Udienza 4 maggio 1916; Pres. Moschini, Rel. Bianchi —Conflitto in causa Lanza e BassiSource: Il Foro Italiano, Vol. 41, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1916), pp.531/532-533/534Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23118025 .
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PARTE SECONDA
specie di reato tentato ; ma la Corte di appello, su gravame del P. H., ha affermato la sussistenza del reato con
sumato.
Attesoché ben fondate si debbono, ravvisare le do
glianze mosse dal ricorrente contro l'impugnata sentenza
nella sua parte motiva. È vero, come in questa si afferma,
che « la legge non specifica i mezzi fraudolenti coi quali,
oltre le false notizie, possono essere prodotti la deficienza
o il rincaro di sostanze alimentari », ma non è men
vero che incombe al magistrato del merito dimostrare
essersi nel caso concreto appunto con un qualche mezzo
fraudolento prodotto quel danno effettivo ipotizzato dal
l'art. 3'2£> cod. pen., e che è l'elemento integrante tale
figura di reato. Questo è classificato fra i delitti contro
la pubblica incolumità, in quanto con esso si attenta
alle sorgenti della pubblica alimentazione, producendo con frode sul pubblico mercato la mancanza assoluta e
la deficienza di sostanze alimentari, in modo che la popo lazione ne sia affatto privata, o sia costretta a pagarle a più elevato prezzo. Ond'è che il mezzo illecito adope
rato dall'agente deve essere di tale entità da determinare
quell'effetto a danno della collettività. Invece la Corte
di appello, senza esaminare se l'occultamento da parte del
giudicabile d'una piccola quantità di merce, che avrebbe
potuto porre in vendita sul pubblico mercato, sia stato
determinato dall' intenzione dolosa di produrre 1 la defi
cienza o il rincaro del prezzo di quell'alimento, senza
discutere se tale fatto abbia realmente tale effetto pro
dotto, dà per dimostrato ciò che dovea dimostrare, assio
maticamente affermando che « certamente è mezzo frau
dolento per eccellenza quello di occultare le cose, ciò
che produce la deficienza, e di vendere poi le cose stesse
di nascosto elevandone il prezzo a proprio talento ». Né
a sopperire a siffatta assiomatica e quindi deficiente mo
tivazione può socòrrere l'altra osservazione « essere di
pubblica notorietà che il fatto del Ruggiero è l'espo
nente di un sistema di sopraffazione, di una tacita
intesa fra i venditori di generi alimentari per re
sistere al calmiere che il municipio di Palermo ha
dovuto applicare, appunto per frenare l'ingiustificato
abusivo crescente rialzo dei prezzi di cotali generi ».
Dappoiché non solo la Corte di merito, ciò affermando,
non dimostra che realmente da tale intesa siasi prodotto
il fatto contrario alla pubblica alimentazione, ma, come
ben a ragione osserva il ricorrente, ciò anche ammesso,
doveva esaminare altresì la questione di diritto, se il
Ruggiero, che cerca con tale mezzo sottrarsi alla legge
del calmiere municipale, potesse incorrere, anziché nel
l'affermata sanzione penale, in quella penalità dalle stesse
ordinanze municipali comminate, il che non ba fatto.
Quindi nemmeno da questa parte della impugnata moti
vazione è dato desumere in fatto la ragione del decidere
e in diritto l'applicabilità al caso specifico della sanzione
di cui all'art. 326 cod. penale.
Parimenti deficiente è l'ultima -parte della sentenza
in esame, con la quale la Corte di merito fancendo di
ritto al gravame del P. M. riformò il pronunziato del
primo giudice ritenendo versarsi nel caso in esame in
tema di reato consumato, anziché tentato ; osserva difatti
in proposito : « non è a pensare che esso reato sia rima
sto allo stato di tentativo solo perchè trattavasi di una
piccola quantità di pesce, essendo ovvio che la lieve en
tità del fatto può infiui/e sulla misura della pena da
applicare, ma non può mutare la caratteristica del
reato »,
Or tale considerazione, come di leggeri scorgesi, può valere a dimostrare errato il ragionamento del primo
giudice, ma al certo non dà ragione a decidere se, an
ziché soffermarsi al semplice tentativo con atti idonei, l'azione dell'agente abbia raggiunta la completa e piena consumazione del reato.
Onde devesi annullare la denunciata sentenza per deficiente ed erronea motivazione; e il nuovo giudice esaminerà altresì se nel caso specifico concorrono gli estremi del delitto già affermato dalla contravvenzione
alle ordinanze municipali, ovvero della contravvenzione
all'art. 1 del decreto luogotenenziale 22 agosto 1915, n. 1288, in ordine alle disposizioni che debbono regolare la produzione e ij commercio dei generi alimentari.
Per questi motivi, accoglie il ricorso.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA (Prima sezione penale)
Udienza 4 maggio 1916; Pres. Moschini, Rei. Bianchi — Conflitto in causa Lanza e Bassi. »»
■stradone penale — Intrusione sommaria — Ordlnansa
di proscioglimento — Appello del procuratore gene
rale — Snovi atti istruttori ritenuti necessari dalla
Sesione «l'accuso — Ordine al eludine istruttore di
proseguire l'istruttoria eoi rito formale — Illegalità
(Cod. proc. pen., art. 189, 271, 281, 343 e 344).
Se la Sezione d'aceusa, giudicando su un appello pro
posto-dal procuratore generale contro un'ordinanza
di proscioglimento pronunziata in istruzione somma
ria dal giudice istruttore su conforme richiesta del
procuratore del Re, creda necessario nuovi atti istrut
tori, deve essa direttamente provvedere all'esecuzione
di questi col medesimo rito, e non ordinare al giudice istruttore di proseguire V istruzione col rito formale. (1)
Il Procuratore generale (Martino) : — Ritenuto che
nell'istruzione sommaria a carico di Lanza Rosa fu Gioac
chino e Bassi Giselda fu Giuseppe, entrambi da Mantova,
imputati del reato di cui agli art. 345, n. 3, e 346 cod.
pen. il giudice istruttore presso il tribunale di Mantova
con sentenza 10 novembre 1915 pronunciata sulla con
forme richiesta di quel procuratore del Re, dichiarò non
farsi luogo a procedere a carico delle imputate per in
sufficienza di prove. Avverso tale sentenza propose ap
pello il procuratore generale di Brescia, chiedendo che
(1) Conforme, De Massico, La competenza istruttoria nel caso di gravame contro sentenza di proscioglimento del O. in Scuola
pos., 1916, 264. Conforme sostanzialmente anche la sentenza ci tata in testo 14 aprile 1914 in causa Muragas (Foro it., 1914, II, 340, con nota di richiami ai lavori preparatori del nuovo
codice), con la quale, vigendo il codice abrogato che consen tiva alla parte civile l'opposizione contro le ordinanze istrut torie di proscioglimento, fu ritenuto che la Sezione d'accusa
giudicando su tale opposizione, dovesse direttamente assumere nuovi atti istruttori e non delegare il giudice istruttore. Eguale massima fu adottata nel caso di riapertura dell'istruzione or dinata dalla Sezione d'accusa: 11 maggio 1915, Morra (id., 1915, II, 337, con nota di richiami).
Nel caso presente il conflitto sorse per la dichiarazione
d'incompetenza del giudice istruttore. Ricordiamo in proposito che il Supremo Collegio ritenne che contro l'ordinanza del giu dice istruttore, che, incaricato di compiere un atto d'istruzione da un consigliere delegato dalla Sezione d'accusa per un sup plemento d'istruttoria, si dichiara incompetente, è concesso al
procuratore del He l'appello alla Sezione d'accusa, ma non al
procuratore generale il ricorso in Cassazione : 7 settembre 1914, Polizzi (id., 1914, 518, con nota di richiami).
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GIURISPRUDENZA PENALE
la Sezione d'accusa, ritenuto che l'istruzione sommaria
fosse incompleta, ordinasse l'istruzione formale in ap
plicazione dell'art. 281 cod. proc. pen., e la Sezione di
accusa presso la Corte di Brescia, accogliendo tale ri
chiesta, ritenne essere l'istruzione sommaria indubbia
mente incompleta, essendosi date per accertate in causa
circostanze che risultano soltanto da dichiarazioni di una
delle imputate ed essendosi omesse indagini d'evidente
necessità ed utilità; ciò premesso, con sentenza 15 di
cembre 1915, ordinò che l'istruzione fosse proseguita in
via formale e trasmise all'uopo gli atti al giudice istrut
tore di Mantova.
Questi, con ordinanza 30 dicembre 1915, ritenne di
non poter dare esecuzione alla sentenza della Sezione
d'accusa per difetto di competenza, considerando che,
per l'effetto devolutivo dell'appello, dovesse la Sezione
d'accusa procedere direttamente a mezzo di uno dei suoi
componenti alla più ampia istruzione.
Ma la Sezione d'accusa, considerando che l'istruzione
formale è normalmente compiuta dal giudice istruttore
e che se l'obbligo della Sezione di accusa di procedere direttamente alla più ampia istruzione può sussistere nei
processi istruiti col rito formale, non può al certo esservi
nel caso di procedimenti istruiti sommariamente, e dei
quali essa conosca in seguito ad appellazione del pro
curatore generale restituì gli atti al giudice istruttore
il quale con ordinanza 18 gennaio 1916 elevò conflitto
di competenza, trasmettendo gli atti a questa Corte su
prema per la risoluzione di esso.
Attesoché la Sezione di accusa presso la Corte di ap
pello di Brescia, ordinando che l'istruzione fosse prose
guita in via formale, non fece esatta applicazione del
l'art. 291 cod. proc. penale.
Imperocché tale obbligo è imposto al giudice istrut
tore quando egli crede di non poter pronunciare sentenza
conforme alla richiesta di non doversi procedere, fatta
dal procuratore del Re; e ciò per l'evidente ragione che
nel conflitto fra l'opinione del procuratore del Re e quella
del giudice istruttore debba prevalere quest'ultima ; nel
qual caso spetterà al giudice istruttore compiere gli ul
teriori atti d'istruzione in via formale.
Ma nella specie la sentenza del giudice istruttore di
Mantova fu pronunciata sulla conforme richiesta di quel
procuratore del Re, dal cui avviso il giudice istruttore
credette di non doversi allontanare ; per cui la Sezione
di accusa, pronunziando sull'appello del procuratore ge
nerale, e rarvisando incompleta e deficiente l'istruzione
sommaria già compiuta dal procuratore del Re, avrebbe
dovuto limitarsi ad ordinare che l'istruzione, col mede
simo rito e con criteri da esso ritenuti necessari pel
migliore accertamento della verità, venisse compiuta ; ma non avrebbe dovuto ordinare che la nuova istruzione
fosse proseguita col rito formale, giacché tale mutamento
di rito aveva per presupposto indispensabile la difformità
dalla richiesta del procuratore del Re.
Attesoché, rettificata in tali sensi la sentenza della
Sezione d'accusa, per i principi già costantemente am-'
messi da questa Corte suprema, fondati essenzialmente
sull'effetto devolutivo dell'appello nonché sopra disposi zioni di legge che regolano casi analoghi, ne consegue ehe essa avrebbe dovuto provvedere direttamente all'ese
cuzione dei nuovi atti d'istruzione che avesse reputati necessari a sua migliore informazione; il che, come op
portunamente ebbe a rilevare la Corte di cassazione nella
sua sentenza del 16 aprile 1914, risolvendo un conflitto
in causa Muragas offre li vantaggio evidente della mag
giore efficacia e speditezza degli atti medesimi. Gli art. 343
e 344 cod. proc. pen., non prevedono specificamente l'ipo tesi in cui la Sezione di accusa, prima di provvedere
definitivamente sull'appellazione del procuratore generale, stimi opportuna l'esecuzione di nuovi atti d'istruzione; e quindi non indicano l'ergano giudiziario competente ad
eseguirlo. Nel silenzio dei testi giova dunque richiamarsi
alla disposizione dettata per casi analoghi, cioè per i casi
dell'istruzione avocata (art. 189) e della più ampia istru
zione disposta prima di deliberare sul merito, nei reati
di competenza della Corte di assise (art. 271).
In questi casi non v'ha dubbio che debba la Sezione
d'accusa compiere direttamente gli atti d'istruzione re
putati necessari, con le norme dell'art. 189. Deve quindi
escludersi che la Sezione di accusa, se prima di prov
vedere definitivamente sull'appello ordini nuovi accer
tamenti istruttori, possa rinviarne l'esecuzione al giudice
istruttore che pronunciò la sentenza appellata.
Visti gli art. 27, 281, 343, 344 cod. proc. penale. Chiede che la Ecc.ma Corte suprema dichiari, annul
lando per quanto di ragione la sentenza della Sezione
d'accusa presso la Corte d'appello di Brescia 15 dicem
bre 1915, la campetenza dèlia stessa Sezione di accusa
a procedere agli ulteriori atti d'istruzione che essa re
puterà necessari nel procedimento a carico di Lanza Rosa
e Bassi Giselda, prima di pronunciare definitivamente
Sull'appello contro la sentenza 10 novembre 1915 del
giudice istruttore di Mantova, e disponga la restituzione
degli atti al procuratore generale presso la detta Corte
per il corso ulteriore di legge.
La Corte decise in conformità.
TRIBUNALE SUPREMO Di GUERRA E MARIE Udienza 28 settembre 1916; Pres. D'Ottone, Est. Pujia
— Rico. Larese ed altri.
Tribunale supremo di guerra e marina — Ricorso
— Sentenze del tribunali di guerra — Limiti (Cod.
pen. per l'es. art. 344, 431, 494, 556 e 573; D. luogot.
9 dicembre 1915, n. 1729). Competenza — Multare od ordinarla — Distrazione
di oplflelo militare — Tempo di guerra — Won
devastazione, ma tradimento — Mancanza del danno
dell'ammliiistrftilone militare — Autorità glndlsla
ria militare (Cod. pen. per l'es., art. 72, n. 7, 252,
253 e 546). Competenza — Competenza territoriale di tribunali
militari — Pili reati commessi dalla stessa persona
— Giurisdizione di tribunali diversi — Tribunale
territoriale e tribunale di guerra esistenti nello
stesso distretto — Criterio per la competenza (Ood.
pen. per l'es., art. 332).
Tradimento — Distruzione di un oplflelo militare —
Tempo di guerra (Cod. pen. per l'es., art. 72, n. 7).
Mandato a delinquere — Beato militare — Mancanza
di esecuzione da parte del mandatario — Respon
sabilità del mandante1 — Assoluzione del manda
tario — Contradlzlone Insussistente (Cod. pen. per
l'es , art. 34). Tradimento — Favoreggiamento del nemico — Estremi
— Tentativo — Fattispecie (Cod. pen. per l'es.,
art. 72, n. 7).
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