Udienza 28 settembre 1878, Pres. Castiglia, Est. Abrignani, P. M. Del Mercato (Concl. diff.)—Ric. Mantineo AntoninoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 79/80-81/82Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084685 .
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79 PARTE SECONDA
Ora, nella specie, una prima sentenza della Sezione
di accusa, secondo i risultati del processo scritto, rin
viava la causa, con due accusati, alla Corte di assise.
Altra sentenza della Sezione di accusa, dietro nuovi
sviluppi, rinviava invece altri due accusati alla stessa
Corte di assise. Il presidente, con ordinanza del 17 no
vembre 1878, rinviava entrambe le due cause per pro
cedere ad unico giudizio contro tutti. E la Corte di as
sise, con intervento dei giurati, previe le ordinarie
formalità di legge, liquiderà i veri rei e vi applicherà
le corrispondenti pene.
Non vi è stata dunque per parte della Sezione di
accusa nè trasgressione all'ordine dei giudizi, nè vio
lazione della cosa giudicata, e molto meno eccesso di
potere; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO.
Udienza 28 settembre 1878, Pres. Castiglia, Est. Abri
gnani, P. M. Del Mercato (Conci, diflf.) — Ric. Man
tineo Antonino.
l'arte civile — Facoltà di costituirsi — Collaterali — Discendcuti (Cod. proc. pen., art. 105 e 3).
Allorché esistono discendenti dell' ucciso, i collaterali, essendo esclusi dalla successione, non sono neanche
ammessi, nella sola qualità di collaterali, ad eser
citare l'azione civile contro V uccisore per risar
cimento di danni; epperciò, se essi intervengono come parte civile nel giudizio penale, questo è
nullo. (1)
La Corte, ecc. — Atteso in fatto che la Corte di as
sise di Messina, non ostante la opposizione dell' ac
cusato, risolvette l'incidente analogo, ed ammise la so
rella dell'ucciso Lo Presti, come parte civile, nel giu dizio penale, pur ritenendo in fatto che il miserando
lasciato aveva quattro figli e la moglie, la quale era
stata sollecita a far querela contro il Mantineo, ma
non si era costituita parte civile.
La Corte di assise intese a basare la corrispondente ordinanza sull'articolo 109 proc. pen., in cui si legge che
ogni persona offesa o danneggiata può costituirsi parte
civile nel giudizio penale. Il ricorrente dice di essere stato franteso l'art. 109,
e violato il 3° del Codice medesimo, poiché da quest'ul
timo risulta di appartenersi l'azione civile al dan
neggiato ed a chi lo rappresenta. Ed aggiunge che,
nella esistenza dei figli e della moglie dell'ucciso, sono
essi che per legge lo rappresentano, non mai la so
rella di lui.
Cosi stando le cose in fatto, il supremo Collegio os
serva. in diritto quanto appresso.
Per verità, la. lettera dell'articolo 3 proc. pen. non
permette il concepimento di alcun dubbio ; sono queste
le chiare e precise parole : Vazione civile appartiene
al danneggiato ed a chi lo rappresenta. La sorella
dell'ucciso non altra qualità addusse che quella di es
sere sorella; per tal qualità si ritenne offesa, e, come
mezzo al fine di aversi i danni ed interessi, volle co
stituirsi parte civile. Essa non accennò mica a danno
sofferto, come, per esempio, se fosse stata alimentata
dal fratello ucciso ; perciò non era possibile che la Corte
di assise avesse potuto ritenerla come danneggiata, e
sta in fatto che come tale non la ritenne, sibbene nella
sola qualità di sorella, e quindi di offesa.
Ma è poi vero in legge che tutti coloro i quali, per
diritto naturale, possonsi dire moralmente offesi da un
reato, sol perchè da vincoli di sangue eran congiunti con la vittima, abbiano diritto ad essere indennizzati ?
Il supremo Collegio ritiene che dall'articolo 109, in
vocato all'uopo dalla Corte di assise, ciò non risulti.
La prima idea che si presenta spontanea, come de
rivante dalla sentenza impugnata, è questa: se cento, o più, fossero i consanguinei dell'ucciso, dovrebbe l'uc
cisore imbandire la gran mensa a tutte spese di lui; dovrebbe tutti indennizzarli, senza distinzione di sorta
tra coloro che abbiano rappresentanza legale e gli altri
che non ne abbiano?
Del resto, da parte l'assurdo, e si ricordi che alle
diverse disposizioni delle leggi si debbe dare quella
intelligenza che l'una all'altra ponga in armonia. Ora
nella specie è a considerarsi che l'articolo 3 forma
parte del titolo preliminare del Codice di rito penale,
e precisamente del cap. 1°, avente l'epigrafe: Dell' azione
(1) Quantunque sostenuta dall'Hèlie ( Traité de I'instruct, crimin., vol. II, cap. Ili, § 116), l'antica teorica che fondava l'azione civile derivante dal reato in una specie d'affezione famigliare, jure san
guinis, ob causam doloris, non è più sostenibile nel diritto vigente (Borsani e Casorati, Codice di proc. pen. it. commeMato, vol. I, § 97, pag. Ill e seguenti). L'azione civile non può fondarsi che sul
danno; Cassazione Torino, 13 maggio 1874, ric. Languaglio (La Legge, XIV, 1874, pag. 595), nè basterebbero a darle vita i soli affetti dome
stici, e quindi la sola qualità di parente, come ha giustamente deciso la sentenza che annotiamo. Non è per altro necessario che questo danno derivi dalla qualità di erede dell' ucciso, potendo anche fondarsi sovra la lesione di un interesse diretto e proprio di chi si costituisce
parte civile. Così la madre ed il fratello dell' ucciso possono costi tuirsi parte civile in causa, non già come eredi, ma sì in nome e per diritto proprio, come persone lese dal reato : Cassaz. Napoli, 2 ago sto 1872, ric. Orlandi (La Legge, XII, 1873, pag, 383); il depositario può costituirsi parte civile contro l'autore del furto della cosa depo sitata: Cassazione francese, 18 novembre -1836, .ric. Lorin (Borsani e
Casorati, Op. cit., § 104), ecc. E neanche è necessario che il danno sia materiale ; così la Cassaz. di Napoli, con sentenza 20 giugno 1874 ric. Bartolini (La Legge, XIV, 1874, pag. 521), decise che la donna cui siasi fatta solenne promessa di matrimonio può costituirsi parte civile nel giudizio a carico dell' uccisore del promittente, sia che il danno fosse materiale, sia che fosse morale. « Una lesione qualunque, dice a questo proposito il Saluto (Commento, ecc., II ediz., vol. I, pag. 119), purché sia personale, autorizza lo sperimento dell'azione
civile; ed il fatto di questa lesione designa senza ambagi gl'individui che abbiano diritto ad esercitarla». Vedi pure su questo argomento: Cassazione Firenze, 3 maggio 1876 (Foro it., 1876, col. 330) e Cassa zione Palermo, 13 novembre 1876 (Id., 1877, col. 96).
Riguardo poi alla nullità del giudizio per l'illegittimo intervento della parte civile, concordano: Cassazione Torino, 21 dicembre 1875 (Foro it., 1876, col. 32) ; Cassazione Firenze, 4 agosto 1876 (Monitore giudiz., Venezia, 1876, pag. 571), ecc. Confronta però: Cassazione Pa lermo, 26 ottobre 1872, ric. Guarnieri (La Legge, XIII, 1873, pa gina 331).
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81 GIURISPRUDENZA PENALE 82
nascente dai reati. Ond'è che qui, precisamente qui, si
trovano dettate le regole sulla materia in esame, e fra
le stesse quella che risolve il dubbio, se pur se ne possa
concepire,.ed essa è quella dell'articolo 3: «L'azione
civile nascente dal reato appartiene al danneggiato ed
a chi lo rappresenta », vai quanto dire a due specie
di persone : a quella fisicamente danneggiata, ed all'altra
del suo successore ; di modo che, se qui la legge si l'osse
espressa come all'articolo 109, cioè premettendo alla
parola « danneggiato » anche l'altra aggiunta « offeso »,
la regola rimarrebbe talè quale è integralmente.
E dunque, per la identica ragione, nulla mette in es
sere la unione dei due aggiunti « offeso » e « danneg
giato », risultante dalla lettera dell'articolo 109, imper
ciocché anche qui tali aggiunti riferisconsi alla persona
direttamente offesa o danneggiata.
Nè in quest'ultima disposizione, già compresa nella
sezione la, cap. 5°, che tratta degli atti d'istruzione, e
nella quale disposizione specialmente si esprimono i
modi dell'esercizio dell'azione civile, era necessario,
nè affatto opportuno, accennare ai rappresentanti la
persona dell'offeso o danneggiato, una volta compresi
i medesimi nella regola, bene allogata preliminarmente,
sulla pertinenza dell'azione civile. Ei"a da evitarsi il
pleonasmo. Probabilmente la Corte di assise preoccupossi della
espressione generica dell'articolo 109, cioè : « Ogni per
sona offesa o danneggiata da un reato può costituirsi
parte civile in giudizio ». Ma tanto vale siffatta espres
sione quanto l'altra singolare, cioè : « la persona offesa
o danneggiata... ecc. »; imperciocché possono esservi
diverse persone offese o danneggiate, direttamente e
fisicamente, da unico reato; come può esservi, nello
stesso giudizio, taluno dei querelanti non costituito parte
civile, ovvero una parte civile, senza che prima avesse
portato querela. Dalle cose discorse discende che l'articolo 109 del
Codice proc. pen. non può mica offuscare la chiarezza
del dettato dell'articolo 3 Codice stesso, cioè che l'azione
nascente da reato si appartiene al danneggiato, perchè,
secondo il giureconsulto Paolo sulla leg. 3, dig. De
damno infecto, « damnum et damnatio ab ademptione
et quasi deminutione patrimonii dicta sunt ». E si ap
partiene agli eredi del danneggiato, come uno dei di
ritti trasmessigli da costui; di tal che, nella esistenza
dei discendenti, i collaterali sono esclusi dallo eser
cizio dell'azione in disamina, appunto perchè la legge
dalla successione, in tal caso, li esclude.
E ne consegue che la sentenza impugnata contiene
l'errore di diritto, che consiste nell'ammessione della
sorella dell'ucciso a costituirsi parte civile nel giudizio,
in onta al fatto della esistenza dei quattro figli del mi
serando Lo Presti, ai quali, come conseguenza legale
necessaria della condanna del reo, spettano i danni ed
interessi.
E consegue da ultimo doversi annullare il dibatti
mento; il verdetto e la sentenza, perchè nei risultati
del giudizio influì l'opera di una parte civile senza il
preteso interesse, ecc.
TRIBUNALE SUPREMO DI GUERRA E MARINA. Udienza 27 gennaio 1879, Pres. Durando, Est. Piroli,
P. M. Lo Gatto — Ric. De Martinis e Minale (Avv.
D'Amore).
Difensore — Ufficiale in aspettativa — Verbale
«!' udienza — .Menzione del giuramento del testi
monio — ^Sbattimento — l'resenza «lei periti —
B'erizia — Lettura.
A sensi dell'art. 310 del Codice penale militare non
può esser chiamato ad assumere la difesa dell'ac
cusato un ufficiale in aspettativa. (1) La menzione del giuramento del testimonio scritta
in parte nel corpo del verbale d'udienza ed in
parte, con apposita chiamata, in postilla a piedi del verbale stesso, colla dichiarazione: « si approva una postilla ed una cancellazione », dopo la quale dichiarazione stanno le sottoscrizioni del presidente e del segretario, deve ritenersi validamente redatta, e sarebbe al tutto arbitrario il voler riferire le sot
toscrizioni del presidente e segretario al solo ver
bale e non anche alla postilla. (2) Ciò tanto più deve dirsi quando esiste un' ordinanza
della Camera di consiglio la quale ritenne essere
escluso che V inserzione della menzione fosse po stuma alla redazione e chiusura del verbale. (3)
Non è motivo di nullità del dibattimento la presenza dei periti allo svolgersi del dibattimento stesso. (4)
Non è vietato da alcuna disposizione di legge di dar
lettura della perizia prima ancora che i periti sieno
costituiti. (5) Il Tribunale, ecc. — Considerando, sul primo mezzo
di ricorso, che il luogotenente Minale, il 1° luglio 1877
(1- ) Perchè si possa essere convinti della giusta decisione del Tri bunale supremo di guerra e marina sul primo mezzo di ricorso, sporto dal difensore del De Martinis, crediamo indispensabile riprodurre tutto intiero l'art. 310 del Codice penale per l'esercito, il quale è cosi
concepito : « I difensori potranno essere scelti fra i capitani e gli uf ficiali subalterni che trovinsi di guarnigione nel luogo ove siède il Tribunale militare, o fra gli avvocati patrocinanti ».
L'articolo predetto esclude quindi assolutamente che un ufficiale in
aspettativa, od in qualsiasi altra posizione, possa essere difensore. È bensì vero che l'art. 337 del Codice penale militare marittimo dice : « I difensori sono scelti fra gli ufficiali di marina e di terra », senza
indicare però se in servizio effettivo od in aspettativa; ma qui fa
d'uopo osservare che non puossi ammettere una duplice giurispru denza per l'esercito e per l'armata, dovendo il criterio di procedura essere unico.
Relativamente al secondo mezzo di ricorso, non pare sia il caso di
esaminarlo, perocché basta ricordare l'ordinanza del Tribunale civile e correzionale di Sarzana.
Anche il terzo mezzo di ricorso il Tribunale supremo ha dovuto ri
gettarlo, e noi opiniamo giusto il giudicio poiché dalla Camera di con
siglio era stato ritenuto che il Lo Presto non apponesse la firma po stuma alla redazione del verbale.
Sul quarto mezzo di ricorso fa d'uopo ricorrere alla procedura ordi
naria, la quale sebbene all'art. 154 indichi peri periti le stesse norme che
per i testimoni, pure dà facoltà al Tribunale purché essi sieno presenti al dibattimento, essendo ciò dipendente dalfa maggiore o minore con
vinzione che possono avere del fatto. Di più, dalla procedura De Mar
tinis risulta che fu egli stesso che chiese la presenza del perito Lo Presto al dibattimento.
Per il quinto mezzo di ricorso, non basta rammentare che i periti soddisfano alle stesse condizioni dei testimoni, ma bisogna anche te
Il Foro Italiano, — Volume IV. - Parte II. — 5,
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