen).
Ferrovie — Regolamento — Costituzionalità — Pro vincia romana — Bestiame — Binario — Proprie tari e conduttori — Guardiani — Testimoni (Regol. 31 settembre 1873, art. 55 e 64; L. sui lav. pubbl. 20 marzo
1865, ali. 5, art. 317).
Il II. D. 31 ottobre 1873, che approvò il regolamento per la polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle strade ferrate, fu emanato in conformità dell'articolo 317 della legge sui lavori pubblici 20 marzo 1865, ali. E, non che nei termini del mandato legislativo, per cui esso deve ritenersi come perfettamente costitu zionale.
Gli art. 55 e 64 del detto regolamento sono applicabili anche nella provincia romana, ne in contrario vale Vart. 299 della suddetta legge, secondo cui le ferrovie coticesse all'industria privata, prima della sua pro mulgazione, devono continuare ad essere rette dai loro atti di concessione, in quanto che non riguarda che i
rapporti civili fra terzi e concessionari (1).
Delle infrazioni all'art 55, il quale prevede il caso che il bestiame, per difetto di vigilanza, oltrepassi le siepi e gli stecconati, e s'inoltri sulla linea della ferrovia, sono tenuti a risponderne direttamente e penalmente i proprietari e conduttori dei fondi attigui (2).
I guardiani delle ferrovie verbalizzanti per ragione di
ufficio, non possono riguardarsi come denunzianti con
interesse personale, ed al dibattimento devono sentirsi
come veri e propri testimoni con giuramento.
La Corte, ecc. — Attesoché in fatto convien premet
tere e ritenere che Lucchetti D'Antonio, imputato di
contravvenzione all'articolo 55, repressa dal successivo
art. 64 del regolamento approvato con regio decreto
31 ottobre 1878, per la polizia, sicurezza e regolarità
dell'esercizio delle strade ferrate, per avere nella sera
del 16 ottobre 1874 tenuto a pascolo, senza la prescritta
cautela e custodia, alcuni somari in prossimità della
ferrovia romana, uno dei quali, spezzando solida e re
golare staccionata, ingombrò la linea e vi restò ucciso
dal treno n. 32, diretto ad Orbetello, che si dovette fer
mare per mezz'ora, onde dar luogo allo sgombro della
strada, fu con sentenza del tribunale correzionale di
Civitavecchia, in data del 29 maggio 1874, dichiarato convinto dell'ascrittagli contravvenzione, e condannato
alla multa di lire 1000, ai danni ed alle spese. Il Lucchetti se ne appellò, deducendo, fra gli altri
motivi di gravame, quelli della incostituzionalità, e del
Vinapplicabilità in riguardo al bestiame delle Maremme
nella provincia romana, dell'articolo 55 del suddetto
regolamento 31 ottobre 1873.
La Corte d'appello di Roma con sua sentenza del
30 novembre 1876, respingendo i dedotti motivi, con fermò la sentenza resa dal tribunale di Civitavecchia, e
ne ordinò la esecuzione. È contro questa sentenza che il
Lucchetti, provvedutosi regolarmente col suo ricorso in
Cassazione, ora dirige e sostiene i suoi sette mezzi di
annullamento.
Attesoché di questi i quattro primi non facciano che
riprodurre sotto vario aspetto i due motivi già proposti
e respinti in appello, cioè quelli dell 'incostituzionalità in tesi principale, e dell' inapplicabilità, in ipotesi su
bordinata, dell'articolo 55 del regolamento 31 otto
bre 1873. Attesoché a dimostrare l'insussistenza e l'inattendi
bilità di cotali mezzi, con cui la difesa intende scalzare dalla radice il fondamento della impugnata sentenza,
giovi il considerare:
Che, se l'articolo 29 dello Statuto fondamentale del
regno dichiara tutte le proprietà, senza alcuna ecce
zione, inviolabili, questo principio non deve intendersi,
se non giusta la definizione che della proprietà ne dà il
Codice civile, articolo 436; nel senso cioè, che la pro
prietà è il diritto di godere e disporre delle cose nella
maniera più assoluta, purché non se ne faccia un uso
vietato dalle leggi o dai regolamenti: jus cioè utendi et abutendi, ma regolato sempre dalle leggi d'interesse
pubblico, e dal grande precetto politico-sociale, nemi
nem laedere;
(1-2) Confr. Cass. Firenze, 20 gennaio 1875, ric. P. M. c. Angelini, 4 agosto 1876, ric. Carli, nella Legge, 1875, 396, e 1876, 878.
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225 GIURISPRUDENZA PENALE 226
Che per ciò appunto non apparisce contrario, nè al
l'articolo 29 dello Statuto, nè al diritto di proprietà sanzionato dall'articolo 436 del Codice civile, non solo
che la proprietà sui fondi stabili vada soggetta, alle
servitù stabilite per utilità pubblica; il che è espres
samente preveduto e dichiarato negli articoli 533 e 534
del Codice civile ; ma nemmeno che lo stesso principio
della proprietà in genere si possa pur assoggettare a
quelle regole, modificazioni e limitazioni, che, nell'uso
comune, sieno richieste da un interesse d'ordine pub
blico e superiore, onde proteggere ed assicurare i diritti
dei terzi e della società, purché, ben s'intende, cotali mo
dificazioni emanino dall'autorità competente ;
Che, ciò posto, non vi può essere dubbio, che sic
come il legislatore in forza dell'alta sua sovranità ha
pieno diritto di ordinare e regolare l'esercizio delle strade
ferrate nell'interesse dello Stato, così può egualmente
dettare ed imporre quelle norme e misure di ordine e
sicurezza, le quali, non violando la sostanza del diritto
di proprietà; tendono però a regolarne l'uso in modo da
impedire che esso si rivolga a pericolo e danno delle
persone e delle cose, in rapporto al loro esercizio.
Che in conseguenza, ed in conformità di questo prin
cipio» la legge sui lavori pubblici del 1865 (allegato E) all'articolo 817 ha espressamente e testualmente di
sposto: « Un regolamento, approvato con regio decreto, pre
vio parere del Consiglio di Stato, stabilirà per tutto
quanto concerne la polizia, la sicurezza, o la regolarità
dell'eseercizio delle ferrovie pubbliche, le norme spe
ciali da osservarsi, ecc.
« Il detto regolamento potrà comminare pene di po
lizia e multe fino alla somma di lire 1000, ecc. »
Che, dietro cotesta disposizione legislativa, e nei termini della sua speciale delegazione, emanò il regio
decreto 31 ottobre 1873, con cui si approvò il regola
mento per la polizia, e sicurezza e regolarità dell'eser
cizio delle strade ferrate, ove si legge l'articolo 55 così
concepito :
« In vicinanza delle ferrovie non è permesso far pa
scolare bestiame, salvo che sia custodito per modo da
impedire che oltrepassi le siepi o gli stecconati, e si inoltri sulla strada.
« I proprietari o conduttori di fondi limitrofi alle ferrovie dovranno perciò provvedere perchè il bestiame
ivi pascolante sia continuamente ed attentamente sor
vegliato da appositi guardiani. »
Al quale articolo fa poi riscontro, per la penalità, il
successivo articolo 64, nel quale, al secondo alinea, sta
scritto :
« Per le infrazioni al disposto dell' articolo 55 la
multa sarà portata a lire 1000, quando il bestiame s'in
troduca nella strada. »
Che a combattere la costituzionalità di queste chiare
e precise disposizioni non vale l'opporre, che con esse
si è stabilita ed imposta una nuova servitù, oltre quelle
indicate negli articoli 233 e seguenti della legge sud
detta sui lavori pubblici. Imperocché sia facile il rispon
dere, che qui non si tratta per nulla di una vera ser
yitù prediale, imposta ai fondi attigui alle ferrovie,.ma
bensì, ed eselusivamente di un onere personale a carico
dei possessori di quei fondi, il quale rientra nelle norme
e misure di sicurezza concernenti l'esercizio delle strade
ferrate, e che tengono alla natura di quei provvedi menti d'ordine pubblico, i quali hanno per scopo di
prevenire e punire quelle azioni punibili, che sotto la
denominazione di trasgressioni o contravvenzioni con
tro la pubblica sicurezza, si comprendono e trovansi
indicate, vuoi nel Codice penale, vuoi in regolamenti di
polizia punitiva, o vuoi in altre leggi speciali. Che nemmeno ad escludere l'applicabilità al caso, e
nella provincia romana, degli articoli 55 e 64 suddetti
del regolamento 31 ottobre può altramente valere l'ar
gomento che si trae dall'articolo 299 della legge sui la
vori pubblici, giusta cui si dice che le ferrovie pubbli che, concesse alla industria privata prima della pro
mulgazione della presente legge, continueranno ad es
sere rette, fino all'estinzione del loro privilegio, dai loro
atti di concessione, e dalle disposizioni legislative o re
golamentari a cui questi si riferiscono.
Imperocché, a prescindere che la disposizione di que
sto articolo non concerne propriamente che i rapporti
civili fra i terzi e i concessionari delle ferrovie, i quali
rimangono salvi, e sono del tutto estranei alla presente
questione d'ordine pubblico e penale, non occorre che di
spingere la lettura fino all'ultima parte dell'articolo
stesso, per trovarvi scritta espressamente l'eccezione in
riguardo alle « prescrizioni d'ordine pubblico e di poli
zia generale, » le quali naturalmente e necessariamente,
come tutte le leggi ed i regolamenti d'indole penale, si
impongono, senza eccezione, dal giorno in cui entrano
in vigore, ed obbligano l'universalita dei cittadini. Attesoché pertanto quessa suprema Corte, riassu
mendo, il sopra detto, ritenga in piena conformità della
giurisprudenza già più volte affermata dalla Corte di
cassazione di Firenze, e da lei stesta di recente confer
mata, « che col provvedimento sanzionato dall'articolo
55 del regolamento 31 ottobre 1873 si è voluto non già
limitare il diritto di pascolo del bestiame nei fondi li mitrofi alle ferrovie, ma sì bene stabilire, a carico dei
proprietari o conduttori, una precauzione, una salva
guardia, un obbligo di vigilanza e di custodia continuata
ed attenta, onde prevenire ed impedire pericoli, danni,
ruine e disastri; il quale obbligo per ciò non ripugna
alla sostanza del diritto di proprietà, il di cui esercizio od uso non v' ha dubbio che possa, onde non rechi danno
ai terzi, essere regolato da provvedimenti d'ordine e di
sicurezza suggeriti dalla necessità della salute pubblica,
che è legge suprema per tutti. »
Attesoché, ciò stante, i quattro primi motivi, che fra
loro si legano e confondono, in quanto tutti concludono
ali 'incostituzionalità e inapplicabilità del combattuto
articolo 55, vengono a cadere l'uno dopo l'altro, poi
ché è loro sottratta ogni base di fondamento, una volta
che risulta evidentemente dimostrato :
Che l'articolo 29 dello Statuto non fu punto violato ;
Che la disposizione dell'articolo 55 è figlia di un man
dato legislativo, in virtù, di una delegazione speciale,
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PARTE SECONDA 228
e nei limiti della delegazione stessa, al potere esecu
tivo; Che con esso non si è imposta una servitù prediale,
ma un onere personale, come provvedimento di pub
blica sicurezza ;
Che infine esso, come tale, è applicabile anche all'e
sercizio delle ferrovie nella provincia romana, a termini
della espressa disposizione dell'articolo 299 erronea
mente, e solo in parte, invocato dalla difesa.
Attesoché in conseguenza i primi quattro mezzi vo
gliono essere complessivamente respinti, come si re
spingono.
Attesoché, passando al quinto, la Corte consideri :
Che l'articolo 55, sì nel suo spirito, come nella sua
lettera, chiaramente e indubbiamente voglia prevenire ed impedire il fatto della contravvenzione o trasgessione al precetto della vigilanza e custodia, continua ed at
tenta, del bestiame, affinchè questo non oltrepassi le
siepi e gli stecconati, e si inoltri sulla strada. E che all'effetto ne fa un carico speciale e diretto ai
proprietari e conduttori dei fondi limitrofi, i quali chiama e rende responsabili, pel solo fatto della tra
sgressione, senza occuparsi punto di custodi o guar
diani, e senza che si ricerchi punto in loro l'animo di
trasgredire.
Tant' è ciò vero, che il successivo articolo 64, in ri
guardo alla penalità, stabilisce: che per le infrazioni al
disposto dell'articolo 55 la multa sarà portata a lire 1000, « quando il bestiame s'introduca nella strada. »
Attesoché da questa disposizione chiaro risulta e in
dubitato, che la pena investe e colpisce direttamente i
proprietari o conduttori dei fondi, i quali col predetto articolo 55 sono chiamati, senza eccezione, responsabili delle infrazioni in qualunque modo esse avvengano.
Attesoché, d'altronde, il giudicare, se la vigilanza e
custosia del bestiame sia stata continuata ed attenta, la
è una questione di'fatto, la quale risoluta, come lo fu
nella fattispecie dai giudici del merito, in senso nega
tivo, ed a carico del ricorrente, sfuggo assolutamente
all'esame ed alla censura della Corte di cassazione, che
per nessun vèrso vi può rientrare ; onde inutile ogni
argomentazione in contrario.
Nè è da tacersi che per le infrazioni alle disposizioni, di cui nell'articolo 55, questa stessa Corte ha già più volte dichiarato, che sono chiamati a risponderne di
rettamente e penalmente i proprietari o conduttori dei
fondi, perchè a loro fa carico non solo la mancanza, ma
benanco la sola negligenza od insufficienza nella custo
dia del bestiame, tuttavolta che questo s'inoltri sulla
linea della ferrovia ; pel che, al caso non si attaglia, come pretende la difesa, la teoria della responsabilità
civile, distinta dalla responsabilità penale. Attesoché non meno insussistente ed inattendibile si
presenta il sesto motivo, in quanto che i guardiani delle ferrovie, verbalizzanti per ragioni d'ufficio, non possono in massima ritenersi quali denunzianti con interesse
personale, giusta la giurisprudenza oramai conforme di
tutte le Corti di cassazione. Oltre di che, nel caso spe
ciale, non regge, e non ha scopo, l'accusata violazione
dell'articolo 289 dal Codice di procedura penale, perchè all'audizione dei guardiani con giuramento non si fece
alcuna opposizione, e quindi la nullità, se pur vi fosse
stata, sarebbe andata coperta dal silenzio, a senso del
l'articolo 290 del Codice stesso.
Attesoché non regga infine neppure il settimo ed ul
timo dei dedotti mezzi di annullamento, poiché se è vero
che dal verbale del dibattimento risulta solamente che
il presidente della Corte ebbe a pronunciare il disposi tivo della sentenza, ciò non esclude che la sentenza con
tenesse la necessaria motivazione, e che siasi quindi os
servato il disposto dell'articolo 323 del Codice di pro cedura penale. E questa è pur massima già affermata
in recenti giudicati, da cui la Corte non intende dipar tirsi.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI.
Udienza 15 dicembre 1876, Pres. ft". Narici, Est. Db
Luca — Ric. Salvatore Grieco (Avv. Flokenzaxo).
Adulterio — Moglie — Drudo — Prove — lettere —
Carte — Confessione — Interrogatorio — Sottoscri zione (C. P., art. 485; C. P. P., art. 239).
Contro il preteso drudo di una moglie querelata di adul
terio, fuori il caso della flagranza non possono am
mettersi altre prove, se non quelle risultanti da lettere
o altre carte scritte da lui (1). Quindi, a convincerlo del reato ascrittogli non può bastare
neppure la confessione contenuta in un interrogatorio,
sia o no il medesimo sottoscritto dall'interrogato (2).
La Corte, ecc. — Considerato sul ricorso di Salva
tore Grieco che nell'art. 485 del Cod. pen. è recisa
mente prescritto di non potersi contro il preteso drudo
di una moglie querelata di adulterio, ammettere, fuori
il caso della flagranza, altre prove se non quelle risul
tanti da lettere o da altre carte scritte da lui. Che la
confessione contenuta in un interrogatorio, sottoscritto
o no dall'interrogato, costituisce sempre ed indubita
tamente una prova scritta. Che ciò non ostante atte
nendosi puramente e semplicemente. al senso proprio
immediato ed aperto delle parole adoperate nell'articolo
anzidetto, è facile vedere come in quella confessione
(1-2) L'art. 485 Cod. P. P. in questione dispone : « tranne il caso in cui il complice sia stato sorpreso in flagrante adulterio, non pos sono ammettersi contro di lui altre prove, che quelle risultanti da lettere o da altre carte dal medesimo scritte; » esso non è che la
riproduzione, leggermente modificato, dell'art. 338 C. P. fr., cosi con
cepito: « Les seules preuves qui pourront ètre admises contre le
prévenu de complicité seront contre le flagrant délit, celles résul tantes de lettres ou autres pièces écrites par le prévenu;» ma que sta disposizione si è vivamente criticata dal prof. Carrara, Linea menti di pratica legislativa penale, Privilegio del complice nello
adulterio, pag. 141, e dall'avv. Faraxda, Temi Zanclea, ann. II, 4,17, siccome altrettanto improvvida quanto ingiusta ed irragionevole. Laonde lo stesso prof. Carrara conclude « valer meglio spendere il tempo a procurare che si cancelli un articolo privo di senso, an ziché perdersi a trovarvi un senso. »
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