Udienza 5 luglio 1916; Pres. Marsico, Est. Faggella D. —Ric. ManganoSource: Il Foro Italiano, Vol. 41, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1916), pp.481/482-483/484Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23118001 .
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GIURISPRUDENZA PENALE 482
messo in opera dal Vitti fosse quello di aver afferrato
per una gamba la ragazza mentre saliva le scale e che
in tale atto non si ravvisano gli estremi dell'oltraggio al pudore, modificò l'imputazione, e ritenne il Vitti re
sponsabile del delitto previsto dall'art. 458 cod. peke, e
lo condannò a lire cento di ammenda.
Contro questa sentenza ha ricorso il P. M., dedueendo
che il fatto costituisce il delitto di oltraggio al pudore,
e ha ricorso anche il Vitti, deducendo che la sentenza tra
scuri di ricercare l'elemento della pubblicità, voluto dal
l'art. 458 cod. penale.
Osserva che il tribunale, con incensurabile apprezza
mento di fatto, ritenne che era rimasto escluso che il
Vitti avesse commesso atti tali da offendere il pubblico
pudore,' essendosi limitato a molestare con deplorevole
petulanza la,Magalotti. L'unico atto positivo, quello di
afferrare la ragazza per una gamba, non era osceno, e
non costituiva, come ben ritenne il tribunale, un'offesa
al pudore pubblico. Il ricorso del P. M. è pertanto in
fondato. ■ ,
Osserva che del pari infondato è il ricorso del Vitti.
L'elemento della pubblicità risulta da tutta la sentenza
impugnata. Infatti il tribunale ritenne : a) che il Vitti avvicinò in pubblico (nella piazza Navona) la Maga
lotti; b) che in pubblico nella stessa piazza cominciò
a infastidirla ; e) che seguitò in pubblico (è nella stessa
piazza e per le vie adiacenti) a molestarla con le sue ga
lanterie ; d) che questo contegno petulante dell'imputato
si protrasse fin davanti al portone della casa e per le
scale. Tutti gli atti nei quali si concreta il reato ven
nero commessi, secondo l'apprezzamento del tribunale,
pubblicamente lungo le vie e per la pubblica piazza, in
modo che i passanti poterono assistere a tali atti di mo
lesta petulanza. Per questi motivi, rigetta il ricorso.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. (Seconda sezione penale)
Udienza 5 luglio 1916; Pres. Marsioo, Est. Faggella.
D. — Ric. Mangano.
Truffa — Frode in instarla di cmtgrMloM — Emi
grante — Concetta' — Fattispecie — Sentenza di
rinvio ebc esclude 11 lenocinlo — Sentenza di me
rito che ritiene la frode In materia d'emlgraslone — Contraddirtene insussistente (Cod. pen., art. 416;
L. 31 gennaio 1901, n. 23, art. 3, 6 e 28; reg. 10 luglio,
1901, n. 375, art. 182).
Tanto per il codice penale quanto per le leggi speciali
sulVemigrazione, emigrante e colui che si reca in
paete estero a seopo di lavoro anche se non debba
rimanervi stabilmente, ma solo per un tempo deter
minato. (1)
C»mmette truffa, punibile ai sensi delVart. 416 cod. pen.
e non dell'art. 3 della legge sull'emigrazione, ehi a
fine di lucro con la promessa di un onesto lavoro
ten retribuito (scrittura di canto) abbia indotto delle
donne a recarsi in un paese estero, dove invece non
hanno trovato il guadagno promesso e sono state con
dotte in un luogo di prostituzione.
(1) Oltre, che dagli art. 6 e 28 della legge 31 gennaio 1901
n. 23 il concetto di emigrante risulta dell'art. 3 della legge 2 agosto 1913 n. 1075 : Lopresti. Concetto ed estensione della respon sabilità nel trasporto emigratorio, 1915 .Roma, 23.
Non esiste contraddizione tra la sentenza di rinvio a
giudizio che eseluse nell'anzidetta fattispecie la figura del lenocinio e la sentenza del giudice di merito che
ritenne la truffa prevista dell'art. 416 cod. penale. (2)
La Corte: — Il console italiano a Malta, nel mag
gio 1913, informò il Ministero dell'interno che una certa
Vittoria Di Giorgio inviava a Malta giovani minorenni, le quali si prostituivano. In seguito ad indagini oppor " tunamente disposte dalla questura di Geno.va, si accertò
che la Di Giorgio esercitava su vasta scala la tratta
delle bianche, simulando di mandare le minorenni a
cantare a Valletta, mentre, in realtà, esse si prostitui vano. E si accertò che sotto il falso nome di Vittórina
Di Giorgio si celava la Rosaria Mangano, la quale fu
perciò rinviata a giudizio per rispondere del delitto con
tinuato, previsto dall'art. 416 cod. penale. E il tribunale di Genova, con sentenza 18 giugno
1915, condannò in contumacia la Mangano per tale reato
a 85 mesi di reclusione e lire 3500 di multa.
Appellò la Mangano, mj la Corte di Genova, con
sua sentenza 12 ottobre 1915, ridusse la pena della reclu
sione a mesi 28, e quella della multa a lire 2600, e con
fermò nel resto la sentenza appellata. Ha rioorso per cassazione la Mangano, deducendo,
con motivo principale, la violazione dell'art. 416, per chè essa si sarebbe limitata a stipulare un contratto per
poche recite con coppie di artisti.
Con motivi aggiunti deduce:
1° Violazione dell'art. 416 :
a) perchè le ragazze, partite per cantare a Malta, non potevano considerarsi emigranti a sensi dell'art. 6
della legge sull'emigrazione;
b) perchè, anche a considerarle emigranti, si trat
terebbe di emigrazione temporanea, mentre la legge si
riferisce all'emigrazione permanente;
c) vigendo la legge sull'emigrazione al tempo del
l'entrata in vigore del codice penale, questo codice intese
riferirsi a tale legge, la quale non autorizza a confondere
il viaggiatore coll'emigrante ;
d) perchè mancherebbero, nella specie, i fatti insus
sistenti, che avrebbero indotte le ragazze ad emigrare;
e) perchè non accerta la sentenza la coscienza nella
Mangano dell'insussistenza dei fatti addotti per persua dere le ragazze ad emigrare;
2° Violazione dell'art. 416 cod. pen., e 417 e 485
cod. proc. penale. La sentenza poggia tutta sul presupposto che la Man
gano inviò le ragazze a Malta sotto pretesto di farle
cantare in un caffè-concerto, ma, in realtà, per farle
prostituire.
Ora, questo concetto è contraddetto dalla sentenza
del giudice istruttore, che, nell'escludere l'imputazione
per lenocinio, escludeva nello stesso tempo tale finalità
nella Mangano;
8° Il fatto costituirebbe, tutt'al più, il reato di cui all'art. 8, ultimo capov., della legge sull'emigrazione,
escluso dal giudice istruttore.
4° Violazione dell'art. 414, n. 3, cod. proc. pen., per
difetto di motivaaione sull'estremo del fine di lucro. Il
compenso che la Mangano aveva per la scritturazione
delle ragazze non è quel lucro derivante del reato, ma
un lucro derivante da un fatto leeito (il contratto di
(2) Circa il valore delle sentenze di rinvio a giudizio vedif 19 giugno 1916, Visetti (retro col. 370).
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scritturazione); nè la sentenza dimostra che la Mangano abbia conseguito un lucro maggiore...
Osserva che l'art. 416 cod. pen., colpisce l'azione delit
tuosa di coloro che inducono i cittadini ad emigrare,
ingannandoli con false notizie e con fatti insussistenti.
Rientra indubbiamente nel fine della norma la tutela
dell'emigrante. Ma emigrante, e per il codice penale e
per le leggi speciali sull'emigrazione, non è soltanto
colui che si rechi in territori esteri per rimanervi sta
bilmente e per sempre. Accanto all'emigrazione perma nente v'è l'emigrazione temporanea, e all'una e all'altra
si riferisce la tutela delle nostre leggi. Come si desume specialmente dagli art. 6 e 28 della
legge del 1901, è lo scopo di lavoro che principalmente
distingue l'emigrante da tutti gli altri cittadini che si rechino in un paese estero per uno scopo diverso. E lo
scopo di lavoro offre il criterio per determinare le classi
di persone a cui gli emigranti appartengono (operai, con
tadini, ed in genere, tutti coloro che traggono diretta
mente e principalmente dal proprio lavoro i mezzi di
sussistenza). E tali classi di persone, sia che emigrino per un tempo
determinato più o meno lungo, o per sempre, sono quelle che hanno bisogno della speciale protezione della legge,
perchè possono più facilmente trovarsi in paese estero
prive di mezzi ed esposte a pericoli e a danni.
A siffatto criterio che caratterizza l'emigrazione in
genere, la legge del 1901 aggiunge altre due condizioni, ma unicamente per distinguere l'emigrazione transocea
nica, per la quale è predisposta una efficace tutela; a) che
l'emigrante viaggi in terza classe o in una classe equi
valente; b) che il paese a cui egli sia diretto si trovi
oltre il canale di Suez e lo stretto di Gibilterra.
E l'art. 182 del regolamento considera come perma nente tale emigrazione, e distingue le penalità dalla legge
speciale stabilite e per questa e per l'emigrazione tem
poranea. Ciò posto, non può dirsi che non fossero emigranti
le persone che furono dalla Mangano indotte con inganno a recarsi a Malta, perchè esse, come ritennero incensu
rabilmente i giudici di merito, andavano colà a scopo
di lavoro per rimanervi per un certo tempo (alcune per sei mesi) e per procacciarsi col lavoro i mezzi di sussi
stenza e qualche guadagno. • Osserva che la sentenza pose in rilievo tatti gli ele
ménti costituitivi del delitto previsto dall'art. 416, tra
i quali l'inganno attuato dalla Mangano coll'addurre
fatti insussistenti, e il dolo specifico, cioè la coscienza in
lei della insussistenza dei fatti addotti. E i fatti insus -
sistenti si riferivano:
a) alla retribuzione o al guadagno che si lasciava
sperare ;
b) al lavoro che si assicurava. Secondo la sentenza
impugnata, le giovani donne si inducevano ad emigrare
per le assicurazioni date loro dalla Maagano, che avreb
bero a Malta esercitato un onesto lavoro, e che sareb
bero state restribuite con dieci lire al giorno, oltre il
vitto, l'alloggio e le spese di viaggio ; ma, giunte a
Valetta, si accorgevano della falsità di tali assicura
zioni, perchè il guadagno non era quello promesso, ed
esse venivano avviate e condotte in un luogo di pro
stituzione.
La scrittura con cui venivano ingaggiate le giovani
donne era un mezzo per indurle a partire, perchè si
dava loro ad intendere che si trattasse di un lavoro
onesto, mentre a Malta esse venivano lasciate prive di
mezzi in un ambiente di corruzione, in un preteso caffè
concerto (l'Ahlambra) che era un vero e proprio luogo di prostituzione, e, come tale, conosciuto e frequentato.
E la Mangano, secondo la sentenza, era in perfetta conoscenza di tutto ciò; era stata frequentatrice e attrice
in quel luogo al quale avviava le giovani scritturate,
si spacciava per sorella del proprietario o direttore del
caffè-concerto; accompagnava a Malta le donne che scrit
turava ; esercitava, in tal modo, la tratta delle biantht,
per professione abituale, tanto che richiamò sull'opera sua l'attenzione del R. Console che ne riferì al Governo
eentrale; era tanto consapevole dall'illiceità del suo ape
rato, che assumeva falsi nomi.
Pertanto, di fronte a questo complesso di circostanza
enumerate nella ssntenia, giustamente i giudici di merit»
affermavano non solo l'inganno prodotto mediante fatti
inesistenti, ma anche il dolo specifico. Concorre del pari l'altro estremo del delitto: il fine
di lucro, come ha ritenuto con apprezzamento incensu
rabile la Corte di appello. E il lucro che la Mangano ritraeva era indubbiamente illecito, come illecita era
l'opera da cui esso aveva causa ed origine. Osserva che non esiste contraddizione tra la sentenza
impugnata che condanna la Mangano per il delitto pre visto dall'art. 416, e quella del giudice istruttore che la
prosciolse dall'imputazione di lenocinio. La prima afferma
la frode compiuta mediante fatti inesistenti, o falsi, la
seconda esclude il fine diretto di servire all'altrui libi
dine.
Inoltre, il concorso degli elementi specifici propri del
delitto previsto dall'art. 416: a) fatti inesistenti con Cui
si consuma l'inganno; b) scienza nell'agente della inesi
stenza dei fatti addotti ; e) fine di lucro, ritenuti ed
affermati dalla Corte di appello, escludono che i lfatto
.rientri nell'ipotesi più mite di reato, configurata nell'art. 3
della legge sull'emigrazione, che prescinde da questi elementi.
Per questi motivi, rigetta il ricorso.
CORTE Di CASSAZIONE Di ROMA. (Prima sezione penale)
Udienza 6 luglio 1916; Pres. Gux, Est. Bianchi — Ric.
Mattioli.
Provocation» — Omicidio colposo — Incompatibility
(Cod. pen., art. 71 e 371). filari — (Questioni — Clreeatan» dirimenti o sca
nnati —. fi litri to del presidente — Appressamento
■ alle risaltante processuali — Kullltt — Condanna
per omicidio colposo — Irrilevanza (Cod. proc. pen., art. 445; cod. pen., art. 371 e 376).
È incompatibile la scusante della provocazione con la
figura giuridica dell'omicidio, colposo. (1) Il presidente della Corte d'assise non può rifiutarsi di
proporre le questioni su cause escludenti o diminuenti
l'imputabilità con motivi tratti da apprezzamenti delle
risultanze processuali e del pubblico dibattimento. (2)
E, trattandosi di causa escludente la responsabilità, per omicidio volontario, la conseguente nullità non resta
(1) Contra, Sermonti, tie sia eonciliabite la diminuente della pro vocazione con la figura del delitto colposo, in Scuola pos., 1915, 637.
(2) Conforme, 17 aprile 1916, Targioni (retro col. 335, eoa nota di richiami).
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