Udienza 31 gennaio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. Nicolai, P. M. Spera (Concl. conf.) —Ric. P. G.della Cassazione nell'interesse della legge c. TorrenteSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.137/138-139/140Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084713 .
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137 GIURISPRUDENZA PENALE 138
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 19 febbraio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. De Ce
sare, P. M. Spera — Ric. Ilari Antonio.
Oltraggio — Pena ili polizia — Prcserliioii» (Cod.
pen., art. 260 e 141).
L'azione penale per l'oltraggio che sia stato punito,
pel concorso di circostanze attenuanti, con pene di
polizia si prescrive col decorso di un mese. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché il ricorrente, dichiarato
colpevole di oltraggio con parole in pregiudizio di un
pubblico servizio, col concorso delle circostanze atte
nuanti, fu condannato alla pena degli arresti per giorni
cinque; Attesoché l'azione penale per le ingiurie verbali pu
nibili con pene di polizia si prescrive in un mese, de
combile dal giorno del commesso reato, e, se vi è stato
processo, dall'ultimo atto del medesimo; Attesoché dopo la sentenza del pretore, che segna
la data del 23 settembre 1878, intervenne la richiesta
del pubblico ministero per l'assegnazione dell'udienza
colla data del 27 settembre, ed il presidente, non prima del 31 ottobre successivo mese, emise il decreto di ci
tazione; or dal 27 settembre al 31 ottobre si contano
giorni trentaquattro, e quindi l'azione penale rimane
estinta per prescrizione; Per questi motivi, cassa senza rinvio, ecc.
(1) La Cassazione di Torino ha per contrario ripetutamente deciso che alle ingiurie punibili per sè stesse con pena correzionale si applica sempre la prescrizione di sei mesi, anche quando per effetto di circostanze at tenuanti siano state punite con pene di polizia, e non mai la prescri zione di un mese stabilita per le ingiurie punibili con pene di polizia. Sent. 31 dicembre 1877,ric. Domenino (Giorn Irib. Milano, 1878, pag 147) ; 9 ottobre 1877, ric. Monti (Foro it., 1878, col. 469); 28 dicembre 1877, ric. Ponzio ed Aglietti, richiamata in quella del 31 dicembre 1877, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 31 gennaio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. Nicolai,
P. M. Spera (Conci, conf.) — Ric. P. G. della Cas
sazione nell'interesse della legge c. Torrente.
Amnistia — Unita no» convertibile i» più «li (» mesi
di carcere — Siiiputnto die può pacarla — lloilo
ili applicazione (R. D. d'amnistia 19 gennaio 1878,
art. 2; Regolamento doganale 11 settembre 1862,
art. 83).
Se una multa per disposizione speciale di legge non
può convertirsi in più di 6 mesi di carcere sus
sidiario, e si voglia ad essa applicare l'amnistìa
che condona le pene pecuniarie fino alla concor
renza della somma corrispondente a 6 mesi di car
cere, conviene, per determinare i limiti del benefi
zio, fare una distinzione : o il contravventore non
può pagare, ed allora, non potendo subire più di
6 mesi di carcere, egli va esente in virtù dell'amni
stia da ogni pena, e cosi tutta la multa s'intende
condonata; ovvero egli può pagare, ed allora non
tutta la multa gli è condonata, ma soltanto quella
parte che corrisponde, col ragguaglio stabilito dalla
legge, a 6 mesi di carcere sussidiario. (1)
La Corte, ecc. — Sulla requisitoria del procuratore
generale presso questa suprema Corte, del tenore se
guente :
« Nel 18 dicembre 1877 gli agenti doganali leva
rono verbali di contravvenzione a carico del capitano Giacomo Torrente per omessa annotazione nel mani
festo di bordo di n. 115 colli merci estere, prevista e
punita dall'art. 67 del regolamento doganale approvato con decreto 11 settembre 1862.
« La questione fu rimessa, giusta l'art. 86 del detto
regolamento, alla decisione amministrativa.
« L'Intendente di finanza, sul parere conforme del
Consiglio di prefettura, e dietro approvazione ministe
riale, pronunziava in data 12 marzo 1878 e stabiliva
a lire 3154, 80 la multa.
« La ditta Smreker, a nome suo e del capitano Tor
rente, domandava alla Sezione di accusa di Venezia il
condono totale; e la Corte vi aderiva per la ragione
che l'art. 83 del regolamento doganale, nel caso che
il contravventore non possa pagare la multa, ne pre
scrive la commutazione in carcere da tre giorni a tre
mesi, estensibile a sei mesi pei recidivi, calcolando un
giorno per ogni lire 10 della multa non pagata; colla
quale disposizione, secondo la Sezione di accusa, im
plicitamente si ritiene che la maggior durata, non po
tendo in ogni caso eccedere i sei mesi di carcere con
donati coli'amnistia, abbraccia ogni multa, qualunque
né sia il valore.
« Poiché questo concetto è inesatto, si denunzia nel
l'interesse della legge questa sentenza alla Corte di
cassazione.
« La condonazione delle pene per l'art. 2 della so
vrana indulgenza pei reati soggetti a multa si fa col
ragguaglio a sei mesi di carcere; ogni giorno di car
cere per la legge doganale sconta lire 10 di multa,
quindi la multa totale da scontare nei reati di contrab
bando non può oltrepassare lire 1800. Invece la Sezione
di accusa di Venezia ha dichiarato condonata tutta la
pena in lire 3154.
« La Sezione di accusa si è preoccupata del carcere
sussidiario, che non può eccedere i sei mesi; ma non
ha guardato che il carcere sussidiario si applica sola
mente quando vi è impotenza a pagare. Chi è ricco
bisogna che paghi tutta la multa ridotta solo nelle
lire 1800.
« Chi è povero, e dopo constatata la povertà, sconta
col carcere, non al di là di sei mesi, la pena pecuniaria non pagata.
« Applicando l'amnistia a poveri e ricchi, e, quale che sia la multa, dichiarandola integralmente condo
nata, si viola, e non si esegue, l'art. 83 del regolamento
doganale.
« Chiede, ecc. ».
(1) Conforme: stessa Corte, 9 novembre 1877, ric. Stoppani (Rivista pen., Vili, pag. 19). In senso contrario v. sentenza 16 aprile 1877 del Tribunale di Livorno (Id., VI, pag. 431).
Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte II. — 10.
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139 PARTE SECONDA 140
Visti gli atti processuali; Sentita la relazione del cons. comm. Nicolai;
Sentito il S. P. G. cav. Spera, che dichiarò di rife
rirsi alla sua requisitoria;
Adottando i motivi di fatto e di diritto nella mede simo svolti;
Annulla, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 5 febbraio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. Cano
nico, P. M. Spera — Ric. P. M. nell'interesse della
legge c. Sanna Beun Pietro.
Giurati — Questioni — Usciere <!i conciliatore —
Giuramento — Questione di diritto o di fatto (Cod.
proc. pen., art. 494; L. sull'orci, giudic., art. 10 e 173,
e art. 186 modif. dalla legge 23 dicembre 1875).
L'esaminare se qualcuno rivesta la qualità di usciere
del conciliatore è indagine di diritto, ed è quindi
erronea la questione al giurì con la quale si chiede
se l'accusato abbia commessi in quella qualità i
fatti imputatigli. Ma, proposta la domanda in quella
forma, se i giurati abbiano risposto affermativa
mente, non può la Corte decidere, come questione di dirttto, sulla esistenza o meno della qualità di
usciere, già decisa come questione di fatto dai giurati. Ad assumere la qualità di usciere del conciliatore non
è necessaria la prestazione del giuramento.
La Corte, ecc. — Attesoché nell'operato del pre sidente e della Corte di assise fu commesso in questo
procedimento un triplice errore:
Che si errò in primo luogo dal presidente nel chie
dere se il Sanna avesse agito nella sua qualità d'usciere
di conciliatore di Nuoro, facendo con ciò risolvere dai
giudici del fatto una questione di diritto consistente
nel vedere se dovesse o non dirsi rivestire la qualità d'usciere del conciliatore chi non aveva prestato giu
ramento; Che se, per accettare uno degli estremi del reato di
cui all'art. 341 del Codice penale, era necessario indi
care nella questione la natura dell'ufficio che coll'atto
simulato si esercitava dal Sanna, la domanda su tale
punto avrebbe dovuto formolarsi in modo da non in
volvere una questione di diritto, vale a dire si avrebbe
dovuto soltanto chiedere in fatto se il Sanna avesse re
datto il testimoniale di cui si trattava esercitando le
funzioni d'usciere; la quale formola avrebbe lasciata
intatta la questione giuridica se egli avesse o non avesse
il diritto di esercitare quelle funzioni; Che si errò in secondo luogo dalla Corte; poiché, dal mo
mento che la questione sulla qualità giuridica d'usciere
si era convertita dal presidente, senza nessuna opposi
zione, in una questione di fatto, e come tale era stata
risoluta affermativamente dai giurati..., più non poteva la Corte deciderla, come questione di diritto, in senso
contrario, senza contraddire e distruggere il verdetto
che doveva, per legge, essere la base del suo giudizio, e senza riconoscere implicitamente che si era errato
nel modo di formolar la questione;
Che infine errò ancora la Corte in questo stesso suo
giudizio di diritto col ritenere che l'usciere del conci
liatore sia tenuto a prestar giuramento a senso del
l'art. 10 della legge sull'ordinamento giudiziario;
Che, difatti, l'art. 173 di questa legge dichiara in pre
cisi termini che presso i conciliatori fanno l'ufficio
d'usciere gl'inservienti comunali; e negli articoli po
steriori, relativi agli obblighi, non parla se non degli
uscieri delle Corti, dei Tribunali e delle P> eture;
Che, mentre poi la legge stessa è così gelosa del giu
ramento degli uscieri, che nell'art. 186 (modificato della
legge 23 dicembre 1875) ne fa espresso obbligo anche
agli inservienti comunali eccezionalmente autorizzati
ad eseguire le citazioni verbali per le cause civili dei
pretori fuori del capoluogo di mandamento, nell'art. 175
(pure modificato), quando si tratti invece degli inser
vienti comunali addetti ai conciliatori, vale a dire di
quei funzionari che, per legge, sono in via ordinaria
incaricati di fare presso i conciliatori l'ufficio d'usciere,
più non parla dell'obbligo del giuramento ; ciò che d'al
tronde è conforme all'indole affatto speciale dell'isti
tuto dei conciliatori, i quali (benché veri giudici) sono
però organizzati in base alla circoscrizione comunale
anziché giudiziaria; sulla proposta dei Consigli comu
nali son nominati ; hanno per ufficio primario il com
porre le controversie; giudicano senza le formalità
ordinarie, e pronunziano sentenza, per regola generalo,
inappellabile; Per questi motivi, nell'interesse della legge, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI.
Udienza 17 marzo 1879, Pres. Narici, Est. Ciollaro
— Ric. Laganà ed altri.
Dibattimento — Allontanamento dell'imputato (Cod.
proc. pen., art. 283).
Testimone — Assistenza all'esame degli altri —
Colpa della difesa (Cod. proc. pen., art. 281, n. 3,
e 301). Interrogatorio antecedente al dibattimento — do
mina posteriore del difensore d'ufficio (Cod. proc.
pen., art. 456 a 458).
Anche quando gì' imputati si debbano sentire in di
battimento, previo allontanamento degli altri, è
conforme alla legge che il loro esame segua in
pubblica udienza.
In quél caso l'imputato ha diritto ad essere istruito
di ciò che siasi fatto o detto in sua assenza dopo
il suo interrogatorio e non 'prima. (1)
Rinunziatosi all'udizione di un testimone non com
parso, se posteriormente si riconosca che egli era
presente e che aveva presenziato all'udizione di
altri testimoni, bene la Corte respinge l'istanza
(1) Conf. stessa Corte, 2 marzo 1878 (Foro it., 1878, col. 470); quan tunque per errore tipografico, già avvertito e corretto nel Repertorio in corso di pubblicazione, la omissione della particella non dia alla massima un senso del tutto opposto, che per altro avrà potuto essere facilmente rilevato dai lettori.
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