Udienza 28 luglio 1879, Pres. Narici, Est. Ciollaro —Ric. DavoliSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.367/368-369/370Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084835 .
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367 PARTE SECONDA 368
Che discoperto indi il mendacio, allorché il vero Fi
lippo Punzo chiese rettificarsi il suo certificato di pe nalità, nel quale erano riportati i mentovati carichi, fu il Forino imputato di falsità per supposizione di
persona negl'indicati atti giudiziari; però la Sezione di accusa rilevò la simulazione essere stata puramente
verbale, nè avere avuto il fine fraudolento di recare
altrui pregiudizio, ma solo di giovare a sè stesso, ser
bando senza nota il proprio certificato di penalità; e
da siffatti rilievi inferì che, non offerendo il fatto gli elementi constitutivi del falso contemplato nell'art. 343
Cod., rientrasse nella ipotesi preveduta dal n. 10 del
l'art. 685; Che di tale sentenza abbia dimandato la cassazione
il procurator generale presso la Corte di appello; dacché avendo lo imputato figurato sotto nome non
suo in atti pubblici ed autentici, la di lui affermazione
contraria al vero constituisse il falso per supposizione di persona; dacché ammesso pure di non avere egli avuto la intenzione di nuocere, la quale è propria mente richiesta nel falso in scritta privata, si riscon
trasse nel fatto il danno sociale; e dacché lo invocato
art. 685, inapplicabile quando la falsa dichiarazione
del nome inserve alla redazione di un atto destinato
a far la pruova di un fatto qualsiasi, od a formare il
titolo di un rapporto giuridico, si attagliasse soltanto
a' casi in che la richiesta del nome è intesa allo eser
cizio della vigilanza affidata all'autorità.
Osserva nel diritto, che se condizione generale del
falso è l'alterazione del vero, questa non possa venir
punita sotto figura di falso se non quando s'inquadri in una delle ipotesi espressamente contemplate dalla
legge, e sia informata dalla speciale intenzione di nuo
cere altrui per cupidigia, o satisfazione di vendetta o
di odio, secondo la energica frase della leg. 15 Cod. Non
nisi dolo malo falsum.; Che a prescindere dalla incensurabile estimazione
della Sezione di acousa sul difetto della intenzione di
nuocere nel fatto di aver lo imputato mentito il nome, difetti nella specie anche il primo requisito indispen sabile alla esistenza del falso soggetto a pena; con
ciossiachè se la legge incrimina sotto questa figura le
false dichiarazioni o nomi contenuti in atti i quali abbiano il fine di constatarli, non possa dirsi lo stesso
rispetto agli interrogatori giudiziari dello imputato, essendo essi diretti a constatare unicamente le sue
risposte e mezzi di difesa, ma non mica la verità delle
une e degli altri; Che non verificandosi impertanto i caratteri consti
tutivi del falso preveduto dal citato art. 343 Cod., non
abbia il ricorso giuridico fondamento; Per tali motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 28 luglio 1879, Pres. Narici, Est. Ciollaro —
Ric. Davoli.
Interrogatorio— (ìludice che prese parte all'istru
zione (L. sull'ordinam. giudiz.. art. 78).
Oiurì — Giuralo inabile fra i trenta — Esclusione
ilal giurì definitivo — Validità del giudizio (Legge
sui giurati, 8 giugno 1874, art. 43).
Non è nullo V interrogatorio dell' accusato anteriore
al dibattimento per essere stato ricevuto da un giu dice che prese parte all' ordinanza definitiva della
Camera di consiglio. (1)
La disposizione dell' art. 43 della legge 8 giugno 1874,
che stabilisce non potersi sanare col silenzio la il
legalità nascente dall' aver fatto parte del giurì le
persone colpite da alcune determinate incapacità, si applica quando tali persone abbiano fatto parte del giuri definitivo, cioè dei quattordici destinati al
giudizio, e non quando abbiano bensì fatto parte dei
trenta da cui devono estrarsi i quattordici del giu
dizio, ma non siano poi stati compresi tra questi ul
timi. In tal caso si applica la disposizione più gene rale dello stesso art. 43, ed il silenzio della parte ad
occasione della estrazione sani la illegalità. (2)
La Corte, ecc. — Osserva sul secondo mezzo che in
fatto sussiste di aver proceduto allo interrogatorio del
l' accusato oggi ricorrente, il giudice sig. Raffaele Bei
lizzi, il quale prese parte alla ordinanza diffinitiva della
Camera di consiglio ; ciò malgrado non sussiste la nul
lità, perciocché l'art. 78 della legge sull'ordinamento
giudiziario limita la incompatibilità in quistionè solo
a partecipare alla formazione della Corte di assise,
ossia solo a giudicare; il che è ben diverso dallo in
terrogare pria dell'apertura del dibattimento.
Osserva sul terzo che dal raffronto delle generalità del giurato Gregorio Simonetti con quelle del perito istruttorio dello stesso nome risulta incontrastabile la
identità della persona. Senza dubbio per l'art. 37 della
legge degli 8 giugno 1874 sono sanzionate in ben sei
numeri le categorie di coloro che non possono com
prendersi nei trenta giurati del giudizio, e nel n. 5 tro
vansi appunto compresi tra gli incompatibili, i periti o coloro che abbiano avuto parte in qualsiasi modo alla
istruzione del processo, come è il caso del Simonetti.
Ma non è questa sola disposizione la quale può bastare
alla decisione della presente disputa, perciocché non
essendosi innanzi alla Corte di assise proposta all'uopo
(1) In senso conforme: vedi stessa Corte, 24 gennaio 1873, ric. Scorza (Gazz. trib., Napoli, XXV, p. 470; 10 aprile 1874, ric. Maiolino (Ann., Vili, p. 214); 3 aprile 1875, ric. Lombardi (Gazz. trib., Napoli, XXVII, pag. 294); 14 giugno 1876 Foro it., 1876, col. 395), ecc.; Cass. Fi renze 25 settembre 1876 (Giorn. trib., Milano, 1876, pag. 1010), ecc. Ma in senso contrario può dirsi costante la giurisprudenza della Cass. di Palermo, come risulta dalle conformi sentenze 24 aprile 1827, ric. Capuano (Circ. ginr., Palermo, 1877, pag. 87); 20 agosto 1877, ric. Di Siena (Id., pag. 94) ; 24 aprile 1877, ric. Russo (IcL., 1878, pag. 25), ecc.
(2) Questa fu dapprima la giurisprudenza della Cassazione napoli tana, come risulta, fra altre, dalla sentenza 26 febbraio 1877, ric. Diana, est. Giliberti; ma dipoi, con la sentenza 1° febbraio 1878 (Foro it., 1878, col. 220) andò nell'opinione opposta. Con l'attuale sentenza è tornata alla prima massima, la quale è pure seguita dalle altre Corti supreme (Cass. Firenze, 13 gennaio 1877, ric. Salvini; Riv. pen., VII, pag. 200; Cass. Torino, 30 aprile 1879, che pubblichiamo in Rivista in questo stesso fascicolo, e che in verità sembra conforme non meno alla lettera che allo spirito della legge.
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369 GIURISPRUDENZA PENALE 370
alcuna domanda od eccezione, viene in mezzo indispen
sabilmente l'esame dell'art. 43 della citata legge, nel
quale è statuito che le illegalità sulla costituzione del
Giurì sono sanate dal silenzio, a meno che non abbiano
fatto parte del giurì le persone, fra le altre, di che
appunto nel n. 5° dell' art. 37.
È chiaro perciò che nella specie tutta la disputa si
riduce in ultimo a vedere se per giurì debba inten
dersi la riunione dei trenta giurati, la di cui presenza è indispensabile per ogni causa in Corte d'assise, a
mente dell'art. 39 della legge in esame, ovvero il com
plesso soltanto dei quattordici giurati destinati dalla
estrazione pel giudizio.
Per fermo se si percorra tutta intera la legge sui
giurati, invano si rinverrà un caso solo in cui il legis
latore dia la qualificazione di giurì alla riunione dei
trenta giurati necessari pel sorteggio di ciascuna causa
di Corte d'assise. Per vece nell'ultimo capoverso del
l'art. 40 la legge è assai chiara ed esplicita nel con
cetto opposto, cioè di chiamare giurì quei quattordici da estrarsi dall' urna, in cui son riposti i nomi dei trenta,
perciocché quivi è scritto : « Compiuto il numero di quat
tordici non ricusati, cessa l'estrazione, ed il giurì è
composto ».
Nè basta, perciocché nel susseguente art. 42 è sog
giunto : che quando in un medesimo giorno si debbono
discutere più cause si può comporre il giurì per cia
scuna causa innanzi di cominciare la discussione della
prima; che i giurati i quali non entrano nella compo
sizione del giurì delle singole cause sono licenziati ;
che da ultimo se nel giorno della estrazione del giurì
la causa, per la quale fu fatta, non sia chiamata, la
estrazione deve rinnovarsi nella successiva udienza, cui
la causa fu rimandata. Dalle quali frasi tutte scaturisce
fulgido, come la luce del dì, che per giurì il legislatore
intende sempre ed unicamente l'assemblea non già dei
trenta giurati necessari pel sorteggio, sì bene quella
dei quattordici giurati sorteggiati;
Che se voglia anche per maggiore ampiezza di di
scussione ricorrersi ai motivi che consigliarono il po
tere legislativo alla eccezione, di cui è motto nell'ultima
parte dell' art. 43 in esame, non si avrà che un novello
argomento della cennata intelligenza da darsi al voca
bolo giurì, perciocché nella relazione della Giunta dei
deputati alla Camera fu osservato, che era troppo ra
dicale quanto proponeva il ministro guardasigilli nello
stabilire di non ammettersi alcun ricorso sempre che,
fatta la estrazione dei giurati, niuna domanda od ec
cezione fosse stata fatta dalle parti, nè rispetto alla
osservanza delle forme, nè rispetto alle persone, e che
invece qualche eccezione occorreva statuire relativa
mente a coloro che avessero seduto nel giurì. Or per
l'art. 486 del Cod. di pr. pen., coloro, che seggono da
giurati nelle cause di competenza delle Assise sono i
quattordici estratti, non già i trenta necessari per la
estrazione.
E poiché Simonetti nella causa presente fece parte
dei trenta non già dei quattordici, e della di lui incom
patibilità pur preveduta dal n. 5 dell' art. 37, nulla fu
detto alla Corte di assise, così prevale la regola e non
la eccezione della sanatoria della illegalità pel silenzio
in Corte di assise, a mente della prima parte dell'ar
ticolo 43 della legge degli 8 giugno 1874, ed il terzo
mezzo aggiunto perciò va pure rigettato;
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza del 4 luglio 1879, Pres. ed Est. Narici — Ric.
Bernardi ed altri.
€■1111*1 — Questioni — I*rovocailone —
difesa — Volontarietà (Cod. proc. pen., art. 494).
È da censurarsi la quistione sulla grave provoca
zione, nella quale non sieno chiamati i giurati a
considerare la indole de' fatti e la qualità delle per
sone ; ma ciò non induce nullità qualora sia stata
negata anche la provocazione lieve.
Dedotta in tema di omicidio la causa giustificante
della legittimi difesa, la inclusione della volonta
rietà nella quistione di fatto principale non ne im
porta la nullità. (1)
La Corte, ecc. — Omissis. — Osserva che chiesta
la grave provocazione, e postane la quistione col di
mandare se la provocazione fosse seguita con per
cossa o violenza grave o minaccia a mano armata, sia
ora impugnata col 3° mezzo aggiunto, perchè non vi
si fosse inclusa anche la ingiuria atroce, e perchè
mancante del criterio voluto dalla legge per valutare
la gravità della scusa, cioè l'indole de'fatti e la qua
lità delle persone;
Che inattendibile sia però il primo rilievo pel difetto
di qualsiasi obbiezione della difesa in seguito della let
tura delle quistioni; e sebbene censurabile sia la for
inola adoperata dal presidente, non richiamando i giurati
a valutare la indole de'fatti in rapporto alla qualità
delle persone, giusta l'art. 562 Codice, il mezzo non
dimeno manchi di scopo, per avere il giuri negato
anche la lieve provocazione;
Osserva che s'impugni da ultimo col 1° mezzo ag
giunto la quistione di fatto principale, dacché mentre
erasi formalmente eccepita la legittima difesa come
causa giustificante dell'omicidio, il presidente, inclu
dendo nella quistione anche l'elemento della volontarietà
avesse violato l'art. 495 Cod. proc. pen.;
Che il mezzo però non abbia valore, dappoiché non
cadendo dubbio come nell' omicidio commesso nello stato
di legittima difesa l'azione sia voluta, sebbene si tratti
non di volontà criminosa, ma coatta, il dimandare se
lo accusato abbia ucciso volontariamente, senza la pre
messa della di lui colpabilità, riferiscesi appunto al
l'accennata costrizione della volontà, e non mica alla
dolosa intenzione, constitutiva dell'omicidio volontario ;
Per questi motivi, ecc.
(1) V. stessa Corte, 16 aprile 1877 (Foro it., 1877, col. 431) e la nota
a col. 52 del presente volume.
Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte II. — 26.
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