Udienza 25 giugno 1879, Pres. ed Est. Narici. —Ric. CoccariSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.323/324-325/326Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084809 .
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323 PARTE SECONDA 324
tori dello ferite mortali come omicidi, ove non si can
celli addirittura il responso di Paolo, ma a norma della
seconda parte dell'art. 564, la morte si considera pro
ciotta dal complesso di più ferite. Ed ecfto dimostrato
che l'art. 564 nè contiene la teoria che gli si attribuisce,
nè vale a sorreggere l'altra di cui si disputa. Osserva che l'arresto Gisi del 10 marzo 1874, nel ri
solvere l'analoga quistione, si esprime cosi: « Si as
« sume che la morte dell'offeso, essendo avvenuta dopo
« i 13 mesi dalla ferita, di questa circostanza di fatto
« dovevasi dalla Corte tener conto nell'applicazione
« della pena. « Con ciò si allude al caso della ferita che ha pro
« dotto la morte dopo i 40 giorni, prevista e punita « dall'art. 542 Cod. pen., il che nulla ha di comune col
« caso della presente causa di volontario omicidio pre « visto e punito dagli art. 522 e 534 stesso Codice. Sono
« due reati tra di loro distinti per diversa gravezza « ed imputabilità, e per diversità di dolo, verificandosi
« l'omicidio, quando alla volontà di togliere altrui la
« vita vi corrisponde l'effetto, nel mentre si ha la le
« rita quando la volontà è stata non altra che quella « di ferire. 11 fatto quindi di essere nell'omicidio suc
« cessa la morte o presto o tardi, nulla influisce sulla
« sua natura e sulla pena, rimanendo sempre circo
« scritto nei propri suoi confini da non potersi mai
« confondere con quelli della semplice ferita ».
Queste non sembrano ragioni da vincere le prece denti contrarie ragioni ; ed in v.ero non si ricerca punto di conoscere se l'omicidio volontario sia cosa diversa
e punibile con pena diversa della ferita che abbia pro dotto la morte dopo i 40 giorni, e se nell' uno campeggi la volontà di uccidere e nell'altra quella di ferire. La
difficoltà si supera senza l'oracolo del Collegio supremo, ma l'indagine consisteva nel determinare se col sistema
nostro legislativo ci sia omicidio quando la morte av
venga dopo i quaranta giorni, o per causa preesistente 0 sopravvenuta. Presentato il problema nei termini
logici e giuridici, forse si sarebbe subito visto come le
cause estranee che contribuiscono alla morte dell'of
feso, contandoci i 40 giorni dell'art. 542, spezzino le
barriere tra l'omicidio e le ferite seguite da morte, e
come fosse necessaria una pena proporzionata e comune
alle due ipotesi che si fondono insieme, per non to
gliere al Codice il vanto di umano e ragionevole. Osserva che la Sezione di accusa non definì esatta
mente il crimine di Agostino Cassese nel rinviarlo al
giudizio. Se la morte della Turino avvenne dopo circa
tre mesi, l'omicidio volontario agli occhi della legge era
scomparso, ed il Cassese diventava punibile per la fe
rita che trasse a morte la Turino col beneficio del
l'art. 542. Sarebbe stato utile che alla quistione da pro
porsi in conformità della sentenza di rinvio e dell'atto
di accusa se ne fosse aggiunta una per meglio spiegare l'indole del reato e per non trarre i giurati in equi
voco; ma se questi stabilirono che la Turino morì dopo 1 40 giorni, non importa che ritenessero nel Cassese la
volontà di uccidere. La volontà di ferire o di uccidere
non crea o distrugge il fatto della morte ritardata; e
se a questo ritardo bada la legge per diminuire la pena,
il Cassese ne fruisce.
La Corte di assise nella sentenza di condanna usò la
voce omicìdio, ma lo sbaglio nelP avvalersi contro il
voto del Codice di una parola giuridica non vieta che
si determini la pena vera richiesta dal fatto indicato
dalla parola erronea ; ed il nomen juris non è applica
bile, nè contrasta, e molto meno cancella gli elementi
materiali e morali che i giurati affermarono e. che
rientrano nella sanzione dell'art. 542 del Cod. pen.;
Per tali motivi, la Corte annulla, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 25 giugno 1879, Pres. ed Est. Narici. —Ric.
Coccari.
Prevaricazione — €a|>it<uio «li porto — Esazione di
diritti per occupazioni di spiaggia — Conversione
in proprio uso — Appropriazione indebita (Cod.
pen., art. 210 e 631).
La conversione in proprio uso di ciò che un capitano
di porto abbia avuto lo speciale incarico di esigere da taluni occupatori di suoli arenili per pagarlo
allo ingegnere del genio deputato alla compila
zione degli schemi di concessione, non può dirsi
sottrazione commessa da ufficiale o depositario
pubblico.
La Corte, ecc. — Osserva nel latto avere i giudici
di merito ritenuto che al ricorrente, nella qualità di
delegato del porto di Rossano fosse stato dato lo spe ciale incarico d'indurre dieci occupatori di suoli are
nili a legittimare la usurpazione, mercè il versamento
per ciascuno di lire 10, la cui somma avrebbe poi do
vuto pagarsi allo ingegnere del genio civile, incaricato
della compilazione degli schemi di concessione; che lo
imputato invece delle lire 100 ne avesse riscosse circa
260, e tranne lire 50, pagate ad altro ingegnere dal
medesimo adibito, avesse invertito il resto in uso pro
prio; e per tali rilievi averlo il Tribunale e la Coxite
di appello dichiarato colpevole di sottrazione di danaro
inferiore a lire 500, ed in applicazione dell'art. 210
n. 4, Cod. pen., condannato ad un anno di carcere, ri
dotto per l'amnistia di gennaio 1878 a mesi sei; Che ai succennati rilievi avesse la Corte aggiunto,
come lo imputato si fosse pure renduto responsabile di truffa, per avere esatto dagli occupatori più di lire 10,
dando a credere che il dipiù occorresse per la legit timazione del possesso; e come definito il reato anche
indebita appropriazione, identica sarebbe stata la pena. Osserva nel diritto, che evidenti sieno gli errori
denunziati col 1" mezzo aggiunto intorno alla qualifica zione del fatto; e di vero, a prescindere dalla incer
tezza, nella quale si avvolge la medesima Corte, inap
plicabile alla specie era lo invocato art. 210 per lo
assoluto difetto della qualità, il cui abuso intende pu nire la legge ; non trattavasi mica di somme depositate
presso il ricorrente qual tesoriere, esattore o conta
bile, ma di ciò che per uno speciale incarico ed affatto
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325 GIURISPRUDENZA PENALE 326
estraneo alle di lui funzioni, eragli stato commesso di
raccogliere per la indennità dello ingegnere del genio
civile; e però l'asserta conversione in uso proprio non
poteva essere considerata, se non quale indebita ap
propriazione ; Che in più grave errore fosse caduta la Corte, rite
nendo giustificata la pena anche sotto il profilo del
l'appropriazione, senza por mente che per lo art. 210,
n. 4, il carcere non aveva potuto essere minore di un
anno, mentre secondo la sanzione dell'art. 031 avrebbe
potuto discendere ad un sol mese; Per tali motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 7 maggio 1879, Pres. De Luca, Est. Ciollaro
— Ric. P. i\l. c. Melardi, Bocci ed altri.
Ordinanza «li |srosciog'liiiicnto — Opposizione «lei
1*. 11. — Motificazione — Termine (Cod. proc. pen., art. 261).
</Oi'i'iiziunc — Spontaneità «lei ilono (Cod. pen., ar
ticolo 224).
La parola immediatamente adoperata nell'art. 261,
Cod. proc. pen., per indicare il tempo in cui deve
esser notificata la opposizione del P. M. all'ordi
nanza che proscioglie V imputato, indica che la no
tificazione deve farsi senza alcun indugio. (1)
È quindi inammessibile' Vopposizione se fu notificata al sesto giorno, specialmente se nulla sia stato
addotto per giustificare il ritardo. (2) È sempre autore di corruzione quegli che dia denaro
non spettante al pubblico uffiziale per ottenere da
costui un atto del suo ufficio, sia che lo dia spon
taneamente, sia che lo dia ad invito o proposta del
pubblico ufficiale.
La Corte, ecc. — Osserva che col primo mezzo ere
desi violato l'art. 261, primo capoverso, Cod. proc. pen.,
perchè nel rapporto dello imputato Luigi Melardi, re
sidente in Castellamare, si ritenne dalla Sezione di ac
cusa inammessibile la opposizione del procuratore del
re prodotta nel 28 marzo 1878 avverso la ordinanza
di proscioglimento della Camera di consiglio, essen
dosi essa notificata non già nelle 24 ore successive, sì
bene nel 3 del susseguente settembre. Dicesi in pro
posito che per la invocata disposizione di legge se la
opposizione esser deve notificata immediatamente, ciò
suoni questo soltanto : che prodotta la opposizione, non
debba esservi oscitanza o ritardo colposo nel notifi
carla
Credesi inoltre violato altresì lo art. 441 del ram
mentato Cod.; sembrando al ricorrente che la sentenza
sul proposito difetti di motivazione.
Relativamente a questa seconda parte, per verità la
Sezione di accusa nel ragionamento per quanto con
cerne le notifiche ai diversi imputati tra cui il Melardi,
enuncia due concetti : che sua giurisprudenza sia d'in
tendere essere immediata la notifica della opposizione sol che segua nelle 24 ore successive, che per alcuni
prevenuti la notifica avvenne nelle 24 ore, ma per altri
la notifica o non era avvenuta o era seguita fuori ter
mine. E poiché appunto per Melardi eran trascorsi ben
sei giorni per la notifica, come dai fatti premessi al
ragionamento, così è chiaro che questo contiene quanto basti sul proposito per respingere l'addebito in esame.
In quanto poi alla intelligenza data dalla Sezione di
accusa alla parola della legge, per fermo se la filo
logia insegna che immediatamente vale senza indugio di tempo e se nella specie lo indugio della opposizione era durato non uno nè due, ms ben sei giorni, quanti
appunto ne corrono dal 28 agosto al 3 settembre, è
impossibile non dire con la Sezione di accusa tardiva
la notifica. Nè soggiunga il ricorrente che sarebbe stato
necessario vedere l'oscitanza od il ritardo colposo nel
fatto della notifica per dirlo fuori termine, perciocché incombeva al P. M. di addurre delle circostanze le
quali avessero giustificato il lungo-elasso di tempo, non
certo giustificabile per la distanza di Melardi da Na
poli di meno di tre miriametri ; sì che nulla avendo
quel magistrato addotto, la negligenza ed il ritardo
colposo stanno in re ipsa. (Omissis). Osserva che il quarto mezzo mira a combattere la
teorica espressa nella sentenza sulla intelligenza del
l'art. 224 del Còd. pen., quando avvenisse che quegli il quale paghi o prometta pagare il pubblico ufflziale
per ottenere un atto, sia giusto, sia ingiusto, non sia
egli che prenda la iniziativa, ma solo aderisca e con
senta alle premure e proposte che all'uopo gli faccia
l'uffiziale pubblico. In tal caso, ha detto la sentenza,
quegli che aderisce e consente a pagare non può re
putarsi autore di corruzione, perchè è l'uffiziale pub blico in pari tempo corrotto e corruttore.
Ma è palmare l'aberrazione di principi, nella quale la sentenza della Sezione di accusa è incorsa, per ciocché o che spontaneamente si dia danaro non do
vuto all'uflìziale pubblico per ottenere sia un atto
giusto, sia un atto ingiusto, o che per vece invitato
dal pubblico ufffziale si compia il fatto medesimo del
pagamento, consistendo il reato di corruzione princi
palmente in tale fatto, la conseguenza si è che la spon taneità o l'invito varranno come circostanze intese
unicamente a spaziare nella latitudine della pena com
minata, ma ninna differenza importano nella defini
zione giuridica del fatto, per ritenere sempre come
autore di corruzione quegli che paga o promette di
pagare, eec.
(1-2) V. sent, della Sez. d'accusa di Napoli del 28 aprile 1879, che sarà pubblicata nel prossimo fase.,.e la relativa nota. E bene far notare
che, come si raccoglie dalla sentenza che annotiamo, la Sezione d'accusa nel dichiarare inammessibile l'opposizione del P. M. contro l'ordinanza che aveva dichiarato non farsi luogo a procedimento contro il Me
lardi, addusse per unica ragione esser sua giurisprudenza che la noti fica della opposizione s'intende fatta immediatamente sol quando segue entro le 24 ore. In tal modo se anche il Melardi fosse stato residente non a Castellamare, ma nel Veneto, in Sicilia o in Sardegna, la no tificazione si sarebbe dovuta eseguire sempre in non più di 24 ore!... Facciamo questa osservazione a meglio illustrare la citata nostra nota relativa alla sent, della Sez. d'accusa.
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