Udienza del 2 giugno 1879, Pres. Ghiglieri —Est. Ferreri —P. M. Spera —Ric. De SantoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.309/310-311/312Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084804 .
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309 ■ • GIURISPRUDENZA PENALE 310
Le sole offese fìsiche o morali rivolte direttamente
contro la persona, le quali inoltre siano seguite im
mediatamente per impeto di sdegno subitaneo dalle
lesioni contro l'offensore, costituiscono la provoca
zione. (1) Laonde ogni altro fatto benché ingiusto p dannoso,
come, ad esempio, la immissione di fumo nella stalla
dell'imputato, può valere nei congrui casi come at
tenuante, ma non mai come vera provocazione. (2)
La Corte, ecc. — Ritenuto che con sentenza del Tri
bunale d'Aquila in data 21 settembre 1878, Biagio Mel
chiorre fu condannato a tre mesi di carcere, come col
pevole di percosse volontarie che produssero impedi
mento al lavoro per 26 giorni a danno di Domenica
Cherubini, col concorso di attenuanti
Che la Corte' d'appello d'Aquila nel respingere i mo
tivi di gravame, osservò, quanto alla eccepita provo
cazione, non potersi dir la medesima costituita dalla
circostanza che la Cherubini avesse ammorbata la stalla
di esso Melchiorre immettendovi fumo, con danno dei
suoi animali, ma essere questa circostanza soltanto una
attenuante; e, con sentenza 30 novembre 1878, confermò
quella del Tribunale
Attesoché, a' termini del chiaro disposto dell'art. 562
Cod. pen., non si possono tenere costituenti la provo
cazione se non le offese fisiche o morali rivolte diret
tamente contro la persona, le quali inoltre siano se
guite immediatamente, per impeto di sdegno subitaneo
dalle lesioni dell'offeso contro l'offensore; imperocché,
sebbene in quell'articolo si definisca soltanto la provo
cazione grave, le circostanze però della gravità delle
percosse o violenze contro le persone, dell'impugnar
d'armi accompagnante le minaccie, dell'atrocità delle
ingiurie indicate in detto articolo come costituenti l'ag
gravante della provocazione, lasciano a sufficienza com
prendere come, tolte queste aggravanti, siano i fatti
medesimi ora detti che costituiscono la provocazione;
Che, per conseguenza, ogni altro fatto, benché ingiusto
e dannoso, se può dare origine ad un'azione civile pei
danni, e se può valere a diminuire in qualche modo il
grado d'imputabilità quale circostanza attenuante, non
potrà mai ritenersi come vera provocazione e quindi
come scusante;
E, veramente, ove si ammettesse un principio con
trario, non si avrebbe più nella scusante della provo
cazione quel risentimento diretto ed immediato che solo
deriva dall'offesa attuale»contro la persona, e clie^ solo,
diminuisce veramente la quantità del dolo nell'agente;
si aprirebbe un adito troppo facile e pericoloso a scu
sare, sotto colore di provocazione, non pure le lesioni
perpetrate per vendetta, ma via via tutti i reati contro
le persone, essendo assai rari i casi in cui altri non
uccida o ferisca per qualche rancore; e ciò sarebbe
scambiare, contro ogni sano principio di diritto penale, la provocazione colla causa di delinquere;
Per questi motivi, rigetta, ecc.
(1-2) Similmente la Cassazione di Napoli con sentenza 28 luglio 1862
(Legge, 1862, pag. 971) stabilì che un danno alle proprietà senza of fesa alle persone non costituisce la provocazione; e la Corte d'appello di Trani con la sentenza 9 dicembre 1876 (Riv. di giurispr. di Trani, 1877, pag. 74) giudicò che l'eccitazione dell'animo prodotta dalla gelosia od altra simile causa, non può fornire al delinquente la scusa della
provocazione.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza del 2 giugno 1879, Pres. Ghiglieri — Est. Fer
reri — P. M. Spera — Ric. De Santo.
Arma — Asportazione — (àiiardaltoselii nominato dal
prefetto — Sospensione ordinata dal sindaco —
Ellet<i (Legge com. e prov. 20 marzo 1865, n. 11).
Un guardaboschi nominato con regolare decreto del
prefetto non è da considerarsi nel novero degl' im
piegati e salariati del Comune che, a termini del
l'art. 102, n. 11, della legge comunale e provinciale 20 marzo 1865, il sindaco può sospendere riferen done alla Giunta ed al Consiglio nella prima adu
nanza, secondo le rispettive competenze di nomina.
Un guardaboschi d'altronde, munito della sua pa
tente, non solo può, ma deve per V esercizio delle
sue funzioni, andare armato a norma dei regola
menti, e così asportare lo schioppo. L'ordine di sospensione che provenga solamente dal
sindaco manca di forza, legale, siccome quello che
parte da un'autorità incompetente; e quindi non
può avere per effetto di privare un guardaboschi della sua patente e del diritto di portar l'arme.
La Corte, ecc. — Attesoché consta dagli atti e dalla
stessa denunziata sentenza, che la nomina del Giuseppe De Santo a guardaboschi del Comune di S. Buono fu
fatta giusta le norme del regolamento forestale, con
decreto del prefetto della provincia, sentito all'uopo
l'ispettore forestale del dipartimento; Attesoché pertanto il De Santo come guardaboschi,
munito di un regolare decreto di nomina o patente, non fosse da considerarsi nel novero degl'impiegati e
salariati del Comune, che, a termini dell'art. 102, n. 11
della legge comunale e provinciale 20 marzo 1864, il
sindaco può sospendere, riferendone alla Giunta ed al
Consiglio nella prima adunanza, secondo le rispettive
competenze di nomina;
Attesoché in cotesta condizione di cose riesce evi
dente, che la sospensione del De Santo, ordinata dal
sindacò con semplice nota in data del 14 dicembre 1878,
senza veruna autorizzazione o conferma dell'autorità
superiore, ossia del prefetto, mancava d'ogni forza le
gale, e doveva rimanere del tutto inefficace, siccome
quella che partiva da una autorità incompetente e priva al riguardo di giurisdizione. E se fu un atto nullo, esso
non potè produrre alcun effetto e tanto meno privare il De Santo della sua patente;
Attesoché tanto ciò sia vero che, nonostante l'inter
venuta sospensione, il De Santo continuò a servire nella
sua qualità di guardaboschi, come ne risulta da appo sito certificato, rilasciatogli dall'ispettore forestale, il
quale si trova pure negli atti.
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311 PARTE SECONDA 312
Il che dimostra sempre più che la suddetta sospen
sione non fu dal prefetto approvata, e forse neanco
conosciuta; e spiega d'altra parte come la Giunta mu
nicipale appena fu del fatto informata, siasi in via di
urgenza affrettata a reintegrare il De Santo nella sua
posizione, onde riparare, per quanto fosse possibile, al
ali' incorsa illegalità del sindaco ;
Attesoché, tolta di mezzo l'avvenuta illegale sospen
sione, il Giuseppe de Santo, munito della sua patente di guardaboschi, non solo potesse, ma dovesse, per l'e
sercizio delle sue funzioni, andare armato, a norma dei
regolamenti, e così asportare lo schioppo ; per lo che
è manifesto, ed è necessità conchiudere, che mancava
ogni fondamento all'ascrittagli contravvenzione, e che
non era possibile condanna ove non esisteva reato.
C Omissis); Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 17 aprile 1879, Pres. Ghiglieri, Est. Canonico,
P. M. Spera (Conci, conf.) — Ric. Traldi.
■Bancarotta — Giudizio penale — Cessazione dei pa
ffanienti — Dichiarazione del giudice civile (Cod.
pen., art. 381; Cod. di comm., art. 547 e 543).
La potestà del giudice penale di conoscere del reato
di bancarotta, non è subordinata alla previa di
chiarazione di fallimento per par tè del giudice com
merciale. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché sono due cose ben di
verse la cessazione dei pagamenti per parte di un com
merciante, e la dichiarazione di fallimento del mede
simo;
Che la cessazione dei pagamenti, la quale costituisce
essa stessa lo stato di fallimento, è un fatto di per sè
stante, dal quale, come derivano conseguenze civili nelle
relazioni tra il fallito ed i suoi creditori, così possono derivare conseguenze penali nelle relazioni fra esso e
la società, qualora concorra alcuna delle circostanze
di cui agli art. 698 e seguenti, oppure agli .art. 703 e
seguenti del Cod. di comm.; Che la dichiarazione di fallimento, invece, essendo la
constatazione giudiziaria della cessazione dei pagamenti
per gli effetti civili, deve farsi dal Tribunale di com
mercio, ed è necessaria affinchè questi effetti civili
possano dagl'interessati invocarsi; ma non è punto ne
cessaria affinchè il giudice penale possa pronunziare condanna per bancarotta semplice o fraudolenta, poiché si tratta, nell'un caso e nell'altro, di due giudizi che
hanno uno scopo essenzialmente diverso, che si svol
gono con diversi criteri, e che sono quindi indipendenti fra loro. A quel modo pertanto che, colla condanna per
bancarotta, il giudice penale non può vincolare il giu dice di commercio, in ordine alla dichiarazione di fal
limento, così, e converso, la potestà del giudice penale
di conoscere del reato di bancarotta, e pronunziare la
relativa condanna, non può essere subordinata alla di
chiarazione di fallimento per parte del giudice com
merciale ; Che siffatti principi trovansi nel modo il più mani
festo sanzionati dalle nostre leggi positive. Imperocché l'art. 543 del Cod. di comm. statuisce in termini espressi che è in istato di fallimento il commerciante, il quale cessa di fare i suoi pagamenti ; e, ad eliminare il dubbio
che a costituire il fallimento ne sia mestieri la solenne
dichiarazione, soggiunge ben tosto che il fallimento del
commerciante può essere dichiarato anche dopo la sua
morte, distinguendo così recisamente tra il fatto e la
constatazione giudiziaria di esso. Di guisa che gli ar
ticoli 698 e seguenti, 703 e seguenti dello stesso Codice
relativi alla bancarotta, nel parlare di commerciante
fallito, non possono intendersi accennare se non al fatto
della cessazione dei pagamenti, non già alla dichiara
zione giuridica di questo fatto, ed a questo fatto del
pari, non alla constatazione giudiziaria di esso, accennano
gli art. 381 e seguenti del Cod. pen. relativi alle banche
rotte, i quali si riferiscono appunto alle leggi commerciali; Che questo concetto del legislatore viene ad essere
viepiù chiarito dal confrontare coi citati articoli l'ar
ticolo 547 del Cod. di comm., ed i successivi, special mente gli art. 551 e 558, dai quali ad evidenza si scorge come tutti gli effetti della dichiarazione di fallimento
riguardano in modo esclusivo gli interessi civili, ed è
d'altronde conforme al principio della distinzione ed
indipendenza reciproca dell'azione civile e della penale ;
principio sì scrupolosamente tutelato dalle nostre leggi, che il giudice penale può, se così creda, continuare a
condurre a termine il suo giudizio, anche quando contro
l'azione penale si propongano eccezioni civili riflettenti
diritti reali, le quali, ove sussistessero, escluderebbero
il reato (art. 33 del Cod. proc. pen.) ; Ond'è che, a fortiori, non dovrà il giudice penale
aspettare l'esito del giudizio civile per punire un reato, sol perchè dal fatto che ne è base derivano conseguenze ed obbligazioni civili, tanto più che la dichiarazione di
fallimento, d'ordinario non ha luogo se non in seguito alla presentazione del bilancio per parte del fallito
(Cod. di comm., art. 345, 346) mentre la condanna per bancarotta può invece essere pronunziata precisamente
perchè il bilancio non fu presentato (conf. art. 381 del
Cod. pen., ed art. 701, n. 4 del Cod. comm.), siccome
avvenne appunto nel caso presente; Che nella specie in esame contro la sentenza preto
riale che condannò il Traldi per bancarotta semplice, il medesimo non dedusse in appella altro motivo di
gravame se non il difetto di previa dichiarazione del suo fallimento, ed il difetto di prova degli addebiti fat
tigli, e la sentenza d'appello che ora s'impugna, di
chiarò nella motivazione del suo dispositivo, che basta, a senso di legge, la cessazione dei pagamenti per co
stituire il fallimento benché non ne sia ancora fatta giu diziale dichiarazione, e che la prova di questa cessa
zione si ebbe evidente per le dichiarazioni stesse
dell'appellante e de'suoi creditori;
(1) Vedi Cassazione Napoli, 17 ottobre 1877, con le osservazioni e i richiami in nota (Foro it., 1878, col. 26).
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