Udienza 8 aprile 1936; Pres. Saltelli, Est. Emiliani Pescetelli, P. M. Bruno (concl. conf.) —Ric. P.M. c. Chiotachi (Avv. Sechi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 61, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1936), pp.327/328-329/330Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23130853 .
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327 PARTE SECONDA 328
1933, ric. P. M. o. Russo), ha avuto occasione di giu dicare questa Suprema Corte, deve ritenersi non appli cabile il disposto dell'art. 70 regio decreto 8 dicembre
1933, n. 1740, che presuppone l'assoluto difetto di li
cenza di circolazione al fatto di chi esercitò un servizio
di linea mediante un'automobile provvista di licenza che
autorizza la circolazione per noleggio di rimessa. Tale
inapplicabilità si deduce, per la lettera della disposizione di legge, in quanto nel citato art. 70 si contemplano due casi di mancanza della licenza di circolazione o della
autorizzazione alla circolazione, e cioè che manchi la pre detta licenza ed autorizzazione sul veicolo, benché sia
stata rilasciata, oppure che manchi per non espere stata
mai rilasciata, ma non si fa alcun cenno dell'abuso della
licenza di circolazione, nel senso che l'automobile am
messa a circolare per un determinato uso o servizio, sia
usata in modo diverso da quello consentito, per la ra
gione della legge stessa diretta alla tutela della sicu
rezza della circolazione che viene garantita dalla visita
di prova da parte del Circolo ferroviario d'ispezione, cui
sono sottoposte le macchine destinate ad uso pubblico, sia per servizio di noleggio da rimessa, che da piazza, o da linee concesse od autorizzate, le quali debbano pre sentare le stesse garanzie per la sicurezza delle persone o delle cose. L'uso dell'automobile in modo diverso da
quello fissato nella licenza di circolazione è represso a
titolo di una forma speciale di concorrenza sleale con co
loro cui sia stato concesso un servizio pubblico di linea, o di piazza, ed è come tale esplicitamente previsto dal
n. 3 dell'art. 81 della citata legge, ed è punito a norma
del 3° comma del detto art. 81, con il ritiro temporaneo della licenza di circolazione da parte del Prefetto, ma
non è previsto come reato.
D'altronde, anche sotto l'impero del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3283, lett. i), il predetto fatto era
previsto come trasgressione di carattere fiscale, punita con una pena pecuniaria, e competente a conoscerne era
l'Intendente di finanza.
Nella specie, essendo risultato a carico dei ricorrenti di avere esercitato unfcservizio di linea con un'automo
bile provvista di licenzajdi circolazione per uso pubblico,
per servizio di noleggio da rimessa, dovevano essere as
solti perchè il fatto non costituisce reato, onde la sen
tenza,^che ne ha pronunciato la condanna, deve essere annullata senza rinvio.
Per questi motivi, in applicazione degli artt. 637, B39 cod. proc. pen., annulla la sentenza impugnata senza rinvio.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Seconda sezione penale)
Udienza 8 aprile 1936 ; Pres. Saltelli, Est. Emiliani
Pescetelli, P. M. Bruno (conci, conf.) — Eie. P.
M. c. Chiotachi (Avv. Sechi).
[Sent, denunciata: Trib. appello Rodi 16 luglio 1935)
Circostanze «li reato — Fatto commesso contro 11 n
pubblico ufficiale — C'ausa estranea alle sue funzioni — Aggravante insussistente (Cod. pen., art. 61, n. 10).
Cassazione penale — Fatto commesso contro un pub blico ufficiale — Esclusione della causa inerente alle sue funzioni (Cod. pen., art. 61, n. 10; cod.
proc. pen., art. 524). Cassazione penale — Mancata contestazione di una
aggravante — Esclusione in fatto — Irrilevanza dell' irritualità (Cod. pen., art. 61, n. 10 ; cod.
proc. pen., art. 396, 401, 422, 471 e 525).
Non ricorre l'aggravante dell'art. 61 n. 10 cod. pen. quando la causa del delitto commesso contro il pub blico ufficiale è un' attività di costui estranea alle sue
funzioni, malgrado in qualche modo ad esse con
nessa. (1) Il ritenere uno, anziché un'altro motivo di un delitto,
per escludere V applicazione dell' aggravante dell'arti
colo 61 n. 10 cod. pen., costituisce apprezzamento insindacàbile di merito.
Esclusa l'applicazione di detto aggravante perchè insus
sistente, è ultroneo discutere se essa sia stata conte
stata all'imputato e se per la mancata deduzione del
l'irritualità si potesse egualmente tenerne conto.
La Corte : — Con sentenza del Tribunale di Rodi
(Egeo) del 16 marzo 1935, Andrea Chiotachi fu condan
nato ad un anno e quattro mesi di reclusione, danni e
spese quale colpevole del reato a lui ascritto di diffama
zione ai sensi degli art. 61 n. 10, e 595, primo capov. cod. pen., per avere in Apesi (Scarpanto) il 25 dicembre
1934, comunicando con più persone, offeso la reputazione del metropolita di Scarpanto e Caso, Monidi Germanof,
attribuendogli il fatto determinato di aver reso incinta
la sua persona di servizio. Su impugnazione del Chiotachi
il Tribunale di Appello della stessa Città escluse l'aggra vante dell'art. 61 n. 10 cod. pen., ridusse la pena a sei
mesi di reclusione e ne ordinò la sospensione condizionata
della esecuzione.
Ha ricorso per cassazione il Procuratore del Re con
funzioni di Procuratore generale presso il detto Tribunale
deducendo a motivi : inosservanza della legge penale a
senso dell'art. 524, n. 1, cod. proc. pen., in relazione
agli art. 595, capov., e 61, n. 10, cod. pen. per essere
stata erroneamente esclusa l'aggravante di cui all'art. 61, n. 10, cod. pen., mentre il delitto « fu commesso contro
il metropolita Germanof, non perchè questi avesse ingra vidato la serva e perchè si sospettava ciò, come ritiene
la sentenza impugnata, ma perchè esso metropolita aveva
cacciato dalla chiesa 1' imputato scomunicandolo e quindi il fatto fu commesso contro un Ministro di culto commesso
nello Stato per causa diretta e immedia'a di atti del suo
ministero sacerdotale e delle sue attribuzioni e funzioni » ;
2) la inosservanza delle norme del codice di procedura
penale a senso dell'art. 524, n. 3, in relazione agli arti
coli 525, prima parte, e agli art. 396, n. 2, 401, 422 e
471 cod. proc. pen., perchè il Tribunale di appello non
poteva escludere la sopradetta aggravante per ragioni for
mali e cioè per una pretesa' mancanza di specifica conte
stazione che l'imputato non aveva mai dedotto nè in primo
grado, nè in appello. Osserva il Supremo Collegio che la
inosservanza ed erronea applicazione di legge penale de
nunciata col primo mezzo non sussiste. Invero il Tribu nale di appello di Rodi nel prendere in esame la que stione dell'aggravante del n. 10 dell'art. 61 cod. pen. ha
enunciato un solo concetto di carattere giuridico di cui si
doveva tener conto, e cioè che non ricorre la sopradetta
aggravante quando la causa del delitto commesso contro
il pubblico ufficiale è una attività di costui estranea alle
sue funzioni malgrado in qualche modo ad esse connessa.
Il concetto è esatto, e d'altra parte non è di questo che
si duole il ricorrente. Il Tribunale però nel rapportare quel principio alla
fattispecie ne ha ritenuto l'applicabilità in quanto a suo
giudizio, il motivo della diffamazione commessa dal Chio
tachi non fu la vendetta contro il metropolita che lo aveva
scomunicato, come sosteneva e sostiene il P. M., ma la
supposta gravidanza della domestica « completamente estra
nea all'esercizio spirituale del metropolita ».
Ed è di questo giudizio che il ricorrente specificamente si duole senza rilevare, peraltro, che trattasi di un ap
prezzamento del Giudice di merito fatto in sede di valu
(1) Saltelli e Romano Di Falco, Comm. teorico-pratico del codice penale, Roma, 1930, vol. I, parte la, § 225, dicono che « l'espressione a causa non equivale alla espressione in occasione, perchè esprime invece la ragione determinante il reato ». Gabrieli, Gl'istituti generali del codice penale, Casa ed. Colombo, Roma, 1936, pag. 168, dice che « per l'applicazione dell'aggravante è neces sario un rapporto di causalità (motivo determinante del reato)*.
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329 GIURISPRUDENZA PENALE 330
tazione delle risultanze processuali con poteri sovrani e
insindacabili, contro il quale non è consentito ad alcuno
di insorgere. Anche il secondo mezzo non può essere accolto perchè
sebbene il Tribunale di appello abbia accennato, nella mo
tivazione della sentenza, che l'aggravante non fu specifi catamente contestata al Chiotachi (fu indicata nella im
putazione col semplice richiamo dell'art. 61, n. 10 cod.
pen.) l'aggravante stessa non fu eliminata per questo mo
tivo, ma perchè il Tribunale ritenne come si è visto, che
essa in realtà non sussistesse nelle circostanze del fatto.
E di conseguenza ultroneo indugiarsi ad esaminare se
quella enunciazione di pretesa irritualità, la quale non ha
costituita ragione di decidere, neanche sussidiaria, sia ve
ramente esatta e se di essa potesse tenersi conto in grado di appello.
Il ricorso va pertanto respinto. Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE EEL REGNO. (Prima sezione penale)
Udienza 6 luglio 1936 ; Pres.
M. Santoni (conci, conf.) cati plgnalosa, funaro).
Aloisi, Rei. Crachi, P. — Ric. Colonnello (Avvo
(Ord. denunciata : Pret. Segni 11 maggio 1936)
Incidenti di esecuzione penali — Carcerazione — Sen
tenza di condanna non ancora irrevocabile —
Incidente improponibile — Competenza del giu dice dell'impugnazione (Cod. proc. pen., art. 628).
Non può essere proposto incidente di esecuzione per la
carcerazione ordinata in seguito ad una sentenza di
condanna non ancora irrevocabile. (1) In tal caso a giudicare della legittimità della carcera
zione è competente il giudice dell'impugnazione. (2)
Il Procuratore generale (Santoni) : — Visto il ricorso di Colonnello Vincenzo avverso la ordinanza 11 maggio 1936 del Pretore di Segni che rigetta l'incidente propo sto per revoca dell'ordine di carcerazione.
' Premesso che il Colonnello, con sentenza contumaciale
15 aprile 1934, è stato condannato per truffa alla pena di
anni uno, mesi uno e giorni quindici di reclusione e a
lire 1000 di multa. Arrestato il 13 aprile 1936 per l'ese
cuzione dell'ordine di carcerazione emesso dal Pretore, il Colonnello dichiarava di proporre appello e presen tava motivi. Successivamente, a mezzo del difensore, pro
poneva incidente di esecuzione, sostenendp che, non es
sendo la sentenza divenuta irrevocabile, l'ordine di car
cerazione doveva essere revocato. Il Pretore, all'udienza dell'11 maggio 1936 fissata per
la deliberazione dell'incidente, pronunciava ordinanza con
la quale rigettava la istanza, ritenendo non proponibile l'incidente di esecuzione, Avverso questa ordinanza ha
tempestivamente proposto ricorso il Colonnello per vari
motivi.
Osserva che pregiudiziale è nel caso l'esame della
questione propostasi dal Pretore se fosse ammissibile un
incidente di esecuzione. E la risposta negativa rettamente
data dal Pretore si impone per la ovvia considerazione
che non vi ha una sentenza irrevocabile di condanna, la
quale è presupposto indispensabile per l'inizio del periodo di esecuzione, durante il quale è consentito agli interes
sati di proporre incidenti. Invero, la sentenza del Pre
tore risulta gravata di appello, e sino ad oggi la impu
gnazione non è stata giudicata nè dichiarata comunque irrevocabile (art. 576 cod. proc. penale). E' esatto, quanto
(1-2) Sostanzialmente conforme, perchè, in sostanza, ricono sce che l'incidente di esecuzione presuppone una sentenza ir revocabile ; 18 dicembre 1933, Petrilli (Foro it., Rep. 1934, voce Incidenti di esecuzione pen., n. 11).
afferma il ricorrente, che al Giudice di esecuzione pos sono essere proposte, mediante la procedura degli inci
denti, le questioni relative alla sussistenza della validità
del titolo esecutivo e perciò anche alla sua irrevocabilità.
Ma una volta che risulti esclusa la sussistenza del titolo
esecutivo pel difetto della irrevocabilità del provvedimento, rimane necessariamente esclusa la competenza funzionale
del giudice della esecuzione. Nella specie, essendo an
cora in corso il giudizio di impugnazione, appartiene al
Giudice di appello giudicare della legittimità della deten
zione del Colonnello. Va rilevato altresì che poiché con
tro il Colonnello si è proceduto con mandato di cattura, il di lui attuale stato di detenzione risulta ad ogni modo
legittimo, salvo doversi considerare per carcerazione pre ventiva e non in esecuzione di pena.
Visti gli articoli citati 531, 549, 628 cod. proc. pen., chiede che la Corte di cassazione rigetti il ricorso con la
condanna del ricorrente nelle spese.
La Corte decise in conformità.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Terza sezione penale)
Udienza 4 giugno 1936 ; Pres. Albertini, Est. De Pirro, P. M. Santoni (conci, diff.) — Ric. Pistilli (Avv. Escobedo).
{Sent, denunciata : App. Roma 7 febbraio 1935)
Cassazione penale — Impugnazione del difen
sore — Avviso del deposito della sentenza im
pugnata — Notificazione all'imputato (Cod. proc.
pen., art. 151). Appello penale — Sentenza — Motivazione — Omes
so rilievo d'importanti circostanze clie avevano
portato all'assoluzione — Omessa dimostrazione
degli elementi del reato — Nullità (Cod. proc.
pen., artt. 474, 475 e 519).
Ancorché l'impugnazione sia stata proposta dal solo di
fensore, Vimputato conserva il diritto alla notifica zione dell'avviso di deposito della sentenza impugnata dovendo essere posto in grado di presentare i motivi, anche per mezzo di altro difensore, o per integra zione di quelli dedotti dal primo o nelle veci di esso
se rimasto inerte. (1) È nulla la sentenza di appello, la quale condanni l'im
putato assoluto in primo grado per insufficienza di
prove, senza considerare l'importanza delle circostanze
addotte dal primo giudice o esaminandole con moti
vazione incompleta o contraddittoria. È nulla altresì se si limita ad irrogare la pena senza
dimostrare la sussistenza degli elementi subbiettivi ed
obbiettivi del reato.
La Corte : ■— Attesoché non regge la preliminare richiesta del P. M. per la declaratoria di inammissibilità
del ricorso. Ancorché la impugnazione sia stata proposta come nella fattispecie dal solo difensore, l'imputato con
serva il diritto alla notificazione dell'avviso di deposito della impugnata sentenza, dovendo essere posto in grado
(1) Conforme : 8 luglio 1935, Martorelli (retro, col. 50, con ncta di richiami).
Per quanto riguarda il difensore è stato ritenuto che l'av viso di deposito non gli si deve notificare, se esso non è im
pugnante : 10 gennaio 1936, Vai (retro, col. 88, con nota di ri chiami). Non è mancata qualche sentenza che ha detto che l'avviso va notificato all'imputato o al difensore a seconda che l'uno o l'altro si trovi ancora in termine per proporre l'impu gnazione o l'abbia già proposta : 8 marzo 1935, Luppa (Foro it., Rep. 1935, voce Cassazione pen., n. 29). Cfr. anche: T. Roma, 6 maggio 1935, Silvestri (retro, col. 143).
In dottrina conforme : Bscobedo, Ancora sull'obbligo della no
tifica del deposito della sentenza al difensore ecc., in Giust. pen., 1936, IY, 214.
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