Udienza 4 novembre 1879, Pres. Enrico, Est. Talice —Ric. NoberascoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.449/450-451/452Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084877 .
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GIURISPRUDENZA PENALE 450
citare l'imputato a dichiarare se persista nel propo
nimento di far uso del documento; Attesoché se nell'art. 352 modificato col decreto luo
gotenenziale del 17 febbraio 1861 per le provincie me
ridionali d'Italia, seguendosi le tradizioni legislative di
quelle provincie stesse, si è creduto di prescrivere
quella formale interpellanza o diilìdamento, ed inoltre
di disporre che se l'imputato dichiara di non volersi
più servire del documento sarà il medesimo rigettato dal processo, e non vi sarà più luogo a procedimento
penale; tale testo di legge, così modificato, non venne
però mai esteso alle altre provincie del Regno, e vi
rimase il primitivo tenore dell'art. 352 cod. pen., se
condo il quale si accorda soltanto una diminuzione di
pena se colui che ha scientemente prodotta una scrit
tura falsa palesi tale falsità prima che su di essa siasi
instituito procedimento penale, od in difetto di proce dimento penale, prima della sentenza nella causa in
cui sarebbesi reso colpevole di falsità. (Omissis); Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 16 gennaio 1879, Pres. D'Agliano, Est. Ta
lice, P. M. Gambara (Conci, conf.) — Ric. Montanari.
Taliacchi — Mozziconi «li sigari — Vendita — Con
travvenzione (L. sulle privative 15 giugno 1865,
n. 2397, art. 20 e 39, n. 1; Reg. della stessa data, n. 2398, art. 144).
Anche la vendita dei mozziconi o residui dei sigari,
fatta da chi non sia autorizzato dal Governo, co
stituisce contravvenzione alla legge sulle privative.
La Corte, ecc. — Attesoché l'art. 144 del Reg. per
l'esecuzione della legge sulla privativa dei tabacchi,
approvato col regio decreto del 15 giugno 1865, dispone in termini chiari e precisi che la vendita ed il com
mercio dei residui dei sigari, anco nazionali, è com
presa nel divieto, di cui all'art. 20 della legge sulla
privativa stessa del 15 giugno stesso anno 1865, re
lativo alla vendita dei tabacchi al pubblico, fatto da
altri che non sieno autorizzati dal Governo. Ed i con
travventori incorrono nella penalità sancita dall'art. 39
della suddetta legge;
Attesoché il significato comune della parola residuo
od avanzo comprende ciò che rimane di qualunque cosa
dopo averne impiegato il necessario, epperciò dicen
dosi nella legge « residui di sigari » non possono non
intendersi pure compresi i mozziconi di sigari gettati via dai fumatori, e che si raccolgono per le vie o caffè
ed altri luoghi pubblici. E trattandosi di un monopolio che il Governo esercita nell' interesse del pubblico per mezzo di certe persone da esso autorizzate ad esclu
sione di tutte le altre, nell' interpretare la legge rela
tiva devesi unicamente consultare il senso letterale
delle parole usate nella legge stessa, massime quando, come in concreto, non lasciano luogo a dubbi ed am
biguità di sorta; Attesoché, di fronte al testo di quella legge proibì
tiva, non sono ammissibili le distinzioni di cui nel
motivato ricorso tra residui e spuntature di sigari non
ancora consumati, tra resti più o meno adatti ad un
uso decente od abbandonati; ed in quanto alla com
merciabilità eziandio dei mozziconi di sigari gettati
via dai fumatori, basta riflettere che Montanari fu colto
mentre li vendeva in pubblica piazza al prezzo di quin
dici centesimi all'oncia, e ne riteneva grammi cento
all' incirca ; Ed è poi tanto vero che lo stesso Montanari era ben
conscio di non potere esercitare quel commercio, che
per tutta sua difesa sempre ripetè che li aveva rac
colti per terra per proprio uso e non per farne veruna
speculazione; Attesoché quindi la sentenza del Tribunale correzio
nale di Modena è pienamente giusta e giuridica;
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 4 novembre 1879, Pres. Enrico, Est. Talice —
Ric. Noberasco.
Itagione fattasi—l'ossesso — Servitù di passaggio
(Cod. pen., art. 286).
Ad eliminare il reato di esercizio arbitrario delle pro
prie ragioni, non vale addurre la circostanza che
il possesso o materiale godimento, che fu oggetto di
turbativa da parte dell'imputato, fosse giuridica mente nullo e non produttivo di effetti legali. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché leggesi nei motivi di fatto
della denunciata sentenza essere risultato dal pubblico
dibattimento che il Felice Noberasco, dopo avere nel
giorno 16 settembre 1878, per ordine del padre, disso
dato un terreno esistente in una sua proprietà, e pel
quale la famiglia Bottaro da più anni praticava di pas sare per accedere ad un suo fondo, nel pomeriggio del
successivo giorno 19 si opponeva a che il Bottaro Fran
cesco transitasse per la contrastata località, e conti
nuando questi ad innoltrarsi lo afferrava nella persona, e colluttando con lui lo gettava a terra;
Attesoché per queste constatazioni di fatto giusta mente e legalmente la Corte di Genova ritenne che si
trattasse di esercizio arbitrario delle proprie ragioni:
la famiglia Bottaro era, e da più anni, per lo meno, nel
materiale godimento del diritto di passare per quella
località ; il Noberasco che invece credeva di avere di
ritto di impedire tale passaggio, si fa da prima a dis
(1) Sosteneva il ricorrente che l'art. 286 cod. pen. contempla un
possesso manutenibile o che possa, se vuoisi, dare luogo all'azione di
spoglio, e non già un quasi possesso di un diritto di servitù di pas saggio che non può dar luogo a nessuna azione; inquantochè se non è accompagnato dal titolo, quand'anche fosse immemorabile, non po trebbe mai, in tema di servitù non apparente e discontinua, essere base di verun diritto come dispone l'art. 630 cod. civ. Epperciò se egli aveva impedito quel passaggio, impossibile giuridicamente, non altro aveva fatto se non se usare d'un vero suo diritto, e si sarebbe perciò dovuto piuttosto far buon viso alla querela da lui sporta contro il
Bottaro; ond'è che si sarebbe puranco violato in di lui pregiudizio il
precitato art. 630 cod. civ.
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451 PARTE SECONDA 452
sodare il terreno onde porvi incaglio, poscia di privata
sua autorità a viva forza, e con violenze personali im
pedisce che lo si eserciti. Certamente vi concorrevano
gli estremi di quel reato, ossia: 1. atti esterni consu
mati dall'imputato e che ebbero per effetto di privare
o turbare altri, e contro sua volontà, d'un bene che
indubbiamente godeva; 2. credenza nel commetterli di
fare cosa conforme al proprio diritto; 3. coscienza di
farsi giustizia da sè, jus sibi dicere. Per gli effetti pe
nali poco importava, come ben disse la Corte di Ge
nova, l'indagine sulla qualità, natura e merito di quel
possesso o materiale godimento, e non era a vedersi
se nei rapporti d'indole meramente civile potesse anche
il diritto del Noberasco essere giusto ed incontestabile,
da doversi all'uopo nelle regolari vie giuridiche san
zionare. Ed invero la legge si propose di proteggere
lo statu quo, il quale non potesse sovvertirsi di pri
vata autorità senza decreto di giudice o consenso degli
interessati. Il reato d'esercizio arbitrario delle proprie
ragioni, che nel codice è classificato nel libro terzo, che
porta la rubrica - dei reati contro la pubblica ammi
nistrazione - si rivela per la mostrata diffidenza nella
giustizia sociale e nella volontà di usurparne la potestà;
e non tanto nella sostanza quanto nella forma; sosti
tuendo cioè la forza privata all'azione della pubblica
autorità, e conseguentemente con sfregio della me
desima; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 28 febbraio 1879, Pres. D'Agllyno, Est. Mon
tagnini, P. M. Gambara (Conci, conf.) — Ric. P. M.
c. Romagnese.
Appello — Sentenza «lei Tribunale — Appello «lei
procuratore «lei Ite — Termine (Cod. proc. pen.,
art. 401, alinea).
Nel termine di cinque giorni concesso per appellare
dalle sentenze dei Tribunali, non è compreso il
giorno in cui la sentenza fu pronunziata, anche
se l'appello sia interposto dal pubblico ministero. (1)
La Corte, ecc. — Sul ricorso del procuratore gene
rale dalla Corte d'appello di Casale, per l'annullamento
della sentenza 27 novembre 1878 della stessa Corte,
con la quale ritenuto in fatto, che da sentenza 18 set
tembre 1878 del Tribunale di Bobbio, colla quale si di
chiarò non farsi luogo a procedimento a carico di Gioa
chino Romagnese, sarebbesi presentata dal pubblico
ministero la dichiarazione d'appellare nel giorno 23
dello stesso mese; e ritenuto in diritto l'art. 401, alinea,
cod. proc. pen., si dichiarò tardivo l'appello. In con
fronto dell' imputato Gioachino Romagnese ne propone
l'annullamento, per violazione dell'anzidetto art. 401,
dovendosi ammettere la parità di trattamento;
Ritenuto che nell'art. 322 cod. proc. pen. si permette la distinzione tra il caso in cui la sentenza sia pro nunziata in presenza dell'accusato, o quando l'accusato
sia stato almeno presente al dibattimento, ed il caso
in cui l'accusato non sia intervenuto nè alla prolazione della sentenza, nè al dibattimento.
Onde nella prima ipotesi la condizione dell'accusato
non è resa diversa da quella del pubblico ministero; Che nell'art. 355 trattandosi dell'appello dalle sen
tenze dei pretori, pur non si ammette distinzione tra il
pubblico ministero e la parte accusata, se fu presente alla pronunciazione della sentenza od almeno al dibatti
mento, giusta il disposto nel primo alinea dell'art. 322; Che una simile parità di condizione giuridica si rac
coglie nell'art. 414 relativamente all'appello dalle sen
tenze dei Tribunali, e di cui al n. 2 dell'art. 399; Che però non si avrebbe ragione giuridica per af
fermare che una disparità di trattamento siasi intro
dotta a svantaggio del pubblico ministero cogli arti
coli 401, 649, 651 dello stesso codice.
Ciò urterebbe colla lettera dei precedenti art. 322,
355 e 414, col principio della parità di trattamento
proclamato dallo Statuto, che vuole sia la legge uguale
per tutti, coll'ordine e l'economia dei giudizi, con l'as
sioma forense, secondo cui dies termini non commu
tator in termino, e con l'evidenza dell'eventualità pos
sibile onde al pubblico ministero sia diminuito lo spazio di cinque giorni, che lo stesso art. 401 gli assicura
per ricorrere in Appello dalle sentenze dei Tribunali,
e quello di tre giorni, che l'art. 649 gli ha fissato per ricorrere in Cassazione.
Sovra del che vuoisi non omettere l'ovvio riflesso
che il codice parla sempre di giorni, e nei narrati ar
ticoli non determina che i giorni si debbano computare ad ore ; e che quando, come nella specie, l'udienza sia
stata chiusa e la proclamazione della sentenza abbia
avuto luogo alle ore 3 e mezzo pomeridiane, non ri
marrebbero più i cinque giorni utili per appellare;
epperciò il giorno in cui la sentenza fu pronunziata non si può computare nell'anzidetto termine.
Così decideva questa suprema Corte, e segnatamente sul ricorso Domeniconi, addì 27 febbraio 1868, avver
tendo che tale era la sua conforme giurisprudenza; Per questi motivi, accogliendo il ricorso, annulla la
sentenza, ecc.
(1) Vedi in proposito le sentenze riferite nel Foro it., 1879, col. 371
e 198; 1877, col. 504; V. poi in senso conforme alla sentenza che an
notiamo, stessa Corte, 21 giugno e 28 luglio 1876 (Mon. tribMilano,
1876, 1065 e 1133).
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 20 maggio 1879, Pres. Eula, Est. Secco-Suardo,
P. M. Caccia (Conci, conf.) — Ric. avv. Leoncini.
Avvocati c procuratori — I*rovve«limenti iliscijili nari — Amnistia — S*rescrÌ2sone.
Ai provvedimenti d'indole disciplinare, come quelli emanati dai Consigli di disciplina contro i procu
ratori, non è applicabile l'amnistia. (1) E neppure è applicabile la prescrizione stabilita dal
codice penale. (2)
(1-2) In senso conforme, riguardo all'amnistia e per identità, anzi a maggior ragione, riguardo alla prescrizione, vedi Cass. Firenze,
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