Udienza del 19 marzo 1879, Pres. Ghiglieri, Est. De Cesare, P. M. Spera (Concl. conf.) —Ric.OlivieriSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.187/188-189/190Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084735 .
Accessed: 18/06/2014 10:06
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 194.29.185.145 on Wed, 18 Jun 2014 10:06:26 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
187 PARTE SECONDA 188
« devastarla, di mandarla a male e non custodirla.
« Che questa non era che una dolosa amministra
« zione ».
In queste parole, essenzialmente giuridiche, si volle
vedere una contumelia, affermandosi non competere alla parte istante querelata il benefìcio dell'art. 580 Co
dice penale, non concorrendo, al dir del giudice di me
rito, le due condizioni richieste, cioè l'atto giudiziario e la persona ivi indicata. Ma simiglianti affermazioni
contengono due errori, ed hanno per base un falso sup
posto, quale si è quello di ritenere che la citata dispo sizione non sia altro che una scusa personale, quando è la esplicazione di un gran principio che tiene all'os
sequio della illimitata libertà di difesa consentita in
ogni libero reggimento, avvegnaché la legge non sup
pone in colui che si difende l'animo d'ingiuriare; Che se questo è il concetto informatore della dispo
sizione in esame, i due argomenti messi innanzi per escludere la eccezione d'inammissibilità dell'azione pe nale non han valore, essendo ad essi contrario non
meno lo spirito che la parola di quello stesso articolo
invocato al riguardo. Il primo argomento, vale a dire quello di non essere un
atto giudiziario l'incriminata protesta, è una inesatta
affermazione; giacché sebbene sia un atto di parte
(e non poteva essere altrimenti), per la sua forma, per la sua essenza e per l'obbietto a cui mirava rivestiva
in tutto il suo lato senso il carattere di atto giudi
ziario; esso gittava le basi di un incidente del giudizio
principale che si agitava innanzi il Tribunale civile di
Roma, avente ad obbietto quei medesimi immobili, per la cui pretesa mala amministrazione l'atto si noti
ficava.
Il secondo argomento della impugnata sentenza non
è più solido del primo, essendo una troppo rigorosa adesione alle parole della legge il limitare ai soli av
vocati o causidici l'immunità concessa dal citato arti
colo, disconoscendosi con simigliante distinzione il cri
terio fondamentale della regola, poiché una immunità
concessa dalla legge alla cosa, si converte in una im
munità concessa alla persona. Secondo il concetto razionale della disposizione non
può ritenersi che in essa si racchiuda non altro che un
privilegio esclusivo della toga, conciossiacliè, se il sacro
diritto della difesa esige libertà di dire a chi altri
difende, non può essa venir negata a chi difende sé
stesso.
Né vale argomentare dall'ultimo alinea del citato
articolo, dove si avverte che l'avvocato e causidico
possono in tali casi incontrare pene disciplinari. Questo
non è che un provvedimento relativo al decoro del
l'ordine, ma niente modificativo, né esplicativo della
regola prestabilita. Che anzi dal medesimo e dalla parola inoltre che si adopera sorge evidente una discretiva, la quale mostra che la legge, dove volle parlare dei
soli difensori lo disse, dove noi disse non volle.
Né la scuola è stata mai discorde a ritenere siffatti
principi, combattendo sotto il concetto dell'assurdo la
interpretazione limitativa, giacché ammesso che tutto
l'art. 580 contemplasse tassativamente i soli avvocati
o causidici e non le parti che si difendono da sè me
desime, verrebbesi alla conseguenza, che il giudice non
potrebbe decretare la soppressione di nessun brano di
atto difensionale per quanto esorbitantemente ingiu
rioso, quando l'atto s'intimasse a nome della parte e
non dell'avvocato: e questo è un assurdo.
Onde la denunziata sentenza evidentemente, sotto
doppio aspetto, conculcò lo spirito della legge, ritenendo
esercibile l'azione penale nel caso di cui è disamina; Per queste ragioni, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza del 19 marzo 1879, Pres. Ghiglieri, Est. De
Cesare, P. M. Spera (Conci, confi) — Ric. Olivieri.
^laciniato — Contravvenzione — IVescrizione —
Termine (Legge 13 settembre 1874, art. 40; Regola mento doganale 11 settembre 1862, art. 64).
L' azione penale per le contravvenzioni alla legge del macinato 13 settembre 1874 si prescrive in un
anno dal giorno del commesso reato, e se vi è stato
processo dall'ultimo atto del medesimo.
Con l'art. 40 della citata legge, rimessivo all'art. 64
del regolamento doganale (che contempla i casi di
contrabbando e di semplice contravvenzione, stabi
lendo per i primi la prescrizione di 5 anni e per
gli altri quella di un anno), s'intese stabilire pei• la prescrizione delle contravvenzioni al macinato
la stessa norma che regola la prescrizione delle
semplici contravvenzioni doganali, e non quella che
regola la prescrizione del contrabbando.
La Corte, ecc. —Attesoché dalla prima sentenza della
Corte di appello, con cui fu ordinato il rinnovamento
della pubblica discussione, sino al decreto di citazione
per procedersi al dibattimento passavano oltre due
anni senza che intervenisse atto alcuno di procedura, Ond' è manifesto che con l'inutile trascorrimento di un
tal tempo l'azione penale rimaneva estinta per pre
scrizione, ai termini della disposizione dell'art. 64 del
regolamento doganale applicabile alle contravvenzioni
alla legge sulla macinazione dei cereali.
Nè potrebbe obbiettarsi che il citato articolo con
templando un doppio caso di prescrizione, cioè quello dell'azione penale pel contrabbando e quello dell'azione
penale per ogni altra contravvenzione, il rimando del
l'art. 40 della legge 13 settembre 1874 sulla macina
zione dei cereali debba riferirsi al primo e non al se
condo, avvegnaché l'art. 18 della prima legge sul ma
cinato 7 luglio 1868 si rimetteva, in quanto alla pre scrizione per tutte le contravvenzioni prevedute da
essa, all'art. 24 della legge sulle tasse governative e
sui dazi di consumo del 3 luglio 1864, n. 1827, in cui è
detto: «l'azione per le contravvenzioni e per le de
« fraudazioni si prescrive entro un anno dal giorno in
« cui fu commessa la contravvenzione ».
Per la redazione di questo articolo essendo sorto il
This content downloaded from 194.29.185.145 on Wed, 18 Jun 2014 10:06:26 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
189 GIURISPRUDENZA PENALE 190
dubbio se gli atti di procedura interrompessero la pre
scrizione annale, ad eliminare qualsiasi controversia
col citato articolo 40 dell'unico testo di legge per la
tassa sulla macinazione dei cereali del 13 settembre 1874,
ispirata a principi di minor rigore, si dichiarava es
sere applicabile alle contravvenzioni da essa contem
plate l'articolo 64 del regolamento doganale 11 set
tembre 1862 in cui è detto: «l'azione giudiziaria sul
« contrabbando si prescrive in cinque anni, per le altre
« contravvenzioni in un anno. Una nuova contrav
« venzione punibile con una pena eguale o più grave,
« od un atto giudiziario interrompono la prescrizione ».
Onde non potrebbe ritenersi, senza cadere in un as
surdo, che la legge sulla macinazione dei cereali, nel
rimettersi in quanto alla prescrizione all'articolo 64
del regolamento-doganale, abbia voluto riferirsi alla
prescrizione dell' azione penale del contrabbando e non
a quella delle contravvenzioni, non essendo possibile
uguagliare i fatti di contrabbando vero e propriamente
detto alle contravvenzioni del macinato. Il richiamo
dunque della legge speciale al citato articolo 64 del
regolamento doganale per la buona ermeneutica legale
va ristretto a quella sola parte che riguarda la pre
scrizione delle contravvenzioni.
Lo interpretare contrariamente l'articolo in disamina
importa attribuire alla mente del legislatore una ine
sattezza di criterio legale e di locuzione; avvegnaché,
lungi d'impastoiarsi in un richiamo suscettivo di equi
voci, trattandosi di reato punibile con pena correzio
nale, sarebbe ricorso alla legge comune invocando lo
articolo 139, alinea, del Codice penale. Ed infatti in
tutte le leggi speciali, quando si è voluto che le con
travvenzioni fossero regolate dai principi generali, non
si è peritato invocare le relative disposizioni del Co
dice comune. Il legislatore in simigliante materia non
ha potuto tenere a guida le norme ordinarie del Codice,
conciossiachè fu suo scopo che le contravvenzioni alla
legge del macinato si risolvessero prontamente; nè ha
potuto sospettare che per una riprovevole negligenza
il movimento per esse dell' azione penale si ritardasse
oltre il termine di un anno. Lo scopo unico del ri
chiamo all'art. 64 del regolamento doganale fu quello
di eliminare i dubbi che nascevano dalla locuzione del
l'articolo 24 della legge sulle tasse governative e sui
dazi di consumo in quanto all'efficacia degli atti di
procedura ad interrompere la prescrizione. Ma se
pure vi fosse del dubbio sulla retta intelligenza di quel
rimando, esso non mai potrebbe risolversi a danno del
reo: semper in dubiis benigniora prdeferendo, sunt;
Per queste ragioni, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.
Udienza del 23 maggio 1879, Pres. Ghiglieri Est. De
• Cesare, P. M. Spera (Conci, conf.) — Ric. Corradelli.
Furto qualificato — Appropriazioni indebite — .Ma
terassaio — Sottrazione di lana nella casa ove
lavora (Cod. pen.,' art. 607, n. 4 e 631).
Il materassaio che sottrae dalla casa ove è andato
a prestar l'opera sua la lana a lui consegnata per lavorare i materassi commette furto qualificalo per la persona, e non appropriazione indebita.
La Corte, ecc. — Attesoché il carattere differenziale
tra il furto e la indebita appropriazione sta nella na
tura dello affidamento. Se questo è necessario si ha il
primo reato, avendo il proprietario conservato il pos sesso naturale ; se invece è volontario si ha il secondo,
nulla importando se lo agente sia domestico, servo,
operaio, allievo od impiegato. Queste qualità in colui
che si appropria l'altrui è una circostanza esclusiva
mente influente per la facilitazione del furto e serve
a stabilire la qualificazione della persona. Ma l'essenza
del reato sta nella prima definizione in cui si compe netra la seconda
li padrone nell'ammettere in sua casa il servo, l'ope
raio, l'allievo, ecc., gli affida per necessità tutto ciò
che rientra nella sfera dei servizi a cui l'operaio è
destinato. Se questi, tradendo la fiducia in lui riposta dal primo, facilitato dalla sua qualità mediante la con
tractatio, fa suoi gli oggetti affidatigli, del di cui pos sesso tanto civile quanto natifrale il padrone non si
era spogliato, commette un furto e non una indebita
appropriazione. E se questo è il caso di cui si ragiona, ritenuto dal
giudice di merito, invano si grida alla violazione del
l'art. 631 Cod. pen., ed alla falsa applicazione dell'ar
ticolo 607, n. 4, Codice stesso, avvegnaché il ricorrente
nello assumere l'incarico, mediante una pattuita mer
cede, di lavorare i materassi nello stesso domicilio
della proprietaria, non solo non ebbe mai il possesso civile della lana, ma neanche il possesso naturale, nell'abuso del quale si racchiude la teoria del reato di
indebita appropriazione ; Per queste ragioni, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza del 9 maggio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. De
Cesare, P. M. Spera (Conci, conf.) — Ric. Catelli e
Briccola.
Dogana — Contrabbando — Contravvenzione —
Estremi (Regolamento doganale 11 settembre 1862, art. 65 e 73).
Multa — Carattere — Più contrabbandieri — Con
danna — Estensione (Cit. reg., art. 65).
La sorpresa nella zona di vigilanza di generi sog
getti a dazio provenienti dall'estero e passati clan
destinamente la linea di confine, costituisce il reato
di contrabbando, e non la contravvenzione di cui
all'art. 73 del regolamento doganale.
La multa di cui all'art. 65 del citato regolamento è
una vera pena, non una rifazione di danni-inte
ressi, e perciò essa si applica per intero a ciascuno
dei cantrabbandieri.
La Corte, ecc. — Attesoché il giudice di merito ri
teneva che nel 25 settembre 1878, nella zona di vigi
This content downloaded from 194.29.185.145 on Wed, 18 Jun 2014 10:06:26 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions