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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 4 febbraio 1878, Pres. Pironti P., Est. Narici —...

Date post: 12-Jan-2017
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Udienza 4 febbraio 1878, Pres. Pironti P., Est. Narici —Ric. Lombardi Source: Il Foro Italiano, Vol. 3, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1878), pp. 75/76- 79/80 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23081852 . Accessed: 17/06/2014 03:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.147 on Tue, 17 Jun 2014 03:25:35 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 4 febbraio 1878, Pres. Pironti P., Est. Narici — Ric. Lombardi

Udienza 4 febbraio 1878, Pres. Pironti P., Est. Narici —Ric. LombardiSource: Il Foro Italiano, Vol. 3, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1878), pp. 75/76-79/80Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23081852 .

Accessed: 17/06/2014 03:25

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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l'ARTE SECONDA

tendono comprese le persone imbarcate, meno i pas

seggieri, e così s'intendono compresi il capitano o il

padrone comandante il bastimento, e i marinari;

Che pertanto, verificandosi nell'operato dei ricor

renti gli estremi del vero e proprio furto qualificato

per la persona, previsto dall'art. 607, n. 3, del Codice

penale, anziché del reato d'appropriazione indebita,

previsto dall'art. 631, o del reato di frode contemplato dall'art. 613 del Codice di marina mercantile, vengono

meno le violazioni di legge obiettate dai ricorrenti alla

denunziata sentenza.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 28 dicembre 1877, Pres. Ghiglieri P., Est. Fer

reri, P. M. Spera (Conci, unif.) — P. M. c. Del Piero

(Avv. Annibaldi).

Lotto — Contrai'venzione — KifTa (R. D. 5 110V. 1863, art. 38 e 39; R. D. 17 sett. 1871, art. 1 e 2; Cod. pen. art. 475 e 479).

Commette contravvenzione agli articoli 38 e 39 della

legge 5 novembre 1863, e non il reato previsto

dagli articoli 475 e 479 del Codice penale, chi

tiene il giuoco del lotto piccolo o della riffa, benché

non possa far concorrenza al lotto governativo, e

per quanto tenue sia il valore della posta messa in

giuoco. (1)

La Corte, ecc. — Attesoché la legge 20 settembre

1863, n. 1483, disponga: « Art. 1. È proibita ogni specie di lotteria pub

blica. « Art. 2, È provvisoriamente mantenuto il giuoco

del lotto a favore dello Stato.

« Art. 3. Con reali decreti si provvederà al rior

dinamento del lotto nelle varie provincie del Regno, e nei limiti della legge alla uniformò determinazione

delle sanzioni penali per ogni specie di contravvenzioni

in questa materia ».

Attesoché il regio decreto 5 novembre 1863, n. 1534,

disponga: « Art. 38. Sono proibiti i lotti privati e clandestini

sotto qualsiasi denominazione conosciuti (numeretti,

gallinai, riffe, giuoco piccolo e simili) come contrav

venzioni alla privativa del lotto, stabilita coll'articolo 2

della suddetta legge. « Art. 39. Gli intraprenditori ed i raccoglitori di

detti giuochi, e coloro che in qualunque modo ne coa

diuvassero l'eseguimento, oltre la perdita del denaro

e degli oggetti allottati o provenienti dal giuoco, sa

ranno soggetti alla multa di lire 500 solidalmente, ed

alla pena del carcere per la durata non maggiore di

sei mesi ».

Attesoché il regio decreto 17 settembre 1871, n. 483

(serie 2a), che modifica i precedenti ordinamenti del

giuoco del lotto, disponga: « Art. 1 (capoverso). La proibizione comprende

tanto le lotterie fatte pubblicamente, od al pubblico annunziate in qualunque modo e per qualsiasi mezzo,

quanto i lotti clandestini, destinati a raccogliere clan

destinamente nel pubblico poste, sottoscrizioni, e co

nosciuti sotto i nomi di numeretti, gallinai, riffe, giuoco

■piccolo e simili.

« Art. 2 (terzo capoverso). Gli intraprenditori ed

i raccoglitori dei lotti clandestini, come pure tutti quelli i quali concorrono in qualsiasi modo nelle operazioni

degli intraprenditori o dei raccoglitori, sono puniti con

multa che non sarà mai minore di lire 1000, nè mag

giore di lire 5000, ed inoltre col carcere da tre a sei

mesi. Tanto la multa quanto la pena afflittiva sono ri

dotte della metà per gli agenti o coadiuvatori secon

dari ».

Attesoché, dietro le surriferite legislative disposi zioni che si spiegano e completano a vicenda, si abbia

oramai in giurisprudenza assodato che il legislatore, mantenendo provvisoriamente il giuoco del lotto a fa

vore esclusivo dello Stato, intese di proibire, e proibì di fatto, ogni qualsivoglia altra lotteria sì pubblica che

privata, qualunque denominazione essa assuma, e per

quanto tenue possa essere il valore della posta messa

in giuoco ; fra le quali lotterie indubbiamente va com

preso il così detto lotto piccolo. Imperocché assoluti

sono i termini della legge e dei relativi regolamenti, ed è d'altronde manifesto che il legislatore non ebbe solo per scopo di proibire e punire le grandi lotterie

pubbliche, le quali possano far concorrenza al giuoco del lotto di cui la privativa fu riserbata allo Stato, ma

benanco qualunque altra privata lotteria, anche di lieve

o menoma importanza, ove. non sia in via di eccezione

regolarmente autorizzata, poiché nessuna distinzione

fu al riguardo della legge ammessa, e vi ha, per la

ragione e pel rigore del divieto, oltre all'interesse fi

nanziario dello Stato, l'interesse non meno grave e

preminente della pubblica moralità, la quale non può a meno che soffrir detrimento e pericolo di rimanere

compromessa da ogni specie di codesti giuochi di lot

terie che recano perdita di tempo e di lavoro, perdita tanto più deplorevole, inquantochè si verifica e si estende

principalmente alle classi operaie o meno agiate, le quali

sopratutto hanno bisogno di lavoro e di economia,

Che pei'tanto fondato e giusto si presenta il mezzo

spiegato dal ricorrente Pubblice Ministero contro la

denunziata sentenza, la quale ha disconosciuto lo spi

rito, e violata la lettera della legge e dei succitati spe ciali decreti che era chiamata ad applicare.

Per questi motivi, cassa, ecc.

(1) Nella stessa udienza furono pubblicate altre quattro sentenze con identica motivazione nelle cause del P. M. contro Dellana. Orlandi, Sittardi, Termini.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 4 febbraio 1878, Pres. Pironti P., Est. Narici

— Ric. Lombardi.

Frode — Scrittura priiata — lDro va — Hcliito jiub litico — jtlamlato— Cartelle — Consegna — Cessione

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GIURISPRUDENZA PENALE 78

(Cod. proc. pen., art. 323, 848 — Regolam. sul deb.

pubb. 8 ottobre, art. 57 — Cod. civ., art. 1322).

L'art. 848 del Cod. di proc. penale italiano non è di

ostacolo a che per mezzo di testimoni si provi la

frode in una scrittura privata, la quale contenga

V asserta cessione di un credito.

Il mandato scritto dall' intestatario di un certificato nominale del debito pubblico a tergo di esso, onde

effettuarne la consegna al mandatario delle car

telle al latore, non ne importa la cessione.

La Corte, ecc. — Osserva nel fatto, che il Tribunale

correzionale di Napoli, esaurito il dibattimento a ca

rico di Giovanni Lombardi, imputato di frode e di ap

propriazione indebita a carico di Vincenzantonio De

Palma, riteneva i seguenti fatti semplici: che De Palma,

vecchio di circa 80 anni, possessore di un certificato

di rendita nominativo per annue lire 5175, avesse pen

sato di tramutarlo in cartelle al latore e addirne il

prezzo a fondazione di cappellanie; confidato un tal

pensiero al Lombardi, amico ed avvocato, nel 1° set

tembre 1874, a consiglio di questo, fosse stata indiriz

zata al direttore del debito pubblico in Firenze do

manda sottoscritta dal De Palma pel tramutamento e

consegna delle cartelle al Lombardi, e nell'attergato

del certificato avesse questi fatta sua la domanda ; que

relatosi intanto, dopo qualche mese, il De Palma della

negata consegna, ed affermatosi dal Lombardi aver

gliene il primo .fatto cessione mercè scritta privata a

forma di bancale del 3 settembre 1874, la cui copia

aveva approvato e sottoscritto, De Palma riconobbe

vera la firma, ma negò le parole di approvazione, e

disse aver Lombardi fraudolentemente abusato di sua

fiducia, e carpitogli la firma, dandogli a credere di sot

toscrivere un polizzino di affìtto; Che il Tribunale, sebbene in limine litis avesse re

spinto la eccezione d'inammessibilità della prova orale,

assolse il Lombardi dalla imputazione di frode pel di

fetto di prova dei raggiri, per la certezza della firma

e delle parole di approvazione, giusta la perizia, e per

la inefficacia della prova per testimoni contro il titolo;

e parimenti lo assolse dalla imputazione di indebita

appropriazione, dacché la domanda di tramutamento e

l'attergato dovessero considerarsi quali atti di cessione,

giusta l'articolo 37 del decreto sul debito pubblico del

l'8 ottobre 1870, e dacché al postutto dubbia fosse la

reità in via penale, salvo lo sperimento in un giudizio

civile.

Osserva di vantaggio nel fatto, che prodotto gravame

dal Ministero pubblico e dalla parte civile, la Corte

rilevò intorno alla scritta privata, che niuna somma

fosse stata versata nel Banco ; dubitò come perito pe

riziore della verità delle parole attribuite nella copia

al De Palma; disse mancare la scritta del buono ed

approvato chiesto dall'art. 1325 Codice civile, dai quali ri

lievi inferì non poter dessa costituire quel titolo, contro

il quale fosse inammessibile la prova orale, né questa

essere interdetta, quando pur la bancale si conside

rasse principio di prova scritta; considerò inoltre non

trattarsi di assodare con testi la esistenza del man

dato, ma di vedere se la cessione l'osse vera o carpita

con frode, il che potesse ben farsi coi testimoni, tanto

più che il medesimo imputato si fosse avvolto in con

traddizioni con gli atti del processo; osservò non po

tersi nel mandato a ricever le cartelle ravvisare una

alienazione, e però, se pure non potesse ritenersi pro

vata la frode, evidente fosse la indebita appropriazione,

per avere l'imputato convertito in proprio vantaggio

le cartelle affidategli per farne consegna al De Palma;

ondechè lo condannò ad un anno di carcere;

Che il Lombardi abbia domandato la cassazione d'un

tale pronunziato per un mezzo principale e nove ag

giunti, i quali s'incentrano in tre tesi dirette a dimo

strare: 1° la erroneità di alcuni rilievi della denun

ziata sentenza intorno all'efficacia giuridica della scritta

privata del 3 settembre 1874; 2° le violazioni che sa

rebbero state commesse dalla Corte, ritenendosi am

messibile la prova orale a giustificare la frode adde

bitata al ricorrente rispetto alla mentovata scritta; 3° la violazione dei decreti e regolamenti sul servizio

del debito pubblico, per essersi ritenuto che il mandato

a ritirar le cartelle non costituisse alienazione.

Osserva nel diritto intorno alla prima tesi, che i

me zzi all'uopo dedotti riduconsi ad un vero fuor d'o

pera; in effetti, se davanti la Corte di merito non con

trovertivasi, né poteva controvertirsi della efficacia

giuridica della scritta privata del 3 settembre, e solo

discettavasi se avesse la stessa a dirsi fraudolenta, i

rilievi della Corte di non essersi versata nel Banco

alcuna somma, di non trovarsi la sottoscrizione del De

Palma preceduta dal buono ed approvato, di consistere

la scritta in una copia non estratta da originale depo

sitato, e di poter valere siccome principio di prova

contro il ricorrente, possono soltanto appuntarsi d'i

nopportunità, quando non siano risguardati quali pre

sunzioni a screditare l'asserta cessione, ed è perciò

vano sciupìo di tempo il volerne dimostrare la erro

neità.

Osserva sul secondo assunto, che se davanti la Corte

d'appello esistevano come indubitati due fatti, quello

di avere De Palma conferito al Lombardi il mandato

a ritirare le cartelle al portatore, e l'altro di averle il

secondo effettivamente ritirate, offrivasi come terzo

fatto ignoto la controversia se il mandato si fosse po

steriormente convertito in cessione, ovvero se la scritta

all'uopo esibita dal Lombardi fosse l'opera della frode ;

Che indarno quindi il ricorrente, a sostenere l'inam

messibilità della prova orale, invocava 1' articolo 848

proc. penale, il quale, presupponendo un contratto vero,

seguito poscia da un reato, dispone non potersi questo

provare con testimoni, allorché a provare il contratto

non sia la medesima prova ammessibile a termini delle

leggi civili ; e però era affatto estraneo alla soluzione

della questione, in che l'asserto contratto era stato so

stanzialmente impugnato, come il prodotto della frode;

Che eliminato l'ostacolo del citato articolo 848, e

chiamata la Corte ad esaminare la vera ed unica con

troversia della causa intorno alla esistenza della ces

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PARTE SECONDA 80

sione, non violava punto gii articoli 1322 Codice e 323

proc. penale, ritenendo non provata, ad onta della pe rizia dei calligrafi, la verità delle parole di approva zione scritte nella copia, tra perchè al giudice di me

rito non è vietato attenersi al contrario di quanto, a

modo di opinione, abbiano asserito i periti calligrafi,

e perchè la Corte stessa con la massima scrupolosità enunciò le ragioni del proprio avviso, notando la dis

simiglianza tra le accennate parole e gli autografi del

De Palma, ed il modo forzato con che erano vergate, sicché a colpo d'occhio apparisse lo studio della imi

tazione.

Che se impertanto la Corte, abilitata per legge a

vagliare i detti dei testimoni e le presunzioni, dal com

plesso di queste prove, e dalle flagranti contraddizioni

racchiuse negli interrogatori dell' imputato, trasse il

convincimento di essere la scritta del 3 settembre il

portato esclusivo della frode, non può la sentenza in

tal parte soggiacere a censura, nè la benignità della

Corte nel ritenerla dubbia subbiettivamente esclude o

attenua il mentovato convincimento.

Osserva intorno alla terza tesi che, a prescindere dalla considerazione di avere lo stesso ricorrente ri

conosciuto inefficace il mandato a costituir cessione,

avendone successivamente foggiato una fraudolenta, la

Corte bene interpretò i decreti e regolamenti con

cernenti il servizio del debito pubblico;

Che, per fermo, se con la legge del 10 luglio 1861

fu autorizzato il tramutamento delle iscrizioni nomi

native in cartelle al portatore, il regolamento annesso

al decreto dell'8 ottobre 1870, dal ricorrente invocato,

richiese per la cessione delle prime un atto pubblico notarile o giudiziale, ovvero una dichiarazione, sia presso la Direzione del debito pubblico, fatta dal titolare con

firma autenticata da agente di cambio o da notaio, sia

fatta a tergo del certificato d'iscrizione, con firma ugual mente autenticata, e nel modulo tracciato nell'articolo

61 è detto espressamente dovere il titolare dichiarare

che abbia fatto cessione ; Che inconsulto sia il ricorso all' alinea dell' art. 57,

ove è stabilito il tramutamento essere considerato nei

suoi effetti quale atto di cessione o di alienazione;

perciocché cotale sanzione, concernente i rapporti giu ridici fra la Direzione del debito pubblico ed il titolare

della iscrizione nominativa, ed importante il discarico

della prima da qualsiasi obbligazione mercè la consegna delle cartelle, siccome il permutante che ha già rice

vuto una cosa è disobbligato mercè la consegna della

propria al mandatario dell'altro contraente, non ri

guardi in alcuna maniera, nè possa riguardare i rap

porti tra lo stesso titolare ed il suo mandatario a ri

cever le cartelle, senza offendere il senso comune e le

disposizioni formali dello stesso regolamento intorno

all'alienazione della rendita;

Che bene impertanto la Corte di merito rilevò non

potersi nell'attergato contenente il suddetto mandato

riconoscere una cessione a favore del mandatario, e

meglio ancora osservò che pel decreto del 20 settembre

1874 si fosse tolta ogni ambiguità, essendo nell'arti

colo 61 distinte onninamente le dichiarazioni di ces

sione da quelle di tramutamento, e spiegato, rispetto

a queste ultime, che il mandato a ritirar le cartelle

sia essenzialmente invocabile; nè certo a risolvere una

questione di sì lieve indagine era mestieri di un pre

liminare giudizio civile, siccome è parato al ricor

rente ; Che se dunque indubitato era l'affidamento del cer

tificato nominativo al Lombardi col mandato di riti

rarne l'equivalente in cartelle e consegnarle al pro

prietario, e se d'altra parte non cadeva disputa sulla

intenzione attuata dal mandatario di convertire il detto

equivalente in proprio vantaggio, la sentenza denun

ziata merita plauso.

Per tali motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 7 novembre 1877, Pres. Pironti P., Est. Na

rici — Ric. Esposito.

Pena — Crimini — Reclusione — Relegazione — Car

cere — Attenuanti (Cod. pen., art. 109, HO, 249, 262,

266, 684). Dichiarato colpevole lo accusato, con circostanze atte

nuanti, di due crimini, de' quali il primo punibile di reclusione ed il secondo del primo grado di rele

gazione, non può la reclusione aumentarsi in ragion del secondo reato, se 'prima non venga determinato

doversi allo stesso applicare tre opiù anni di carcere.

La Corte, ecc. — Osserva nel fatto, che dichiarato

il ricorrente Esposito colpevole, con circostanze atte

nuanti, di ribellione, giusta lo articolo 249 Codice, non

che di percosse ne' termini degli articoli 262 e 264, la

Corte di assise rilevò ne' suoi considerati, essere il primo reato punibile di reclusione, senza determinarne il grado, ed il secondo del primo grado di relegazione ; doversi

poi di un grado discendere per le attenuanti ; e quindi in applicazione de'citati articoli, non che del 109, in

flisse anni sette di reclusione.

Osserva nel diritto, che evidente sia lo errore nel quale incorse la Corte ritenendo che le percosse, ad onta delle

concedute attenuanti, fossero punibili con la pena ori

ginaria del primo grado di relegazione, e si desse perciò

luogo allo aumento della pena più grave pel concorso

di due crimini ; e per fermo, se le accennate percosse, a norma dello articolo 684 Codice, non potevano esser

punite se non del carcere, erano evidentemente tra

mutate in delitto.

Che lo errore come sopra commesso importi di non

potersi riguardare legalmente applicata la pena; con

ciossiacliè ammesso in ipotesi, che la Corte di rinvio

avesse inteso infliggere per la ribellione gli stessi anni

sette di reclusione, che aveva ritenuto la prima Corte

con la sentenza già annullata, avrebbe dovuto, per le

attenuanti ammesse da' secondi giurati, discendere al

primo grado da tre a cinque anni; determinar poi in

che misura intendesse applicare il carcere per le per

cosse, e sol quando fosse stata la medesima di tre o più

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