+ All Categories
Home > Documents > PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 5 dicembre 1876, Pres. Ghiglieri P., Est. Salis —...

PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 5 dicembre 1876, Pres. Ghiglieri P., Est. Salis —...

Date post: 08-Jan-2017
Category:
Upload: phungduong
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
Udienza 5 dicembre 1876, Pres. Ghiglieri P., Est. Salis —Ric. Paciulli (Avv. Camerini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 2, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1877), pp. 51/52- 55/56 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23080757 . Accessed: 18/06/2014 14:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.31 on Wed, 18 Jun 2014 14:28:50 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 5 dicembre 1876, Pres. Ghiglieri P., Est. Salis — Ric. Paciulli (Avv. Camerini)

Udienza 5 dicembre 1876, Pres. Ghiglieri P., Est. Salis —Ric. Paciulli (Avv. Camerini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 2, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1877), pp. 51/52-55/56Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23080757 .

Accessed: 18/06/2014 14:28

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 62.122.79.31 on Wed, 18 Jun 2014 14:28:50 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 5 dicembre 1876, Pres. Ghiglieri P., Est. Salis — Ric. Paciulli (Avv. Camerini)

51 PARTE SECONDA 52

investiti della giurisdizione di giudicare, una sorta di

Commissione di cui al pubblico parrebbe ignota l'origine

e la genesi del loro potere.

La ragione per cui l'estrazione dei giurati e le opera

zioni di ricusa si fanno a porte chiuse, è una ragione

tutta speciale a quelle operazioni ; ed è quella di meglio

tutelare la libertà delle ricusazioni, ed evitare gli in

convenienti dipendenti dal rendere pubbliche quelle ope

razioni sì a riguardo delle parti che hanno il dritto di

ricusa, come anche per rispetto agli stessi giurati ricu

sati ; quindi a porte chiuse devono farsi tutti gli atti e

gli incidenti, contenziosi o no, che fanno parte della

estrazione e dell'operazione della ricusazione. Ma ces

sata l'estrazione e composto il giurì, cessa il fine della

legge che avea creata l'eccezione della non pubblicità ;

e riprende vigore la regola generale stabilita nell'arti

colo 268, C. pr. pen. ; e non essendo stata osservata la

regola della pubblicità in una parte sostanziale ed im

portantissima, è stata incorsa la nullità ivi sancita.

Sul secondo mezzo: Attesoccliè il processo verbale

del dibattimento certifica che « ciascuno dei testi moni separatamente e colle cautele di cui all'art. 301

del Cod. di proc. penale fece la sua deposizione oral

mente senza essere interrotto, e previo il giuramento che ha prestato di dire tutta la verità, e null'altro che

la verità, a mente degli articoli 297, 299, detto Codice,

rispondendo nel giurare che prometteva di dire tutta la

verità, null'altro che la verità. »

La formula usata in questo verbale è espressa negli stessi termini in cui è formulato l'art. 297 così conce

pito: « I testimoni, prima di essere sentiti, presteranno a pena di nullità il giuramento di dire tutta la verità,

null'altro che la verità. » Il verbale attesta che questa formalità sostanziale fu osservata. Le parole susse

guenti dimostrano che non solamente fu osservato

quanto prescrivesi nell'art. 297, di essere stato prestato il giuramento colla pronunciazione della parola : giuro di dire tutta la verità, null'altro che la verità ; » ma

ancora l'altra formalità dell'atto materiale esterno or

dinato nell'art. 299 : « Stando in piedi, tenendo la mano

destra sovra i santi evangeli, alla presenza dei giudici. »

Bensì a dare maggior energia all'atto il cancelliere cre

dette conveniente ripetere, che ciascun testimone nel

giurare promise di dire « tutta la verità null'altro che la

verità. » In queste ultime parole potrà notarsi una su

perfluità ; ma non potrà dedursene l'inosservanza della

formalità prescritta nel citato art. 297, Cod. pr. pen. Ed

a convincerne basterà ricordare le parole del celebre

Giovanni Kahl, àlias Calvino, nel suo Lessico giuridico alla parola: Juramentum, dove leggesi : Juramentum

affirmatio est, vel negatio sacrae rei assertione, vel atte statiove firmata. Dicitur autem, ut et jusjurandum, a juro, quodproprie significat (teste Oldendorp) promitto me adhibitis testibus ita servaturum, ac si ius esset: cum

que nullum sit praesentius testimonium, quam divini no

minis, fit, ut timjurare dicamur, cum Deum invocamus testem. Quindi ogni giuramento contiene implicitamente una promessa di una affermazione o negazione, fatta col

chiamar Iddio o le cose sagre in testimonianza della ve

rità. Onde lo iurato promittere, che si riscontra nella

legge ultima Dig. Qui satisd. cogantur. Colui dunque, che nel giurare promette di dire tutta la verità, fa una

giurata promessa di diritto, cioè giura di dire tutta la

verità.

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 5 dicembre 1876, Pres. Origlieri 1'., Est. Salts

— Ric. Paciulli (Avv. Camerini). Moglie — Querelante — Agguato — Pre-meditazione

— Questioni distinte — Compagna dell'ucciso —

Testimone — Giuramento (Cod. proc. pen., art. 104,494 Cod. pen., art. 528, 529, 534; D. luogot. 17 febbr. 1861).

Quando consti che la querelante non era moglie, ma sem

plicemente compagna od amica dell' ucciso, essa deve

considerarsi quale testimone in causa, e udirsi con giuramento. (1)

Quando nell'accusa concorrono Vagguato e la premedita zione sull'uno e sull'altra possono proporsi questioni distinte ai giurati.

La Corte, ecc. — Sul 1° mezzo principale: Attesoché

questo mezzo presenta una questione che raramente si

presenta nei suoi particolari. Si tratta di decidere se una

donna, che nella procedura scritta si querelò assumendo il titolo di moglie dell'ucciso, debba essere sentita senza

giuramento o con giuramento nell'orale discussione in

cui prima dell'esame si scuopra che non era legittima

moglie, ma semplice compagna od amica dell'interfetto, nella causa del cui omicidio è chiamata a deporre.

La ragione del dubitare è grave nell'uno e nell'altro

senso.

In sostegno dell'opinione, che a tal donna non si do

vesse deferire il giuramento, potrebbe dirsi che una

donna, nella quale colla morte del suo amico non si

spense l'affetto, che, anzi, si estrinsecò in una manife

stazione così dolorosa, come è la querela portata avanti i tribunali per vendicare l'assassinio dell'estinto com

pagno e farne punire gli autori, somministrando le

pruove della loro reità, non può inspirare quella fiducia

di calma imparzialità che si ricerca nel vero testimone ;

quando anche poi apparisca che cotal donna non godesse dello stato di moglie legittima. Imperocché nell'art. 104

del Cod. di proc. pen. le parole « offesa o danneggiata »

sono parole generali che si estendono ad ogni offesa o

danno che non solo direttamente, ma anche indiretta

mente derivi dal reato commesso ; quindi deve ritenersi

per vero legale querelante chiunque si quereli ed abbia

interesse che il delitto non avvenisse; e tanto è vero che la

legge ammette a querelarsi qualunque persona diretta

mente od indirettamente, pecuniariamente o moralmente

interessata, che usa l'espressione « si pretende offesa o

danneggiata: » basta dunque che il querelante creda

(1) Come ogni vincolo, compreso quello del matrimonio religioso, se non derivi da matrimonio valido secondo le leggi civili, non possa avere influenza nelle questioni di capacità a testimoniare, ved. conf. Cass. Firenze, 31 genn. 1873, Legge, 1873, 355.

This content downloaded from 62.122.79.31 on Wed, 18 Jun 2014 14:28:50 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 5 dicembre 1876, Pres. Ghiglieri P., Est. Salis — Ric. Paciulli (Avv. Camerini)

53 GIUEISPRUDENZA PENALE 54

d'essero stato offeso o danneggiato. E qui si potrebbe

soggiungere che devesi distinguere la querela dall'azione

civile. Per la costituzione di parte civile sono maggiori i requisiti per avere a scopo il risarcimento del danno;

la querela però ha per fine la punizione del colpevole.

Quindi se nel caso proposto la donna che non sia legit tima moglie, non può costituirsi parte civile nè possa

pretendere risarcimento di danno, perchè non risentì dal

delitto un danno diretto ed immediato ; non perciò può, non ritenersi per querelante, giacché una volta che ma

nifestò l'intenzione di vendicare la morte del suo amico, e compagno, e volere la punizione di chi gli tolse la vita,

ha manifestato avere nella causa un interesse reale e

vero, derivante dalla coabitazione e convivenza, ed af

fezione verso l'ucciso. Nè la legge coi freddi suoi det

tati può soffocare e strozzare questi sentimenti natu

rali ai quali il magistrato deve accomodare i suoi atti.

In contrario senso però si osserva che per avere il

diritto di porger querela, è necessario avere un inte

resse personale diretto ed esistente nell'oggetto per cui

si intende muover querela: che quand'anche si ammetta

che basti un danno indiretto, esso deve derivare da

un interesse per una causa onesta. Può essere bensì

ammessa la querela a causa di un interesse indiretto,

quando nell'offesa fatta ad un nostro congiunto, parente od affine, noi vendichiamo quella parte di offesa che si

ripercuote sopra di noi stessi pel vincolo legittimo e na

turale. Ma siccome l'esistenza di questi legami è la fonte

dell'interesse; così se consti che tali vincoli non esiste

vano, la querela cade. Quando la legge ammette a que relarsi chiunque si pretende offeso o danneggiato, non

vuol significare che sia valida la querela di qualsiasi

persona che si dica o si creda offesa o danneggiata, an

che allora che comparisca falsa od erronea la causa

d'onde si faceva derivare l'interesse. Bensì vuol dire

che l'uffìziale giudiziario, da chi vuol querelarsi non

debba richiedere a priori la giustificazione deli' inte

resse, o come nel caso presente, la prova del titolo di

moglie, nè respingere sotto tal pretesto a suo arbitrio

le querele, che nel progresso dell' istruzione possono

chiarirsi giuste e legittime. Nè vale il dire che una persona, la quale colla querela, sebbene illegale, ha

mostrato l'animo suo disposto alla vendetta dell'offesa

fatta a persona cara, non possa più considerarsi come

testimone integro e degno di fede. Conciossiachè non è

qui il caso di disputare della credibilità di tal testi mone; perchè allora l'incapacità di far testimonianza

sarebbe sconfinata, mentre l'affezione, l'amore, l'odio,

possono riscontrarsi in molti testimoni, dei quali niun

dubita, che possano essere intesi con giuramento. Sib

bene si tratta di vedere, se tal persona debba noverarsi

tra quelli che la legge dichiara incapaci di far testimo

nianza eccetto che per semplici schiarimenti.

Or la categoria di tali persone è tassativamente limi

tata dalla legge, nè deve estendersi oltre i termini, i

casi e le condizioni determinati dal legislatore. La cre

dibilità del testimone non dipende da valutazioni fatte

a priori dalla legge, ma dagli apprezzamenti che fa il

giudice della sua deposizione, non tanto per le cause

apparenti di affetto o di odio, quanto per altri motivi e ragioni.

Questa Suprema Corte, considerate tali osservazioni, viene nella sentenza, che quantunque Filomena Tocco

telli porgesse querela per l'omicidio commesso in per sona di Bartolommeo Garbarrini contro gli autori e com

plici, ed avesse somministrate delle prove ; nientedimeno

avendo prima dell'esame dichiarato, che essa non era

moglie, ma compagna del medesimo Gorbattini, con

tale dichiarazione perdette la qualità di querelante, e

come tale non poteva essere dispensata dal giuramento.

Qualunque fosse la causa onesta o disonesta della loro

coabitazione, non esistendo il legame maritale, veniva

chiarito che la Toccotelli non poteva aver più pretesa a

dirsi offesa o danneggiata dal reato commesso. Vi fu di

fatto una querela : ma era illegale, invalida, e quindi

quella donna non potè vestire la qualità giuridica di querelante ; e la Corte d' assise ritenendola querelante nel vero senso della legge, violava la medesima legge col non deferirle giuramento, che non era vietato dalla

affezione non consacrata dal matrimonio legale. Nò giova il dire, che se la Toccotelli non era quere

lante poteva aversi come denunciante avente un perso nale interesse, interesse, che secondo le note massime

di giurisprudenza poteva essere solamente morale, e

derivante da altro titolo, e da altra causa distinto dal

titolo di moglie legittima. Imperocché nè il presidente nò la Corte d'assise hanno

parlato di altro interesse, che di quello espresso nella

querela, nella quale la Toccotelli comparve e figurava come moglie, e moglie non era dell'ucciso : e nel verbale

del dibattimento leggesi che non le fu deferito giura mento perchè era querelante.

Il presidente e la Corte non accennarono, che la Toc

cotelli fosse denunciante avente altro interesse perso nale che quello di moglie. Nè apparendo, che la mede

sima testimone sia stata considerata come denunciata, nè che siavi avuto riguardo ad altro interesse personale distinto da quel di moglie, non può questo supremo col

legio supporre qualità ed interessi che non consti di

essere stati avuti in calcolo.

Sul secondo mezzo principale: Attesoché gli oggi ri correnti Paciulli erano accusati dell'assassinio com

messo con premeditazione ed agguato nella persona di

Bartolomeo Garbarrini; il presidente della Corte d'As

sise quindi non doveva nè poteva dispensarsi dal porre le relative questioni sulla premeditazione e sull'agguato.

Il Codice penale distingue queste due circostanze ag

gravanti con darne la definizione rispettiva negli arti

coli 528 e 529 : ed essendo diversi i termini, ed i con

trassegni non potevano cumularsi in una stessa que stione senza produrre una vera confusione. La riunione

dei loro elementi era tanto più da evitarsi, in quanto la

provincia d'Aquila dove il reato era commesso è retta

dal decreto luogotenenziale del 17 febbraio 1861, che

modificò alcuni articoli del Codice penale comune; ed

ivi l'omicidio volontario commesso con prodizione o

agguato, salvo il caso che la predizione o l'agguato costi

tuisca premeditazione, è punito coi lavori forzati a vita

This content downloaded from 62.122.79.31 on Wed, 18 Jun 2014 14:28:50 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 5 dicembre 1876, Pres. Ghiglieri P., Est. Salis — Ric. Paciulli (Avv. Camerini)

55 PARTE SECONDA 56

(art. fi34, n" 1, Cod. pen. modificato): e quindi l'agguato,

se spesso s'aoeompagna alla premeditazione, talvolta

sta da se solo senza quella compagnia. Dunque una

questione che contenesse le due circostanze sarebbe giu

dicata complessa; perchè le due circostanze possono

avere diverse conseguenze, ed un sì a simile questione

non si sa se le abbracci entrambe, od una sola, e quale

delle due. Impertanto non è sempre vero, che l'agguato

sia mezzo di esecuzione coordinato alla premeditazione,

come si legge nel ricorso. Nò si dica che la terza que

stione relativa all'agguato doveva proporsi per il caso

che si fosse risposto negativamente alla seconda sulla

premeditazione. Imperocché la questione sull'agguato

non era questione subordinata, le due circostanze erano

contenute nell'accusa ; dunque i giurati dovevano es

sere interrogati su entrambe ; entrambe potevano stare

da sè senza contraddirsi, ma potevano pur farsi buona

compagnia. Cosa può opporsi a formulare le due sepa

rate questioni ? Quel che nel ricorso si dice di confon

dere le menti dei giurati è una fisima, manca di senso,

e di sostrato. Al secondo mezzo principale quindi è in

concludente, irrilevante ed inattendibile.

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI Udienza 10 novembre 1876, Pres. edEst. Narici — Ric.

Adamo.

Giurì — Dispense — Questioni — Omicidio mancato — Atti di esecuzione — Minore — Lavori forzati a

tempo — Reclusione (Cod. pen., art, 90, 96,97).

È inattendibile la doglianza circa le dispense accordate ai giurati in precedenti udienze. (1)

È completa la quistione del mancato omicidio, in cui siensi compresi la manifestazione della volontà omi

cida con atti di esecuzione, lo esaurimento di questi per parte dello agente, ed il mancato effetto per cir

costanze fortuite ed indipendenti dalla di lui vo lontà.

La pena dei lavori forzati a tempo, qualunque ne sia

il grado, si commuta, rispetto al maggiore degli anni 14 e minore dei 18, nella reclusione non eccedente

gli anni sette.

La Corte, ecc. — Osserva che il primo mezzo princi

pale intomo alle dispense accordate ad alcuni giurati nelle udienze precedenti quella della causa del ricor

rente non sia da attendersi, tra perchè niuna ragione si alleghi a dimostrare che si fossero concedute senza

legittima causa, e perchè essendo stata l'urna composta di nomi notificati allo accusato, ed avendo egli eserci tato interamente il suo diritto di ricusa, manchi d'inte resse ad impugnarle.

Osserva che insussistente sia il secondo mezzo circa la quistione del mancato omicidio; imperocché se giusta gli articoli 96 e 97 Codice, elementi constitutivi del reato

mancato sono la manifestazione della volontà di com

metterlo mercè atti di esecuzione, lo esaurimento della

serie di tali atti per parte dello agente, ed il manco

dello effetto per circostanze fortuite ed indipendenti dalla di lui volontà, completa debba dirsi la quistione, che da sè riunisca i succennati fattori.

Osserva che poco serio sia il primo mezzo aggiunto relativo alla omessa quistione sul difetto di prova della

intenzione omicida, non trattandosi mica di scusa am

messa come tale dalla legge, nè di fatto giustificativo. Che punto non regga il secondo circa la pena, dap

poiché lo articolo 90 Codice, il quale sancisce il modo

di commutazione delle diverse pene dovute al maggiore

degli anni 14 e minore dei 18, rispetto a quella dei la

vori forzati a tempo, contemplata nel n° 3, non fa al

cuna distinzione di gradi, e per norma generale deter

mina commutarsi nella reclusione non eccedente gli anni sette.

Che se impertanto la Corte di assise per il mancato

omicidio, punibile col primo grado dei lavori forzati, infliggeva la pena di anni sei di reclusione, può dirsi che abbia con soverchio rigore applicato la legge, ma non

che l'abbia violata. Per tali motivi, ecc.

(1) Come in genere, le ordinanze di dispensa di un giurato non possono andar soggette a censura in Cassazione, ved. Cass. Firenze, 18 marzo 1875, est. nel Rep. gen. an., voc. Giurì, § 1.

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 27 dicembre 1876, Pres. Poggi P., Est. Fer

rasi, P. M. Gloria — Ric. Verda ed Orzorelli.

Appello - Parte civile - Imputato - Interessi civili -

Composizione «Iella Corte - Numero «li Rilutici. (Co dice proc. pen., art. 398, 370, 421 — L. sull'ori!, giud., art. 67, 69.)

Quando l'appello da sentenza del tribunale correzionale è proposto soltanto dalla parte civile, o dall'imputato

pel solo suo interesse civile, deve proporsi esclusiva

mente avanti la sezione degli appelli correzionali della Corte, la quale pel giudizio deve essere composta nel

numero di quattro e non di cinque consiglieri (1). La Corte ecc.

Ritenuto che avendo il tribunale correzionale di Ve

(1) Secondo la Corte di cassazione di Firenze, sarebbe chiara, evi dente, fondata sulle più ovvie regole di diritto la tesi che essa ha sancito, e non si potrebbe altrimenti ritenere, senza confondere con ogni regola di legale ermeneutica, le leggi della procedura civile con quelle sull'ordinamento giudiziario. Ma la Corte di cassazione in Torino, anziché riconoscere giusta e legale la massima della con sorella fiorentina, la proclama dal suo canto, e ripetutamente, con traria allo spirito non meno che alla lettera della legge. Valgano a dimostrarlo le sentenze 11 luglio 1867, 13 maggio 1875, 15 marzo 1876 {La Giurisprudenza,, IV, 702; XII, 326; XIII, 227). Ed ove bene si osservi la decisione 27 dicembre 1876 della Cassazione di Firenze, tema di queste note, si dovrà dubitare che la decisione medesima sia stata presa ad unanimità di voti, se il consigliere relatore della causa non è il medesimo che estese la sentenza.

Seguirono i principii della Corte regolatrice di Firenze, le Corti d'appello di Casale, 12 marzo 1875 (Rossetti-Guglieri), 19 luglio 1875 {La Giurisprudenza, XII, 553); di Genova, 31 luglio 1875 (Gazz. dei Trib. di Genova, XXVII, 530); e di Bologna, 20 aprile 1876 {Foro ItalI, col. 278).

Adottarono quelli della Corte di cassazione torinese, le Corti d'ap pello di Milano, 28 luglio 1873, 27 dicembre 1871 {Monitore dei Trib., XIV, 786; XV, 198); di Torino, 23 e 27 febbraio 1875 {La Giurispru

This content downloaded from 62.122.79.31 on Wed, 18 Jun 2014 14:28:50 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended