Udienza del 7 marzo 1879, Pres. ed Est. Narici, Ric. P. M. c. MarinoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.269/270-271/272Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084784 .
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269 GIURISPRUDENZA PENALE 270
di consiglio presso il Tribunale di Matera rilevò, che
sebbene dalla instruzione risultassero provati gli atti
disonesti addebitati allo imputato, non ne emergesse la
intenzione di stuprare; ond'è che eliminata la prima
rubrica, rinviò il Lauria davanti al pretore come re
sponsabile di oltraggio al pudore in pubblico;
Che il pretore non pertanto al seguito del dibatti
mento, e sebbene nulla avesse notato nel corso di esso
e nella sentenza intorno a novelle circostanze offerte
dalla pubblica discussione, considerò come la intenzione
di stuprare si deducesse da' quei medesimi atti, nei
quali la Camera di consiglio avea stimato non conte
nersene la prova, e però dichiarò la propria incom
petenza ;
Osserva nel diritto, che manifesto sia l'errore del
pretore nella interpretazione dello art. 345 proc. pen.;
e per fermo, due ipotesi son contemplate dallo stesso,
o quella del mutamento del fatto in conseguenza delle
nuove circostanze svolte in dibattimento, nel qual caso
è disposto rinviarsi gli atti al giudice istruttore, ov
vero l'altra della erronea definizione data dalla Ca
mera di consiglio allo identico fatto ontologicamente
considerato, ed in tale ipotesi ha luogo la elevazione
del conflitto;
Che quando per lo contrario non si avveri alcuno
de' mentovati casi, non è dato al pretore di elevarsi a
censore della giurisdizione istruttoria rispetto alla esti
mazione morale del fatto; conciossiachè s'egli è vero
di essere il giudice di cognizione libero nell'apprezza
zione delle prove, sia parimenti fuori dubbio, come egli
debba rispettare la cosa giudicata; e tale a rigor di
principi è la ordinanza in quanto abbia eliminato la
imputazione più grave, senza che il ministero pubblico
se ne fosse gravato ne' sensi degli art. 250 e 260 proc.
penale; Per tali motivi, ecc.
esplicitamente con quella del 13 novembre 1877, causa Ortu e Canu
(Riv. pen., Vili, pag. 215). Nel caso deciso con quest'ultima sentenza
la Sezione d'accusa aveva escluso e il Tribunale aveva ritenuto l'in
tenzione di uccidere. La Corte suprema analizzando i fatti ritenuti dalle
due autorità in conflitto, giudicò non emergere con sufficiente chiarezza la volontà omicida, e quindi annullando la sentenza del Tribunale, rinviò la causa al medesimo rieccitandone la giurisdizione. E similmente la
Cassazione di Palermo, con la sentenza 30 giugno 1876 (Foro it., 1876, col. 440), ritenne essere il caso di conflitto da risolversi dalla suprema
Corte, allorché la Sezione d'accusa abbia rinviato per ferimento, e il
Tribunale, apprezzando gli stessi fatti, abbia ravvisato nel prevenuto la intenzione di uccidere. (Avv. Vincenzo Romano). (Aw. Vincenzo Romano).
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 30 maggio 1879, Pres. eel Est. Narici —Rie.
P. M. e. Ciotola.
tkiiiBiioiiizione — Ozio^ilÀ — l'orto «l'arma — Ay
^ravaui!'ii(o (Cod. pen., art. 464 modif. dalla legge
6 luglio 1871).
Lo ammonito per oziosità, quantunque non abbia con
travvenuto all' ammonizione, deve ritenersi come
ozioso, e come tale è soggetto all' aggravamento di
pena stabilito pél reato di porto d'arma dall'art. 464
God. pen., modificato dalla legge 6 luglio 1871. (1)
La Corte, ecc. — Osserva nel fatto, che Luigi Cio
tola, ammonito per oziosità sin dal 20 marzo 1878, ili
gennaio del corrente anno fosse stato imputato di porto di fucile senza permesso, con l'aggravante di ammonito,
non che di contravvenzione all'ammonizione per can
giamento di domicilio; però scagionato da questa se
conda incolpazione, ed ammesso a di lui favore le cir
costanze attenuanti,, condannato dal Tribunale a sei
mesi di carcere, scomputato il sofferto; Che gravatosi il Ciotola di tale condanna, per non
provata reità e per eccesso nella pena, la Corte avesse
considerato, come la semplice ammonizione per sospetti
in genere non costituisse la qualità di persona so
spetta, e come non essendosi ritenuta la contravven
zione all'ammonizione, questa si riducesse ad un mero
avvertimento preventivo; ondechè esclusa l'aggravante,
avesse ridotto la pena a lire 10 di ammenda, ed ordi
nato la escarcerazione dello imputato;
Che 'di tale pronunziato abbia or dimandato la cas
sazione il procurator generale presso la medesima Corte
per violazione degli art. 462 e 464 Cod., modificati dalla
legge di luglio 1871 ;
Osserva nel diritto, che non possa cader dubbio sugli
errori contenuti nella denunziata sentenza ; e per ferino
la Corte scambiò il sospetto in genere con quello de
terminato dal titolo di oziosità; sconobbe la efficacia
dell'ammonizione, la quale dal pretore proferita in
conseguenza delle indagini assunte, è bene un avverti
mento di prevenzione, fondato però su gl'indizi della
ascritta oziosità, e violò conseguentemente i citati
art. 462 e 464, perciocché se negli stessi non sono
compresi gli ammoniti in genere, è indubitato esservi
annoverati gli oziosi, ed una tale condizione emergere
sia da sentenze all' uopo rendute dal giudice ordinario,
sia dal provvedimento dell'ammonizione poggiato ap
punto sul convincimento del pretore intorno alla ozio
sità dello ammonito, e senza che debba verificarsene
la contravvenzione; Per tali motivi, ecc.
(1) V. conf. : stessa Corte, 8 novembre 1878, ric. Caputo {Legge, 1879, I, pag. 549), nella quale la suprema Corte osservò che: « se è vero che tra le persone indicate nell'art. 464 non sono compresi gli ammo niti in genere, è indubitato esservi annoverati gli oziosi e vagabondi, ed una tale qualità poter emergere sia da sentenza all'uopo renduta dal giudice ordinario, sia dall'atto di ammonizione, fondata appunto sulla incolpazione di oziosità e vagabondaggio (Est. Narici) ». Con fronta però: Cass. Palermo, 5 settembre 187G (Foro it., 1877, col. 117), e Cass. Roma, 18 marzo 1876 (Id., 1876, col. 282).
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza del 7 marzo 1879, Pres. ed Est. Narici, Rie.
P. M. c. Marino.
iti il isti a — StMiteii/a «li aiiiiiii*«s!oii« a causa «Si
scusanti — Appello eie! B*. 31. — Ammissibili là
(Cod. proc. pen., art. 399, 11. 2).
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271 PARTE SECONDA 272
Se il Tribunale, in tema di ferita volontaria, am
messa la scusa di provocazione, abbia determinato
una pena che includa il reato nell'amnistia, am
messibile è lo appello del procuratore generale col
quale sostengasi non dovuta la scusa.
La Corte, ecc. — Osserva nel fatto, che imputato Emiddio' Marino, maggiore degli anni 18 e minore
de' 21, di volontario ferimento commesso con arma da
fuoco e produttivo del permanente debilitamento di un
organo in persona di Antonio Vagliante, il Tribunale
avesse ritenuto competergli la scusa della provoca
zione, e però determinando la pena infra sei mesi di
carcere, lo avesse dichiarato compreso nell'amnistia
del 19 gennaio 1878; Che di tale sentenza si fosse gravato il procuratore
generale presso la Corte di appello, per essersi inde
bitamente conceduta allo imputato la scusa di provo
cazione; però il collegio avesse dichiarato inammes
sibile il gravame, dacché il pronunziato de'primi giudici, mercè l'applicazione dell' amnistia fosse divenuto un
giudicato; e dacché la facoltà data dallo articolo 399,
n. 2, proc. pen., al- procuratore generale non trovasse
esplicamento nella specie, trattandosi dello apprezza mento di fatto intorno alla esistenza della provocazione.
Osserva nel diritto, che il primo assunto della Corte
sulla efficienza dell'amnistia, il quale è vero quando il
reato pel suo titolo originario vi sia certamente com
preso, non possa ritenersi esatto liella ipotesi contraria, in cui il magistrato si convinca di rientrare lo stesso
nei limiti dell'amnistia, soltanto al seguito del processo
logico instituito sulla esistenza del reato, sulle moda
lità che ne possono aumentare o scemare la quantità naturale e politica, e sulla durata della pena di che
sarebbe suscettivo; Che in effetti così aveva proceduto il Tribunale,
quando ritenuto meritevole lo imputato della scusa di
provocazione e determinata a due gradi la diminuzione
per detta cagione della pena normale, oltre quella do
vutagli per l'età minore, avea veduto essere applica bile il carcere di sei mesi ; però se la sentenza era dal
procurator generale deferita al riesame della Corte di
appello in una delle parti sostanziali, d'onde erasi de
rivata l'applicabilità dell'amnistia, vai dire la sussi
stenza della provocazione, arbitrariamente la Corte
intralasciava siffatta disamina, e ravvisava un preteso
giudicato nella dichiarazione intorno all'amnistia; Che più grave sia l'aberrazione racchiusa nel secondo
assunto ; perciocché la Corte negando al procurator ge nerale il diritto d'impugnare la sentenza de' primi
giudici, sol perchè avessero costoro, rispetto alla pro
vocazione, risoluto una quistione di fatto, supinamente confuse il giudice di seconda istanza con la Corte di
cassazione ; Per tali motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 28 maggio 1879, Pres. Poggi, Est. Mori-Ubal
dini, P. M. Miraglia — Ric. Fedi.
i3&ìl>a(tii»c»to — Citazione diretta — Buforiiiazioiii
[trelits:iiiari — Facoltà «lei procurator» »1«"1 SS«
(Cod. proc. pen., art. 371 e 43).
La citazione diretta dell' imputato è regolarmente
chiesta anche quando il pretore, non già per dele
gazione del giudice istruttore pretore, ma per in
carico del procuratore del Re abbia ricevuto la ra
tifica del referto medico constatante il materiale
del reato.
La Corto, ecc. — Attesoché il ricorrente condannato
per lesione personale a sei mesi di carcere, pena ri
dotta a un solo mese di carcere dalla sentenza denun
ciata, abbia a questa principalmente rimproverato la
violazione degli art. 43 e 56 Cod. di proc. pen. per avere ritenuto regolarmente richiesta nella specie in
esame la citazione diretta di che nell'art. 371 del Cod.
predetto, nonostante che il pretore, di commissione del
procuratore del Re, fosse devenuto ad atti istruttori,
facendosi così luogo ad una insanabile nullità di pro
cedimento;
Attesoché ad escludere la pretesa violazione bastano
le considerazioni della denunziata sentenza la quale ri
tenne :
Che il procuratore del Re eccitato dalla querela pre sentata dall'offeso Lorenzo Targioni, usando del potere discrezionale che nei reati correzionali gli accorda la
legge prima che siano intrapresi atti di formale istru
zione scritta, promuoveva l'azione penale contro Luigi
Fedi, ora ricorrente, per lesione improvvisa grave, colla
forma della citazione diretta in coerenza al predetto art. 371 ;
Che per preparare l'esercizio dell'azione penale con
codesta forme, il procuratore del Re aveva facoltà di
assumere direttamente, o per mezzo degli ufficiali di
polizia giudiziaria suoi ausiliari e dipendenti, le infor
mazioni preliminari occorrenti sulla prova generica e
specifica, art. 43, 56 della detta procedura; Che il pretore delegato dal procuratore del Re as
sunse di fatto le informazioni preliminari come ufficiale
di polizia giudiziaria, e non già come magistrato in
caricato della formale istruzione, che non venne mai
nella causa iniziata, e trattandosi di reato che aveva
lasciato traccie permanenti aveva facoltà di procedere
agli atti necessari per accertarle, e così al verbale di
perizia medica della lesione (art. 56, 63 e 71 della
stessa procedura);
Che conseguentemente il pretore non aveva com
messo, come sostenevasi, nullità od eccesso di potere, avendo ricevuto dal medico la ratifica del di lui re
ferto e le spiegazioni e giudizio definitivo sulla natura
della lesione;
Attesoché queste considerazioni che stabiliscono ret
tamente il criterio, e fanno comprendere la differenza,
che, all'effetto di cui sopra, passa tra gli atti di istrut
toria regolare, e quelli di preliminare verificazione, di
mostrano anco la insussistenza del secondo mezzo, che
si compenetra in sostanza col primo e col quale viene
dedotta la violazione dell'art. 371 summentovato. Tale
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