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Adunanza plenaria; decisione 26 ottobre 1979, n. 27; Pres. Imperatrice, Est. Riccio; Angelini,Flick (Avv. Cottini, Taranto) c. Min. difesa (Avv. dello Stato Cosentino). Conferma T.A.R.Lazio, Sez. I, 1° ottobre 1975, n. 660Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 41/42-43/44Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171112 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
CONSIGLIO DI STATO; CONSIGLIO DI STATO; Adunanza plenaria; decisione 26 ot
tobre 1979, n. 27; Pres. Imperatrice, Est. Riccio; Angelini, Flick (Avv. Cottini, Taranto) c. Min. difesa (Avv. dello Sta
to Cosentino). Conferma T.A.R. Lazio, Sez. I, 1° ottobre 1975, n. 660.
Militare — Ex combattenti — Benefici — Diniego — Sanzione
disciplinare per il comportamento successivo all'armistizio —
Legittimità — Condono — Irrilevanza (D. 1. 4 marzo 1948 n.
137, concessione di benefici ai combattenti della seconda guer ra mondiale, art. 11; legge 18 marzo 1968 n. 250, condono
di sanzioni disciplinari, art. 1; legge 24 maggio 1970 n. 336, norme a favore dei dipendenti civili dello Stato e di enti pub blici ex combattenti e assimilati, art. 1).
Militare — Ex combattenti — Benefici — Diniego — Sanzione
disciplinare per il comportamento successivo all'armistizio —
Legittimità — Fattispecie (D. 1. 4 marzo 1948 n. 137, art. 11).
È legittimo il provvedimento con il quale l'amministrazione nega i benefici combattentistici all'ufficiale al quale sia stata com
minata una sanzione disciplinare per il comportamento tenuto
dopo l'armistizio, anche se essa sia stata condonata. (1) È legittimo il provvedimento con il quale l'amministrazione nega
i benefici combattentistici all'ufficiale al quale sia stata com
minata una sanzione disciplinare per il comportamento tenuto
dopo l'armistizio, anche se esso anteriormente sia stato ferito, o mutilato, o sia invalido, o sia rimasto al fronte per più di
cinque mesi. (2)
L'Adunanza, ecc. — 1. - Con il secondo motivo di appello che va esaminato per primo perché in ordine ad esso è stato
ravvisato un contrasto di giurisprudenza, i ricorrenti deducono
l'errore dell'amministrazione e del primo giudice per avere rite
nuto ancora operanti gli effetti delle sanzioni disciplinari a suo
tempo comunicate, malgrado la legge n. 250 del 18 marzo 1968
le avesse condonate disponendo altresì che di esse non dovesse restare alcuna traccia nel fascicolo personale. E con riferimento a tale ultima disposizione, contenuta nell'ultima parte dell'art.
1, i ricorrenti sostengono che essa amplia la portata dell'ordina rio provvedimento di clemenza, essendo evidente la intenzione del legislatore di estinguere il medesimo fatto illecito e non solo i suoi effetti. Ne consegue pertanto, ad avviso dei ricorrenti, che, essendo collegata alla comminatoria della sanzione disciplinare la esclusione dal godimento dei benefici combattentistici, ai sensi dell'art. 11 d. 1. 4 marzo 1948 n. 137, venendo meno la sanzione viene meno anche il motivo della esclusione.
Sulla questione, come è stato esattamente osservato nella or dinanza di rinvio, si sono pronunziate in modo difforme la IV
sezione, con la decisione n. 1034 del 9 novembre 1976 (Foro it.,
Rep. 1976, voce Militare, n. 29), e la III sezione con il parere del 7 aprile 1976 sul ricorso n. 58/78. Con la prima decisione, infatti la IV sezione ha ritenuto illegittimo il diniego dei bene fici combattentistici previsti dalla legge n. 336/70 praticato con il richiamo di una sanzione disciplinare comminata per il com
portamento tenuto dopo l'8 settembre, in quanto, se la sanzione
doveva essere depennata in applicazione dell'ultimo comma del
l'art. 1 legge 18 marzo 1968 n. 250, illegittimamente essa era an
cora menzionata nello stato di servizio dell'ufficiale e l'ammini
strazione vi aveva fatto riferimento.
(1-2) In termini sul punto dell'irrilevanza del condono al fine del
l'applicazione dei benefici combattentistici, vedi Sez. IV 15 novem bre 1977, n. 954, Foro it., Rep. 1978, voce Impiegato dello Stato, n.
590; 25 marzo 1975, n. 305, id., Rep. 1975, voce cit., nn. 11, 43; 26 ottobre 1971, n. 896, id., Rep. 1971, voce cit., n. 854; 9 dicembre
1970, n. 965, id., 1971, III, 171, con nota di richiami, relativa, que st'ultima, al giudizio di inidoneità all'avanzamento di un ufficiale emes so sulla base di punizioni riportate in sede di discriminazione e suc cessivamente condonate.. V. inoltre, sempre in termini, la confermata sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. I, 1° ottobre 1975, n. 660, id., Rep. 1976, voce cit., n. 604, ed i numerosi pareri citati nella motivazione della decisione qui riportata.
Isolato è quindi rimasto Cons. Stato, Sez. IV, 9 novembre 1976, n. 1034, id., Rep. 1976, voce Militare, n. 29, che aveva determinato la rimessione della questione all'adunanza plenaria.
Altri utili riferimenti in Cass., Sez. un., 25 giugno 1977, n. 2708, id., 1979, I, 211, con esauriente nota di richiami anche sulla fatti
specie di cui alla decisione riportata, secondo cui rientra nella giuris dizione del giudice amministrativo la cognizione della controversia tra il ministero della difesa ed il militare che agisca per ottenere il riconoscimento dei benefici negati, ai sensi dell'art. 11 d. 1. 4 marzo 1948 n. 137, per aver aderito alla repubblica sociale italiana.
Per altri riferimenti, v. pure Cons. Stato, Sez. IV, ord. 12 novem bre 1976, id., 1978, III, 78, con nota di richiami, relativa alla non manifesta infondatezza della limitazione dei benefici ai soli ufficiali in servizio permanente effettivo o in servizio obbligatorio di leva, con esclusione di ogni altra categoria.
Il Foro Italiano — 1980 — Parte III-4.
Con il menzionato parere, la III sezione ha invece affermato
che il condono e la cancellazione non incidono sul godimento o
meno dei benefici combattentistici, in quanto la esclusione dai
benefici non è un effetto della sanzione ma una conseguenza del
comportamento che ha dato luogo alla stessa e che in essa ha tro
vato riconoscimento.
Si deve convenire che, pur essendo i due casi esaminati for: malmente diversi, in quanto nel primo si è censurato il riferi
mento specifico alla sanzione nel provvedimento impugnato e
la sua preesistente menzione nello stato di servizio dell'ufficiale
malgrado l'espresso disposto dell'ultimo comma dell'art. 1 legge n. 250/68, mentre lo stesso riferimento non è nel secondo caso
in cui si faceva riferimento esclusivo al difetto delle condizioni
richieste dall'art. 11 d. 1. n. 137/48, cionondimeno il contrasto
esiste per quanto concerne la portata e gli effetti del condono, e che esso si è riflesso sulle diverse conclusioni a cui le due pro nunce sono pervenute. Ed è sulla portata e limiti del condono
che deve indirizzarsi l'esame dell'adunanza plenaria.
Si osserva a tale proposito che sul piano dommatico il con
dono si configura come un provvedimento con il quale l'ammi
nistrazione rinunzia a far valere gli effetti di una sanzione am
ministrativa, e pertanto esso estingue gli effetti dell'illecito am
ministrativo ma non ne cancella né il fatto né la sua rilevanza
giuridica negativa. Ne consegue che, nell'ambito dei provvedi menti di clemenza, il condono opera in maniera assimilabile più all'indulto che alla amnistia, la quale ultima, come è noto, estin
gue oltre gli effetti anche il reato, mentre l'indulto agisce solo
sugli effetti e nemmeno su tutti.
Il condono quindi, se fa venire meno gli effetti dell'illecito
disciplinare, esonerando chi l'ha subito dallo scontare la san
zione inflittagli, non per questo fa venire meno l'illecito e gli effetti riflessi della sanzione che il solo fatto della sua commina
toria produce ad altri fini. Tra i quali ben può annoverarsi la
esclusione dal godimento dei benefici combattentistici, per essere
la sanzione assunta dall'art. 11 d. 1. 137/48 quale requisito sog
gettivo ostativo al loro godimento. A ben considerare, la esclu
sione dal godimento dei benefici prevista dalla norma citata, non
è tanto correlata alla sanzione in sé considerata, quanto al com
portamento tenuto dal militare dopo l'armistizio e considerato
dal legislatore come fatto riprovevole, del quale la comminatoria della sanzione non rappresenta soltanto il momento della puni zione, ma anche il momento di accertamento del fatto quale pre supposto della punizione. Ed è indubbio che la disposizione del l'art. 11 d. 1. 137/48 a tale secondo momento e non al primo ha avuto riguardo, quando ha menzionato la sanzione quale causa di esclusione dal godimento dei benefici combattentistici. Ne con
segue che, siccome il condono per quanto sopra detto estingue la pena, ma non fa perciò venir meno la rilevanza giuridica ne
gativa del fatto che l'ha originata, tale rilevanza permane ai fini della esclusione dai particolari benefici riconosciuti in favore de
gli ex combattenti.
In tali sensi il Consiglio di Stato si è già espresso con una numerosa serie di decisioni conformi (quali tra le altre Sez. IV 15 novembre 1977, n. 954, id., Rep. 1978, voce Impiegato dello
Stato, n. 590; Sez. III 7 aprile 1976, n. 58/78; 18 febbraio 1976, n. 505/73; 14 maggio 1975, n. 238/73; Sez. IV 25 marzo 1975, n. 305, id., Rep. 1975, voce cit., nn. 11, 43; Sez. Ili 26 febbraio
1975, n. 1963/72; 16 maggio 1973, n. 1951/71; Sez. IV 26 ottobre
1971, n. 896, id., Rep. 1971, voce cit., n. 854; Sez. IV 9 dicem
bre 1970, n. 965, id., 1971, III, 171; Comm. spec. 9 settembre
1969, n. 249; Sez. II 9 giugno 1968, n. 98). In tale contesto, la
decisione della IV sezione n. 1034 del 9 novembre 1976, pur nei
limiti che sono stati sopra chiariti, si presenta come una deci
sione isolata.
Osservano tuttavia i ricorrenti che il provvedimento contenu
to nella legge 18 marzo 1968 n. 250 non si limita solo a con
donare le sanzioni inflitte, ma all'ultimo comma dell'art. 1 con
tiene un ulteriore provvedimento con cui si dispone la cancella
zione di ogni annotazione della sanzione dallo stato di servizio
del militare. Ad avviso dei ricorrenti non può negarsi valore a
tale ulteriore disposizione, che sarebbe chiara espressione della
volontà del legislatore di non limitarsi ad estinguere le pene, ma
di estinguere il medesimo illecito disciplinare. Tale assunto non può essere condiviso.
La disposizione dell'ultimo comma, invero, se indubbiamente
vale a rendere più completo il provvedimento di clemenza, eli
minando non solo le sanzioni disciplinari, ma altresì gli effetti
derivanti dalla sua documentazione, con la cancellazione di ogni traccia della sanzione dallo stato di servizio, non è idonea per sé sola a modificare la natura giuridica del condono. Infatti, se
il legislatore avesse voluto eliminare non solo gli effetti ma la
rilevanza stessa dell'illecito amministrativo, non avrebbe avuto
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PARTE TERZA
difficoltà a dirlo chiaramente disponendo l'annullamento del prov vedimento sanzionatorio. Ne è conferma la diversità di previ sione contenuta nella medesima legge n. 250/68 tra l'art. 1 e l'art. 2, nel quale si parla espressamente di annullamento in rela zione alle sanzioni inferte per motivi sindacali o politici, dispo sizione che ha indubbiamente un valore maggiormente incisivo
rispetto a quella contenuta nell'art. 1, e che pur tuttavia non arriva nemmeno alla totale eliminazione del provvedimento san zionatorio.
In conclusione, si deve ritenere che il provvedimento di con dono contenuto nella menzionata legge n. 250/68 non abbia tolto ogni rilevanza al fatto comminatorio della sanzione disci
plinare, e che questo continui a spiegare i suoi effetti quale mo mento di accertamento di un presupposto ostativo al godimento dei benefici combattentistici a norma dell'art. 11 d. 1. n. 137/48.
2. - Con il primo motivo di appello, i ricorrenti deducono l'er rore sia dell'amministrazione che del tribunale amministrativo
regionale nella interpretazione dell'art. 11 d. 1. 137/48, per avere conferito alla disposizione dell'ultimo comma una portata più limitata di quella che essa in realtà ha. Essi osservano infatti che l'art. 11 citato concede i benefici a tutti coloro che siano stati
combattenti; esclude però dal beneficio i disertori e coloro che abbiano aderito alla repubblica sociale italiana; limita infine la esclusione per coloro che si siano particolarmente distinti nel
periodo anteriore all'armistizio quali i decorati, i feriti, i muti
lati, gli invalidi e coloro che siano rimasti al fronte più di cin
que mesi. Ma, ad avviso dei ricorrenti, mentre per i decorati il
legislatore ha richiesto in aggiunta che costoro non abbiano te nuto dopo l'armistizio un comportamento di particolare gravità, e quindi non abbiano riportato sanzioni particolarmente severe,
per le altre categorie ha ritenuto di dover prescindere da tale
condizione limitatrice, in considerazione delle particolari soffe
renze patite. Assumono perciò che erroneamente si sarebbe este
sa tale condizione a tutte le categorie menzionate nell'ultimo
comma.
La censura è infondata e non può essere accolta.
La tesi dei ricorrenti non è priva di una certa suggestione e
di un suo fondamento razionale, in quanto, se il legislatore avesse
voluto riservare un trattamento differenziato ai feriti, mutilati ed
invalidi, ciò avrebbe potuto essere giustificato. Senonché una
tale previsione avrebbe dovuto essere chiaramente espressa, so
prattutto in una disposizione particolarmente complessa quale è
quella dell'art. 11, in cui, tra la posizione della regola generale, la eccezione, il limite della eccezione, le condizioni cui al limite
è subordinato, ecc., si rischia agevolmente di perdere l'orienta
mento.
Ora, quando il legislatore ha voluto distinguere il trattamento
tra diverse categorie lo ha detto chiaramente, formulando nel
medesimo art. 11 distinte previsioni, in comma separati, e sud
dividendo questi all'occorrenza in lettere. Ma nel tenore lette
rale della disposizione dell'ultimo comma non v'è nulla che au
torizzi a ritenere che il legislatore abbia voluto fare un tratta
mento diversificato alle categorie ivi menzionate: non la formale indicazione delle categorie «otto lettere distinte, come hanno in vece operato i ricorrenti nelle loro memorie; non il riferimento
specifico della condizione limitatrice espressamente ad una cate
goria e non alle altre, in quanto la collocazione della disposi zione all'inizio della proposizione porta a riferirla a tutti i sog
getti contemplati nella disposizione. Ne consegue che rettamente
è stato ritenuto di ravvisare nella condizione limitatrice della
sanzione una ratio unitaria, che la riferisce a tutte le categorie ivi menzionate, e che gli argomenti ermeneutici addotti dai ri
correnti appaiono troppo vaghi ed equivoci per poter validamente
contraddirvi.
3. - Con la terza censura, i ricorrenti deducono l'errore dell'am
ministrazione e del primo giudice per avere ritenuto le condi
zioni previste dall'art. 11 d. 1. n. 137/48 ostative al riconoscimen
to dei benefici previsti dalla legge 24 maggio 1970 n. 336. Essi
osservano infatti che l'art. 1 di tale provvedimento normativo ri
chiede quale requisito soggettivo esclusivamente la qualità di ex
combattente, ma non pone alcuna ulteriore limitazione né richia
ma altre disposizioni. La censura è infondata e deve essere disattesa.
Occorre osservare che il d. 1. n. 137/48 più volte menzionato
non contiene una autonoma previsione di benefici in favore degli ex combattenti, ma si limita a fissare le condizioni soggettive ed
oggettive di tale categoria al fine del godimento dei benefici che
saranno concessi da altre leggi. Ne consegue che la delimitazione
della categoria degli ex combattenti e l'indicazione dei requisiti
oggettivi e soggettivi richiesti per farne parte, non sono limitate
a questa od a quella specifica previsione di benefici, ma opera con
carattere permanente rispetto a tutte le norme che in materia di
benefici si riferiscono ai combattenti. Cosicché, trattandosi di
una normativa non di specie ma di portata generale, essa trova
applicazione in tutti i casi in cui, nel concedere i benefici ai
combattenti, non si ponga una disciplina diversa, ma si faccia
generico riferimento alla qualità, che nella legge generale indicata
trova la sua specificazione. E poiché la legge 24 maggio 1970 n.
336 non contiene al riguardo disposizioni particolari, ma si ri
ferisce genericamente agli ex combattenti, per la loro concreta
individuazione non può che farsi riferimento alla disciplina ge nerale contenuta nel d. lgt. n. 137/48. In tali sensi si è di recente
espressa la V sezione, con decisione n. 933 del 28 ottobre 1977
(id., Rep. 1977, voce cit., n. 520), che il collegio ritiene di dover
condividere.
La riconosciuta infondatezza di tutti i motivi dei ricorsi con
ducono alla loro reiezione.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO; Adunanza plenaria; decisione 26 ot
tobre 1979, n. 25; Pres. Uccellatore, Est. Giovannino Delogu e altri (Avv. Capaccioli) c. Regione Toscana (Avv. Ragazzi
ni, Narese). Annulla T.A.R. Toscana 23 giugno 1976, n. 367.
Giustizia amministrativa — Impiegato pubblico — Diritto sog
gettivo non avente contenuto pecuniario — Provvedimento le
sivo — Impugnazione oltre il termine di decadenza — Ammis
sibilità (R. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. sul Consiglio di
Stato, art. 29, 36; legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione
dei tribunali amministrativi regionali, art. 7, 21).
È ammissibile il ricorso proposto dal pubblico dipendente oltre
il termine di decadenza, ed entro quello di prescrizione, con
tro il provvedimento amministrativo lesivo di un suo diritto
soggettivo, anche non avente direttamente e immediatamente
contenuto pecuniario, come quello del dipendente trasferito alla regione a vedersi riconosciuta la pregressa anzianità di
servizio (nella motivazione è precisato che deve ritenersi che
l'interesse del dipendente sia tutelato come un vero e proprio diritto soggettivo, quando il provvedimento che incide su di
esso sia vincolato, e non abbia a oggetto primario ed immedia
to l'organizzazione e il buon funzionamento dell'apparato am
ministrativo, incidendo sulla posizione del dipendente stesso
nell'ambito della relativa struttura amministrativa). (1)
(1) L'ordinanza di rimessione della Sez. IV 18 aprile 1978, n. 347, è massimata in Foro it., Rep. 1978, voce Giustizia amministrativa, n. 527.
Nella giurisprudenza successiva a quella richiamata in nota a Cons.
Stato, Sez. VI, 11 febbraio 1977, n. 93, id., 1978, III, 253, sull'appli cabilità del termine di prescrizione, e non di quello di decadenza, anche a pretese che non possono considerarsi esclusivamente e di
rettamente di carattere patrimoniale, Sez. V 17 febbraio 1978, n. 211,
id., Rep. 1978, voce cit., n. 536; e per l'accentuazione del carat
tere di diritto soggettivo di certe posizioni del dipendente nell'am bito del rapporto di pubblico impiego, le quali vengono tutelate dal
giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, T.A.R. Cam
pania 16 giugno 1976, n. 502, ibid., n. 78. Il filone fondamentale e del tutto consolidato della giurisprudenza
distingue tra l'applicabilità del termine di decadenza e quella del ter mine di prescrizione alle pretese patrintoniali del pubblico dipendente, secondo che esso impugni un provvedimento autoritativo, oppure un atto solo c. d. paritetico: Cons. Stato, Sez. VI, 28 aprile 1978, n. 534, ibid., n. 530; Sez. V 1° luglio 1977, n. 701, ibid., nn. 531, 535; T.A.R.
Lazio, Sez. II, 15 febbraio 1978, n. 48, ibid., n. 533.
Quanto all'applicazione del principio, sono state sottoposte al ter
mine di decadenza le pretese contrarie all'atto di nomina che fissa
lo status e le condizioni economiche del dipendente: Cons. Stato, Sez.
VI, 30 ottobre 1979, n. 769, Cons. Stato, 1979, I, 1500; Sez. V 11
novembre 1977, n. 1004, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 526; Sez.
VI 18 novembre 1977, n. 861, ibid., n. 528; o comunque contrarie al provvedimento che determina la misura della retribuzione: Sez. VI 4 aprile 1978, n. 462, ibid., n. 529; e ciò, anche se la pretesa del
dipendente tende all'adeguamento della retribuzione cosi fissata ai pa rametri desumibili dall'art. 36 Cost.: T.A.R. Abruzzo, Sez. L'Aquila, 7 giugno 1978, n. 313, Trib. amm. reg., 1978, I, 3259; anzi, per le
pretese basate su tale norma costituzionale, è stato precisato che esse sono sottoposte al termine di decadenza, oppure a quello di prescri zione, secondo che esista un provvedimento autoritativo di determina zione della retribuzione, oppure manchi in proposito un atto dell'am ministrazione: T.A.R. Lazio, Sez. II, 25 ottobre 1978, n. 843, ibid., 4150. In genere, dunque, è applicabile il termine di decadenza alle
pretese che sono contrarie ad un atto preesistente: Cons. Stato, Sez.
V, 29 giugno 1979, n. 448, Cons. Stato, 1979, I, 1040; Sez. VI 20 ottobre 1978, n. 1052, id., 1978, I, 1467; e dunque anche contrarie alla liquidazione di somme inferiori al dovuto: Sez. V 26 ottobre
1979, n. 629, id., 1979, I, 459.
Viceversa, viene applicato il termine di prescrizione alle pretese
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