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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 7 gennaio 1879, Pres. Galatioto, Est. Saluto —...

Date post: 12-Jan-2017
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Udienza 7 gennaio 1879, Pres. Galatioto, Est. Saluto —Ric. Tavana Corredo Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 77/78- 79/80 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084684 . Accessed: 19/06/2014 17:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.211 on Thu, 19 Jun 2014 17:20:56 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 7 gennaio 1879, Pres. Galatioto, Est. Saluto — Ric. Tavana Corredo

Udienza 7 gennaio 1879, Pres. Galatioto, Est. Saluto —Ric. Tavana CorredoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 77/78-79/80Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084684 .

Accessed: 19/06/2014 17:20

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77 GIURISPRUDENZA PENALE 78

l'uomo colla selvaggina. Il propugnare poi che le pa

tenti del 1844 nulla abbiano innovato ed aggiunto alle

patenti del 1836, e solo con quelle siansi volute intro

durre modificazioni riguardanti il tempo di caccia proi

bita, è un voler disconoscere lo spirito e la lettera

della legge, e dimenticare affatto lo scopo propostosi

dal legislatore nel sancirla, troppo chiaramente mani

festato nel proemio della legge stessa.

Se l'art. 3° delle patenti del 1836 stabiliva alcune

eccezioni alle permissioni di caccia in riguardo a certi

animali, dopo le Regie patenti del 1844 si aggiunsero

pure altre limitazioni concernenti i me^zi di caccia, nè

mai poterono di poi legalmente rilasciarsi licenze per

cacciare con lacci ;

•Attesoché nella tabella delle concessioni governative

e degli atti amministrativi soggetti a tassa, annessa al

decreto 13 novembre 1874, al n. 49 leggesi: « Per

« messo annuale di caccia in quelle Provincie dove i

« modi sottoindicati di caccia non siano vietati »,

e poi alla lettera e: « Permesso di caccia con lacci,

« con trappole e trabocchetti d'ogni specie - tassa di

« lire cinquanta ». E di contro: « La contravvenzione

« alla lettera e è punita con una multa uguale al doppio

« della tassa ». Da queste disposizioni, principalmente

d'indole finanziaria, chiaramente di per sè si palesa

che, essendo nelle provincie lombarde, come si è sopra

dimostrato, vietata la caccia con lacci, come non vi

potè mai essere occasione di pagare una tassa per un

permesso che non si poteva concedere, così tanto meno

si potè trattare di una contravvenzione a quella legge

di tassa, e della relativa sanzione penale d'una multa

da infliggersi in ragione del doppio della tassa mede

sima, che rimase unicamente applicabile in quelle altre

Provincie dove il modo suindicato di caccia non sia

vietato ;

Attesoché pertanto la penalità da applicarsi nelle

Provincie lombarde all'esercizio abusivo di caccia con

l'acci fu ed è sempre quella portata dall'art. 15 delle

Regie patenti del 1844 che in tal parte, è troppo evi

dente, non venne punto derogato, anzi piuttosto ricon

fermato col surriferito n. 49 della detta tabella e collo

stesso art. 9 del decreto 13 settembre 1874 che dispone:

rimangono solo senz'effetto le disposizioni contrarie

al medesimo, e ne sono eccettuate quelle contenute

in leggi speciali riguardanti altre materie. Giusta

mente quindi il Tribunale di Busto Arsizio respinse lo

appello del P. M. diretto a. fare applicare nella specie

la legge del 1874, che vi era perfettamente estranea;

Sul secondo mezzo. — Attesoché l'aggravante por

tata dall'art. 17 delle Regie patenti del 1844 non fu

obbiettata al Gaiazzi negli atti di citazione di primo

giudizio e di appello, ove il medesimo era chiamato a

difendersi ; della stessa aggravante mai si fece parola

nè nell'atto d'appello, nè nelle conclusioni del P. M. al

l'udienza. Trattandosi quindi di un punto di questione

mai discusso, nè assodato appositamente ne' suoi ele

menti di fatto in un primo giudizio ordinario di merito,

non può secondo le massime di giurisprudenza essere

formulato e preso in esame per la prima volta, come

mezzo di ricorso, nel giudizio straordinario di Cassa

zione ; Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO. Udienza 7 gennaio 1879, Pres. Galatioto, Est. Sa

luto — Ric. Tavana Corredo.

Sezione il' accusa — Sentenze di rinvi» alle As

sise — Efficacia sul inerito della causa (Cod. proc.

pen., art. 437).

Le sentenze di rinvio alla Corte d'assise sono defi nitive in quanto la investono della giurisdizione, ma sono indicative sul merito della causa.

Per la qual cosa la Sezione di accusa, dopo d'avere

fatto rinvio di un accusato, può farne un secondo

per un altro accusato, a norma dello sviluppo ul

teriore delle prove, per essere sottoposti ad unico

dibattimento e giudicati colla stessa sentenza. (1)

La Corte, ecc. — Attesoché il ricorrente, sebbene

nella sua domanda per cassazione avesse dichiarato

di ricorrere contro la sentenza di rinvio emessa dalla

Sezione di accusa di Catania, per essere stato rinviato

innanzi a giudici incompetenti, e per essere gli atti

nulli a causa di omissione di forme, nulladimeno non

solo non ha specificato alcuna circostanza della incom

petenza elevata, sia in ragione di materia o di terri

torio, e non solo non ha enunciata formalità qualsiasi che si fosse omessa, ma nemmeno ha indicato alcun

articolo di legge violato.

Nè alcunché trovasi sullo stesso riguardo menzio

nato nel ricorso aggiunto. Lagnasi in effetto coi tre

mezzi di cotesto ricorso come, essendo stata la stessa

causa rinviata alla Corte^di assise, e contro altri ac

cusati, con precedente sentenza della Sezione di accusa

non potea altra volta la Sezione di accusa, in contrad

dizione alla prima, rinviare alla Corte di assise la stessa

causa contro altro accusato, senza che fosse prima

espletato, come di legge, il primo giudizio; Che così facendo, dice il ricorrente coi suoi tre mezzi,

la seconda Sezione di accusa usurpò le attribuzioni del

giudice di merito, giudicando un fatto senza essere

espletato il primo,.un fatto che appartiene al giudice di merito, violando la cosa giudicata con eccesso di

potere.

Ma tutti e tre cotesti mezzi poggiano su di un equi voco intorbo all'indole ed alla qualità delle sentenze

di rinvio della Sezione di accusa. Le sentenze di rinvio

delle giurisdizioni preparatorie sono definitive in quanto investono il magistrato di merito per procedere alla

definizione della causa, ma sono puramente indicative

in ordine alla definizione del merito della causa, che

spetta eminentemente al giudice di cognizione, il quale rimane sempre libero a statuire sul fatto e sui carat

teri del reato, in seguito ai risultati del dibattimento.

(1) In senso analogo : Cass. Torino, 27 luglio 1877 (Foro it, 1877, col. 480), e Cass. Roma, 5 maggio 1876 (Idem, 1876, col. 414).

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79 PARTE SECONDA

Ora, nella specie, una prima sentenza della Sezione

di accusa, secondo i risultati del processo scritto, rin

viava la causa, con due accusati, alla Corte di assise.

Altra sentenza della Sezione di accusa, dietro nuovi

sviluppi, rinviava invece altri due accusati alla stessa

Corte di assise. Il presidente, con ordinanza del 17 no

vembre 1878, rinviava entrambe le due cause per pro

cedere ad unico giudizio contro tutti. E la Corte di as

sise, con intervento dei giurati, previe le ordinarie

formalità di legge, liquiderà i veri rei e vi applicherà

le corrispondenti pene.

Non vi è stata dunque per parte della Sezione di

accusa nè trasgressione all'ordine dei giudizi, nè vio

lazione della cosa giudicata, e molto meno eccesso di

potere; Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO.

Udienza 28 settembre 1878, Pres. Castiglia, Est. Abri

gnani, P. M. Del Mercato (Conci, diflf.) — Ric. Man

tineo Antonino.

l'arte civile — Facoltà di costituirsi — Collaterali — Discendcuti (Cod. proc. pen., art. 105 e 3).

Allorché esistono discendenti dell' ucciso, i collaterali, essendo esclusi dalla successione, non sono neanche

ammessi, nella sola qualità di collaterali, ad eser

citare l'azione civile contro V uccisore per risar

cimento di danni; epperciò, se essi intervengono come parte civile nel giudizio penale, questo è

nullo. (1)

La Corte, ecc. — Atteso in fatto che la Corte di as

sise di Messina, non ostante la opposizione dell' ac

cusato, risolvette l'incidente analogo, ed ammise la so

rella dell'ucciso Lo Presti, come parte civile, nel giu dizio penale, pur ritenendo in fatto che il miserando

lasciato aveva quattro figli e la moglie, la quale era

stata sollecita a far querela contro il Mantineo, ma

non si era costituita parte civile.

La Corte di assise intese a basare la corrispondente ordinanza sull'articolo 109 proc. pen., in cui si legge che

ogni persona offesa o danneggiata può costituirsi parte

civile nel giudizio penale. Il ricorrente dice di essere stato franteso l'art. 109,

e violato il 3° del Codice medesimo, poiché da quest'ul

timo risulta di appartenersi l'azione civile al dan

neggiato ed a chi lo rappresenta. Ed aggiunge che,

nella esistenza dei figli e della moglie dell'ucciso, sono

essi che per legge lo rappresentano, non mai la so

rella di lui.

Cosi stando le cose in fatto, il supremo Collegio os

serva. in diritto quanto appresso.

Per verità, la. lettera dell'articolo 3 proc. pen. non

permette il concepimento di alcun dubbio ; sono queste

le chiare e precise parole : Vazione civile appartiene

al danneggiato ed a chi lo rappresenta. La sorella

dell'ucciso non altra qualità addusse che quella di es

sere sorella; per tal qualità si ritenne offesa, e, come

mezzo al fine di aversi i danni ed interessi, volle co

stituirsi parte civile. Essa non accennò mica a danno

sofferto, come, per esempio, se fosse stata alimentata

dal fratello ucciso ; perciò non era possibile che la Corte

di assise avesse potuto ritenerla come danneggiata, e

sta in fatto che come tale non la ritenne, sibbene nella

sola qualità di sorella, e quindi di offesa.

Ma è poi vero in legge che tutti coloro i quali, per

diritto naturale, possonsi dire moralmente offesi da un

reato, sol perchè da vincoli di sangue eran congiunti con la vittima, abbiano diritto ad essere indennizzati ?

Il supremo Collegio ritiene che dall'articolo 109, in

vocato all'uopo dalla Corte di assise, ciò non risulti.

La prima idea che si presenta spontanea, come de

rivante dalla sentenza impugnata, è questa: se cento, o più, fossero i consanguinei dell'ucciso, dovrebbe l'uc

cisore imbandire la gran mensa a tutte spese di lui; dovrebbe tutti indennizzarli, senza distinzione di sorta

tra coloro che abbiano rappresentanza legale e gli altri

che non ne abbiano?

Del resto, da parte l'assurdo, e si ricordi che alle

diverse disposizioni delle leggi si debbe dare quella

intelligenza che l'una all'altra ponga in armonia. Ora

nella specie è a considerarsi che l'articolo 3 forma

parte del titolo preliminare del Codice di rito penale,

e precisamente del cap. 1°, avente l'epigrafe: Dell' azione

(1) Quantunque sostenuta dall'Hèlie ( Traité de I'instruct, crimin., vol. II, cap. Ili, § 116), l'antica teorica che fondava l'azione civile derivante dal reato in una specie d'affezione famigliare, jure san

guinis, ob causam doloris, non è più sostenibile nel diritto vigente (Borsani e Casorati, Codice di proc. pen. it. commeMato, vol. I, § 97, pag. Ill e seguenti). L'azione civile non può fondarsi che sul

danno; Cassazione Torino, 13 maggio 1874, ric. Languaglio (La Legge, XIV, 1874, pag. 595), nè basterebbero a darle vita i soli affetti dome

stici, e quindi la sola qualità di parente, come ha giustamente deciso la sentenza che annotiamo. Non è per altro necessario che questo danno derivi dalla qualità di erede dell' ucciso, potendo anche fondarsi sovra la lesione di un interesse diretto e proprio di chi si costituisce

parte civile. Così la madre ed il fratello dell' ucciso possono costi tuirsi parte civile in causa, non già come eredi, ma sì in nome e per diritto proprio, come persone lese dal reato : Cassaz. Napoli, 2 ago sto 1872, ric. Orlandi (La Legge, XII, 1873, pag, 383); il depositario può costituirsi parte civile contro l'autore del furto della cosa depo sitata: Cassazione francese, 18 novembre -1836, .ric. Lorin (Borsani e

Casorati, Op. cit., § 104), ecc. E neanche è necessario che il danno sia materiale ; così la Cassaz. di Napoli, con sentenza 20 giugno 1874 ric. Bartolini (La Legge, XIV, 1874, pag. 521), decise che la donna cui siasi fatta solenne promessa di matrimonio può costituirsi parte civile nel giudizio a carico dell' uccisore del promittente, sia che il danno fosse materiale, sia che fosse morale. « Una lesione qualunque, dice a questo proposito il Saluto (Commento, ecc., II ediz., vol. I, pag. 119), purché sia personale, autorizza lo sperimento dell'azione

civile; ed il fatto di questa lesione designa senza ambagi gl'individui che abbiano diritto ad esercitarla». Vedi pure su questo argomento: Cassazione Firenze, 3 maggio 1876 (Foro it., 1876, col. 330) e Cassa zione Palermo, 13 novembre 1876 (Id., 1877, col. 96).

Riguardo poi alla nullità del giudizio per l'illegittimo intervento della parte civile, concordano: Cassazione Torino, 21 dicembre 1875 (Foro it., 1876, col. 32) ; Cassazione Firenze, 4 agosto 1876 (Monitore giudiz., Venezia, 1876, pag. 571), ecc. Confronta però: Cassazione Pa lermo, 26 ottobre 1872, ric. Guarnieri (La Legge, XIII, 1873, pa gina 331).

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