Udienza 23 maggio 1879, Pres. ed Est. Narici. —Ric. MoffaSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.429/430-431/432Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084866 .
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429 GIURISPRUDENZA PENALE 430
esempio, drogheria, farmacia, caffè, sartoria di Tizio
o di Caio, e non le diverse specie delle cose che for
mano parte del commercio o negozio, o le diverse ope
razioni di un'arte o professione. In effetto, l'art. 34
della citata legge prescrive, che non sono soggette alla
tassa di bollo le iscrizioni destinate ad indicare un ge
nere di commercio, di professione, arte od industria,
quando sono affisse nei luoghi esterni di ciascun eser
cizio. E se nella bottega della ricorrente, oltre del
caffè, si vendevano occhiali e libri, le relative iscri
zioni che si trovavano sulla vetrina delle imposte ac
cennanti a questo capo d'industria non andavano sog
gette alla tassa del bollo, come non vanno soggette le
tabelle indicanti il titolo di un dato commercio.
Onde la impugnata sentenza tiene a base un errore,
come conseguenza della falsa interpretazione dell'arti
colo 34, quando, per dichiarare la contravvenzione, af
ferma che allora soltanto non è dovuta la tassa di bollo
quando gli scritti sono incisi su marmo, pietra o di
pinti su lastre metalliche o su legno.
Il Tribunale adunque violava la legge quando ravvi
sava nel ritenuto fatto una contravvenzione alla legge
sul bollo; Per queste ragioni,, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 18 aprile 1879, Pres. ed Est. Ghiglieri P.,
P. M. De Falco P. G. e Spera (Conci, conf.) — Ric.
Persiani.
Stupro violento — Pregiudizio alla salute — Fan
ciulla violata — Offesa al pudore — Malattia —
Violenze — Offese volontarie — Assoluzione (Cod.
pen, art. 420, 489, 537).
Per escludere il crimine di stupro violento con grave
pregiudizio alla salute della fanciulla violata, e
ammettere il delitto di offesa al pudore, non è le
cito considerare la malattia della fanciulla come
conseguenza delle patite violenze, ossia come offese
volontarie, e molto meno è lecito toglier dai fatti la malattia inoculata alla giovinetta cogli atti di
turpitudine commessi sulla persona, e assolver V im
putato da questo fatto come se non l'avesse com
messo, o non fosse stato conseguenza del suo turpe attentato.
La Corte, ecc. — Osserva che il fatto, come si ri
leva dalla querela della giovinetta undicenne Maria o
Cecilia Cristini, confermata in gran parte dalle confes
sioni stesse dell'imputato, anziché i caratteri di una
semplice offesa al pudore ai termini dell'art. 420, pre senta indubbiamente quelli dello stupro violento con
grave pregiudizio alla salute della giovinetta violata; e, se per la discordanza fra la prima e la seconda perizia
può dubitarsi se lo stupro stesso sia stato consumato,
o più veramente mancato o tentato, certa cosa è che
il reato imputato al Persiani, anziché nel disposto del
l'art. 420, va compreso in quello assai più grave degli art. 489, 490, n. 1, e 492 cod. pen.;
Che fu veramente singolare il concetto della Camera
di consiglio, di scindere quel fatto unico in due diversi
reati e ravvisare la malattia della fanciulla, conse
guenza delle turpi violenze patite, ossia come offese
volontarie ai termini degli art. 537 e seg. cod. pen. E più singolare ed inesplicabile fu il giudizio del Tri
bunale nel cassar del tutto dai turpi fatti commessi
dal Persiani, la malattia violentemente inoculata alla
fanciulla cogli atti di turpitudine commessi sulla sua
persona, e assolverlo da cotesto fatto, come se non
l'avesse commesso o non fosse stato conseguenza del
suo violento attentato;
Che, di fronte a tale singolarità di concetti e ille
gale mitezza del giudizio, apparisce giusto quanto le
gale il conflitto elevato dalla Corte di appello, stantechè
il reato del Persiani ha nello stato presente degli atti
i caratteri del crimine di stupro violento con grave
pregiudizio alla salute delle giovinetta violata; e spet terà poi alla Sezione di accusa l'estimare, secondo i più sicuri risultamenti del processo e i maggiori schiari
menti che al bisogno si potranno ottenere, la gravezza del reato stesso, e pronunziare ai termini di legge il
rinvio del giudizio; La Corte di cassazione, adottando i motivi di fatto
e di diritto dal P. M. svolti, risolve il conflitto, dichiara
la causa di competenza criminale, ed ordina il rinvio
degli atti alla Sezione di accusa presso la Corte d'ap
pello di Roma perchè proceda come per legge.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 23 maggio 1879, Pres. ed Est. Narici. — Ric.
Moffa.
Istruzione penale — Sindaco — Giuramento «li pe riti (Cod. proc. pen., art. 62, 63, 67 e 54).
Avendo il giudice di merito ritenuto che il sindaco
avesse ritualmente proceduto ad accertare le tracce
del reato, non può Vatto dello stesso impugnarsi per non esservisi parlato del pericolo nel rilardo.
Non avendo i periti adibiti dal sindaco potuto prestar
giuramento, è questo supplito da quello renduto in
pubblica discussione.
Se il sindaco nel procedere sia stato assistito da più di due testimoni, non è necessario che sien tutti ci
tati in dibattimento.
La Corte, ecc. — Osserva che dichiarato il ricorrente
colpevole di furto semplice in danno di parecchi cit
tadini di Castelvetere, per aver loro rubato una por zione del grano portato a macinare nel di lui molino,
e condannato a due anni di carcere, dedusse tra l'altro
in appello, che nullo fosse il verbale generico, per es
sere stato redatto dal sindaco fuori i casi di legge, senza essere rinnovato nè rettificato dal pretore ; e nul
amente di vantaggio fosse stato poi letto in dibatti
mento, contenendo dichiarazioni generiche non giurate, e specifiche di persone non udite nè citate in pubblica
discussione; Che su tali deduzioni la Corte rilevò avere il sindaco
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431 PARTE SECONDA 432
ritualmente proceduto ne' sensi degli art. 62 e 63 cod.
proc. pen., ed inapplicabili alla specie essere gli art. 71 e
73, sia pel difetto di concorrenza tra gli uffiziali di polizia
giudiziaria, e sia pel principio di non doversi rettificare
o rinnovare ciò che per se stesso è valido; il difetto
di giuramento del perito Basitone e de' due testi Lo
renzo Lupo e Niccola Crivelli essere stato supplito in
dibattimento, nè la difesa davanti al Tribunale aver
fatto all'uòpo alcuna obbiezione; e per siffatti rilievi
rigettò il gravame, riducendo la pena ad un solo anno.
Osserva che indarno il ricorrente co' primi due mezzi
impugni il ragionamento della Corte intorno alla effi
cacia del verbale generico, per aver serbato silenzio
sulla ommessa indicazione del pericolo nel ritardo ; per ciocché avendo la Corte riconosciuto di avere il sin
daco ritualmente proceduto a termini della legge, ne
cessariamente riteneva che avesse agito secondo la
ipotesi della stessa; Che non regga il terzo mezzo circa la ommessione
di giuramento del perito, bene avendo la Corte consi
derato che non potea questo essere prestato nelle mani
del sindaco a norma dell'art. 67, donde la chiara inap
plicabilità alla specie dello invocato art. 154; e che ad
ogni modo il vuoto fosse stato coverto dal giura mento prestato in pubblica discussione;
Che insussistente del pari sia il quarto mezzo sulla
ommessa discussione del motivo di appello, col quale si era dedotta la violazione dell'art. 311 cod. proc. pen., mercè ìa lettura in dibattimento del menzionato ver
bale; e per fermo, se la Corte ommise di ragionare sulla deduzione, in quanto si riferiva agli altri due te
stimoni intervenuti nel verbale e non citati in dibat
timento, non può la ommessione dar luogo a nullità, tra perchè lo intervento di que' testimoni non era stato
necessario, giusta l'art. 67, bastando il numero di due, e perchè non avendo fatto que' testimoni se non l'atto
di assistere alle operazioni senza neppur fiatare, inap
plicabile era lo invocato art. 311; Per tali motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 22 marzo 1879, Pres. Poggi, Est. Moiu-TJnal
dini, P. M. Trecci. — Ric. Lombardi.
Giurati — Propalazione del voto — l'rovvediuienti
a darsi (Cod. proc. pen., art. 487).
(■iurati — Maggioranza ili t voti — Più questioni — Avvertimento presidenziale (Cod. pi'OC. pen., art.
498 e 503).
Nel caso che un giurato abbia anticipata la manife stazione del voto, può la Corte, secondo i casi, so
stituirgli uno dei giurati supplenti o rinviare la
causa ad altra sessione. (1) Ad ogni modo quella circostanza non può dar fon
damento ad alcuna domanda di nullità, se il giu rato che aveva propalato il voto non potè, per so
pravvenutagli malattia, prender parte alla vota
zione, e gli fu sostituito uno dei supplenti. (2)
Allorché il verbale di udienza attesti che il presidente
spiegò ad una ad una le questioni e che avvertì i
giurati del modo di formulare la loro dichiara
zione se avessero ritenuto l'accusato colpevole a
semplice maggioranza di 7 voti sulle questioni o
su alcune di esse di fatto principale, il voto della
legge deve ritenersi adempiuto, nè può censurarsi
di oscurità il modo usato dal presidente nel fare
quell' avvertimento.
La Corte, ecc. — Attesoché dal verbale d'udienza del
dì 24 gennaio ultimo decorso, primo giorno della tratta
zione della causa avanti la Corte d'assise, contro il ricor
rente accusato d'omicidio premeditato, commesso per solo impulso di brutale malvagità, risulta che esaurito
il suo interrogatorio, l'ultimo dei giurati ordinari di
chiarò dal suo posto, ad alta voce, che aveva rilevato
le contraddizioni incorse dall'accusato predetto, il quale non aveva saputo rendere ragione del silenzio da lui
tenuto nei precedenti interrogatori scritti, in proposito
agli amori della moglie, dei quali soltanto aveva par lato nell' interrogatorio orale, ciò che aveva ad esso
giurato fatto una sinistra impressione; Attesoché quantunque dopo questa inconsiderata e
non impedita dichiarazione, cui tennero dietro anche
altre parole, delle quali attestasi dal verbale non es
(1-2) « Questi sono i due provvedimenti (avverte lo stesso est. cons.
Mori-Ubaldini, in nota alla sentenza nella Temi ven., 1879, 254) che
vengono indicati anche dalla Cass. di Torino nella sua sentenza del
9 maggio 1867, contenuta nella Collezione ufficiale di detto anno, pa gina 254; e con questa concilia quella del dì 11 giugno 1872 di questa Corte suprema (Annali, 1870, 197) in cui parlasi soltanto della nullità del giudizio.
« Tra i casi poi, nei quali può rendersi necessario il provvedimento del rinvio della causa, è certamente quello in cui la manifestazione di voto avvenga quando non siano più disponibili i due giurati sup plenti per avere già questi dovuto, attesi incomodi di salute od altro sinistro sopraggiunto a due dei giurati effettivi, prendere i loro posti, cosicché restino ì soli 12 per costituire il giurì. Altrimenti è sempre preferibile l'altro provvedimento che conserva il giurì della causa, e che procede in modo personale; licenziando, cioè, soltanto colui che attesa la propalazione del suo voto nel corso del dibattimento, violò uno dei doveri del giudice, e che anche può nella Camera delle deli berazioni spiegare illegittima influenza sull'animo degli altri.
« È vero poi che la sollecitudine del presidente nel chiudere per tempo la bocca al giurato, quando senta che n n proponga una di quelle domande che gli sono consentite dalla legge, può risparmiare una inconsulta manifestazione, ed impedire un inconveniente, che se può avere pronto il rimedio, meglio è però che non avvenga.
« Il n'y a pas de manifestation d'opinion (racconta Noughier, Cour « d'assise, trait* pratique, torn. IV, 581) dans le fait du juré qui à « la suite d'une réponse faite par l'accusé a dit : cela rn'elonne, car « et qui n'a pas achevé la phrase sur l'observation du président l'en « gageant à s'abstenir de réflexions personnelles : ces paroles du juré, « ainsi interrompues, ne donnent pas ouverture à nullité, alors sur « tout qu'il ne s'est elevé, à l'instant ou elles ont été prononcées, « aucune réclamation de la pfi-rte de l'accuse ».
« In Francia vedesi talvolta adottato il primo dei due provvedi menti sopraindicati, quantunque pur sovente la manifestazione fatta nel corso di causa, quando sia stata l'espressione di un preconcetto già formato, e che il giurato abbia preso parte alla deliberazione, importi la nullità del giudizio, come apprendesi dall'Hèlie, nei di versi casi, riferiti a pag. 617 e 619, torn. XIII, Traitè de Vinstruction criminelle ».
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