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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udieza 6 novembre 1878, Pres. Pironti, Est. Narici — Ric....

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Udieza 6 novembre 1878, Pres. Pironti, Est. Narici —Ric. Di Dio ed altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 11/12- 13/14 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23084651 . Accessed: 17/06/2014 20:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.144 on Tue, 17 Jun 2014 20:34:36 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udieza 6 novembre 1878, Pres. Pironti, Est. Narici —Ric. Di Dio ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 11/12-13/14Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084651 .

Accessed: 17/06/2014 20:34

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11 PARTE SECONDA 12

fosse quella del Senato eretto in alta Corte eli giu

stizia, ed incompetenti le Corti d'assise; e senza che

questo Collegio supremo si sia mai avvisato di venir

meno al suo alto ufficio quando ha mantenuto, come

legittima e regolare, la competenza ordinaria delle Corti

d'assise.

E quanto alla contradizione alla giurisprudenza stra

niera, la prova va di pari passo con quella della con

tradizione nella storia statutaria dell'articolo 36.

E di vero, l'articolo 36 dello Statuto italiano è la

copia dell'articolo 28 della Carta francese del 1830,

che riproduceva la prima del 1814. E già la Cassa

zione francese sul testo di questa aveva statuito: « ap

partenere alle Corti d'assise, in virtù della universalità

della loro giurisdizione, giudicare su tutti i fatti qua lificati crimini di alto tradimento o di attentato alla

sicurezza interna dello Stato, di cui non sono state

spodestate (dessaisies) da un atto del potere superiore e costituzionale dichiarativo, in rapporto ai fatti di

cui si tratta, della competenza della Camera de' pari »

(Cass. 8 dicembre 1820, Plaugeaus Carnot e Bourgignon, I. p., sull'art. 220 C. I. crim.) Ed era considerata sif

fattamente speciale, e quasi diremmo personale, la giu

risdizione della Corte de'pari, che la Cassazione decise:

« che la Camera di accusa non potesse, sotto pretesto di connessità tra l'azione di cui era impossessata (saisie) e quella portata avanti la Corte de'pari, dichiararsi

incompetente, e rinviare dinanzi a questa Corte ». La

prevalenza della competenza ordinaria sulla straordi

naria e politica, che era dottrina di giurisprudenza,

divenne in breve sanzione di legge. Di fatto, l'alta Corte istituita dalla Costituzione del

4 novembre 1848 non poteva spiegare la sua giurisdi zione che ne' casi e rispetto alle persone che l'Assem

blea nazionale con suo decreto rinviava innanzi ad

essa (articolo 91 e seguenti). Similmente, per l'arti

colo 54 della Costituzione del 14 gennaio 1852, l'alta

Corte non poteva giudicare che per decreto del pre sidente della repubblica. Ed il senatoconsulto del 10 lu

glio 1852, che organò questa giurisdizione, con l'arti

colo 5 disponeva che l'alta Corte non spiegava la sua

giurisdizione che per decreto dell'imperatore; e con

gli articoli 8 e 9 (cui consonava l'articolo 220 Codice

istruzione criminale), imponeva al procuratore gene rale l'invio degli atti al ministro di giustizia, ed alla

Camera di accusa, chiamata a statuire su di un affare

che sarebbe stato della competenza dell'alta Corte, una

soprassessoria (sursie) sulla richiesta del procuratore

generale. Ma al tempo stesso quasi metteva in mora

il Governo, disponendo con l'articolo 10 che, se tra i

quindici giorni un decreto dell'imperatore non avesse

investito l'alta Corte della cognizione, la giurisdizione

ordinaria sospesa avrebbe ripreso il suo corso, e la

Corte d'appello statuito in conformità del Codice di

istruzione criminale.

Osserva che il riguardo dovuto ai poteri dello Stato, ed il sentimento dell'alta sua missione limitano l'ufficio

della Corte a discutere il ricorso in rapporto alla com

petenza impugnata. Le disquisizioni ed i dubbi ch'esso

solleva, nel caso che il potere esecutivo creda di non

emettere il decreto reale, di cui all'articolo 36, sono

fuori la tesi giuridica sottoposta all'esame della Cas

sazione.

A salvezza però dei principi di diritto pubblico co

stituzionale, importa rilevare, che, tranne il caso del

l'articolo 37 dello Statuto, in cui il Senato, jure con

stitute et ratione per sonar um, è giudice de' suoi membri,

il decreto reale che lo costituisce, nei casi dell'art. 36,

corpo giudicante, è atto dei ministri, di cui, come di

tutti quelli del loro governo, debbono rispondere al

Parlamento. E se nell'attuale caso dell'attentato alla

sacra persona del Re, od in altro qualunque, il Mini

stero doveva emettere o meno il regio decreto per costituire il Senato in alta Corte di giustizia, è tal fatto

di cui si può soltanto discutere nelle vie costituzionali

e parlamentari. Ma il non averlo emesso prova che

alta Corte di giustizia non fu mai costituita, e che la

competenza della Corte d'assise fu ben ritenuta dalla

sentenza impugnata.

Osserva che, dunque, spetta al Governo, presso cui

soltanto è il giudizio della necessità e della opportu

nità, di tutelare con forma di giudizi più solenne e con

repressione più efficace lo Stato minacciato da crimini

che ne compromettono l'ordinamento e la sicurezza,

di avocarli, mercè decreto reale, dalla ordinaria giu risdizione a quella dell'alta Corte di giustizia; - che

niuno può provocare l'attuamento di questa giurisdi

zione, perchè niuno può sostituirsi ai poteri costituzio

nali senza invaderli; - che gli universi crimini son

giudicati dai Tribunali competenti ordinari, Anche un'alta

Corte di giustizia costituzionalmente eretta spodesti la

giurisdizione ordinaria della cognizione di quelli (tutti od alcuni) che l'articolo 36 dello Statuto dichiara di

sua competenza; - Che questa è l'evoluzione storica e

giuridica da cui origina il detto articolo 36, e da cui

nacque la giurisdizione condizionale delle Corti d'as

sise, determinata dal numero primo dell'articolo 9 del

Codice di procedura penale; - che dunque, da ultimo,

per le esposte dottrine ben fu dichiarata dalla Sezione

d'accusa nella causa Passanante, per l'attentato alla

sacra persona del Re, la competenza ordinaria della

Corte di assise.

Per questi motivi, la Corte rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udieza 6 novembre 1878, Pres. Pironti, Est. Narici —

Ric. Di Dio éd altri.

Complicità — Forme — Giurati — Questioni su

bordinate (Cod. proc. pen., art. 494 e 495).

Premeditazione — Circostanza personale — Que stione al {giurati — Forinola delle circostanze ma

teriali (Cod. pen., art. 528 e 105; Cod. proc. pen., art. 494 e 495).

Incensurabile è la ordinanza, con cui la Corte di

assise, in vista delle risultanze del dibattimento,

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13 GIURISPRUDENZA PENALE 14

abbia disposto subordinarsi V una ad altra forma

di complicità. (1) Il complice non risponde della premeditazione, se non

quando sia dal giurì affermato di avere esso par

tecipato al disegno costitutivo dell' aggravante; e

quindi è viziosa la questione relativa a quell' ag

gravante se fu proposta con la formala che è pro

pria delle circostanze materiali. (2)

La Corte, ecc. — Osserva che tanto co' due mezzi

principali quanto con lo aggiunto, vengono impugnate

le quistioni sì del fatto principale, e specialmente in

rapporto alla ricorrente Tedesco, che quelle intorno

all'aggravante della premeditazione;

Che insussistente però sia la prima doglianza, essendo

state le quistioni di reità principale e quelle subor

dinate di complicità formolate giusta gli articoli 494

e 495 procedura penale; e se per la Tedesco, alla ipo

tesi dell'accusa, di aver la medesima indotto gli au

tori del reato a commetterlo con doni, promesse ed

artifizi colpevoli, fu subordinata 1' altra di averli in

segati e dato loro le necessarie istruzioni e direzioni,

la Corte giudicò col suo incensurabile criterio doversi

una tale subordinata mantenere giusta le risultanze

della pubblica discussione.

Osserva in quanto al secondo rilievo, essersi dal

presidente proposta la quistione di premeditazione col

dimandare se lo accusato fosse stato colpevole di com

plicità con la circostanza di avere avuto scienza, sia

precedentemente e sia anche nel momento dell'azione,

di essersi prima di questa formato il disegno di at

tentare alla vita di Demenicantonio Colangelo;

Che evidente sia lo errore, nel quale incorse il pre

sidente proponendo la quistione nella maniera che

solo si attaglia alle circostanze materiali, donde possa

essere aggravato il reato giusta l'articolo 105 Cod. pen.

E poiché ripugna al senso comune il considerare qual

circostanza materiale il disegno formato nell'animo di

attentare all'altrui vita, il quale è manifestamente sub

iettivo e psicologico, torna chiaro non potere i com

plici rispondere dell'aggravante, se non quando eglino

stessi abbiano partecipato al disegno prima di concor

rere all'azione.

E vuoisi deplorare, che dopo la unanime giurispru

denza di questo supremo Collegio e delle altre Corti

di cassazione sulla materia, il presidente non abbia

avvertito l'errore, nel quale incorreva.

Per tali motivi, ecc.

(1) Giurisprudenza costante.

(2) Finche vedremo giudizi annullati per non essersi tenuti pre senti principi cosi inconcussi nella legislazione e nella giurispru

denza, sarà sempre utile riprodurre le sentenze che ne richiamano

l'osservanza.

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza del 30 novembre 1878, Pres. Poggi, Est. Mori

Ubaldini, P. M. Trecci — Ric. Zannetti.

Quiete pubblica — Disturbo — Estremi (Legge Sulla

pubblica sicurezza 20 marzo 1865, art. 85).

A costituire la contravvenzione di disturbo della pub blica quiete, preveduta dall' art. 85 della legge di

pubblica sicurezza, si richiede non solo la prova

che i clamori, canti e rumori siano avvenuti, ma

anche la prova che il disturbo vi fu effettivamente, e che fu turbata non la privata, ma la pubblica

quiete.

Non è quindi applicabile il detto articolo se, quan

tunque i rumori siano stati accertati, pure di essi

non siasi lagnato che un solo individuo, senza che

altri dello stesso casamento o del vicinato abbiano

mossa lagnanza, e senza che siasi in altro modo

dimostrato V effettivo disturbo della quiete pubblica.

In simili casi può soltanto competere al privato, al

quale i rumori vengano a menomare il godimento di

qualche diritto, l'esercizio dell' azione civile. (1)

La Corte, ecc. — Considerando che il pretore urbano,

ritenuto che la ricorrente fosse solita fino dal mese di

maggio ultimo decorso a custodire in una terrazza

esterna della casa da essa abitata in via della Pergola

di questa città, e sporgente su di un giardino, polli di

sua proprietà, che cantavano anco nella notte, la di

chiarava, con la denunziata sentenza, in applicazione

dell'articolo 85 della legge sulla pubblica sicurezza del

20 marzo 1865, colpevole di disturbo della pubblica

quiete, e conseguentemente la condannava all'ammenda

di lire cinque e nelle spese di giudizio;

Considerando che a ragione la ricorrente rimprove

rava a questo giudicato la falsa applicazione del pre

detto articolo. Ed invero, astrattamente, e di regola

generale, può ben credersi che per la sua applicazione

richiedasi il fatto personale e volontario dell'uomo,

ciò potendo desumersi dalla sua letterale disposizione;

e questo concetto verrebbe confortato anche dall' arti

colo 96 del regolamento del 18 maggio successivo, per

la esecuzione della prefata legge. Ma ammesso pure,

senza che ora occorra spingersi più oltre in questo

esame, che lo spirito da cui è informato l'art. 85 si

presti a far ritenere che sia dato poter contravvenirvi

anco mediante il disturbo recato da un animale, quando

questo non venga impedito dal fatto di chi ne sia il

proprietario o il custode, certo è peraltro che, per la in

terpretazione dalla giurisprudenza data a quell'articolo,

voglionsi a costituire là contravvenzione due estremi :

(1) Similmente la Corte di cassazione di Roma con sentenza del

9 maggio 1877, ric. Abrugia (Rivista penale, VII, pag. 77), decise che

il solo fatto di essere avvenuti dei rumori notturni (nella specie, suono

di campane) non basta a costituire la contravvenzione, se non sia

altresì dimostrato che la pubblica quiete fu effettivamente disturbata.

A parte la diversa importanza di ciò che costituiva la materia della

contravvenzione nelle specie alle quali si riferiscono le sentenze delle

due Corti di cassazione, troviamo che quella di Firenze ha dato un

passo più oltre di quella di Roma.

Questa infatti annullò la sentenza perchè aveva ritenuto la con

travvenzione pel solo fatto di essere avvenuto il rumore notturno, senza alcun riguardo al vedere se in realtà vi fosse stato disturbo

della quiete; la Cassazione di Firenze va più in là, decidendo che

non basta neanche dimostrare l'essersi in effetti disturbata la quiete di qualche individuo isolato, cioè la quiete privata, ma occorre di

mostrare che sia stata disturbata la quiete pubblica.

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