Date post: | 11-Jan-2017 |
Category: |
Documents |
Upload: | trinhhuong |
View: | 215 times |
Download: | 3 times |
Udienza 24 aprile 1895; Pres. De Cesare, Est. Miglio —Ric. SpadanoSource: Il Foro Italiano, Vol. 20, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1895), pp.441/442-443/444Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23100328 .
Accessed: 18/06/2014 20:23
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 62.122.79.78 on Wed, 18 Jun 2014 20:23:52 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
441 GIURISPRUDENZA PENALE 442
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 17 agosto 1895; Pres. Risi, Est. Mosconi
— Ric. Bosco.
i*e»A — Più rent! — Carnaio giuridico — Sente»"
ze diverse (Cod. pen., art. 68).
Il magistrato di appello che nella stessa udienza co
nosce di due sentenze di condanna contro la stes
sa persona, deve riunire le due cause e far luogo
al cumulo giuridico delle pene a' sensi dell'art.
68 cod. pen., ed ove <iiò non faccia si dà luogo
ad annullamento ed a rinvio, per la sola appli
cazione però della disposizione del citato arti
colo. (1)
La Corte: — Bosco Cesare ricorre contro la sen
tenza 21 marzo p. p. della Corte di appello di Na
poli la quale, confermando quella del tribunale di
Avellino 19 dicembre 1894, sulla colpevolezza in
spaccio di carte false nei sensi dell'art. 258 cod.
pen., riduoeva la pena della reclusione da anni 3
e mesi 4 ad anni 2 ritenendo ferma la multa di li
re 300 ed i 2 anni di vigilanza speciale.
Fatto il deposito e trovandosi in libertà provvi
soria avendo prestata la prescritta cauzione di lire
mille, deduce
3° Trovandosi il Bosco nel momento in cui fu giu
dicato nelle condizioni giuridiche previste dall'art.
76 cod. pen. dovevasi a suo favore applicare le di
minuzioni di detto articolo in relazione al 68.. . .
Sul terzo mezzo si osserva, che le due sentenze
19 dicembre 1894 del tribunale di Avellino, e 22
novembre detto anno del tribunale di S. Angelo dei
Lombardi, con le quali il Bosco Cesare fu condan
nato per dolosa spendita di carte false, dovevano
essere ed erano presenti alla Corte di merito che
a mezzo dei medesimi giudici si occupò dei due
processi nello stesso giorno : in tale condizione di
cose sarebbe stato opportuno di riunire con una
sola sentenza i due giudizi, ciocché potrà esser fatto
dalla Corte di rinvio, ed allora più facilmente si sa
rebbe conosciuto che non potevasi irrogare al Bosco
Cesare, come avvenne con le due sentenze della Cor
te 24 marzo, due pene per sè stanti, ma che si do
vea ricorrere non all'art. 76 come dice il ricorrente
perchè ivi si parla di sentenza e con tale espressione nel codice s'intende sempre parlare di sentenza ir
revocabile, ma bensì all'art. 68 sul concorso di più
delitti, concorso che, come si accennava più sopra,
per le circostanze speciali era a cognizione ilei giu dici. Non essendosi applicata tale disposizione di
legge che venne quindi violata, la sentenza deve
esser posta nel nulla solo però in quanto riguarda
l'applicazione della pena dell'art. 68.
Per questi motivi, annulla per quanto si riferisce
alla pena, e rinvia ecc.
(1) Altre volte la suprema Corte lia dovuto occuparsi di sentenze di condanni che non avevano tenuto conto
del disposto degli art. 68 e 76, ma ha deciso non esser
tale omissione oausa di nullità, potendo l'applicazione di quegli articoli aver luogo in sede di esecuzione o far
si dalla stessa Corte suprema. Cosi con la decisione 24
febbraio 1893 (Foro it., 1893, IX, 203) stabilì non esser
nulla la sentenza che al già condannato ad altra pena
applichi integralmente quella dovuta pel nuovo reato
senza far la diminuzione di cui all'art. 76, e ciò perchè " una tale applicazione può farsi dietro domanda e nello
stadio di esecuzione, essendo già assodati gli elementi
di fatto sui quali essa può venire appoggiata — Con
l'altra decisione 19 ottobre 1893 [1(1., 1894, II, 117) sta
bili ugualmente non esservi nullità per non essersi ap
plicati gli art. 68 e 76, e dovere in tal caso la suprema
Corte, pur lasciando ferme le due sentenze, fare essa stes
sa la riduzione prescritta da quegli articoli. E ci parve
lodevole, perchè ispirato al proposito di evitare l'inuti
le moltiplicarsi dei giudizi, l'aver la suprema Corte, aven
done pronti gli elementi, operata essa stessa la riduzione; ma ove per mancanza di tali elementi o per altri motivi
la suprema Corte ciò non potesse eseguire, parrebbe sem
pre più razionale ed economico il sistema già seguito
precedentemente, di tener ferme le due sentenze e rin
viar la riduzione alla sede di esecuzione, anziché quello, ora adottato, di annullarle e rinviare a nuovo giudizio esclusivamente per tale riduzione.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.
Udienza 24 aprile 1895; Pres. Db Cesarb, Est. Mi
glio — Ric. Spadano.
Appello del solo Imputato — Esclnsione della
recidiva — Pena identiea (Cod. pTOC. pen., art.
364).
Esclusa l'aggravante della recidiva sulla cui base
il giudice di primo grado aveva comminata la
pena, non può il giudice di appello, in man
canza di gravame del p. m., mantener ferma la
pena, tenendo conto della cattiva condotta non
contemplata dal primo giudice. (1)
(1) Questa massima si discosta dalla ghmsprudenza generalmente seguita dalla suprema Corte. Ricordiamo
infatti, aver questa deciso che il giudice di secondo gra do, anclie nel caso di appello del solo imputato, può man tener ferma la pena inflitta dai primi giudici, tuttoché :
a) ammetta le circostanze attenuanti negate dalla
sentenza appellata: 13 ottobre 1890 {Foro it., 1891, II, 52); b) ritenga un solo reato e di minore importanza a
vece dei due reati più. gravi ritenuti dai primi giudici: 30 marzo 189'2 {Foro it,, 1892, II, 436);
c) escluda le circostanze aggravanti ritenute dal pri mo giudice : 27 ottobre 1892 (Foro it., Rep. 1893, voce
App. pen., n. 122). Analogamente ha deciso la suprema Corte, sempre in
toma di appello del solò imputato, che il giudice di ap
pello che ritiene un reato meno grave e diminuisca la
pena può non ritenere il beneficio delle circostanze at
tenuanti ammesse in primo grado : 12 dicembre 1892 {Fo ro it., 1893, II, 72), e può ritenere che i diversi reati per ciascuno dei quali era stata inflitta una pena non ecce
dente il limite del condono derivante da amnistia, co
stituiscano unico reato continuato, soggetto ad unica
pena, superiore però a quel limite e quindi soltanto in
parte condonata, mentre le varie pene inflitte in primo
grado sarebbero rimaste tutte condonate : 27 marzo 1894
(Id., 1894, II, 249). Ricordiamo infine aver la suprema Corte stabilito
che il giudice di appello, sul gravame del solo impu
tato, non solo può mutar la qualificazione giuridica del
reato, ma ritenere un titolo più grave (sent. 10 luglio
Il Foho Italiano — Volume XX — Parte 11-36.
This content downloaded from 62.122.79.78 on Wed, 18 Jun 2014 20:23:52 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
443 PARTE SECONDA 444
La Corte: — Considerato.... che dei due mezzi
dedotti, il primo per violazione degli articoli 140, 141 codice procedura penale per non avere il tri
bunale ragionato sulle generiche del danno, l'al
tro per violazione degli articoli 80, 81 codice
penale per avere il tribunale, non ostante che ri
conoscesse esclusa l'aggravante della recidiva, sul
la base della quale il pretore aveva comminato
la pena, rigettato l'analogo gravame e confermata
la sentenza, che questo secondo mezzo ragionevol mente merita accoglimento, e non soltanto perchè siansi violati i principi sulla recidiva consacrati
negli articoli 80, 81 codice penale, come fu de
dotto dal ricorrente, ma ancora per quel prin
cipio assoluto e di somma equità sempre ricono
sciuto dalla suprema Corte, che in appello, se non
siavi reclamo del pubblico ministero, la condizio
ne dell'imputato non possa mai essere deteriorata,
anche se per avventura il secondo magistrato ri
conoscesse male qualificata la imputazione del pri mo giudice e che fosse stato l'imputato meritevo
le di maggior pena. 11 qual principiopertanto.se resta irremovibile quando per errore dei magistrati
procedenti l'imputato sfugga ad un giudizio più se
vero e ad una pena più grave per quanto meritata, a tanto maggior ragione deve valere quando, per errore ancora del giudice, sia attribuita all'imputa to una responsabilità maggiore ed inflitta una pena
più grave come nel caso in esame. Alla circostanza
di fatto (la recidiva) per la quale il primo giudi ce aggravava la pena, comminandola in giorni 40, come si disse, non poteva essere lecito al magi strato di appello, che riconosceva l'inesistenza del
l'aggravante ritenuta dal primo giudice, in un giu dizio su cui non vi era appello del pubblico mini
stero, sostituire di suo capo un'altra diversa causa
di aggravante desunta dalla cattiva condotta, la
quale dal primo giudice non era stata contempla ta. — Di fronte alle quali violazioni di diritto me
rita pertanto che un nuovo giudizio si riapra sul
l'appello del ricorrente Spadano. Per questi motivi, accoglie il ricorso e rinvia ecc.
1890 — Foro it., 1890, II, 313; 3 maggio 1892 — Id., Rep. 1892, voce App. pen., n. 128; ecc.); e ciò anche allo sco
po di rigettare l'eccezione della prescrizione (21 agosto 1890 — Id., 1891, II, 55), o quella della improcedibilità, per mancanza di querela > 22 febbraio 1892 — Id., 1892, II, 161).
In sostanza la suprema Corte ha sempre deciso che la mancanza di gravame del p. m. impedisca soltanto di aumentar la pena inflittta dai primi giudici, e che os servato questo precetto sia in piena libertà del giudice di appello di escludere od ammettere circostanze aggra vanti o scusanti, di dare al fatto la sua vera qualifica zione giuridica, e di stabilire nella latitudine della pena la misura che creda più conveniente.
CORTE DI CASSAZIONE CI ROMA. Udienza 16 luglio 1895; Pres. Risi, Est. Casa buri
— Rio. Mangeri.
Ilespouiabllitft civile — Minorenne — Oiscerni
menlo (Cod. civ., art. 1152).
Trattandosi di responsabilità civile derivante da
imprudenza o negligenza, può sottrarsi al ri
sarcimento soltanto quel minorenne che sia sfor nito di ogni discernimento, a segno di non po ter distinguere il lecito dall' illecito nk preve dere le conseguenze della propria colpa.
La Corte: — Mangeri Michele ricorre per la cas
sazione della sentenza 5 giugno 1895 della Corte
d'appello di Catania confermativa dell'atra 7 mag
gio 1894 del tribunale omonimo, con cui fu di
chiarato responsabile civile delle lesioni personali involontarie imputate a Sapienza Stefano, e condan
nato in solido con costui al risarcimento dei danni.
Attesoché col primo mezzo di ricorso sostiensi
essersi violati gli art. 549 proc. pen., e 1153 e se
guenti del codice civile, sia perchè il Mangeri non
diede incarico a Sapienza di guidare il carro (dal cui investimento derivarono le lesioni), sia perchè essendo esso Mangeri minorenne non può essere re
sponsabile di obbligazioni nascenti da deliito o qua si delitto. Or quanto all'incarico dato, invano si
insorge contro il giudizio insindacabile di fatto dei
giudici del merito, i quali hanno ritenuto che Man
geri, carrettiere del Russo, all'insaputa di costui, si permise di affidare il carro al ragazzo inesperto
Sapienza Stefano, il quale nel guidarlo produsse lo
investimento di Garuft e La-Rosa rimasti gravemen te feriti. Il Mangeri poi, sebbene minore degli an
ni 21, fu dai giudici ritenuto espertissimo carret
tiere, a segno che per questa sua speciale abilità il
padrone Russo fu prosciolto da ogni responsabilità nello investimento commesso dal Sapienza. Or co
me carrettiere espertissimo egli doveva e poteva
impedire il disastro, evitando di affidare la guida di quel carro, sebbene per un brevissimo tempo, al
Sapienza, giovinetto ignaro del mestiere. Non a
vendo ciò fatto, ed avendo per la sua mala scelta
occasionato il danno, incombe a lui la responsabi lità di risarcirne le conseguenze. Base di tale re
sponsabilità è l'aver preposto alla guida del carro chi non sapeva governarlo e manodurlo, produ cendo danni che esso Mangeri poteva e doveva
prevenire. — I minori di età sono incapaci di con
trattare ed obbligarsi, allorché trattisi di contrat
ti o di obbligazioni volontariamente assunte (art. 1006 cod. civ.), ma trattandosi di responsabilità derivante da imprudenza, o da negligenza, a mente
degli art. 549 proc. pen. e 1152 e seguenti cod.
civ., può sottrarsi all'obbligo del risarcimento sol
tanto quel minorenne che riesca a provare di es
sere sfornito di ogni discernimento, a segno da non
poter distinguere il lecito dall'illecito, uè prevede re le conseguenze della propria colpa. Or il codice
This content downloaded from 62.122.79.78 on Wed, 18 Jun 2014 20:23:52 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions