Udienza 4 dicembre 1878, Pres. Ghiglieri, Est. NicoLai, P. M. Spera (Concl. conf.) —Ric. PataccaGennaro ed altri, e Procuratore del Re di TeramoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 55/56-57/58Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084672 .
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55 PARTE SECONDA 56
luto attenersi entro la latitudine accordatagli dalla
legge di lire 10 a lire 20 per chilogramma in ordine
alle contravvenzioni assimilate al contrabbando, bensì
jl minimum della multa da lire 20 a 60 stabilita pel
vero contrabbando ; Che per altra parte ciò risulta con viemaggiore
evidenza, sia dalla citazione dell'art. 24, n. 1, che si
fece nella sentenza del Tribunale, sia dall'essersi nella
medesima detto in termini espressi, benché senza fon
damento, che la. diminuzióne della metà stabilita nel
l'ultimo capoverso dell'art. 28 è solo applicabile quando
si tratti di contravvenzione relativa al sale, non a
quelle riguardanti il tabacco;
Per questi motivi, cassa ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 16 dicembre 1878, Pres. Ghiglieri, Est. Salis,
P. M. Spera (Conci, conf.) — Ric. Carta Liberato
ed altri.
Giurati — Capo — Assenza «lei primo estratto —
Modo «li surrogarlo (Cod. proc. pen., art. 501 ; Re
golamento sui giurati 1° settembre 1874, n. 2061,
art. 31).
Allorché il primo estratto dei giurati non si presenti
perchè impedito da malattia, è conforme alla legge
che la Corte gli sostituisca nelle funzioni di capo
del giurì il giurato che fu estratto immediata
mente dopo; non essendo applicabili a questo caso
le disposizioni stabilite per quello ben diverso in
cui il primo estratto, senza cessare di esser giu
rato, ricusi o sia impedito di far da capo del giurì.
La Corte, ecc. — Attesoché ben lungi che la Corte
d'assise di Cagliari meriti censura, dev'esser lodata
per la giusta applicazione che ha fatto della dispo
sizione dell'art. 501 Cod. di proc. pen., il quale articolo
nella sua prima parte dispone: « È capo dei giurati
il primo di essi estratto a sorte ».
Or, essendo stato impedito da malattia il giurato
Francesco Melis, ch'era il capo dei giurati, perchè era
stato il primo estratto non ricusato, la Corte merita
mente con ordinanza del 5 agosto lo sostituì, nella
qualità di capo dei giurati, coll'altro giurato Francesco
Poddu, il quale, tolto dal giurì il Melis, era il primo
estratto, e quindi era il giurato cui di diritto, giusta il
citato art. 501, spettava l'onore d'esser capo dei giu
rati; eccettochè egli avesse rinunciato a tal carico,
nel qual caso la scelta doveva farsi colle norme se
gnate nella 2° parte del citato art. 501 e nell'art. 31
del regolamento del 1° settembre 1874, dove nel primo
comma si parla di rinuncia del primo estratto e di
scambio di posto col medesimo. Nel capoverso dello
stesso art. 31 si prevede un caso speciale d'impedi
mento sopravvenuto nella Camera delle deliberazioni.
Non devonsi confondere i due casi diversi: quello cioè
in cui il primo estratto cessa d'esser, giurato ; e l'altro
in cui, rimanendo giurato, ricusa o è impedito di far
da capo dei giurati senza smettere le funzioni di giù
rato. Il 1° caso è preveduto nella la parte dell'art. 501; l'altro caso è contemplato dalla 2a parte dello stesso
art. 501 e dall'art. 31 del regolamento, facendo distin
zione per la forma del procedimento tra il caso in cui
l'impedimento avvenga nell'udienza o nella Camera
delle deliberazioni. In conseguenza il mezzo deve ri
gettarsi ; Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.
Udienza 4 dicembre 1878, Pres. Ghiglieri, Est. Nico
lai, P. M. Spera. (Conci, conf.) — Ric. Patacca Gen
naro ed altri, e Procuratore del Re di Teramo.
lumi stia — Pena dt morte — Commutazione —
Quando sia applicabile (Regio decreto d'amnistia
19 gennaio 1878, art. 3).
Il beneficio della commutazione della pena di morte
nei lavori forzati a vita, giusta il regio decreto
d'amnistia del 19 gennaio 1878, non ha luogo in
ogni caso in cui il reato sia punibile pei' sè stesso
con la pena capitale, ma soltanto allorché la pena dovuta in concreto per le circostanze del fatto sia
effettivamente quella di morte. (1)
La Corte, ecc. — Sul ricorso del pubblico ministero. —
Attesoché contro la sentenza abbia ricorso anche il
pubblico ministero, denunziando la violazione dell'ar
ticolo 3 del regio decreto d'amnistia 19 gennaio 1878,
per essersi applicata malamente la pena temporaria dei lavori forzati, partendo dal falso principio che in
virtù dell'anzidetto articolo 3 del regio decreto d'amni
stia si dovesse nel caso commutare la pena capitale, minacciata al crimine del quale si tratta, in quella dei
lavori forzati a vita, e, diminuendo questa di un gradò
per le ammesse circostanze attenuanti, discendere a
quella di anni venti, che venne applicata; Attesoché un tale principio, nel quale la sentenza è
fondata per l'applicazione della pena, è manifestamente
erroneo e viola l'articolo 3 del menzionato decreto di.
amnistia, dovendo procedere il diverso principio che .
non sia luogo ad applicare il benefico disposto del sud
detto articolo 3 se non dopo definita e pronunciata la
pena dovuta al reato, tenuto conto delle aggravanti e
delle diminuenti, Or, nella specie, la pena dovuta al
crimine di assassinio, del quale trattasi, non poteva essere che quella dei lavori forzati a vita, diminuendo
d'un grado, per le ammesse circostanze attenuanti, in
dipendentemente dal disposto dell'articolo 3 dell'amni
stia, la pena capitale minacciata dall'articolo 531 del
Codice penale, onde non era nel caso applicabile il
benefico disposto del suddetto articolo 3, né poteva farsi valere per l'effetto di commutare la pena capi tale nei lavori forzati a vita, e diminuire poi quella d'un
grado per riguardo delle circostanze attenuanti.
Sussiste adunque la violazione dell'articolo 3 del regio
(1) Conforme, Cass. Palermo, 23 aprila 1878 (Foro it., 1878, col. 232).
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57 GIURISPRUDENZA PENALE 58
decreto d'amnistia, denunciata dal pubblico ministero
ricorrente ;
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 30 dicembre 1878, Pres. Ghiglieri, Est. De
Cesare, P. M. Spera (Conci, conf.) — Ric. Viali Ni
cola.
Pena — Condanna alla reclusione — Altra condanna
ai lavori forzati — Pendenza del ricorso contro
la prima condanna — Assorbinicnto (Cod. pen.,
art. 109 e 117).
Avvenuta una sentenza di condanna a pena di re
clusione, se, pendente il ricorso, il condannato è tra
dotto una seconda volta in giudizio per altro reato,
e nélVesser per questo condannalo si tien conto anche
del primo applicandosi una pena maggiore, cassata
la prima sentenza, il giudice di rinvio non può pel
primo reato infliggere altra pena. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché la Corte d'assise di Spo
leto con sentenza del 31 agosto 1877 condannava Nic
cola Viali alla pena della reclusione per anni sette quale
colpevole di furto qualificato pel valore, pel tempo e
pel mezzo. Ma questo supremo Collegio la cassò a'28 di
cembre 1877 e rinviò la causa pel nuovo giudizio alla
Corte di assise di Perugia. Pendente il ricorso, il Viali
fu tradotto una seconda volta innanzi la stessa Corte
d'assise di Spoleto sotto l'accusa di altro furto pure
qualificato pel valore, pel tempo e pel mezzo, e, rite
nuto colpevole, venne condannato alla pena dei lavori
forzati per anni quindici con sentenza del 13 novem
bre 1877, dichiarandosi cessati gli effetti della prece
dente condanna alla reclusione. Questa sentenza pas
sava in cosa giudicata.
Procedutosi in grado di rinvio al giudizio del primo
furto, la Corte d'assise di Perugia, con sentenza del
29 agosto ultimo, condannava il Viali alla pena della
reclusione per anni sette, non tenendo conto della con
danna a quindici anni di lavori forzati pronunciata il
13 novembre 1877. Il Viali per questo fatto interponeva
ricorso, deducendo la violazione degli articoli 109 e 117
Cod. pen., per esser egli stato due volte condannato
pel medesimo reato;
Attesoché, sia pure che la Corte d'assise di Spoleto
con la sua seconda sentenza di condanna, divenuta ir
revocabile, avesse illegalmente, come si asserisce, di
chiarata assorbita la pena della reclusione inflitta al
Viali con la prima sentenza, che non aveva giuridica
esistenza in pendenza del ricorso, è certo però che in
essa fu tenuto calcolo del primo reato e della prima
pena, ed in conseguenza di ciò se ne applicò una mag
giore, cioè quella dei lavori forzati a tempo per anni
quindici, jnentre il secondo furto per entità era eguale
al primo. Se a ciò si fosse posto mente, non si sarebbe
con la denunziata sentenza caduto nello assurdo di pu
nire due volte un reato, mentre nec sane verisimile
est delictum, unum eadem lege variis aestimationibus
coèrceri, non essendo accettabile la teoria di non do
versi tener conto della dichiarazione di assorbimento
fatta nella prima sentenza divenuta irrevocabile, sol
perchè la Corte di assise di Spoleto innanzi tempo di
chiarò esistente una pena che non aveva ancora vita giu
ridica in pendenza del ricorso. Senza entrare in questa
disputa, inutile ed inopportuna, avvegnaché al caso sa
rebbe stata sempre applicabile la disposizione dell' ar
ticolo 109 Cod. pen. messa in "armonia con quella del
successivo articolo 117, perchè pendente il ricorso non
poteva ritenersi il Viali irrevocabilmente condannato,
la Corte di assise di rinvio avrebbe dovuto riflettere
che nella condanna pronunziata con quel giudicato vi
era già compresa quella del primo furto ; e non essendo
consentito dalla ragione, dalla legge e dall'equità che
un reato potesse esser due volte punito, avvegnaché
in omnibus quidem, maxime tamen in jure, aequitas
spectanda sit, doveva per imprescindibile necessità
dichiarare compresa ed assorbita nella pena dei lavori
forzati quella della reclusione.
Onde di questa pena non si deve tener conto, essendo
essa compresa in quella di quindici anni di lavori for
zati applicata al ricorrente dalla: Corte di assise di
Spoleto con la sentenza del 13 novembre 1877. E per
conseguenza la impugnata sentenza va cassata senza
rinvio, ecc.
(1) Confronta: stessa Corte, 29 marzo,1878 (Foro it.} 1878, col. 217), e Cass. Palermo, 8 marzo 1876 (Id., 1876, col. 359).
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 18 novembre 1878, Pres. Ghiglieri P., Est. Ca
nonico, P. M. Spera, ff. di S. P. G. (Conci, conf.) —
P. M. c. D. Giovanni Baltrini.
Processioni — Oivieto prefettizio — Contravven
zione.
Il prefetto può vietare in generale le processioni re
ligiose, ed è punibile chi contravvenga alla relativa
ordinanza. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché, a senso dell'art. 146 della
legge comunale e provinciale, i prefetti, sottoprefetti
(1) Le Sezioni di cassazione istituite in Roma, con questa decisione,
persistono a seguire la giurisprudenza stabilita colla precedente del 30 gennaio 1877, est. Salis, riferita in questo stesso periodico, voi. 2,
parte II, col. 150. Questa giurisprudenza è in perfetta opposizione con
quella seguita costantemente e ripetutamente dalle altre Corti supreme, ed è anche contraria ad un'altra decisione delle stesse Sezioni romane
del 15 luglio 1876, est. Nicolai, riferita negli Annali., XI, 1, 2, 107.
Il chiarissimo avv. Mecacci, con una dottissima nota alla citata de
cisione del 30 gennaio 1877, inserita in questa raccolta (loc. cit.), cen
surò vivacemente la dottrina delle Sezioni romane, mostrando come
essa fosse contraria alla lettera ed allo spirito della legge, e come
facile fosse il rispondere agli argomenti in quella decisione invocati.
A queste giustissime osservazioni fece eco tutta la stampa giuridica del
Regno, e quindi era dato sperare che quella suprema magistratura, tan
dem in se reversa (come dicevano i sapienti giudici della Rota romana), sarebbe tornata alla sua primitiva giurisprudenza, ed avrebbe censu
rati come abusivi i decreti dei prefetti contenenti una proibizione ge nerale delle processioni. Però la nostra speranza è stata vana, poiché
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