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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 7 marzo 1879, Pres. ed Est. Caiazzo, P. M. Iannuzzi...

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Udienza 7 marzo 1879, Pres. ed Est. Caiazzo, P. M. Iannuzzi —Ric. Somoskevy Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 401/402-403/404 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084855 . Accessed: 18/06/2014 15:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.96 on Wed, 18 Jun 2014 15:51:33 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 7 marzo 1879, Pres. ed Est. Caiazzo, P. M. Iannuzzi — Ric. Somoskevy

Udienza 7 marzo 1879, Pres. ed Est. Caiazzo, P. M. Iannuzzi —Ric. SomoskevySource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.401/402-403/404Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084855 .

Accessed: 18/06/2014 15:51

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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401 GIURISPRUDENZA PENALE 402

Avverso questa ordinanza notificata nel 3 febbraio

ultimo si è opposta la parte civile Giuseppe Pacilio

nel giorno seguente, cioè nel 4 febbraio, senza che im

mediatamente ne fosse seguita la notificazione tanto

agli imputati che al pubblico ministero, vedendosi que

sta praticata nel 5 detto mese per lo usciere Matteo

Barbariello.

Considerato che è vecchia la disputa sulla intelli

genza a darsi all'art. 261 Cod. proc. pen. in ordine al

termine di 24 ore, entro il quale devesi produrre e no

tificare la opposizione, sì del pubblico ministero, che

della parte civile alle ordinanze rendute dalla Camera

di consiglio o dal giudice istruttore.

Questo termine è fatale, onde si rende irricettibile

il suddetto gravame, non accordando la legge che un

sol termine sì per la presentazione in cancelleria del

l'opposizione che per la notificazione della stessa alle

parti interessate. Tanto suona la imperativa locuzione

immediatamente. E la ragione di questo rigore, come

notano i più distinti proceduristi, si è quella che la

sorte di un imputato assoluto non può restare incerta.

Pronunziata la ordinanza diviene cosa giudicata scorso

il termine delle 24 ore, senza che questo termine unico

accordato dal legislatore possa in alcun modo proro

garsi. E si è soggiunto essere così fatale questo ter

mine, che nulla importi se per incuria del cancelliere

o dell'usciere siasi fatto correre inutilmente : non debet

alteri per alterum iniqua condictio inferri.

Questa giurisprudenza fu costantemente osservata

da questa Sezione d'accusa, e si vede adottata dal su

premo Collegio con arresto renduto in agosto 1876.

Ed in onor del vero non può dirsi ignorata dall'op

ponente parte civile Giuseppe Pacilio, assistita dal suo

avvocato, lorchè facevasi a produrre nella cancelleria

di questo Tribunale correzionale l'opposizione in esame.

Essa si espresse nel seguente modo: « Ha fatto for

« male istanza perchè la soprascritta opposizione sia

« immediatamente notificata agli imputati, protestan « dosi pei danni-interessi, in caso d'inadempimento « contro chi di diritto ».

Adunque la prodotta opposizione trovasi notificata

fuori termine, e però vuoisi dichiarare inammissibile.

CORTE D'APPELLO.DI ROMA. Udienza 7 marzo 1879, Pres. ed Est. Caiazzo, P. M. Ian

nuzzi — Ric. Somoskevy.

Eslrailiiione — Norme generali per concederla —

Esame ilei documenti per parte dello Stato ri

rliicsto — Convenzione '■?•» febbraio ISi»!* con

l'Austria-Ungheria — Titolo di trnlTa — Iteato

criminale — Prescrizione.

Per concedersi o meno la estradizione di un malfat

tore, basta esaminare se i documenti su cui si basa

la domanda siano regolari nella forma e compro

vino gli estremi di un reato, per cui fu convenuto

accordarsi Vestradizione, e non occorre che si ap

■prezzi se siano valevoli come elementi di prova e

di convinzione.

Rispetto alla Convenzione vigente con VAustria-Un

gheria, per concedersi Vestradizione, basta che il

fatto costituisca crimine per lo Stato richiedente ;

ciò senza riguardo al valore del danno, se lo Stato

richiedente sia quello Austro-Ungarico ; e, doven

dosi applicare il benefizio della prescrizione, questa

va computata con le norme delle leggi nazionali,

sul titolo del reato portato dalle leggi straniere.

La Corte, ecc. — Sulla richiesta dell'Ambasciata

austro-ungarica presso la Corte del Re d'Italia, nella

notte dal 9 al 10 febbraio 1879, venne arrestato nella

città di San Remo il signor Geyza Somoskevy, citta

dino ungherese.

L'Ambasciata stessa, a base della Convenzione del

25 febbraio 1869, domanda l'estradizione dell'arrestato,

ed a giustificazione della domanda produce in forma

autentica i seguenti documenti:

1° un foglio dei connotati dell'individuo reclamato; 2° una sentenza del Tribunale circolare di Wels

dell'Austria Superiore del 22 novembre 1869, confer

mata dalla Corte d'appello con altra del 9 successivo

dicembre, con cui il Somoskevy, ritenuto colpevole del

crimine di truffa e della contravvenzione di furto, fu

condannato alla pena di 15 mesi di carcere duro, a

termini dei §§ 197, 199, 201, 202, 204, e 35 del Codice

penale austriaco; 3° un mandato di cattura spedito addì 21 dicembre

1877 per l'esecuzione di una sentenza non esistente agli

atti, e di cui s'ignora la data, del Tribunale di Leutscher,

confermata in seconda e terza istanza, con cui, dichia

rato colpevole di furto di un calice d'argento e di una

patena destinati al servizio divino, venne condannato

alla pena di sei mesi di carcere.

Il Somoskevy, interrogato dall'autorità giudiziaria

italiana, non mette in dubbio di essere identicamente

la persona condannata nelle due sopradette sentenze,

quantunque dichiari che abbia sottratto il calice e la

patena della sagrestia del convento in Leiphau a fine

di evitare di essere addetto alla carriera ecclesiastica,

e di non aver pagato lo scotto in qualche albergo nelle

sue corse di Linz e Lombaek, ed una volta per dimen

ticanza portata via la chiave di una camera, non già

a fine di derubare la chiave e frodare lo scotto stesso,

ma per essere stretto dalla necessità di sfuggire alla

forza pubblica messa in movimento per arrestarlo.

E quindi deduce che non sia il caso di consegnarlo

in base alla sentenza del Tribunale di Leutscher, im

perciocché la pena di mesi sei di carcere riportata con

questa sentenza pel furto del calice e della patena, è

prescritta secondo le leggi d'Italia; nè si possa conse

gnare per la sentenza del Tribunale di Wels del 22 no

vembre 1869, imperciocché i fatti semplici per i quali

fu condannato alla pena di 15 mesi di carcere duro,

non costituiscono reato in Italia secondo le leggi ita

liane, o tutto al più (e se fossero stati accompagnati

da raggiri ed artifizi) potrebbero costituire un delitto

Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte II. — 28,

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403 PARTE SECONDA 404

di truffa, con danno insomma molto inferiore alle

mille lire. Sulla quale istanza e sui fatti rilievi questa Sezione

di accusa ha considerato:

1° Che mancando nel terzo documento presentato dall'Ambasciata dell'Austria-Ungheria la data della con

danna emessa dal Tribunale di Leutscher, non può questa

Corte in tale stato degli atti avvisare sulla relativa

questione di prescrizione; 2° Che.in ordine alla sentenza del Tribunale di Wels

del 22 novembre 1869, non può, senza sconfinare dai

suoi poteri, seguire il ragionamento del condannato in

quella parte della sua difesa diretta a censurare l'azione

del magistrato austriaco; imperciocché le regole ac

cettate dal diritto internazionale sulla materia dei giu

dicati penali ed i termini del maggior numero dei trat

tati di estradizione, se consentono al Governo della

nazione, cui la estradizione è domandata, di esaminare

i titoli e la natura dei titoli in forza di cui l'imputato

od il condannato è reclamato, non permettono di esa

minare se i titoli stessi, allorché sono regolari nella forma,

siano giusti nella valutazione delle prove di colpabilità e sussistenza dei fattori materiali e morali di un de

determinato reato. Cosicché dovendosi ritenere i fatti

semplici in detta sentenza consacrati, e risultando dal

complesso di essi che, se il Somoskevy ottenne l'al

logio e la fornitura di alimenti in diversi alberghi non

soddisfacendo il prezzo, ciò fu in conseguenza di rag

giri ed uso di falso nome e di falsi titoli atti ad in

gannare la buona fede degli albergatori ; segue che non

può dubitarsi che i fatti stessi accompagnati dalle cir

costanze sovraindicate costituiscano il delitto di truffa

previsto dall'art. 626 del Codice penale italiano.

Né pare che possa essere di ostacolo ad accogliere la dimanda dell'Impero austro-ungarico la considera

zione, che, secondo il Codice penale italiano, quel reato

non è soggetto a pena criminale; in quanto che la re

gola accettata da non pochi scrittori che, per farsi luogo alla estradizione, sia necessario che il reato di cui si

è imputato, o pel quale si è condannato, costituisca nei

due paesi un crimine, se è applicabile ai casi in cui

manca una Convenzione speciale, può dubitarsi possa essere invocato per interpretazione contro od oltre i

termini di un trattato od a fine di escludere i casi

espressamente in esso indicati.

L'art. 2 del trattato fra il Regno d'Italia e l'Impero

austro-ungarico, designa per condizioni essenziali della

estradizione che il reato commesso da colui, di cui si

chiede la estradizione, sia compreso in una delle ca

tegorie espresse e sia punibile dalla legge penale della

nazione richiedente con pena criminale; non richiede

affatto che sia nel tempo istesso punibile con pena criminale dalla legge penale della nazione, cui si chiede

la estradizione. In questo trattato, a differenza di altri

precedenti, si è tenuto conto della specie di certi reati, il cui carattere è più o meno identico per le due na

zioni, indipendentemente dalla identità della penalità

rispettivamente sanzionata ai reati stessi. Si è rego lata la estradizione non già sulla uguaglianza della

classificazione; ma sulla natura dei fattori costituenti

un determinato reato. Nè fu regresso nei principi di

libertà; inquantochè l'indole della materia della estra

dizione, allontanandosi ogni giorno dal concetto dello

asilo, tende a trasformarsi in una misura di ausilio che

le nazioni civili reciprocamente si apprestano, onde

non rimanga frodata la repressione del maggior nu

mero dei reati comuni, non eccettuate talune specie di

delitti. Che poi nel trattato in esame siasi voluta seguire la

regola suddetta, risulta chiaro dall'alinea del n. 15

dell'art. 2 ; imperciocché se dell' imputato o condan

nato per truffa sarà il Governo d'Italia richiedente,

nonostante che al reato sia dal Cod. pen. ital. imposta

la pena correzionale, si avrà diritto alla consegna, a

meno che il danno risultante dal reato non sia minore

di lire mille italiane. Dal che discende un'altra conse

guenza, quella cioè che la somma del danno posta come

limite alla eccezione scritta a favore del Governo d'Ita

lia, non possa essere termine di reciprocità, nel caso

che la consegna del perseguito o condannato per truffa

sia domandata dal Governo austro-ungarico, mentre

per questo sta la condizione più grave scritta nella

prima parte dell'art. 2, cioè che la truffa sia qualifi cata crimine. i

Nè quella regola vien meno per la lettera e lo spi rito dell'art. 4, relativo al caso della prescrizione; im

perciocché anche in questo caso la prescrizione si re

gola sulle leggi del paese, in cui l'imputato od il con

dannato si è rifugiato; non già misurando l'elemento

oggettivo del reato nella legge di questo paese; ma

preso sempre a base il titolo dell'azione e la natura

della pena inflitta secondo la legislazione richiedente.

In caso contrario sarebbe necessaria una discussione

di merito, che non potrebbe rinnovarsi senza invadere

le facoltà proprie dell'autorità giudiziaria straniera.

Per le quali osservazioni e nonostante le gravissime ed autorevoli dottrine esposte nella difesa scritta a

favore del Somoskevy, questa Corte è di avviso che,

trattandosi nella specie del reato di truffa, previsto e

punito, benché diversamente, dai Codici penali delle

due nazioni; di un reato qualificato crimine e come

crimine punito secondo il Cod. pen. austr.; di un reato

infine indicato nel n. 15 dell'art. 2, del trattato del 25

febbraio 1869; non sia il caso di potersi dal Governo

del Re negare al Governo austro-ungarico la estradi

zione del nominato Geyza Somoskevy condannato alla

pena di mesi 15 di carcere duro pel titolo espresso nella sentenza del Tribunale diWels sopra riferito ;

Per tali motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI VENEZIA (sezione d'accusa).

Udienza 6 agosto 1879, Pres. Carraro, P. M. Latini — Causa Prina.

Arresto personale — Fallimento — Scarcerazione — Competenza (Cod. di comm., art. 548; Cod. proc.

pen., art. 264).

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