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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza del 9 maggio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. De Cesare,...

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Udienza del 9 maggio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. De Cesare, P. M. Spera (Concl. conf.) —Ric. Catelli e Briccola Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 189/190-191/192 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084737 . Accessed: 18/06/2014 16:07 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.34 on Wed, 18 Jun 2014 16:07:48 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza del 9 maggio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. De Cesare, P. M. Spera (Concl. conf.) —Ric.Catelli e BriccolaSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.189/190-191/192Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084737 .

Accessed: 18/06/2014 16:07

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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189 GIURISPRUDENZA PENALE 190

dubbio se gli atti di procedura interrompessero la pre

scrizione annale, ad eliminare qualsiasi controversia

col citato articolo 40 dell'unico testo di legge per la

tassa sulla macinazione dei cereali del 13 settembre 1874,

ispirata a principi di minor rigore, si dichiarava es

sere applicabile alle contravvenzioni da essa contem

plate l'articolo 64 del regolamento doganale 11 set

tembre 1862 in cui è detto: «l'azione giudiziaria sul

« contrabbando si prescrive in cinque anni, per le altre

« contravvenzioni in un anno. Una nuova contrav

« venzione punibile con una pena eguale o più grave,

« od un atto giudiziario interrompono la prescrizione ».

Onde non potrebbe ritenersi, senza cadere in un as

surdo, che la legge sulla macinazione dei cereali, nel

rimettersi in quanto alla prescrizione all'articolo 64

del regolamento-doganale, abbia voluto riferirsi alla

prescrizione dell' azione penale del contrabbando e non

a quella delle contravvenzioni, non essendo possibile

uguagliare i fatti di contrabbando vero e propriamente

detto alle contravvenzioni del macinato. Il richiamo

dunque della legge speciale al citato articolo 64 del

regolamento doganale per la buona ermeneutica legale

va ristretto a quella sola parte che riguarda la pre

scrizione delle contravvenzioni.

Lo interpretare contrariamente l'articolo in disamina

importa attribuire alla mente del legislatore una ine

sattezza di criterio legale e di locuzione; avvegnaché,

lungi d'impastoiarsi in un richiamo suscettivo di equi

voci, trattandosi di reato punibile con pena correzio

nale, sarebbe ricorso alla legge comune invocando lo

articolo 139, alinea, del Codice penale. Ed infatti in

tutte le leggi speciali, quando si è voluto che le con

travvenzioni fossero regolate dai principi generali, non

si è peritato invocare le relative disposizioni del Co

dice comune. Il legislatore in simigliante materia non

ha potuto tenere a guida le norme ordinarie del Codice,

conciossiachè fu suo scopo che le contravvenzioni alla

legge del macinato si risolvessero prontamente; nè ha

potuto sospettare che per una riprovevole negligenza

il movimento per esse dell' azione penale si ritardasse

oltre il termine di un anno. Lo scopo unico del ri

chiamo all'art. 64 del regolamento doganale fu quello

di eliminare i dubbi che nascevano dalla locuzione del

l'articolo 24 della legge sulle tasse governative e sui

dazi di consumo in quanto all'efficacia degli atti di

procedura ad interrompere la prescrizione. Ma se

pure vi fosse del dubbio sulla retta intelligenza di quel

rimando, esso non mai potrebbe risolversi a danno del

reo: semper in dubiis benigniora prdeferendo, sunt;

Per queste ragioni, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.

Udienza del 23 maggio 1879, Pres. Ghiglieri Est. De

• Cesare, P. M. Spera (Conci, conf.) — Ric. Corradelli.

Furto qualificato — Appropriazioni indebite — .Ma

terassaio — Sottrazione di lana nella casa ove

lavora (Cod. pen.,' art. 607, n. 4 e 631).

Il materassaio che sottrae dalla casa ove è andato

a prestar l'opera sua la lana a lui consegnata per lavorare i materassi commette furto qualificalo per la persona, e non appropriazione indebita.

La Corte, ecc. — Attesoché il carattere differenziale

tra il furto e la indebita appropriazione sta nella na

tura dello affidamento. Se questo è necessario si ha il

primo reato, avendo il proprietario conservato il pos sesso naturale ; se invece è volontario si ha il secondo,

nulla importando se lo agente sia domestico, servo,

operaio, allievo od impiegato. Queste qualità in colui

che si appropria l'altrui è una circostanza esclusiva

mente influente per la facilitazione del furto e serve

a stabilire la qualificazione della persona. Ma l'essenza

del reato sta nella prima definizione in cui si compe netra la seconda

li padrone nell'ammettere in sua casa il servo, l'ope

raio, l'allievo, ecc., gli affida per necessità tutto ciò

che rientra nella sfera dei servizi a cui l'operaio è

destinato. Se questi, tradendo la fiducia in lui riposta dal primo, facilitato dalla sua qualità mediante la con

tractatio, fa suoi gli oggetti affidatigli, del di cui pos sesso tanto civile quanto natifrale il padrone non si

era spogliato, commette un furto e non una indebita

appropriazione. E se questo è il caso di cui si ragiona, ritenuto dal

giudice di merito, invano si grida alla violazione del

l'art. 631 Cod. pen., ed alla falsa applicazione dell'ar

ticolo 607, n. 4, Codice stesso, avvegnaché il ricorrente

nello assumere l'incarico, mediante una pattuita mer

cede, di lavorare i materassi nello stesso domicilio

della proprietaria, non solo non ebbe mai il possesso civile della lana, ma neanche il possesso naturale, nell'abuso del quale si racchiude la teoria del reato di

indebita appropriazione ; Per queste ragioni, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza del 9 maggio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. De

Cesare, P. M. Spera (Conci, conf.) — Ric. Catelli e

Briccola.

Dogana — Contrabbando — Contravvenzione —

Estremi (Regolamento doganale 11 settembre 1862, art. 65 e 73).

Multa — Carattere — Più contrabbandieri — Con

danna — Estensione (Cit. reg., art. 65).

La sorpresa nella zona di vigilanza di generi sog

getti a dazio provenienti dall'estero e passati clan

destinamente la linea di confine, costituisce il reato

di contrabbando, e non la contravvenzione di cui

all'art. 73 del regolamento doganale.

La multa di cui all'art. 65 del citato regolamento è

una vera pena, non una rifazione di danni-inte

ressi, e perciò essa si applica per intero a ciascuno

dei cantrabbandieri.

La Corte, ecc. — Attesoché il giudice di merito ri

teneva che nel 25 settembre 1878, nella zona di vigi

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PARTE SECONDA 192

lanza presso Parò, un carretto carico di sacchi appa

rentemente pieni di frumento, veniva fermato dagli

agenti di finanza, ch'erano in sull'avviso che un con

trabbando di coloniali provenienti dalla Svizzera in

tendevasi fare; - ed avendo interrogato il vetturale,

ch'era il ricorrente Briccola, cosa contenessero quei

sacchi, il medesimo rispose che in essi vi era grano, ma invece si trovò caffè nella quantità di chilogr. 461,

appartenente all' altro ricorrente Catelli, per ordine e

nell' interesse del quale, senza carte giustificative, ve

niva spedito per ignota destinazione.

Questo fatto così accertato e ritenuto, non può non

costituire il reato di contrabbando, di cui è parola nell' art. 65, lettera C del regolamento doganale 11 set

tembre 1862, essendo stato il genere sorpreso in modo

da far presumere il proposito di commettere una

frode alla pubblica finanza, sottraendolo alla vigilanza

doganale.

Non è esatto dunque quello che contrariamente si

afferma, cioè che il fatto, invece d'importare un reato

di contrabbando propriamente detto, presenta gli estremi della contravvenzione assimilata al contrab

bando ai termini dell'art. 73 del prelato regolamento, in cui è detto che « è dovuta una multa non minore del

dazio di entrata, nè maggiore del quintuplo per lo zuc

chero o caffè sorpresi nella zona, o trovati in deposito senza la prescritta bolletta ». Questa disposizione ri

guarda non la frode, sibbene le semplici violazioni dei

regolamenti e delle istruzioni concernenti la esatta

esecuzione della legge e la ritualità delle operazioni

doganali. Quando invece, com'è detto nell'art. 2 del

citato regolamento, trattasi di merci estere, com' è nel

caso, contrabbandate, perseguite continuamente dagli

agenti della forza pubblica, anche che la sorpresa av

venisse fuori la zona di vigilanza, vi ha sempre con

trabbando e non contravvenzione. Nella fattispecie poi vi ha di più, giacché la sorpresa non avveniva fuori

la zona di vigilanza, ma in essa, ed il genere non aveva

passato che il solo confine; diguisachè le norme ap

plicabili sono quelle dell'art. 56, in cui è detto: « quando

vi sia indizio di contrabbando gli agenti doganali pos

sono visitare le merci estere soggette a dazio, le quali

siano trasportate o custodite nelle zone di vigilanza.

Se vi sono prove del contrabbando, le merci saranno

trasportate alla vicina dogana, perchè venga proce duto a norma di legge ».

Or se il caffè sorpreso e staggito nella zona di vigi lanza fu rinvenuto in modo da far presumere il pro

posito di sottrarlo alla visita doganale; se fu perse

guito dopoché clandestinamente passò la linea di con

fine; se il giudice di merito, ritenne il concetto della

frode a danno della pubblica finanza, invano si pre tende trattarsi di semplice contravvenzione e non di

contrabbando nel suo vero senso; Attesoché il secondo appunto non è meglio fondato

del primo, avvegnaché se il giudice di merito rite

neva in fatto che entrambi i ricorrenti concorsero a

fare il contrabbando, e se la multa, di cui all'art. 65, è

una pena principale convertibile in carcere, come vuole

la legge e come sempre ha ritenuto questo supremo

Collegio, invano si dice che la Corte di appello erro

neamente abbia condannato ciascuno dei ricorrenti alla

multa di lire 737 50. Il concetto di una sola pena pro

pugnata dai ricorrenti, racchiude la idea di una con

danna per danni-interessi ; ma se la multa di cui si

parla è pena principale, il giudice di merito non po teva regolarsi altrimenti senza violar la legge;

Per queste ragioni, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 15 marzo 1879, Pres. Ghiglieri, Est. De Ce

sare. P. M. Spera, (Conci, conf.) — Rie. Lampazzi

Severino ed altri.

<>iuri — l'iti read — Provocazione — Ebbrezza —

Unico quesito — Complessità (Cod. proc. poli., ar

ticolo 494).

Se per un accusato di più crimini e delitti si deduce

li scusa per provocazione, a ciascuna questione

principale deve seguire quella della scusa, non po tendosi questa proporre in unica formola complessii

per tutti i reati.

Lo stesso non può dirsi in quanto a quella dell' ub

riachezza, quando i diversi fatti criminosi sono

avvenuti nel medesimo tempo.

La Corte, ecc. — Attesoché i ricorrenti furono me

nati a giudizio sotto le accuse di omicidio volontario, di mancato omicidio e di ferite volontarie costituenti

delitto, reati commessi nello stesso tempo e nello stesso

luogo. In dibattimento si dedussero le scuse di ebbrezza

e di provocazione. Ma il presidente, lungi di ottempe rare alla legge ed alla logica proponendo per ogni reato le relative questioni di scuse, le formulava nei

seguenti termini:

« Nell'affermativa della prima, seconda e quarta « questione, ovvero di alcuna di esse, ha l'accusato « commesso i fatti nelle medesime espressi nello stato

« di ubbriachezza, contratta senza deliberato proposito « da lui non solito ad ubbriacarsi? »

Si rispondeva — no —.

« Nell'affermativa della prima, seconda e quarta que « stione, ovvero di alcuna di esse, ha l'accusato com « messo i fatti nelle medesime espressi nell' impeto « dell' ira a seguito di provocazione, ecc. ? »

Si rispondeva — 110 —.

Or torna chiaro che nel modo come furono proposte le trascritte questioni vi ha vizio di complessità, per essersi comprese in unica formola tutte le dimande di

scuse relative ai singoli reati, che per necessità logica dovevano andar separati, onde non rendere incerta la

risposta dei giurati. E sebbene la domanda concernente

l'ebbrezza potesse stare, avvegnaché se i reati av

vennero nello stesso tempo in cui gli agenti trovavansi

in quell'anormale condizione psicologica, e quindi il

preteso beneficio non poteva rimanere scisso, afferman

dosi per l'uno e negandosi per gli altri, lo stesso non

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