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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 6 settembre 1879, Pres. Narici, Est. Ciollaro, Ric....

Date post: 12-Jan-2017
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Udienza 6 settembre 1879, Pres. Narici, Est. Ciollaro, Ric. Cantasole Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 265/266-267/268 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084781 . Accessed: 18/06/2014 07:49 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.25 on Wed, 18 Jun 2014 07:49:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 6 settembre 1879, Pres. Narici, Est. Ciollaro, Ric. CantasoleSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.265/266-267/268Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084781 .

Accessed: 18/06/2014 07:49

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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265 GIURISPRUDENZA PENALE 266

abrogate tutte le leggi anteriori), la prescrizione

della relativa azione penale è soggetta alle regole del diritto comune e non a quelle speciali contenute

in leggi preesistenti in materia di caccia; e ciò

quantunque tali leggi per alcune parti, non fos

sero state abrogate.

La Corte, ecc. — Attesoché l'appunto che si muove

alla impugnata sentenza, con cui si denuncia la viola

zione dell'art. 4 della legge 8 giugno 1874, n. 1947, ha

giuridico fondamento, conciosiachè il Bertazzoni fu me

nato a giudizio e condannato non per aver contrav

venuto ad una delle disposizioni del decreto italico

21 settembre 1805, ma per aver cacciato con fucile senza

esser munito del debito permesso pel quale si paga una tassa.

Or, sebbene nella sentenza del primo giudice si fosse

inopportunamente menzionato il mentovato decreto,

pure non poteva il Tribunale ricorrere ad esso e di

chiarar prescritta l'azione penale che si fondava esclu

sivamente su di una trasgressione ad una posteriore

legge di finanza. Non poteva perciò che ricorrere ad

una regola ordinaria del Cod. comune, anche perchè,

se è vero che il decreto italico ha ancor forza di legge in quanto alle disposizioni concernenti la conserva

zione delle razze, la tutela'della proprietà e tutto ciò

che riflette il tempo del cacciare, non è men vero che

le disposizioni relative alla necessità di un permesso

per cacciare e quindi le corrispondenti sanzioni penali

vedonsi esclusivamente regolate dalla citata legge 8 giu

gno 1874 e da quella che la precede 26 luglio 1868,

n. 4520, in cui all'art. 9 è detto: « che si intendevano

abrogate le disposizioni in vigore nelle diverse Pro

vincie del Regno relativamente alla tassa contemplata

nell'annessa tabella, allegato A, sulle concessioni go

vernative e sui provvedimenti amministrativi devoluti

all'erario dello Stato ».

Da tutto ciò sorge chiara la conseguenza che, se il

pretore in applicazione dell'art. 4 della legge 8 giu

gno 1874 condannò il Bertazzoni all'ammenda di lire 30,

non poteva il Tribunale ricorrere al decreto italico

per dichiarare prescritta la relativa azione penale,

trattandosi di una trasgressione ad una legge poste

riore speciale, la di cui azione non può non essere

regolata dal Cod. pen. comune. Onde il Tribunale con

la denunciata sentenza evidentemente violò la legge

sulle concessioni governative, e falsamente applicò il

citato decreto italico; Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI.

Udienza del 18 luglio 1879, Pres. ed Est. Narici, Ric.

Daniéle ed altri.

Verbale di dibattimento — Il Olili Io a stampa (Cod.

proc. pen., art. 316).

miì'eusore — Ekestiiiazioue d'ufficio — Vicepretore

ohe prese parte alla Camera di consiglio (Cod.

proc. pen., art. 456 ; Legge siili'ord. giudiz., art. 14).

Il verbale di pubblica discussione può essere disteso

sopra moduli a stampa, i cui spazi in bianco sieno

progressivamente empiuti di mano del cancelliere. (1 )

Non è nulla la destinazione di difensore ufficioso in

persona di un avvocato, che nella qualità di vice

pretore abbia votato nella ordinanza definitiva della

Camera di consiglio.

La Corte, ecc. — Osserva che insussistente sia ' il

mezzo principale relativo al verbale di pubblica di

scussione; dappoiché nessun testo di legge vietando

adibirsi all'uopo moduli a stampa, debba ritenersi sod

disfatto il precetto dell'art. 316 proc. pen., quando gli

spazi in bianco del modulo vengano progressivamente

empiuti di mano del cancelliere; Osserva che sia denunciata co' due mezzi aggiunti la

violazione dell'art. 456 proc. pen., per essersi destinato

difensore ufficioso a' ricorrenti il signor Picece, il quale come vicepretore aveva votato nella ordinanza della

Camera di consiglio per la trasmessione degli atti al

procurator generale ; nè d'altronde risiedeva nel luogo, ove seguì lo interrogatorio, di guisa che mancò a' ri

correnti la difesa nel termine de'cinque giorni; Che non regge in diritto il primo rilievo ^.e di vero,

non potendo le incompatibilità desumersi se non da una

espressa sanzione di legge, di questa vi ha difetto as

soluto; e poiché lo art. 14, legge di ordinamento giu

diziario, abilita i vicepretori ad esercitare la profes sione di avvocato, bene il signor Picece poteva essere

eletto difensore ufficioso degli accusati ora ricorrenti ; Che supposto pure il dovere morale nel Picece di

rinunziare alla difesa per la partecipazione già avuta

alla ordinanza della Camera di consiglio, ed il diritto

negli accusati di ricusarlo per la medesima cagione, non può ora il silenzio dell'uno e degli altri indurre

una nullità non sanzionata dalla legge; Che neppure abbia pregio il secondo rilievo; per

ciocché se la causa doveva essere trattata in Melfi, era di necessità che fosse destinato un difensore presso

quel Tribunale, ed il termine de' cinque giorni era ope

legis prorogato, contandosi dal giorno.dello avviso al

difensore e della pervenienza degli atti in Melfi ; Per tali motivi, ecc.

(1) V. la nota a col. 425 del volume del 1878.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 6 settembre 1879, Pres. Narici, Est. Ciollaro,

Ric. Cantasole.

Diliattiiuciito — finlture — Documenti contenenti

pi-uva specifica — l'uhltlico uffiziale (Cod. prOC.

pen., art. 311, 62 e 281, n. 2).

L'art. 311 del Codice di proc. pen., non vieta la let

tura in dibattimento di ogni documento che con

tenga elementi di prova specifica, ma soltanto vieta

la lettura di ogni foglio, il quale fornisca elementi

di prova specifica per deposizione scritta di te

stimoni.

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267 PARTE SECONDA 268

Non è quindi compreso nel divieto, e deve perciò,

quando ne sia fatta istanza dalla parte, leggersi

a pena di nullità, il rapporto col quale il delegato

di pubblica sicurezza riferisce bensì particolarità

specifiche, ma pervenute a sua notizia quale uffi

ziale di polizia giudiziaria, e senza riferire alcuna

specifica dichiarazione di individuali testimoni.

Nè un simile documento muta d'indole sol perchè in

esso il funzionario abbia espressi degli apprezza

menti sui fatti pervenuti a sua. notizia per ragion

d'ufficio e concernenti il reato.

La Corte, ecc. — Osserva che unica é la questione,

cui col mezzo del ricorso vien chiamato a risolvere

questo supremo Collegio; quello cioè se bene la Corte

di assise respinse la domanda della difesa per la let

tura in udienza della nota del delegato di pubblica si

curezza al sottoprefetto di Bovino, alligata ai fogli 38

e 39 del primo volume degli atti.

La Corte di merito, a giustificare il rigetto della do

manda della difesa, disse che quel documento conte

neva il risultato d'indagini specifiche eseguite dal de

legato di pubblica sicurezza signor Caizzi, e conteneva

apprezzamenti personali di costui, di guisa che la let

tura chiesta avrebbe offeso il principio di oralità dei

dibattimenti, non essendo stato Caizzi nè citato nè messo

in iista. Ma la Corte di assise è senza dubbio partita da un

principio non del tutto esatto, perciocché l'art. 311 del

Codice di proc. pen., sulla di cui intelligenza occorreva

versare in proposito, non è già che vieti la lettura

in dibattimento di ogni documento, il quale contenga

elementi di prova specifica, ma soltanto vieta la let

tura di ogni foglio, il quale fornisca elementi di prova

specifica per deposizione scritta di testimoni. Però

nella specie il delegato di pubblica sicurezza al suo su

periore gerarchico non è già che riferiva fatti speci

fici raccolti per dichiarazioni d'individuali testimoni,

nel qual caso soltanto questa Corte di cassazione ha

costantemente equiparato il documento a deposizione

scritta nei sen'si dell'art. 311 in esame, si bene rife

riva particolarità specifiche sì, ma pervenute a di lui

notizia quale ufflziale di polizia giudiziaria, e senza ad

ditare testimonianza alcuna; sì che a senso dell'art. 62

del Codice di rito penale avvedutamente tutto egli con

sacrava in una nota, la quale pel N. 2° dell'art. 281

bene avevano le parti il diritto di chiedere che si leg

gesse in pubblica udienza ; e se codesto diritto è stato

conculcato, e ne fu fatta analoga protesta in dibatti

mento, pel N. 1° dell'art. 640 del citato Codice, non

può non essere accolta la dedotta nullità.

Nè quel documento muta d'indole sol perchè in esso

il funzionario di pubblica sicurezza esprime taluni ap

prezzamenti su' fatti pervenuti a sua cognizione per

ragione delle sue funzioni e concernenti il reato, per ciocché non esce dalla sfera del compimento dei do

veri di un ufflziale di polizia giudiziaria rassegnare su

periormente le illazioni ed i giudizi, cui a suo parere i fatti indagati possono dar luogo. Molto meno l'indole

muta per la indicazione di un testimone, che rinvenne

sul luogo un cappello l'orato, indi ritenuto di proprietà

dell'ucciso, perciocché ciò rientra nella prova di genere

(reperto) ;

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 26 marzo 1879, Pres. ed Est. Narici — Con

flitto in eausa Lauria.

CoiiOUl» — Autorità istruttoria — fiiuilice di me

rito — identici clementi —- Inverso ;ipprezza

iiipnto morale (Cod. proc. pen., art. 395).

Il giudice, procedente per ordinanza di rinvio, non

può, senza nuove circostanze svolte al dibattimento,

immutare la estimazione morale del fatto per de

durre la propria incompetenza. (1)

La Corte, ecc. — Osserva nel fatto, che imputato

Vincenzo Lauria di tentato stupro violento, la Camera

(1) Gli art. 345, 361, 395 e 419 Cod. proc. pen., dispongono che il

giudice di merito (Pretore, Tribunale, Corte d'appello, Sezione degli appelli correzionali), il quale giudicando per sentenza od ordinanza di rinvio riconosca che il reato eccede la sua competenza, deve elevare conflitto da risolversi dalla Corte di cassazione, ovvero deve ordinare una più ampia istruzione, secondo che la incompetenza è motivata da diversa qualificazione giuridica, ovvero da nuovi fatti emersi al di battimento. La legge non prevede il caso in cui la incompetenza de riva non da nuovi fattile circostanze, ma da diversa valutazione mo rale degli elementi di fatto, ritenuti dalla giurisdizione istruttoria e non immutati nel dibattimento. Ad esempio, se in tema di ferimento il giudice di merito ritenga la volontà omicida esclusa dalla Sezione

d'accusa, in tema di oltraggio al pudore la volontà di stuprare, ecc.; deve in tal caso elevarsi conflitto, o il giudice deve ritenere il reato secondo la definizione data dall'autorità istruttoria?

La Cassazione di Napoli, che in sul principio aveva ritenuto doversi elevare il conflitto, come si può vedere nella sua sentenza del 3 ago sto 1870, ric. Franceschini (Gazz. trib., Napoli, 1871, n. 2354. pag. 522) ha dipoi costantemente deciso che il giudice di merito debba giudicare il reato secondo la definizione ritenuta dall'autorità istruttoria. Questa nuova giurisprudenza, oltreché dalla sentenza che annotiamo, si desume dalla precedente del 30 maggio 1877, ric. Ruoppo, estensore lo stesso cons. Narici (Gazz. proc., Napoli, XII, pag. 360), 'della quale cre diamo utile riprodurre il brano seguente col quale sono lucidamente messi in evidenza gl'inconvenienti del sistema contrario: «Ammesso in effetti (così la sentenza) di potere il Tribunale estimare diversa mente e senza alcuna novella prova gli elementi processuali e rite

nere, ad esempio, la volontà omicida esclusa dalla Sezione d'accusa, il supremo Collegio non sarebbe mica chiamato a risolvere una que stione di diritto, ma a seder giudice di terza istanza e decidere se consti oppur no della intenzione omicida. E di vantaggio, quando la Sezione d'accusa esclude il crimine per insufficienza d'indizi, e rinvia al correzionale pel titolo di delitto, la sentenza, in quanto alla sud detta esclusione, non denunziata alla Cassazione dal pubblico mini

stero, costituisce cosa giudicata, ammenoché non sopravvengano no velle prove a norma dell'art. 445; ond' è che se queste non sieno surte dal dibattimento seguito avanti al Tribunale nel giudizio pel delitto, il giudicato rispetto al crimine non solo serba la primiera efficacia, ma altra maggiore ne acquista, 'liberando definitivamente lo imputato, il quale sia condannato o assoluto pel delitto, da ogni ulteriore mo lestia per^ la più grave qualificazione ».

Malgrado però l'evidenza di tali argomenti, le Corti di cassazione di Roma e di Palermo hanno seguita l'opinione opposta, ritenendo che anche in quel caso si dovesse elevare conflitto da risolversi dalla suprema Corte. Così infatti giudicò la Cassazione di Roma con le sen tenze 14 giugno 1877, causa Angeletti {Legge, 1877, pag. 507), e più

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