Udienza 5 maggio 1938; Pres. De Ficchy, Est. Carini, P. M. Tancredi (concl. conf.) —Ric. P. M. c.Vitanza (Avv. Macherione)Source: Il Foro Italiano, Vol. 63, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1938), pp.33/234-235/236Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23136187 .
Accessed: 24/06/2014 22:13
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.34.79.228 on Tue, 24 Jun 2014 22:13:06 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
33 GJUR1SPKUDENZA PENALE
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Prima sezione penale)
Udienza 24 gennaio 1938 ; Pres. Tellini, Est. Serena
Monghini, P. M. Tancredi (conci, conf.) — Ric.
P. M. c. D'Afflitto (Avv. Pinocchi).
{Sent, denunciata : Assise Bolzano 5 maggio 1937)
Ufficiale pubblico — Ricevitore del lotto — E' tale
(Cod. pen., art. 357). Abuso di autorità e violazione dei doveri inerenti
a un pubblico ufficio — Interesse privato in af
fari di ufficio — Nozione — Fattispecie Cod. pen., art. 324).
I ricevitori del lotto pubblico sono pubblici ufficiali. (1) Prendere interesse privato in un atto della pubblica am
minisìrazione significa trarre profitto personale e pri vato dall'atto, in dipendenza di una qualsiasi inge renza illegittima esercitata in qualunque dei momenti
attinenti alla formazione o all' esecuzione dell'atto. (2) Non commette tale reato il ricevitore del lotto che prende
un compenso dai vincitori per pagare loro anticipa tamente i premi.
La Corte : — ... Come rileva ilP. M. ricorrente, sotto
l'impero del codice penale abrogato la giurisprudenza di
questo Supremo Collegio affermò costantemente la qualità di pubblico ufficiale dei ricevitori del lotto pubblico.
Tale qualità deve essere riconosciuta a più forte ra
gione in applicazione delle norme del codice penale vi
gente. Secondo la sentenza impugnata il ricevitore del lotto
non dovrebbe essere considerato pubblico ufficiale, per chè nei compiti a lui assegnati non si riscontrano ele
menti tali da lasciare ritenere la volontà sovrana dello
Stato ; la difesa dell' imputato a sua volta ha insistito
particolarmente sul rilievo che il ricevitore del lotto,
per la natura dei suoi rapporti con la pubblica ammini
strazione, non può essere considerato un impiegato dello
Stato.
Occorre subito osservare che per il disposto dell'arti
colo 357 cod. pen. sono pubblici ufficiali non soltanto gli
impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico che
esercitano permanentemente o temporaneamente una pub blica funzione legislativa, amministrativa o giudiziaria, ma tutti coloro che esercitano permanentemente o tem
poraneamente, gratuitamente o con retribuzione, volonta
riamente o per obbligo una delle pubbliche funzioni sud
dette. E' pertanto alla funzione esercitata che occorre
riferirsi per stabilire se la persona debba considerarsi
pubblico ufficiale agli effetti della legge penale, e non
già, come sostiene la difesa dell' imputato, ai rapporti che intercedono tra la persona da un lato e lo Stato o
gli altri enti pubblici dell'altro. Deve a questo proposito affermarsi senz'altro che le funzioni esercitate dal rice
vitore del lotto concorrono, in maniera evidente, a for
mare la volontà dello Stato. Sta in fatto che coli' incas
sare l'importo delle giocate nell' interesse della pubblica
amministrazione, col rilasciare le bollette, che costitui
scono altrettante obbligazioni dello Stato a pagare deter
minate somme, in caso di vincita, coll'eseguire i paga menti dei premi ai vincitori, il ricevitore del lotto con
corre ad attuare la volontà dello Stato in questa sua
particolare funzione amministrativa ; funzione ammini
strativa e non pubblico esercizio, in quanto coll'esercizio
in forma monopolistica del lotto lo Stato non soddisfa a
un bisogno della collettività, presupposto del pubblico
servizio, ma provvede ad assicurarsi cospicui proventi finanziari e a regolare una passione assai diffusa, che
(1) Conformi : 24 gennaio 1930, Portante (Foro it., Eep. 1930, voce Peculato, n. 25) ; 30 novembre 1934, Di Maggio (id., Eep. 1935, voce cit., n. 33).
(2) Conformi : Saltelli e Bomano-Di Falco, Comm. teorico
pratico del nuovo codice penale, Roma, 1930, vol. II, § 743.
sarebbe pericoloso abbandonare all' iniziativa privata, fina lità che ineriscono alla funzione sovrana dello Stato. Accertata la qualità di pubblico ufficiale del ricevitore del lotto, occorre trarne le necessarie conseguenze in ordine ai fatti ascritti all' imputato.
La Corte di Trento, per quanto concerne i fatti che secondo la sentenza di rinvio a giudizio del Giudice istrut tore avrebbero costituito il reato di cui all'art. 324 cod.
pen., ritenne che il D'Afflitto avrebbe percepito somme di varia entità da parte dei vincitori dei premi (che alia
stregua delle norme vigenti non sarebbero stati pagabili immediatamente) a compenso del pagamento immediato da lui eseguito mediante danaro proprio.
In questi fatti evidentemente non concorrono gli estre mi del reato preveduto dall'art. 324 cod. pen., il quale presuppone che il pubblico ufficiale prenda un interesse
privato in un atto della pubblica amministrazione presso la quale esercita il proprio ufficio. Prendere un interesse
privato in un atto della pubblica amministrazione significa trarre profitto personale e privato dall'atto, in dipendenza di una qualsiasi ingerenza illegittima esercitata in qua lunque dei momenti attinenti alla formazione o all'esecu zione dell'atto ; in altri termini può dirsi che si rende
colpevole del reato di cui all'art. 324 cod. pen. il pub blico ufficiale che innesta, intreccia, include illegittima mente il proprio interesse privato in un atto della pub blica amministrazione.
Nella specie 1' imputato non si inseriva illecitamente nell'esercizio delle pubbliche funzioni, egli si limitava
semplicemente ad eseguire un favore ai vincitori, che
avrebbero dovuto attendere per un certo lasso di tempo il pagamento dei premi : per tale favore, del tutto lecito, in quanto estraneo alle sue funzioni di pubblico ufficiale, egli poteva percepire un compenso sensa che potesse
parlarsi di un interesse privato preso in atto della pub blica amministrazione o di altro delitto . . .
Per questi motivi, accoglie, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Terxa sezione penale)
Udienza 5 maggio 1938; Pres. De Ficchy, Est. Carini, P. M. Tancredi (conci, conf.) - Ric. P. M. c. Vi tanza (Avv. Macherione).
{Sent, denunciata : Pret. Tortorici 18 gennaio 1938)
Esercizio arbitrari» «ti ragioni — Esercizio «li un»
servitù «li passaggio — Costruzione di 1111 muro
per impedirlo — Abbattimento del muro — In
sussistenza di reato (Cod. pen., art. 392).
Non commette esercizio arbitrario di ragioni chi, avendo
esercitato il diritto di passaggio su un fondo senza op
posizione, per continuare nel possesso del suo diritto
abbatte un muro che era stato costruito per impedir
gli il passaggio. (1)
La Corte : — ... E' scritto infatti nella sentenza de
nunciata che in base a pubblico istrumento 9 aprile 1892
la Vitanza esercitava il diritto di passaggio sul fondo ora
Franchina. Che senza avere mai avuto denegato tale di
ritto, o comunque sofferto molestia per esso, nel 1935 il
Franchina, per il fatto che nel suo istrumento di acqui sto del tondo non era fatto cenno della servitù, iniziò la
costruzione di un muro di cinta attorno al fondo, col che
(1) Nel senso ohe non commette reato chiusa violenza per difendere il suo possesso attuale di un immobile: 21 dicembre 1934. Boccardo (Foro it., 1935, II, 202, con nota di richiami).
Viceversa è stato ritenuto checommette esercizio arbitrario di
ragioni il proprietario di un fondo che con atti violenti impe disce l'esercizio di una servitù di passaggio anche se non sta
bilita in forza di un titolo : 31 maggio 1929, Fruscione (id., 1929,
II, 332, con nota di richiami).
li. Foro Italiano — Anno LX1I1 — Part» /7-16.
This content downloaded from 195.34.79.228 on Tue, 24 Jun 2014 22:13:06 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
235 PARTE SECONDA 236
si sarebbe impedito alla Vitanza il passaggio. Ultimato
il muro, la Vitanza praticò in esso una breccia che le
consentisse il passaggio e quando il Franchina ricostruì
il muro essa immediatamente di nuovo lo demolì per con
tinuare nel possesso del suo diritto.
Il Pretore pertanto, in applicazione del principio qui continuat non attentat, dichiarò che il fatto della Vitanza
non costituiva reato, uniformandosi così alla costante giu
risprudenza di questa Suprema Corte, e soggiunse che, caso mai, chi si era fatto ragione da sè medesimo con
violenza sulle cose, era il Franchina con la violenta e
clandestina costruzione del muro che impediva alla Vi
tanza di continuare nell'esercizio del suo diritto di pas
saggio. Per questi motivi, rigetta il ricorso.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Seconda sezione penale)
Udienza 15 dicembre 1937 ; Pres. Saltelli, Est. Me
loni, P. M. Santoni (conci, conf.) — Ricc. Russo
ed altri (Avv. Cardillo, Guzzardi, Castòrina).
(Sent, denunciata: App. Catania 10 febbraio 1937)
R issa — Pericolo pubblico — Baruffa con lancio
di sassi (Cod. pen., art. 588).
E' rissa ogni baruffa in cui i partecipanti vengono an
che al lancio di sassi, perchè siffatta manifestazione di violenza pone sempre in essere un pericolo all'in
columità delle persone ed all'ordine pubblico. (1)
La Corte : — ... Ricorrono per cassazione il Russo
Gaetano, il Lazzaro, lo Zingale e il JBurgaletto deducendo
a motivo la violazione dell'art. 588 cod. pen., assumendo
che la Corte di merito non poteva ritenere esistente il
reato di rissa mancando l'estremo del pericolo pubblico. La Corte suprema osserva che il motivo è infondato.
L'art. 588 punisce il fatto di chiunque partecipa a una
rissa per il solo fatto di parteciparvi, fatto che, nella
specie, hanno ritenuto, con incensurabile apprezzamento i Giudici del merito. E' rissa ogni baruffa in cui i parte
cipanti vengano anche al lancio di sassi, come nell'esame
del caso, a vie di fatto. Una siffatta manifestazione di
violenza pone sempre un pericolo alla incolumità delle
persone e all'ordine pubblico. Par questi motivi, rigetta il ricorso.
(1) Sull'obbiettività giuridica della rissa vedi : 2 luglio 1937, Marotta {retro, col. 119, con nota di richiami).
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Ter*» Bellone penale)
Udienza 31 marzo 1938; Pres. ed est. De Ficchy, P.
M. Cortesani (conci, parzialmente diff.) — Ric. P.
M. c. Scaravaggi (Avv. Pittaluga).
(Sent, denunciata: App. Addis Abeba 9 novembre 1937)
Africa italiana — Africa orientale italiana — Uf
ficiale pubblico — Zaptife — Quando )■ pubblico
ufficiale nei conironti del cittadino (Cod. pen., art. 357 ; ordinamento giudiziario per l'Eritrea appro vato con E. D. 20 giugno 1935, n. 1649, art. 92; ord. giudiziario per la Somalia approvato con E. D.
20 giugno 1935, n. 1638, art. 65 ; regolamento orga nico del Corpo della polizia coloniale approvato con
E. D. 10 giugno 1937, n. 1211, art. 4, 12 e 16).
Neil'Africa orientale italiana gli zaptiè rivestono la qua
lità di pubblici ufficiali nei confronti dei cittadini italiani solo quando son > di sentinella o in servizio
d'ordine o di pubblica sicurezza. (1)
La Corte : — Il Giudice dell'Eritrea, con sentenza 2
luglio 1937, dichiarò Scaravaggi Pietro colpevole di ol
traggio a pubblico ufficiale in danno dello zaptiè Ghez
zehei Braebi, perchè, trovandosi il 15 maggio 1937 in
una trattoria in Decamerè (Eritrea), prese a beffeggiare^ detto zaptiè, ivi recatosi per ordinare i pasti dei dete
nuti, ponendogli un cerchio di ferro al collo ed ingiun
gendogli, ridendo, di recarsi in caserma in tale attrez
zatura.
Ma la Corte di appello di Addis Abeba, con sentenza
9 novembre 1937, prosciolse l'imputato perchè il fatto
non costituisce reato, considerando che, a norma del
l'art. 92 del vigente ordinamento giudiziario per la Co
lonia Eritrea, la qualità di pubblico ufficiale spetta ai mi
litari indigeni solo quando siano comandati in servizio di
sentinella, d'ordine o di pubblica sicurezza, mentre nella
specie lo zaptiè non era stato comandato per niuno di
detti servizi.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore ge nerale presso la suddetta Corte ; e ha dedotto che il mi
litare indigeno, pur non essendo investito sempre di auto
rità di fronte al cittadino italiano, come rappresentante della pubblica amministrazione, non perde mai il diritto
allo speciale rispetto che da chiunque è dovuto quando è in servizio; che, quanto meno, resterebbe la meno grave
figura dell'oltraggio all'incaricato di un pubblico servizio, a termini dell'art. 344 cod. penale. La motivazione della
sentenza, egli osserva, infine, è difettosa in quanto ha
negato il concorso dell'elemento intenzionale ; poiché la
conclusione logica che poteva ricavarsi dalle risultanze
processuali era, se mai, la insufficienza delle prove, non
la certezza della inesistenza del dolo.
Attesoché il ricorso non ha giuridico fondamento.
Giova anzitutto premettere, come opportunamente ha ri
levato la sentenza impugnata, che la norma codificata
nell'art. 212 cod. pen. eritreo (pur non essendo questo entrato in attuazione) serve essenzialmente di guida al
l'interprete per fissare i limiti di applicazione dell'arti
colo 92 del vigente ordinamento giudiziario. Or poiché il citato art. 242 dispone che i sudditi coloniali, i mili tari regolari, ecc., sono considerati pubblici ufficiali solo in rapporto ai sudditi coloniali ed assimilati, la norma
dell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario non può avere una
più estesa interpretazione, a meno che questa non sia
rtsa palese dalla lettera della disposizione o da soprav venute modificazioni di quelle alte considerazioni di ca
rattere politico che avevano ispirato la disposizione del l'art. 242 del codice. La lettera dell'art. 92 dell'ordina mento giudiziario, precisamente conforme a quella del
l'art. 65 dell'ordinamento giudiziario per la Somalia, rende invece evidente che quelle alte considerazioni che
avevano di già ispirato il legislatore nel dettare la norma dell'art. 242 furono del tutto tenute presenti e fatte pro
prie nel formulare la disposizione dell'art. 92 ; giacché
questo, mentre rispetto ai sudditi coloniali conferisce
qualità di pubblico ufficiale ai sudditi coloniali ed assi milati che esercitano funzioni giudiziarie e di polizia,
rispetto alle altre persone, fra cui certamente sono i cit
tadini metropolitani, attribuisce la detta qualità solo ai
militari indigeni quando siano in servizio di sentinella, di ordine e di sicurezza pubblica. Dal che discende che
al di fuori dei detti casi tassativi, i militari indigeni non possono rivestire qualità di pubblici ufficiali nei confronti
dei cittadini metropolitani. Or poiché è rimasto incensu
rabilmente accertato che nella specie lo zaptiè Ghezzehei
non attendeva ad alcuno dei suddetti servizi, allorché fu
vittima delle deplorevoli offese dello Scaravaggi, egli è
certo che, a norma delle vigenti disposizioni, le dette
(1> Vedi la sentenza della Corte d'appello di Addis Abeba, confermata dalla Cassazione, retro, col. 9, con nota di richiami.
This content downloaded from 195.34.79.228 on Tue, 24 Jun 2014 22:13:06 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions