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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 6 febbraio 1913; Pres. ed Est. Lucchini, P. M....

Date post: 27-Jan-2017
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Udienza 6 febbraio 1913; Pres. ed Est. Lucchini, P. M. Casella (concl. conformi) —Ric. Carta Source: Il Foro Italiano, Vol. 38, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1913), pp. 255/256-257/258 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23114526 . Accessed: 28/06/2014 08:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.184 on Sat, 28 Jun 2014 08:09:54 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 6 febbraio 1913; Pres. ed Est. Lucchini, P. M. Casella (concl. conformi) —Ric. CartaSource: Il Foro Italiano, Vol. 38, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1913), pp.255/256-257/258Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23114526 .

Accessed: 28/06/2014 08:09

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

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PARTE SECONDA

cauzione; b) le norme per il reparto dei canoni tra i sin

goli esercenti consorziati, o tra le rispettive classi ; c) quelle

per la risoluzione dei reclami e per le riscossioni dei ca

noni individuali; d) i casi in cui è ammessa la reces

sione dei soci, e le modalità per la reimposizione delle

quote di costoro; e) nonché quanto altro si riferisca alle

assemblee generali, ai bilanci, ed al reparto degli utili

e delle perdite. Da ciò consegue che tra i consorziati ha luogo un

contratto di società, in virtù del quale rimangono tutti

responsabili verso il Comune pel pagamento del dazio,

ed obbligati reciprocamente, in primo tempo al versa

mento delle rate per la formazione della cauzione, ed in

prosieguo al pagamento dei canoni individuali fissati per

ciascuno dalla delegazione esecutiva, canoni individuali

che rappresentano appunto le quote colle quali si deve

formare per lo meno approssimativamente il canone in

tero, che è dovuto in ogni anno al Comune.

Come corrispettivo di tali obblighi, i consorziati si

impromettono il profitto che sperano potere ritrarre dalla

dividenda delle riscossioni dei dazi dovuti dai contri buenti non consorziati e da quelli di nuovo impianto,

nel senso che qualora ammontino, tali riscossioni, a somme

vantaggiose, essi vengano, in definitivo, a pagare sopra

i propri esercizi somme minori di quelle che da ciascuno

sarebbero dovute. Ed è manifesto che lo scopo, od ob

biettivo ultimo, al quale mira ogni consorzio di contri

buenti, è appunto quello della previsione, o speranza,

che le riscossioni per dazio a carico degli altri contri

buenti, presentino, di anno, in anno, un aumento : diver

samente non saprebbe comprendersi per qual ragione i

consorziati si verrebbero ad assoggettare non solo al

versamento di una cauzione, ma anche al reparto del ca

none verso il Comune; col quale pagamento, essi, mentre

soddisfano i loro eventuali debiti per dazio, anticipano

quelli dovuti per gli esercizi di vendita dagli altri con

tribuenti.

Osserva, ciò premesso, che se col consorzio sorgono

tra i soci reciprocamente diritti e doveri, è innegabile

che, qualora uno di essi cerchi venir meno agli impegni

assunti, o si mostri restio ad ottemperare alle delibera

zioni della maggioranza, od a quelle della delegazione

esecutiva, al consorzio, quale ente, non è dato altro modo

per astringere il socio dissenziente all'adempimento de

gli obblighi contratti, se non quello di sperimentare le

proprie ragioni nelle vie giudiziarie consentite dalla legge.

E non potrebbe giammai di sua autorità credersi auto

rizzato a considerare decaduto da ogni diritto, di fronte

ad esso consorzio, il socio restio o moroso, così come si

è verificato nel caso in esame, nel quale il, consorzio di

Coazze, con applicare a Rosa Brusin la riscossione per

tariffa, la ha implicitamente ritenuta esclusa dal consor

zio, e si è avvalso verso di lei di quel diritto che il re

golamento daziario, all'art. 476, consente solo al consorzio

di fronte al contribuente non consorziato, il quale, o non

chiede l'abbonamento, o non intende accettare il canone

nella misura determinatagli dalla delegazione esecutiva,

o dalla giunta comunale in via di ricorso.

Invano si obbietta che in tal modo al contribuente

consorziato si viene a fare una posizione di favore in

confronto agli altri contribuenti, non obbligando il primo a pagare il dazio nelle more della contestazione giudi

ziaria, mentre vi sono tenuti gli altri pel precetto del

solve et repete, imperocché in contrario si osserva, in

nanzi tutto, ohe il consorziato ha dovuto già versare la

sua rata di cauzione, e su questa il consorzio potrà avere

sempre mezzo di rivalersi ; e, d'altronde, se pur fosse

esatto che, in mancanza di patto espresso, non si possa

agire pel pagamento del canone fissato dalla delegazione con la procedura privilegiata riconosciuta per i crediti

daziari, potrebbe sempre esso consorzio porre un freno

ad ogni ritardò nelle riscossioni, col non frapporre in

dugi nello sperimento dell'azione giudiziaria. Ad ogùi

modo, il consorzio di Coazze, nel fatto che ne occupa, dovrebbe imputare a sua colpa, se nel determinare le

norme pel pagamento dei canoni dai consorziati, come

era autorizzato dalla lettera e dell'art. 372 regolamento

citato, non ha previsto la possibilità dell'inconveniente

che si è verificato, e non ha creduto considerare il re

parto del canone come un vero e proprio abbonamento

fra gli esercenti consorziati, sottoponendo questo reparto alle condizioni tutte stabilite dal regolamento generale daziario per gli abbonamenti.

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA (Seconda sezione penale)

Udienza ti febbraio 1913 ; Pres. ed Est. Lucchini, P. M.

Casella (conci, conformi) — Ric. Carta.

Furto»— Sottrazione precaria — Scopo di ottenere un

prem o dalla reatltualone — Truffa (Cod. pen., art. 402

e 413). Commette furto e non truffa chi sottrae un oggetto allo

scopo di trarne profitto per ottenere dal proprietario un premio, che effettivamente consegue, col restituir

glielo facendogli credere di essersi adoperato per far

glielo ricuperare.

La Corte : — Premesso che nella notte dal 20 al 21

maggio 1912, mentre Canu Paolo dormiva accanto al suo

carro e ai suoi bovi, questi gli venivano, senza che se

ne avvedesse, involati ; e che però, mercè l'intromis

sione di Carta Gaudenzio, pochi giorni dopo egli li ria

veva dietro sborso di lire 150.

Che il tribunale di Lanusei, con sentenza 13 agosto, ritenne accertato che il Carta fosse stato l'autore del

l' involamento dei bovi compiuto per carpire al Canu la

somma di lire 150, quale premio del ricupero, e lo con •

dannò, giusta l'imputazione, per duplice delitto, di furto, nei riguardi del primo fatto, di truffa nei riguardi del

secondo, rispetto al quale veniva pure condannato, quale

complice, Murru Giovanni Pietro.

Che la Corte d'appello di Cagliari, sul gravame di en

trambi gl'imputati, con la sentenza impugnata confer

mava la condanna per il delitto di furto ed eliminava quel la per il delitto di truffa (onde andava dimesso dal pro cedimento il Murru), in quanto «il tribunale di prima

istanza cadde in evidente errore allorché volle ritenere

esso Cartu anche responsabile di truffa, senza accorgersi

che i pretesi raggiri, ritenuti come integratori di tale

reato, costituivano invece il mezzo escogitato dell'appel

lante in parola, per conseguire il profitto del commesso

furto ».

Sui mezzi dedotti, fra principali e aggiunti : 1° violazione dell'art. 404 cod. pen., in quanto che

mancò la prova generica del furto, potendosi trattare nel

fatto di semplice smarrimento e successivo rinvenimento ;

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257 GIURISPRUDENZA PENALE 258

2° violazione degli art. 402 e 413 codice penale, in

quanto la Corte configurò, con erroneo presupposto giu

ridico, il fine di lucro, necessario a integrare la figura

del furto, nella truffa commessa per ottenere, come ot

tenne, dal danneggiato il compenso delle lire 150;

3° violazione dell'art. 323 cod. proc. pen., in rela

zione con gli art. 404 e 431 cod. pen., in quanto la Corte

di Cagliari rispose in modo erroneo, inadeguato e insuf

ficiente al motivo d'appello, col quale il Carta sosteneva

l'inesistenza del reato di furto per mancanza dell'am

mus lucrandi ;

4° inesistenza di reato, per essersi restituita la cosa

in potere del leso ; o quanto meno doversi concedere la

dirimente della restituzione, giacché esclusa la truffa, il

danaro avuto non rappresentava che il premio usualmente

dato per il ricupero.

Attesoché, sul primo mezzo, sia vana qualsiasi di

scussione intorno all' ingenere e intorno al carattere del

fatto per cui vennero a mancare i bovi del Canu, in

quanto si tratta d'indagini e di apprezzamenti rimessi

al giudice del merito, ch'ebbe all' uopo a pronunziarsi in

modo incensurabile.

Attesoché ben a ragione la Corte di Cagliari abbia

esclusa nei fatti la configurazione della truffa, la quale

certamente poteva emergere in ogni suo estremo rispetto

al danaro ottenuto quale prezzo del riscatto, se il danaro

stesso non avesse rappresentato il prodotto o profitto del

delitto di furto, anteriormente commesso e integrato pure

in tutti i suoi estremi, mercè l'impossessamento degli ani

mali, tolti dal luogo dove si trovavano, nell' intento, sia

poi originario, sia successivamente escogitato, di trarne

quel profitto. Che potrebbe quindi dubitarsi — e da ciò le prece

denti decisioni istruttorie e giudiziali — se di entrambi i delitti il ricorrente dovesse rispondere : dubbio peral

tro escluso una volta che il giudice del merito ritenne,

sovranamente, che il Carta preordinò l'impossessamento

dei bovi al fine di ricavarne il profitto consistente nel

prezzo del riscatto ; onde le pratiche e manovre com

piute per indurre il proprietario a farne l'esborso non

vanno considerate se non quali circostanze sopravvenute e rivolte come, sotto altre forme, in molte specie furti

ve, a realizzare il divisato profitto.

Che se, d'altronde, non può disconoscersi nella fat

tispecie l'estremo più caratteristico del furto, ossia la

sottrazione {ablatio), pur non mancando gli altri estremi

materiali e morali ohe lo integrano, e a prescindere pure dall'art. 78 cod. pen. (che fatte le dovute riserve sulla

razionalità del suo concepimento), verrebbe pure in ac

concio nel caso concreto, trattandosi di un furto quali

ficato al confronto di una truffa semplice, sarebbe un

voler fare veramente del formalismo giuridico, che, al

contrario dev'essere assolutamente bandito dal diritto pe

nale, tanto nella dottrina, quanto nella giurisprudenza, il far servire come elemento di un duplice reato una sola

e medesima circostanza di fatto, qual si è quella delle

150 lire costituenti il profitto del furto e costituenti in

sieme lo scopo della truffa.

Attesoché, sul terzo mezzo, il fin qui detto dimostri

bene come la Corte di Cagliari abbia risposto in modo tutt'altro che erroneo e inadeguato alla tesi dell'appel

lante ; mentre più che sufficientemente, eongruamente e

sovranamente ragionava per metter in sodo 1 ''animus lu

crandi del colpevole, il quale animus, come il profitto

può ben riferirsi anche a un beneficio soltanto indiretto

della sottrazione ; e questo per non lasciar senza rispo sta alcuno degli abili svolgimenti difensionali.

Attesoché, infine, emerga palese l'inattendibilità del

quarto e ultimo mezzo, che va pure a infrangersi nel

l'apprezzamento sovrano del giudice del merito, che at

tribuì al fatto della restituzione ben altro valore di quello

che il ricorrente pretenderebbe, chiaro poi emergendo che il furto, nella sua entità e valore, andò ragguagliato non già al costo dei due bovi, bensì all' importare delle

150 lire ottenute quale prezzo, da un lato, del loro ri

scatto, e, dall'altro lato, quale profitto della loro sottra

zione.

Per questi motivi, rigetta il ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA (Seconda sezione penale)

Udienza 6 febbraio 1918; Pres. Lucchini, Est. DeLuca — Eie. Sambiase e Yinolo.

Abuso di nnto^itft — Arbitrarietà Intrinseca dell'atto

(Cod. pen., art. 175). A costituire il delitto di ab uno di autorità (art. 175 eod.

pen.), occorre che l'atto sia arbitrario non soltanto

nella forma ma anche nella sostanza.

Epperò difetta di motivazione la sentenza che nel con

dannare per quel reato il sindaco che licenziò il segre

tario comunale, si fonda esclusivamente siili'essersi ado

perata nel comunicare il provvedimento una forma

«illegale ed incivile, anzi addirittura violenta », e di

chiara espressamente di non entrare nel merito del

provvedimento stesso, per non invadere il campo am

ministrativo.

La Corte : — Atteso, sul ricorso del Sambiase,

che conviene tener presente essere costante, in linea di

fatto, quanto per l'accertamento insindacabile dei giudici

di merito è risultato, che il segretario comunale di Za

garise, Camillo Opipari, il quale milita nel partito am

ministrativo avversario a quello del sindaco, Salvatore

Sambiase, nel giorno 20 agosto dello scorso anno, par

lando nella casa comunale con l'insegnante Fittante in

torno alle prossime elezioni, faceva previsioni ed emet

teva giudizi poco benevoli verso gli avversari; che, av

visati costoro da persona presente a tali discorsi, alcuni

si recarono nella stessa Gasa a chiederne ragione all' Opi

pari e la discussione assunse un tono piuttosto violento;

che, accorso al rumore il detto sindaco, in modo impe

rativo disse all' Opipari : « andate via, siete sospeso. Le

chiavi le tengo io !» ; e nel medesimo giorno comunicava,

mediante telegramma, la notizia del provvedimento preso,

perchè « l'Opipari senza alcun riguardo, insieme a per

sone estranee all'ufficio, ebbe a fare discorsi profonda

mente ledenti la mia dignità nella stessa casa comu

nale ».

Attesoché, rinviato il Sambiase al giudizio del pre

tore a rispondere del delitto previsto dall'art. 175 cod.

pen., fu, come si disse, condannato, e il giudice di se

conde cure respingeva il suo gravame fondato sul mo

tivo dell'inesistenza di reato o, quanto meno, della non

provata reità, sulla considerazione che « a costituire il

delitto di abuso di autorità basta la forma adoperata

nella comunicazione ed esecuzione del provvedimento,

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