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Udienza 7 novembre 1908; Pres. Fiocca, Est. Piolanti —Ric. RotaSource: Il Foro Italiano, Vol. 34, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1909), pp.133/134-135/136Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23109852 .
Accessed: 18/06/2014 06:21
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133 GIURISPRUDENZA PENALE 134
allorché, pur ammettendo quel che in fatto era risultato, che i ricorrenti non furono veduti e sorpresi a giuocare alle carte, ritenne, in base agli indizi, nel cui esame senti
il bisogno d'intricarsi, e per via di presunzioni e indu
zioni, raggiunta la prova della loro reità nel delitto
stato ad essi imputato. Che dovendosi, stante il fondamento del primo mezzo,
annullare senza rinvio l'impugnata sentenza, non è più il caso di occuparsi del secondo ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 7 novembre 1908 ; Pres. Fiocca, Est. Piolanti
— Ric. Rota.
Dibattimento — Integrazione del giudizio — Facoltà
del giudice (Cod. proc. pen., art. 372 e 373). Coppo di reato — Deposito io cancelleria — Non fe a
pena di nullità (Cod. proc. pen., art. 63 e 44). Appello — Ordinanza relativa all'identità di corpi di
reato — È preparatoria (Cod. proc. pen., art. 400).
Ben può il giudice, respingere la domanda di integrazione del giudizio von l'intervento di altri coimputati, ove
ritenga che da tale intervento nessun vantaggio po trebbe derivarne al giudicabile.
Nessuna disposizione di legge impone che i corpi di reato
debbano sempre depositarsi in cancelleria e molto meno
che senza ciò essi non possano più considerarsi quali
corpi di reato, ancorché ne risulti l'identità.
È preparatoria, agli effetti dell'appellabilità, la sentenza
che ritiene la identità dei corpi di reato.
La Corte : — Il tribunale di Genova con sentenza 2
aprile 1908 ha condannato Rota Alberto a lire 2000 di
multa fissa, a lire 8000 di multa proporzionale per con
trabbando di saccarina e a 1. 52 di multa fissa e a 1. 80
di multa proporzionale per contrabbando di tabacco la
vorato. *
Contro questa sentenza e contro ordinanze rese nel
corso del dibattimento il Rota produsse appello per i se
guenti motivi :
1° perchè il dibattimento era nullo in quanto il giu dizio avrebbe dovuto essere integrato colla citazione an
che della ditta Eerrata di Lugano, denunziata essa pure nel verbale degli agenti della finanza quale complice nel
•contrabbando della saccarina ; 2° perchè il dibattimento era nullo altresì in quanto
si svolse in base allo avere ritenuto che il sacco conte
nente la saccarina presentato al tribunale e per il quale all' udienza si esplicò la perizia chimica costituisse corpo di reato, mentre non poteva costituirlo, essendo rimasto
lungo tempo nei magazzini della dogana ; 3° la seconda ordinanza del tribunale con cui venne
respinta codesta seconda eccezione della difesa, mandando
procedersi oltre al dibattimento, aveva carattere definiti
vo, e perciò, avendo 1' imputato dichiarato di produrre
appello, doveva sospendersi il giudizio. . . .
La Corte d'appello di Genova ha profferito in causa
la sua sentenza del 17 luglio 1908.
Con essa ha ritenuto sul primo motivo d'appello che
a prescindere dalla considerazione del nessun vantaggio che potesse derivare all' imputato dalla estensione della
accusa alla ditta Ferrata di Lugano e dalla improponibi lità dell'azione contro la medesima per ragione di nazio
nalità, era certo che l'istanza della difesa invadeva. un
campo riservato al P. M. cui la legge affida l'azione pe nale lasciando al di lui saggio criterio discretivo d'eser
citarla in base alle prove raccolte contro chiunque resti
sufficientemente indiziato. Il giudice del merito nei giu dizi in cui si proceda al seguito d'istruttoria formale,
qualora alla pubblica discussione si delineino nuove re
sponsabilità, può rinviare gli atti al giudice istruttore per
accertarle, ma anche questo è un potere discretivo lasciato
alla coscienza e al libero apprezzamento del magistrato. Che nel soggetto caso poi era quanto mai giustificata
la inazione del P. M. di fronte alla ditta Ferrata per l'in
sufficienza della prova specifica non avendosi che il vago accenno fatto dall' imputato circa la provenienza della
saccarina nel primo accertamento della contravvenzione, disdetto in seguito apertamente all'udienza, avendo il
Rota sostenuto che nel sacco sequestrato si racchiudevano
erbaggi e non saccarina.
Sul secondo motivo di appello ha ritenuto : che risul
tava che il detto sacco contenente i 16 pacchi di sacca
rina e il tabacco lavorato fu repertato alla presenza del
l' imputato, suggellato a ceralacca con timbro portante lo
stemma reale e la dicitura « Amministrazione delle pri vative a Sampierdarena ».
Detto sacco venne poscia dai magazzini dell'ammini
strazione trasportato nella cancelleria del tribunale e
quindi presentato al dibattimento e riscontrato nelle
identiche condizioni sia per quel che riguarda le moda
lità dei suggelli e delle iscrizioni e sia per quel che ri
guarda il contenuto. Pertanto, sussistendo la più ampia e sicura garanzia circa la identità della merce, ben potè
svolgersi sulla medesima la perizia chimica al cui responso dovette necessariamente attendere il tribunale. D'altronde
nella materia speciale soccorre all'uopo il disposto del
l'art. 340 reg. 13 febbraio 1896, per l'esecuzione del te
sto unico delle leggi doganali, col quale sono autorizzati
i magazzini doganali a trattenere le merci sequestrate
ognorachè sianvi mezzi di conveniente custodia.
Sul terzo che le pronuncie con cui il tribunale decise
sui detti due incidenti sollevati dalla difesa essendo di
manifesto carattere interlocutorio, per l'art. 400 cod. proc.
pen. non era dato di insorgere contro tali pronuncie che
unitamente alla sentenza definitiva, non derivando dallo
indugio alcun pregiudizio alle eventuali ragioni delle
parti. Finalmente sul quarto motivo ritenne la Corte che la
prova tanto in linea generica che in linea specifica era
stata pienamente raggiunta, e per tali considerazioni ha
confermato la sentenza appellata. Contro questo giudicato il Rota ha prodotto ricòrso,
basandolo sugli stessi tre motivi che già formarono sog
getto degli accennati incidenti e delle relative pronuncie del tribunale che malamente e illegittimamente, secondo
il ricorrente, la sentenza denunziata della Corte avrebbe
canonizzate, e vale a dire :
1° violazione degli art. 3 cod. pen., 372 e 373 cod.
proc. pen. in quanto non venne disposta la integrazione del giudizio coli' estendere l'imputazione e la citazione
anche in confronto della ditta Ferrata di Lugano ; 2° violazione degli art. 63 e 44 capov. cod. proc.
penale.
Nessuna perizia, si osserva, è stata fatta in istruttoria
per accertare la natura del corpo di reato, e questo non
è stato depositato negli uffici della cancelleria.
Non poteva perciò affermarsi come corpo di reato la
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135 PARTE SECONDA • 136
materia introdotta in giudizio perchè non era stata cu
stodita colle garanzie dalla legge richieste. Potrebbe ac
cadere anche per un equivoco, .che in grandi magazzini
doganali come quelli di Genova venisse repertata una
materia anziché un'altra.
È per evitare tutto ciò che sono state sancite le di
sposizioni del capoverso dell'art. 44 cod. proc. pen., e si
procede nullamente quando, come nel caso attuale, s'intro
duce in processo una materia che non è stata custodita
con tutte le norme dalla legge prescritte. 3° violazione dell'art. 400 cod. proc. penale. Fu di
chiarato di interporre appello contro l'ordinanza con la
quale fu ritenuto che l'oggetto presentato al tribunale
costituisse corpo di reato, e, poiché il reato di contrab
bando dipendeva dalla natura stessa della materia, tale
ordinanza riguardava l'oggetto stesso del contendere e per
conseguenza doveva ritenersi come definitiva.
Atteso su tutto l'insieme delle varie doglianze che la
difesa ha creduto di riproporre al giudizio della Suprema
Corte, che quanto alla prima nulla potrebbesi aggiungere a quanto saggiamente ebbe a considerare la Corte di me
rito, la quale non mancò di accennare eziandio al niuno
interesse dell' imputato di richiedere la pretesa integra zione del giudizio. E invero, anche supponendo che fosse
stata tratta al giudizio eziandio la ditta Ferrata, qualun
que difesa avesse questa potuto proporre sul proprio in
teresse, mai avrebbe potuto migliorare la condizione del
Rota, che pur sempre sarebbe rimasto il vero autore della
introduzione nel Regno della merce contrabbandata.
Quanto al secondo motivo di ricorso, sembra che il
ricorrente dimentichi che al giudizio si procedette per citazione diretta, e che quindi naturalmente l'esperimento
peritale doveva seguire al dibattimento sulla sostanza
sottoposta all'analisi del perito. E nulla rileva per l'ef
fetto di poter dire che esso non costituiva corpo di reato,
che il sacco contenente la saccarina non fosse stato su
bito, appena repertato, rimesso alla cancelleria del tribu
nale, ma invece depositato (come risulta dal verbale di
contravvenzione) nel magazzino di vendita tabacchi di
Sampierdarena, di dove poscia venne trasportato tei ma
gazzini della regia dogana, e di qui portato alla cancel
leria del tribunale.
La saccarina sottoposta all'esame peritale intanto co
stituisce il corpo del reato di contrabbando imputato al
Rota, in quanto è la identica materia, sulla quale venne
consumato il reato. Il solo punto essenziale consistette
nell'accertarne l'identità e tale accertamento risulta per tutti i dati di fatto indicati nella sentenza denunziata.
Certo nel capoverso dell'art. 44 cod. proc. pen. è scritto
che i corpi del reato e gli oggetti sequestrati saranno de
positati presso la cancelleria del tribunale e l'imputato sarà posto in carcere a titolo di custodia ; ma questo di
sposto non sta da sé come norma generale assoluta ed
imprescindibile di procedura, ma invece si lega all' ipo tesi figurata nella prima parte dello stesso art. 44, vale
a dire d'un individuo arrestato per reato, il quale venga
presentato al Procuratore del Re.
Comunque niuna disposizione di legge prescrive che
i corpi di reati debbano sempre depositarsi in cancelleria
e molto meno che senza ciò essi non possano più consi
derarsi quali corpi di reato, ancorché d'altronde ne ri
sulti la identità. E infine, anche a parte ogni altro riilesso, qui si versa
nella materia speciale di reato di contrabbando, in ordine
alla quale vige il disposto dell'art. 340 del regolamento
doganale opportunamente ricordato sì dal tribunale che
dalla Corte.
Atteso infine sul terzo motivo che il lamentato prov vedimento pur sempre manteneva il carattere di interlo
cutorio, dal momento che per esso non si decideva alcuna
questione di merito e niun irreparabile pregiudizio poteva derivarne all' imputato.
L'art. 400 cod. proc. pen. ha la sua profonda ed ade
guata ragione di essere nella economia dei giudizi, e per
provvedere a questa prescrive che l'appello dalle sentenze
preparatorie od interlocutorie possa interporsi soltanto
dopo la sentenza definitiva ed unitamente all'appello da
questa. Per tal modo o la sentenza definitiva assolve, e
tutto è finito ; o condanna, e allora è libero ogni grava me innanzi al collegio superiore, anche su ciò che forma
materia del provvedimento interlocutorio.
Nel caso, la Corte d'appello, conoscendo del gravame, lo respinse perchè giudicò che l'oggetto su cui cadde la
perizia era dimostrato costituire il vero ed effettivo corpo di reato.
E poiché tale giudizio si ravvisa giusto e rettissimo
è chiaro che anche da questo lato il ricorso è privo di
fondamento.
Per questi motivi, rigetta il ricorso.
Estradizione — Cassazione — Iti corso inammissibile
(Cod. pen., art. 9; r. d. 11 dicembre 1889, art. 2).
Non è ammesso ricorso in cassazione avverso le de
liberazioni della sezione d'accusa in tema di estradi
zione. (1)
(Cassazione Roma, 3 ottobré 1908, Pres. Foxtana, Est.
De Seta — Ric. P. M. c. Bernung).
(1) Giurisprudenza largamente prevalente. Tedi in senso conforme: 4 luglio 1908, Schmidt (Foro it., 1908, II, 475), ed in senso contrario, 9 giugno 1908, Sasso (ibid., 356, con nota di ri
chiami). Osserva la sentenza attuale : « Attesoché il Procuratore Ge
nerale presso la Corte d'appello di Genova ha proposto ricorso a questa Corte Suprema contro la deliberazione di quella se zione d'accusa del 27 luglio 1908, con cui si dichiarava non es sere il caso di consentirsi la estradizione di Bernung Emilio
Giuseppe chiesta dal Governo francese al Governo italiano. Attesoché la inammissibilità di simili ricorsi è stata più
volte affermata da questo Collegio, il quale non trova argo menti, che valgano a far mutare quella giurisprudenza. Il ri corso alla Corte di cassazione è ammesso dal codice di proce dura penale contro le sentenze della sezione d'accusa nei casi tassativamente indicati negli art. 434, 435, 436, 460 e 639 del suddetto codice, che sono relativi alle cause da sottoporsi alle Corti d'assise, e in tali casi non rientra perciò quello della estradizione di uno straniero. Per la estradizione gli art. 9 cod.
pen. e 2 regio decreto legislativo 1 dicembre 1889, n. 6509, ri
chiedono, non una sentenza, ma una semplice deliberazione dell'autorità giudiziaria, senza prescrizione di alcuna formalità da osservarsi, e non autorizzano il ricorso in cassazione.
Quando il legislatore ha creduto di ammettere tale rime dio in altri casi diversi da quelli indicati dalle leggi generali di rito, lo ha detto espressamente, come nella materia elettorale, onde il non averlo espressamente ammesso per il caso di estra
dizione, importa che non lo abbia voluto ammettere».
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