Udienza 28 aprile 1879, Pres. Vetere, Est. Bosco, P. M. De Filippis. —Causa a carico di AntonioCampofredaSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.399/400-401/402Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084854 .
Accessed: 17/06/2014 19:57
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 62.122.72.154 on Tue, 17 Jun 2014 19:57:30 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
399 PARTE SECONDA 400
cati altresì "assassini gli omicidi commessi con prodi
zione, o con premeditazione, o con agguato, art. 526
del Cod. cit. Ma in quanto ai primi la decomposizione
anzi cennata è impossibile; conciossiacliè non si avrà
il reato d'infanticidio senza che l'ucciso sia un fan
ciullo di recente nato e non ancor battezzato o iscritto
sui registri dello stato civile, e non si avrà nemmanco
il reato di veneficio senza la sostanza venefica adope
rata come mezzo a tal fine.
Non così per gli omicidi qualificati assassini per pro
dizione, premeditazione od agguato, appunto perchè
queste circostanze non sono elementi costitutivi del
crimine, ma ineriscono ad esso già stante per sè solo.
E del resto il dubbio anzi cennato non fu mai con
cepito per gli omicidi dalla legge non qualificati ma
classificati dall'art. 533 che comprende quello per man
dato del 534 del Cod. pen., in ordine ai quali furono
enumerate le circostanze aggravanti a mezzo della co
stante ripetizione dell'avverbio « quando » esprimente
le diverse condizioni che modificano il fatto punibile nel senso del maggior dolo, ma non lo infoi'mano.
Ed è così precisamente nella fattispecie: col fatto
dello strangolamento della miseranda Angileri, il reato
esiste ed è punito con venti anni di lavori forzati; è
a vedersi poi se concorra la circostanza aggravante del mandato e della corrispondente accettazione, e nel
l'affermativa la pena è quella del capo. Com'è dunque che due fatti diversi, materiale l'uno,
morale l'altro, producenti conseguenze diverse, tanto
quanto la vita è dalla morte diversa, possano essere
confuse in unica questione da proporsi ai giurati? Il vizio della complessità del quesito è manifesto;
l'annullamento è necessità legale; Pertanto annulla, ecc.
CORTE D'APPELLO DI NAPOLI.
(sezione d'accusa)
Udienza 28 aprile 1879, Pres. Vetere, Est. Bosco, P.
M. De Filippis. — Causa a carico di Antonio Cam
pofreda.
Notificazione — Ordinanza il'assoluzione — Oppo sizione — Termine (Cod. proc. pen., art. 261).
La imperativa locuzione immediatamente usata nel
l'art. 261 Cod. proc. pen., per indicare il termine nel
quale deve notificarsi l'opposizione alle ordinanze
dell' istruttore o della Camera di consiglio, importa che nello stesso termine di ventiquattro ore, con
cesso per produrre opposizione, questa non solo
debba essere presentata in cancelleria, ma anche
notificata. (1)
La Corte, ecc. — Considerato che la Camera di
consiglio presso il Tribunale di Napoli con ordinanza
del 1° febbraio volgente anno 1879, sull'uniforme re
quisitoria del pubblico ministero, dichiarava non farsi
luogo a procedimento contro Antonio Campofreda per inesistenza di reato.
(1) Di fronte all'art. 248 del cod. di proc. pen. del 1859 che stabi liva la notificazione dell'opposizione all'imputato, senza però aggiun gere, come fa l'art. 261 del codice vigente, che questa notificazione dovesse farsi immediatamentef la Cassazione di Napoli con sentenza
23 dicembre 1864 [Legge, 1864, pag. 790) decise non esservi obbligo di notificare l'opposizione entro le 24 ore, essendo questo termine sta bilito per la sola dichiarazione da farsi in cancelleria : « Attesoché
(così la Corte) l'art. 248 proc. pen., che provvede sulle opposizioni prodotte dai procuratori del Re avverso le ordinanze dei giudici istrut
tori, nel richiedere la interposizione di tale gravame con dichiara zione in cancelleria fra 24 ore, e la notificazione della stessa all'im
putato, non esige che tale notificazione sia fatta in un termine desi
gnato ; « Atteso che diretta evidentemente tale notificazione nel fine di
avvertire l'imputato della opposizione, onde non farlo rimaner indi feso nella Sezione di accusa, torna inutile il restringere un adempi mento siffatto fra termini che la legge non ha dato ;
« Atteso che gl'imputati che trovansi fuori carcere e che potreb bero perciò agevolmente eludere o ritardare la notificazione sommen
tovata, avrebbero d'altronde nell'aggiunzione del termine alla noti ficazione il mezzo come sfuggire alle conseguenze legali del gravame contro di essi interposto ;
« Atteso che quindi se più grave potrebbe rendersi la questione nel
rapporto degli imputati detenuti, pei quali non potrebbesi ritardare il
giudizio, e talvolta anche la libertà loro conceduta, non è a porre in dubbio che, per gl'imputati assenti o fuori carcere, la cosa non pre senta serie difficoltà, ecc. ».
Con sentenza del 4 luglio 1868 [Arinoli, 1868, pag. 222; Legge, 186S, pag. 966) la stessa Cassazione di Napoli, di fronte all'art. 261 del vi
gente Codice di procedura civile, fondandosi specialmente sulla parola immediatamente, stabilì doversi anche la notificazione eseguire tra le 24 ore, osservando che « il precetto di doversi la opposizione fatta dal procuratore del Re notificare immediatamente per mezzo di usciere all' imputato, chiude nello stesso spazio di 24 ore l'uno e l'altro fatto, sicché tanto varrebbe la opposizione prodotta oltre le 24 ore, quanto la opposizione prodotta nel termine delle 2i ore, ma posteriormente notificato ».
Ma nell'altra sentenza dell'I 1 dicembre detto anno 1868, la stessa Cassazione di Napoli (Annali, 1868, pag. 283) stabilì che la prescri zione di doversi la notificazione eseguire immediatamente non con tiene che un precetto il cui adempimento è dalla legge abbandonato alla coscienza del procuratore del Re, ma non stabilisce un termine
perentorio e molto meno a pena di decadenza; e che quindi non vi è nullità se la notificazione sia fatta dopo le 24 ore. E la stessa mas sima sanzionò con la posteriore sentenza del 13 agosto 1869 (Annali, 1869, pag. 341), a relazione, al pari della precedente, dell'illustre Marvasi.
La sentenza della Sezione d'accusa ci assicura che la Cassazione di Napoli con una decisione del 1876 sia tornata alla giurisprudenza che stabilisce la nullità della notificazione fatta dopo le 24 ore. Noi non abbiamo potuto rinvenire questa decisione che la Sezione d'accusa ha citato senza le necessarie indicazioni ; e saremmo stati lieti di po terla esaminare, sembrandoci assai difficile potersi oppugnare i gravi argomenti lucidamente esposti nelle due sentenze sovra citate dell'll dicembre 1863 e 13 agosto 1869 a sostegno della tesi opposta. La sen tenza però del 7 maggio 1879 della stessa Cassazione di Napoli, da noi pubblicata alla colonna 325 di questo volume, mentre annette la
pena di decadenza al non essersi la notificazione fatta immediata mente, mostra per altro di voler ritenere adempiuto il voto della legge quando la notificazione non abbia potuto farsi entro le 24 ore per le
gittimi motivi. E certo, quale che sia l'opinione che voglia ritenersi
riguardo alla decadenza pel caso in cui la notificazione non sia fatta
immediatamente, è senza dubbio assurdo pretendere sempre ed inde clinalmente che la notificazione si faccia nelle stesse 24 ore concesse
per produrre opposizione; sia perchè in tal modo il termine per pro durre opposizione non sarebbe più di 24 ore, ma di 24 ore diminuite del tempo necessario per la notifica; sia perchè può essere material mente impossibile eseguire la notificazione entro le 24 ore, quando l'imputato risieda in luogo distante da quello in cui è prodotta l'op posizione.
This content downloaded from 62.122.72.154 on Tue, 17 Jun 2014 19:57:30 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
401 GIURISPRUDENZA PENALE 402
Avverso questa ordinanza notificata nel 3 febbraio
ultimo si è opposta la parte civile Giuseppe Pacilio
nel giorno seguente, cioè nel 4 febbraio, senza che im
mediatamente ne fosse seguita la notificazione tanto
agli imputati che al pubblico ministero, vedendosi que
sta praticata nel 5 detto mese per lo usciere Matteo
Barbariello.
Considerato che è vecchia la disputa sulla intelli
genza a darsi all'art. 261 Cod. proc. pen. in ordine al
termine di 24 ore, entro il quale devesi produrre e no
tificare la opposizione, sì del pubblico ministero, che
della parte civile alle ordinanze rendute dalla Camera
di consiglio o dal giudice istruttore.
Questo termine è fatale, onde si rende irricettibile
il suddetto gravame, non accordando la legge che un
sol termine sì per la presentazione in cancelleria del
l'opposizione che per la notificazione della stessa alle
parti interessate. Tanto suona la imperativa locuzione
immediatamente. E la ragione di questo rigore, come
notano i più distinti proceduristi, si è quella che la
sorte di un imputato assoluto non può restare incerta.
Pronunziata la ordinanza diviene cosa giudicata scorso
il termine delle 24 ore, senza che questo termine unico
accordato dal legislatore possa in alcun modo proro
garsi. E si è soggiunto essere così fatale questo ter
mine, che nulla importi se per incuria del cancelliere
o dell'usciere siasi fatto correre inutilmente : non debet
alteri per alterum iniqua condictio inferri.
Questa giurisprudenza fu costantemente osservata
da questa Sezione d'accusa, e si vede adottata dal su
premo Collegio con arresto renduto in agosto 1876.
Ed in onor del vero non può dirsi ignorata dall'op
ponente parte civile Giuseppe Pacilio, assistita dal suo
avvocato, lorchè facevasi a produrre nella cancelleria
di questo Tribunale correzionale l'opposizione in esame.
Essa si espresse nel seguente modo: « Ha fatto for
« male istanza perchè la soprascritta opposizione sia
« immediatamente notificata agli imputati, protestan « dosi pei danni-interessi, in caso d'inadempimento « contro chi di diritto ».
Adunque la prodotta opposizione trovasi notificata
fuori termine, e però vuoisi dichiarare inammissibile.
CORTE D'APPELLO.DI ROMA. Udienza 7 marzo 1879, Pres. ed Est. Caiazzo, P. M. Ian
nuzzi — Ric. Somoskevy.
Eslrailiiione — Norme generali per concederla —
Esame ilei documenti per parte dello Stato ri
rliicsto — Convenzione '■?•» febbraio ISi»!* con
l'Austria-Ungheria — Titolo di trnlTa — Iteato
criminale — Prescrizione.
Per concedersi o meno la estradizione di un malfat
tore, basta esaminare se i documenti su cui si basa
la domanda siano regolari nella forma e compro
vino gli estremi di un reato, per cui fu convenuto
accordarsi Vestradizione, e non occorre che si ap
■prezzi se siano valevoli come elementi di prova e
di convinzione.
Rispetto alla Convenzione vigente con VAustria-Un
gheria, per concedersi Vestradizione, basta che il
fatto costituisca crimine per lo Stato richiedente ;
ciò senza riguardo al valore del danno, se lo Stato
richiedente sia quello Austro-Ungarico ; e, doven
dosi applicare il benefizio della prescrizione, questa
va computata con le norme delle leggi nazionali,
sul titolo del reato portato dalle leggi straniere.
La Corte, ecc. — Sulla richiesta dell'Ambasciata
austro-ungarica presso la Corte del Re d'Italia, nella
notte dal 9 al 10 febbraio 1879, venne arrestato nella
città di San Remo il signor Geyza Somoskevy, citta
dino ungherese.
L'Ambasciata stessa, a base della Convenzione del
25 febbraio 1869, domanda l'estradizione dell'arrestato,
ed a giustificazione della domanda produce in forma
autentica i seguenti documenti:
1° un foglio dei connotati dell'individuo reclamato; 2° una sentenza del Tribunale circolare di Wels
dell'Austria Superiore del 22 novembre 1869, confer
mata dalla Corte d'appello con altra del 9 successivo
dicembre, con cui il Somoskevy, ritenuto colpevole del
crimine di truffa e della contravvenzione di furto, fu
condannato alla pena di 15 mesi di carcere duro, a
termini dei §§ 197, 199, 201, 202, 204, e 35 del Codice
penale austriaco; 3° un mandato di cattura spedito addì 21 dicembre
1877 per l'esecuzione di una sentenza non esistente agli
atti, e di cui s'ignora la data, del Tribunale di Leutscher,
confermata in seconda e terza istanza, con cui, dichia
rato colpevole di furto di un calice d'argento e di una
patena destinati al servizio divino, venne condannato
alla pena di sei mesi di carcere.
Il Somoskevy, interrogato dall'autorità giudiziaria
italiana, non mette in dubbio di essere identicamente
la persona condannata nelle due sopradette sentenze,
quantunque dichiari che abbia sottratto il calice e la
patena della sagrestia del convento in Leiphau a fine
di evitare di essere addetto alla carriera ecclesiastica,
e di non aver pagato lo scotto in qualche albergo nelle
sue corse di Linz e Lombaek, ed una volta per dimen
ticanza portata via la chiave di una camera, non già
a fine di derubare la chiave e frodare lo scotto stesso,
ma per essere stretto dalla necessità di sfuggire alla
forza pubblica messa in movimento per arrestarlo.
E quindi deduce che non sia il caso di consegnarlo
in base alla sentenza del Tribunale di Leutscher, im
perciocché la pena di mesi sei di carcere riportata con
questa sentenza pel furto del calice e della patena, è
prescritta secondo le leggi d'Italia; nè si possa conse
gnare per la sentenza del Tribunale di Wels del 22 no
vembre 1869, imperciocché i fatti semplici per i quali
fu condannato alla pena di 15 mesi di carcere duro,
non costituiscono reato in Italia secondo le leggi ita
liane, o tutto al più (e se fossero stati accompagnati
da raggiri ed artifizi) potrebbero costituire un delitto
Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte II. — 28,
This content downloaded from 62.122.72.154 on Tue, 17 Jun 2014 19:57:30 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions