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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza del 20 marzo 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P....

Date post: 08-Jan-2017
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Udienza del 20 marzo 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M. Del Mercato (Concl. conf.) —Ric. Rizzo Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 287/288-289/290 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084795 . Accessed: 18/06/2014 04:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.143 on Wed, 18 Jun 2014 04:37:07 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza del 20 marzo 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M. Del Mercato (Concl. conf.) —Ric.RizzoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.287/288-289/290Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084795 .

Accessed: 18/06/2014 04:37

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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287 PARTE SECONDA 288

Attesoché sebbene l'art. 370 di questo Codice pre

scriva doversi nelle cause penali osservare in appello

per la istruzione e pel giudizio le leggi sulla proce dura civile, quando la sola parte civile siasi resa ap

pellante; questa disposizione però non arreca immuta

zione alcuna al carattere ed alla natura del giudizio; che rimane pur sempre penale, e non deroga alla re

gola di competenza stabilita dall'art. 353, secondo cui

l'appello da sentenza del pretore emanata in causa

penale dev'essere proposto innanzi al Tribunale cor

x'ézionale;

Attesoché, trattandosi impertanto di sentenza resa

in materia penale da un giudice penale, la sezione ci

vile di questa suprema Corte, la quale, a termini degli articoli 123 e 125 della legge sull'ordinamento giudi

ziario, è chiamata soltanto a pronunciare sopra i ri

corsi per annullamento delle sentenze emanate in grado di appello in materia civile o commerciale, non ha

competenza a conoscere di quello presentato dal Cas

sone, e spetta esclusivamente alla sezione penale il

giudicarne; Per questi motivi, rimette la causa alla sezione pe

*nale.

questa nota, dettata in luogo ove ci manca la suppellettile necessaria per fare un lavoro accurato su tale materia.

Diremo piuttosto brevissime parole di un'altra questione di cui ab biamo già tenuto parola in questo stesso periodico. Si dubitò infatti se il pubblico ministero dovesse intervenire e concludere nelle cause di appello proposto dalla parte civile o dall'imputato per i soli effetti civili. E la ragion di dubitare si desumeva dalla legge del guardasi gilli Vigliani, che aveva dichiarato non necessario l'intervento del pubblico ministero nelle cause civili. Ma la Cassazione di Torino, con sentenza 27 giugno 1878, rei. Talice (Foro il, III, 2, 305), decise che anche dopo la legge Vigliani non era cessato nel pubblico ministero l'obbligo d'intervenire e concludere nei giudizi d'appello avanti il magistrato correzionale, ancorché tale appello riguardasse soltanto in teresse civile. Noi annotammo quella sentenza e la difendemmo dalle critiche che le erano state fatte, dimostrando, con altri argomenti in aggiunta a quelli della sentenza, come giustamente essa avesse detto esser necessario che nel caso il pubblico ministero dovesse prender parte al giudizio di appello.

Anco la Cassazione romana seguì una dottrina quasi identica quando affermò colla decisione 29 maggio 1878, rei. Salis (Foro il., Ili, 2, 342) non esser nullo il giudizio d'appello promosso dalla sola parte civile per esservi intervenuto ed aver concluso il pubblico ministero.

(Aw. F. Ferrucci).

CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO. Udienza del 20 marzo 1879, Pres. Parisi, Est. Abri

gnani, P. M. Del Mercato (Conci, conf.) — Ric.

Rizzo.

Oiliattinicnto — IVsliiiiont nuovo — Accorilo «Ielle

pirli — Facoltà «Iella Corte (Cod. pfOC. pen., arti

colo 468.) Etihattiiiiento — Allontanamento dell' Imputato — Se

vi sia «Milito <r Istruirlo <11 ciò clie fu fatto in sua

assenza (Cod. proc. pen., art. 628).

L'accordo delle parti non vincola in materia penale il giudicante, come avviene in materia civile.

Epperciò non commette eccesso di potere la Corte di

assise che rigetta l'istanza della difesa di far sen

tire un nuovo testimone, quantunque la parte ci

vile e il pubblico ministero abbiano consentito a

quella istanza.

Vi è irregolarità, ma non nullità, allorché ordina

tosi V allontanamento dell' imputato dall'udienza a

causa del suo contegno, siasi omesso al suo ritorno

di istruirlo di ciò che fu praticato durante la sua

assenza. '

La Corte, ecc. — Sul primo mezzo. — Osserva che

per una posizione a discolpa, l'accusato Rizzo, ora ri

corrente, avea scritto nella lista dei testimoni Vito Rizzo

ed Emanuele Campoccio ; quest'ultimo fu citato, l'altro

| non già, perchè il sindaco del luogo ne certificò la

inesistenza. Senonchè si presentò spontaneamente al

j l'udienza della Corte di assise tal Vito Rizzuto, e disse

| che sapendo di essere testimonio in quella causa, era

egli pronto a deporre quanto gli constava. La difesa

j dell'accusato aggiunse che appunto colui era il testi

monio," che voleva essa far citare e che per mero equi

j voco nella lista si era scritto Vito Rizzo, invece di Vito

j Rizzuto; chiese quindi che fosse inteso. La parte civile

ed il pubblico ministero dichiararono di non opporsi alla udizione del Rizzuto. Ma la Corte di assise respinse la domanda, sulla considerazione che alla difesa non

era lecito di presentare estemporaneamente un testi

monio non messo in lista e non potere la Corte sen

tirlo perchè non citato. E considerò, dippiù, che, per la medesima posizione a discolpa, doveva essere in

teso l'altro testimonio, cioè il Campoccio, di modo che

avrebbe potuto risultare non necessaria la udizione del

Rizzuto.

E sta pure in fatto, che quando poi il Campoccio fu

inteso, la difesa dell'accusato osservò il silenzo sulla

necessità, forse allora insorta, di sentirsi il Rizzuto, ed alla quale la Corte di assise accennato avea, come

sopra.

Sul sostrato di tali fatti giudicar si debbe il mezzo

in disamina, col quale il ricorrente intende a sostenere

la violazione dell'art. 468 Cod. proc. pen., ed il preteso eccesso di potere della Corte di assise, perchè dessa

era nell' obbligo di sentire il testimonio Rizzuto, una

volta che la parte civile ed il pubblico ministero vi

consentivano, e perchè non ritenne l'equivoco incorso

nel cognome del testimonio.

Or la Corte di cassazione osserva, che mal si appone il ricorrente nell'accennare alla violazione dell'art. 468

proc. pen., una volta che il Rizzuto non fu nella lista

dei testimoni compreso. Nè puossi mica censurare la Corte di assise, sol perchè

non seguì ciecamente la volontà delle parti, il pubblico ministero compreso; conciossiachè, nel penale, l'aforismo

In judiciis contrahitur non si ammette, come nel ci

vile. In questo le parti dispongono liberamente dei loro

dritti in collisione ; di tal che, postesi di accordo su di

alcuni di essi, il provvedimento del giudice esser debbe conforme. Nel penale l'esercizio dei dritti delle parti ha i suoi limiti, da riconoscersi sempre dal giudice del

dritto, come nella discordia, così nell'accordo fra loro.

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289 GIURISPRUDENZA PENALE 290

L'accusato infatti svolge la propria difesa integral

mente, ma il giudice conosce se giunga a tale che non

sia più. necessaria, nè utile; come conosce altresì se

possa in qualche modo venir compromessa;- ed in ambi

i casi provvede. Il pubblico ministero veglia sugli in

teressi della società; ma il giudice conosce se tali in

teressi, per eccesso di zelo, od inopportuno accordo

con l'accusato, possano esser posti al cimento. Adunque

l'opera del giudice è necessaria in tutto ciò che occorra

nel giudizio penale. Ond'è che la Corte di assise era, nel rincontro e

sempre, libera interprete della legge e sovrana ap

prezzatrice del fatto; salvo quanto è demandato alla

giurìa.

Or essa, con la prima qualità, ben disse che non po

tè va sentire il testimone non citato o presentatosi estem

poraneamente di accordo coll'accusato. Con la seconda

qualità essa non ritenne il fatto dell'equivoco incorso

nel cognome del testimone; ed il supremo Collegio'non

ha su di ciò potere di censura. L'asserto eccesso di

potere potrebbe solo essere ritenuto, se il fatto dell'e

quivoco dalla Corte di assise fosse stato ammesso e poi

disprezzato senza buona ragione; ma essa lo escluse,

per aver ritenuto che il Rizzuto era un testimone im

provvisato. ( Omissis ). Sul terzo mezzo. — Osserva, in fatto, che l'accusato,

per disposizione della Corte di assise, fu allontanato

dalla sala del dibattimento in virtù dell'art. 628 proc.

pen., per eccessi ed ingiurie contro l'oifeso Profeta e

contro i testimoni; ma, poco dopo, promise miglior

condotta e fu fatto rientrare. Ed egli ora lamenta che

non fu dal presidente instrutto di quanto era stato

praticato, assente lui, e quindi, per identità di ragione,

che trae dall'art. 283 dello stesso Cod. proc. pen. in

ordine all'interrogatorio d'un accusato, nell'assenza di

un altro, intende a sostenere la nullità per manco di

quella istruzione.

E la Corte di cassazione considera che il fatto della

irregolarità commessa sia vero; ma non per questo

si deve mutarla in nullità da dichiararsi per ob

bligo di legge, quando essa non la fulmina; e molto

meno la si può trarre da un'altra disposizione per ra

gione identica.

D'altronde, è la legge medesima, che distingue tra

le due disposizioni, segnateci numeri 283 e 628; nel

primo caso fulmina la nullità, nel secondo non mai,

probabilmente perchè l'allontanamento dell'accusato nel

caso dell'art. 628, si avvera per la riprovevole di lui

condotta, a tale che il dibattimento continua e può

anche finire colla sola assistenza del difensore, il tutto

reputandosi fatto in contraddittorio ; salvi del resto gli

adémpimenti di legge.

Nell'altro caso, scopo unico della provvisoria sospen

sione dell'esercizio del diritto ad esser sempre pre

sente nel dibattimento, è quello della possibilità mag

giore nella scoperta della verità; sicché la legge, con

maggior rigore, vuole che si reintegri l'accusato sotto

pena di nullità, nello esercizio di quel dritto.

E quando è la legge istessa che distingue tra l'un caso

e l'altro, deve anch'essa la Corte di cassazione distin

guere, nel "Senso di riconoscere la irregolarità, poiché

la parola della legge imperativa non fu ascoltata, e

raccomandare che 1'i.neonveniente non si ripeta, ma

non dichiarare una nullità, che la legge fulminar non

volle, nella ipotesi che corrisponde alla tesi.

Ond'è che il ricorso si deve per ogni verso riget

tare, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO. Udienza del 30 gennaio 1879, Pres. Galatioto, Est. Dk

Caro, P. M. Del Mercato (Conci, difformi) — Ric.

Gambino.

RMhuttiiiiento — Omessa citazione ili un testimone

— Silenzio «Ielle parti — Conseguenze (Cocf. pi'OC.

pen., art. 164 e 281).

Se un testimone posto in Usta non sia stato citato, e

della sua non comparsa la Corte non abbia fatto

alcun cenno, il dibattimento è nullo, nonostante il

silenzio delle parti.

La Corte, ecc. — Attesoché il ricorrente Cambino,

condannato per assassinio con premeditazione ed ag

guato commesso in persona del fratello ai lavori for

zati a vita dalle Assise di Palermo, ha fatto ricorso,

spiegando con doppia lezione, tendente però allo stesso

fine (l'una formulata ed a firma del signor Delisi, l'altra

formulata e a firma del signor Caputo) la violazione

degli articoli 164, 281 e 640, n. 3, proc. pen. che è re

lativa allo eccesso di potere, perchè di un certo Zar

cone Rosario, testimonio della difesa, citazione non vi

ebbe, e di lui nella pubblica discussione menzione nes

suna fu fatta.

"Epperò si domanda l'annullamento, per non avere

l'usciere ottemperato al disposto dell'art. 164 proc. pen.,

e per non essere stato il testimonio Zarcone inteso nel

pubblico dibattimento ; e per eccesso di potere, essen

dosi proceduto oltre nel giudizio, senza emettersi in

ordine al detto Zarcone provvedimenti. All'uopo ha la

suprema Corte di giustizia osservato : Zarcone doveva

essere citato; nella pubblica discussione doveva essere

inteso; per lo meno avrebbesi dovuto far di lui un

cenno; il giudizio doveva essere differito per la con

tinuazione, dopo posti in regola in ordine al detto Zar

cone gli atti. Sono queste conseguenze logiche delle leggi

invocate nel ricorso.

Segue doversi accogliere la domanda di Gambino.

Nè dire si deve che, al riguardo della difesa, il suo

silenzio durante il pubblico dibattimento sia induttivo

di rinunzia alla nullità.

Difficilmente puossi argomentare la rinunzia di un

diritto qualunque, e ciò se si potrebbe nei casi ordinari,

dato non è a danno della difesa, cli'è sacra.

Le nullità di ordine pubblico mai possono essere san

cite per delle rinunzie;

Per tali motivi, annulla, ecc.

Il Poro Italiano. — Volume IV. - Parte li. — 21.

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