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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 25 giugno 1879, Pres. Enrico, Est. Pagani, P. M....

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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 25 giugno 1879, Pres. Enrico, Est. Pagani, P. M. Gambara (Concl. conf.) — Ric. Civetta

Udienza 25 giugno 1879, Pres. Enrico, Est. Pagani, P. M. Gambara (Concl. conf.) —Ric. CivettaSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.377/378-379/380Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084844 .

Accessed: 17/06/2014 09:21

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377 GIURISPRUDENZA PENALE 378

pello, sia in cassazione, una sentenza od un provve

dimento del giudice che reputi ingiusto ; Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 26 novembre 1879, Pres. Enrico, Est. Talice,

P. M. Pozzi (Conci, per rigetto in merito, senza ele

vare l'eccezione pregiudiziale) — Ric. Guido Catte

rina, condannata per lotteria clandestina.

Biotto— Contravvenzione— Eticorso per cassazione — Competenza speciale «Iella Cassazione ili Koiua

(Legge 27 dicembre 1875, n. 2837, art. 3, n. 6).

I ricorsi per annullamento per contravvenzioni in

materia di lotto sono devoluti alla competenza

speciale delle Sezioni di Cassazione istituite in

Roma. (1)

La Corte, ecc. — Attesoché prima d'entrare ad esa

minare il merito del ricorso, di cui è caso, importa conoscere se abbia questa Corte a dirsi competente a

pronunciare in proposito; Attesoché il lotto pubblico riveste doppio carattere,

di privativa erariale e di tassa, essendo anche sulle

vincite imposta una tassa a favore dello Stato; Che quindi le contravvenzioni alle leggi che lo reg

gono, massime quando hanno tratto a tenuta di lotto

clandestino, vengono a ledere ad un tempo sia la pri

vativa dello Stato, sia il diritto di percepirne le even

tuali tasse sui premi delle vincite, e quindi debbono

essere comprese nel novero di quelle cui accenna il

n. 6 dell'art. 3 della legge 27 dicembre 1875, n. 2837,

la di cui cognizione é deferita alle Sezioni di Cassazione

istituite in Roma; Per questi motivi, ordina la trasmissione degli atti

alle Sezioni di Cassazione istituite in Roma.

(1) Con vera compiacenza pubblichiamo questa sentenza, resa a re lazione del chiarissimo cons. Talice, e che rimuove un inconveniente che il nostro giornale pel primo aveva già additato. Vedi col. 28 e 178 del presente volume, in nota.

CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO Udienza 25 giugno 1879, Pres. Enrico, Est. Pagani,

P. M- Gambaiìa (Conci, conf.) — Ric. Civetta.

Dibattimento — Letture — Sentenze — Esami ali

testimoni assenti (Cod. proc. pen., art. 281, II. 2,

e 311).

Dibattimento — Testimone malato — Pubblicità del

l'esame (Cod. prod, pen., art. 294).

In massima deve ammettersi la lettura in dibatti

mento di qualunque atto, quando non vi sia un

espresso divieto di legge.

Possono perciò leggersi le sentenze precedenti pro

nunziate contro il giudicabile, anche se la lettura

sia fatta al solo scopo di accertarne la moralità.

I testimoni assenti dal Regno le cui deposizioni,

giusta l'art. 311 Cod.proc. pen., possono essere lette

in dibattimento, sono i testimoni non presenti nel Re

gno, quantunque per essi non concorrano le condi

zioni per dirli assenti, a norma del Cod. civ.

Nessuna legge prescrive che l'esame di un testimone

ammalato, a cui si proceda per delegazione nel

caso del dibattimento, debba seguire con l'inter

vento del pubblico. (1)

La Corte, ecc. — Sul primo mezzo — Considerato

che, se nell'art. 281, n. 2 del Cod. proc. pen. non si fa

cenno di lettura di sentenze, male però la difesa si op

poneva, ostando alla lettura di quelle in precedenti

giudizi, benché in estero Stato, proferite contro il Ci

vetta; e conseguentemente non sussiste la violazione

del predetto articolo; ed in vero, se la legge parla solo

di lettura di verbali e di rapporti, mal se ne vorrebbe

inferire, che al presidente, massime nei giudizi di As

sise, non fosse lecito di ordinarla anche solo allo scopo di rendere nota la moralità dell' accusato, e special mente di sentenze di condanne aventi tratto alla reci

dività di cui si dava carico al Civetta, per la quale sarebbe bastata la sentenza del Tribunale di Borgotaro, da esso non disconosciuta, dovendosi insomma ammet

tere in massima la lettura di qualsivoglia atto, quando non sia dalla legge espressamente vietata.

Sul secondo mezzo — Considerato che la denunciata

ordinanza, autorizzando la lettura di testimonianze rese

in estero Stato, e di testimoni dati in nota dal pub blico ministero, benché non constatasse se e come siasi

eseguito il relativo decreto del presidente in data 23

ottobre 1878, non si violava punto la legge, né per es

sersi quelli ritenuti compresi nella denominazione di

testimoni assenti dal Regno, né per essersi discono

sciuto il principio dell'oralità; Che pur prescindendo dal riflesso che la difesa, as

sentendo alla lettura di parte dei 15 testimoni stranieri

dati, come sovra, in nota, già riconobbe non essersi

dall'autorità giudiziaria italiana tralasciato di promuo vere all'estero l'esecuzione del precitato decreto, nep

pure si contende, che fuori del Regno d'Italia si tro

vassero e risiedessero i testimoni suddetti ; Che non regge nella specie il paragone fra testimoni

assenti dal Regno, di cui si parla nell'art. 311 del Cod.

proc. pen., e gli assenti di cui si tratta nel Cod. civ.:

ben diversi essendone la significazione e lo scopo, mi

rando il Cod. civ. a tutelare la personalità e l'inte

resse del cittadino, di cui s'ignora perfino l'esistenza

in vita, mentre in materia penale si tratta d'interesse

generale e sociale, di atti che nell'amministrazione della

giustizia non ammettono dilazione, per modo che la

denominazione di assenti dal Regno deve ricevere

una più lata significazione, in cui siano da compren dersi tutti i testimoni che, indipendentemente dalla loro

sudditanza, non si trovino in Italia o risiedano in estero

Stato; del resto, le difficoltà di vario genere che po

(1) Conforme: Cass. Firenze, 6 aprile 1878, ric. Malossa [Temi veri., 1878, pag. 295).Confronta pure, Cass. Napoli, 23 agosto 1879, a col. 300 del presente volume.

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379 PARTE SECONDA 380

trebberò occorere in simili casi per testimoni domici

liati all'estero, dimostrano come inopportunamente si

verrebbe a sollevare una questione di nullità desunta

dall'inosservanza dell'oralità prescritta di regola nei

pubblici dibattimenti, e debbasi conseguentemente am

mettere in tali casi una eccezione al principio anzi

detto, quale appunto ragionevolmente si deduce dallo

stesso art. 311 per ammettere senz'altro, nel caso di

assenza, ossia di non presenza nel Regno, la lettura

di deposizioni fatte all'estero, purché i testimoni da cui

furono emesse, siansi dati in nota dalla parte che vi

aveva interesse.

Sul terzo mezzo, relativo alla pubblicità da osser

varsi nei dibattimenti penali, principio che direbbesi

violato nell'assumere per delegazione l'esame di testi

moni ammalati ; Ritenuto che, al pari dei due precedenti, si presenta

infondato un tale mezzo, bastando al riguardo osser

vare che l'art. 294 del Cod. proc. pen. per la regolarità

di simili atti, altro sostanzialmente non vuole fuorché

l'accusato sia avvertito del diritto che la legge gli con

cede di farsi rappresentare nell'esame, e che il testi

monio deponga sotto il vincolo del giuramento, il che

tutto venne osservato nel caso attuale ; Che riguardo a tali atti il dibattimento, benché con

tinuato nel resto della pubblica istruzione, s'intende

sospeso per essere in tale parte ripigliato al momento

in cui in pubblica udienza viene data lettura degli as

sunti esami ; Che sarebbe una vera stranezza il pretendere a pub

blicità in una privata abitazione, in cui per malattia

sia ricoverata la persona da esaminarsi, quando ap

punto sente maggiore il bisogno di quiete, la quale po

trebbe essere, con pericolo della vita, gravemente tur

bata da una pubblicità non tanto inopportuna, ma

pure indiscreta, di chiunque volesse profittarne; Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO.

Udienza 7 novembre 1879, Pres. Enrico, Est. Tatjce,

P. M. Gambara (Conci, diff. sulla eccezione pregiu

diziale) — Ric. Porinelli.

Cassazione — Ricorso — Dichiarazione — Forma — Detenuto — Equipollenti (Cod. proc. pen., arti

Colo 648).

Amnistia — Competenza — fìiudicc di merito —

Sezione d'accusa — Mon " bis in itlem » (Cod. proc.

pen., art. 830).

La disposizione dell'art. 648 proc. pen. che prescrive che la dichiarazione di ricorrere in Cassazione deve

farsi nella cancelleria del Tribunale che pronunciò la sentenza, o dall' imputato o da un suo manda

tario speciale, non è così assoluta ed esclusiva da

non ammettere degli equipollenti allorché si veri

fichi il caso d'impedimento per forza maggiore o

per altra causa. (1)

Applicazione al caso di un detenuto che presentò la

dichiarazione di ricorrere al direttore del carcere,

il quale la trasmise direttamente ed in via offi

ciale, insieme ai motivi del ricorso, alla Corte su

prema. (2)

Per l'applicazione dell' amnistia è competente anche

il giudice di merito : e quando questi vi abbia prov

veduto e la sua sentenza non sia stata impugnata

nei modi e termini di legge, non può l'imputalo,

per l'ostacolo della cosa giudicata, ricorrere alla

Sezione d'accusa per ottenere da questa una più

larga ammissione all' amnistia. (3)

La Corte, ecc. — Sali'eccezione pregiudiziale. —

Attesoché l'art. 648 del Cod. di proc. peu., così dispone :

« La dichiarazione di ricorrere per la cassazione sarà

fatta al cancelliere della Corte del Tribunale, o dei

pretore che ha pronunziato la sentenza, dalla parte

condannata, e sarà sottoscritta da questa e dal can

celliere; se il dichiarante non può o non vuole sotto

scrivere, il cancelliere ne farà menzione. La dichiara

zione di ricorrere potrà farsi nella stessa forma dal

procuratore della parte condannata, o da persona mu

nita di mandato speciale : in quest'ultimo caso il man

dato sarà annesso alla dichiarazione»; Attesoché trattandosi di un atto della massima im

portanza che vale ad attuare la giurisdizione della

Corte suprema ed è la vera ed unica base del giudizio,

per cui la volontà della parte interessata ad invocare

(1-2) Porinelli Giuseppe fu condannato il 19 novembre 1878 dalla Corte di assise di Vercelli per vari reati alla complessiva pena di sei anni di carcere, con la riduzione di sei mesi per effetto dell'amnistia 19 gennaio 1878. Mentre scontava la pena nella casa correzionale di

Saluzzo, chiese alla Sezione di accusa di essere ammesso a godere tante diminuzioni di sei mesi per effetto dell'amnistia quanti erano i reati di cui era stato ritenuto colpevole ; ma la Sezione di accusa, con sentenza 12 maggio 1879, dichiarò la sua incompetenza, avendo già provveduto sull'amnistia la Corte d'assise di Vercelli. Avuta notifica zione di tale sentenza, il Porinelli fece la dichiarazione di ricorrere per cassazione consegnandola al direttore, il quale la trasmise in linea ufficiale alla Corte suprema, insieme ai motivi statigli presentati da un avvocato nell'interesse del Porinelli. All'udienza il P. G-. eccepì in via pregiudiziale l'inammessibilità del ricorso; ma la Corte suprema, informandosi ad una larga e razionale interpretazione della legge, respinse! la eccezione. E di vero sarebbe eccessivamente rigoroso, e, diremo, anche ingiusto privare un condannato del beneficio del ricorso, sol perchè per la sua condizione di detenuto, e per mancanza di mezzi non abbia potuto eseguire letteralmente le prescrizioni della legge; e ciò quantunque, come saviamente nota la sentenza, la volontà di ri correre risultasse con quella certezza al cui conseguimento mira la legge nel prescrivere i modi con cui deve farsi la dichiarazione di ricorrere.

Chi abbia familiarità con le raccolte di giurisprudenza e con lo svol gimento pratico dei giudizi, e che quindi abbia potuto vedere quante volte le sorti di un giudizio dipendono da una formalità, spesso di nessun interesse reale, non può non compiacersi delle sentenze che, come questa di Torino, senza disconoscere la tassativa disposizione della legge, cercano di applicarla in conformità dello spirito che la informa, ripudiando quell'empirica ed esclusiva osservanza della forma, la cui esagerazione lascierebbe l'amministrazione della giustizia in balìa dell'arbitrio del caso.

(3) Omettiamo i motivi della sentenza riguardo a questa massima, avendo già pubblicato nel giornale varie altre sentenze analoghe.

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