+ All Categories
Home > Documents > PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10;...

PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10;...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: trinhhanh
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10; Pres. Imperatrice, Est. Berruti; Carrubba (Avv. Paone) c. Associazione naz. famiglie dei caduti e dispersi in guerra (Avv. M. S. Giannini), Serafini (Avv. F. G. Scoca) Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980), pp. 443/444-447/448 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171249 . Accessed: 28/06/2014 10:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 10:36:21 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10; Pres. Imperatrice, Est. Berruti; Carrubba (Avv. Paone) c. Associazione naz. famiglie

Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10; Pres. Imperatrice, Est. Berruti; Carrubba(Avv. Paone) c. Associazione naz. famiglie dei caduti e dispersi in guerra (Avv. M. S. Giannini),Serafini (Avv. F. G. Scoca)Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 443/444-447/448Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171249 .

Accessed: 28/06/2014 10:36

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 10:36:21 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10; Pres. Imperatrice, Est. Berruti; Carrubba (Avv. Paone) c. Associazione naz. famiglie

PARTE TERZA

Cass., Sez. un., 17 maggio 1979, n. 2805, id., Rep. 1979, voce

cit., n. 1320), la giurisprudenza del Consiglio di Stato appare so

stanzialmente consolidata nel senso opposto per quel che con

cerne l'ipotesi ex art. 2116 cod. civ. (da ultimo, Sez. V 21 aprile

1978, n. 471, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1418); ed è — come

appunto rileva l'ordinanza di rimessione — contrastante per

quanto riguarda invece quella di cui al detto art. 13, essendosi, nei suoi più recenti svolgimenti, espressa per la giurisdizione am

ministrativa con la dee. 20 dicembre 1974, n. 638 della sezione

quinta (id., Rep. 1974, voce cit., n. 773), ed avendola invece

negata con la dee. 29 marzo 1977, n. 347 della sezione sesta (id.,

Rep. 1977, voce cit., nn. 1458, 1476). Siffatto contrasto, che nasce dal dubbio se le questioni in

esame siano attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali ovvero

ineriscano anch'esse direttamente al rapporto di pubblico im

piego, viene sostanzialmente imputato alle ancora irrisolte contro

versie sulla natura, risarcitoria o meno, delle suddette domande, e in particolare di quella di cui all'art. 13, essendo comunemente

accettata l'opinione che ogni domanda di risarcimento di danni

in una qualunque guisa connessi a un atto o comportamento il

legittimo dell'amministrazione dia luogo, senza eccezione alcuna, a una questione inerente a diritti patrimoniali conseguenziali, e

quindi alla giurisdizione del giudice ordinario.

L'adunanza plenaria ritiene, però, che non abbiano fonda

mento le perplessità sulla sussistenza, nel caso in esame, della

giurisdizione del giudice amministrativo; e che debba quindi es

sere condiviso, per le ragioni che seguono, l'orientamento del

giudice dei conflitti.

In tal senso va, in primo luogo, rilevato che è lecito dubitare

della natura propriamente risarcitoria del rimedio previsto dal

l'art. 13. Infatti, questa disposizione, per il caso che sia stato

omesso, e non sia più possibile per sopravvenuta prescrizione, il versamento dei contributi previdenziali, riconosce al lavora

tore il diritto alla costituzione di una rendita vitalizia pari alla

pensione, o quota di pensione, che gli sarebbe spettata compu tando i contributi omessi; e però non contempla affatto un cor

rispondente obbligo del datore di lavoro, ma soltanto una mera

facoltà, per altro esercitabile in via successiva anche dallo stesso

lavoratore, di costituire presso l'I.n.p.s. la relativa « riserva ma

tematica ».

Il che appunto depone per l'ipotesi di un rimedio inteso a

prevenire piuttosto, e non già a risarcire, il danno derivante

dall'omesso versamento dei contributi: come altresì sembra con

fermare la circostanza che, solo quando il datore di lavoro si

sia astenuto dall'esercitare la suddetta facoltà, e della stessa si

sia avvalso invece il lavoratore, insorge in capo a quest'ultimo

quel che l'art. 13 definisce «diritto al risarcimento del danno», e che però è, in realtà, soltanto diritto alla reintegrazione degli esborsi effettuati (Cass. 18 novembre 1975, n. 3876, id., Rep. 1976, voce Previdenza sociale, n. 303).

Non senza dire, infine, che la facoltà in questione è eserci

tabile, dal datore di lavoro o dallo stesso lavoratore, anche

prima della cessazione del rapporto, quando, cioè, il danno con

seguente all'omesso versamento dei contributi può anche non essersi ancora concretamente verificato: e ciò in virtù del mede

simo principio che in via alternativa consente pure al lavora tore di chiedere, nell'ambito della previsione dell'art. 2116 cod.

civ., la preventiva condanna generica, cioè del pari ancora in

costanza dfil rapporto, del datore di lavoro al « risarcimento », con possibilità di iscrivere ipoteca giudiziaria (Cass. 14 gennaio 1977, n. 202, id., Rep. 1977, voce cit., n. 313).

Il che per l'appunto conferma, da altro punto di vista, i dubbi

sulla natura risarcitoria del rimedio previsto dall'art. 13, e sem

bra anzi coinvolgervi anche quello di cui all'art. 2116.

F, però, ai fini che qui rilevano, conta non tanto stabilire se

i rimedi in questione abbiano o meno contenuto risarcitorio,

quanto piuttosto individuare esattamente il rapporto in cui le

questioni aventi ad oggetto tali rimedi si pongono con l'accer

tata illegittimità dell'omesso versamento dei contributi, non es

sendo — ad avviso dell'adunanza plenaria — la natura risarci toria della domanda ragione di necessaria insorgenza di una

questione patrimoniale conseguenziale. È comune e fondata opinione che siano questioni inerenti a

diritti patrimoniali conseguenziali quelle nelle quali la pretesa che si fa valere non trae la propria causa giuridica dal rapporto dedotto innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, ma rinviene in esso soltanto un mero presupposto di

fatto, dipendendo invece la lesione lamentata da una ulteriore e

autonoma ragione di illiceità.

Ed è noto come la giurisprudenza abbia ritenuto riferibile tale

concetto soprattutto alle domande di danni da svalutazione mo

netaria o di interessi moratori sugli assegni non corrisposti per effetto di licenziamento illegittimo, sull'esatto presupposto della

loro attinenza non ad effetti propri, ma soltanto a conseguenze « ulteriori » della restitutio in integrum.

Da qui, però, trae forse origine la tendenza, agevolata anche

dal fatto che le suddette ipotesi coprono in concreto quasi tutta

l'area interessata dal fenomeno, a enunciare per l'appunto il

principio che, anche al di fuori di quel presupposto, ogni do

manda di risarcimento vada per ciò solo qualificata come que stione inerente a diritti patrimoniali conseguenziali, e debba quin di essere riservata alla giurisdizione del giudice ordinario: la ten

denza, insomma, a identificare l'ubi consistam del fenomeno in

esame nel contenuto risarcitorio del petitum, e non più nell'auto

nomia della causa petendi rispetto al rapporto dedotto innanzi

al giudice amministrativo.

Ma evidentemente diverso da quelli sopra ricordati è invece

il caso che si verifica allorché del diritto, di cui il giudice am

ministrativo abbia accertato la lesione, si chieda non il rsarci

mento per « ulteriori » danni, bensì' la stessa reintegrazione per

equivalente, essendone invece, o essendone divenuto, impossibile il ripristino mediante restituzione specifica.

Nel qual caso, però, non ha più alcun fondamento logico ri

tenere esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo per il

solo fatto che sia stata esercitata un'azione di risarcimento, una

volta che questa sia stata proposta come necessitata alterna

tiva a una domanda della cui appartenenza a tale giurisdizione viceversa non si discute.

Ed è precisamente siffatta particolare manifestazione del fe

nomeno in esame a verificarsi nella materia qui controversa.

'Infatti, è fuori dubbio che il diritto del dipendente alla costi

tuzione, a cura sua stessa o dell'amministrazione, della rendita

ex art. 13 — operando come suo necessario presupposto la so

pravvenuta impossibilità del versamento dei contributi omessi —

viene comunque, anche, cioè, a volerne ammettere la natura ri

sarcitoria, a porsi, rispetto all'accertata illegittimità della omis

sione, in quel rapporto di diretta e immediata attinenza nel quale incontestabilmente si troverebbe il diritto dello stesso dipendente a veder condannata l'amministrazione al versamento effettivo dei

contributi, ove ciò non fosse già precluso dalla prescrizione:

questione, quest'ultima, della cui appartenenza alla giurisdizione del giudice amministrativo viceversa non si discute (da ultimo:

Sez. VI 5 giugno 1979, n. 430, id., Rep. 1979, voce Impiegato dello Stato, n. 1309).

In conclusione, sussiste quindi la giurisdizione del Consiglio di Stato sulla domanda del sig. Focà; e può, pertanto, passarsi all'esame del merito. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO; Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10; Pres. Imperatrice, Est. Berruti; Carrubba (Avv.

Paone) c. Associazione naz. famiglie dei caduti e dispersi in

guerra (Avv. M. S. Giannini), Serafini (Avv. F. G. Scoca).

Giustizia amministrativa — Decisione del Consiglio di Stato im

pugnata per cassazione — Ricorso per l'esecuzione — Inam

missibilità (R.d. 26 giugno 1924 m. 1054, t. u. sul Consiglio di Stato, art. 27, n. 4; legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitu

zione dei tribunali amministrativi regionali, art. 37).

È inammissibile il ricorso per l'esecuzione di una decisione del

Consiglio di Stato la quale non sia ancora passata in giudicato,

perché pende ricorso per cassazione nei confronti di essa. (1)

(1) La decisione dell'Adunanza plenaria 7 luglio 1978, n. 22, della

quale è stata chiesta l'esecuzione, è riportata in Foro it., 1978, III, 454, con nota di richiami.

L'adunanza plenaria conferma il meditato capovolgimento della

propria precedente giurisprudenza, attuato col precedente richiamato in motivazione: decisione 23 marzo 1979, n. 12, id., 1979, III, 307, con nota di richiami; anche nella pronuncia che ora si riporta le ar gomentazioni sono formulate in generale, e dunque valgono per ogni caso di decisione non ancora passata in giudicato per pendenza del l'impugnazione, ivi comprese le sentenze dei tribunali amministrativi regionali.

La giurisprudenza successiva delle sezioni singole del Consiglio di Stato si è uniformata all'orientamento assunto dall'adunanza plena ria, non solo per la soluzione data al problema, ma anche per l'im postazione di esso in termini cosi generali, da abbracciare la (negata) esperibilità del ricorso per l'esecuzione del giudicato tanto delle de cisioni del Consiglio di Stato stesso impugnate per cassazione, quanto delle sentenze dei tribunali amministrativi regionali appellate: Sez. V 29 febbraio e 14 marzo 1980, nn. 247 e 272, Cons. Stato, 1980, I, 190 e 302, nonché 19 ottobre 1979, n. 608, id., 1979, I, 1382; Sez. IV 30 ottobre 1979, n. 887, ibid., 1351; nello stesso senso v. anche

This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 10:36:21 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10; Pres. Imperatrice, Est. Berruti; Carrubba (Avv. Paone) c. Associazione naz. famiglie

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

L'Adunanza, ecc. — Il ricorso, con il quale il ricorrente pre tende che sia dichiarato l'obbligo dell'Associazione nazionale fa

miglie dei caduti e dispersi in guerra di conformarsi alla decisione

n. 22/1978, pronunziata dall'adunanza plenaria delle sezioni giu risdizionali del Consiglio di Stato il 10 aprile 1978 (Foro it., 1978,

III, 454), deve ritenersi, in via pregiudiziale, inammissibile.

Il ricorso risulta, infatti, proposto in pendenza dell'impugna zione esperita dalla parte controinteressata soccombente avverso

la stessa decisione, per asseriti difetti di giurisdizione, ai sensi

dell'art. 362, 1° comma, cod. proc. civile.

In conformità dell'orientamento giurisprudenziale affermato da

questo consesso con la recente decisione 23 marzo 1979, n. 12

(id., 1979, III, 307), all'ammissibilità del giudizio di ottemperanza,

quale risulta disciplinato dall'art. 27, n. 4, t. u. delle leggi sul

Consiglio di Stato, di cui al r. d. 26 giugno 1924 n. 1054 e dal

l'art. 37 legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei tribunali

amministrativi regionali, osta nella specie la mancata acquisizione dell'autorità di cosa giudicata da parte della decisione in oggetto.

Delle norme sopra indicate deve, invero, confermarsi l'in

terpretazione, già enunciata da questa adunanza e volta ad

attribuire rilevanza essenziale all'autorità di cosa giudicata, ac

quisita dalla decisione, della cui ottemperanza si controverta, come condizione del ricorso proposto a questo fine. Al riguar do è stato posto in luce dalla giurisprudenza di questo con

siglio che, in base all'esplicito univoco riferimento al giudicato nel contesto di dette norme ed in connessione con Je finalità

dell'istituto, al dettato legislativo deve riconoscersi il signifi cato di decisione cui aderisce il carattere formale di immuta

bilità, nei limiti in cui tale effetto deriva dalla circostanza che

nei confronti della decisione non siano ulteriormente esperibili o siano già esaurite le impugnazioni.

A tal fine deve ritenersi, infatti, passata in giudicato la de

cisione non più soggetta ad appello, né a ricorso per cassazione

per motivi attinenti alla giurisdizione, né a revocazione, ai

sensi dell'art. 395, nn. 4 e 5, cod. proc. oiv., in conformità del

principio generale, che, sebbene enunciato nell'art. 324 del co

dice di rito civile, si riconosce, tuttavia, essere suscettibile di

applicazione anche nel sistema della giustizia amministrativa, nei limiti connessi alla speciale disciplina dei mezzi suddetti

di impugnazione, ammessi rispettivamente contro le decisioni

dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di" Stato

in sede giurisdizionale.

L'interpretazione intesa ad attribuire al termine « giudicato »

nel processo amministrativo l'improprio significato, che .peral tro risulterebbe del tutto eccezionale nel linguaggio legislativo e nell'uso giurisprudenziale, di pronuncia meramente conclusiva

del giudizio o di un grado di esso, relativamente a singoli capi o all'intera domanda del ricorrente, ed ancorché non definitiva, non appare accettabile. Sul piano letterale e logico-sistematico non può ammettersi infatti, che con identica locuzione siasi

fatto riferimento, in comma diversi dello stesso art. 37 legge 6 dicembre 1971 n. 1034, a nozioni differenziate del giudicato, a seconda che concerna la sentenza emanata dall'autorità giu diziaria ordinaria (primo comma) o Ja decisione degli organi di

giurisdizione amministrativa, oggetto del terzo comma di detta norma. Differenziazione che, deve aggiungersi, è pure in con

trasto con la tradizione esegetica formatasi con riguardo a

disposizioni precedentemente in vigore.

Al giudicato, inteso come decisione divenuta nei sensi pre detti inoppugnabile, ha riferimento significativo l'art. 27, n. 4, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, norma fondamentale la

quale, espressamente dettata per il giudizio di ottemperanza

degli obblighi derivanti a carico della pubblica amministrazione

dal « giudicato dei tribunali che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico », è stata ritenuta dalla giurispru denza suscettibile di applicazione analogica alle fattispecie di

inottemperanza alle decisioni del giudice amministrativo, in ba

se all'accertamento del comune requisito del passaggio in giu dicato, indistintamente cioè per tutte ile pronunzie giurisdizio nali civili ed amministrative a fronte delle quali fosse riscon

trata lìanaloga situazione anomala di mancato adempimento dell'amministrazione alle concrete statuizioni del giudice. Né l'in

terprete può, dal contesto di tale procedimento interpretativo, desumere una diversa accezione del giudicato amministrativo, in

considerazione della norma, che attribuisce immediata efficacia

Cons, giust. amm. sic. 13 febbraio 1980, n. 10, id., 1980, I, 223. Viceversa, nel senso della esperibilità del ricorso per l'esecuzione del giudicato nei confronti delle sentenze dei tribunali amministrativi regionali appellate, T.A.R. Lazio, Sez. II, 22 novembre 1978, n. 913, Foro it., Rep. 1979, voce Giustizia amministrativa, n. 961; T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Calabria, 13 marzo 1979, n. 30, ibid., n. 962.

esecutiva alla decisione di primo grado (art. 33 citata legge isti

tutiva dei tribunali amministrativi regionali). Esecutività e autorità del giudicato costituiscono aspetti diversi

dell'efficacia della decisione, preordinati a situazioni giuridiche

svolgentisi in ambiti aventi presupposti e finalità differenziati.

L'efficacia esecutiva (ove non ne sia disposta la sospensione con

provvedimento del giudice d'appello, in pendenza del procedi mento di gravame, in quanto ammesso), nel duplice profilo della

diretta modificazione delle situazioni giuridiche sostanziali che

hanno formato oggetto di controversia e sulle quali ipso iure in

cide la decisione di annullamento, senza che occorrano ulteriori

provvedimenti attuativi in sede amministrativa, nonché nel senso

della idoneità della stessa decisione a legittimare gli atti che la

pubblica amministrazione si determini ad adottare (adeguata mente, peraltro, alle esigenze di carattere pubblico che possano

sopravvenire a precisare il contenuto concreto del dovere di

esecuzione), non postula il passaggio in giudicato della decisione, ma è espressione immediata della imperatività propria dell'atto

di esplicazione della potestà giurisdizionale. Alla stregua di tali

premesse deve intendersi il significato della disposizione dell'art.

88 del regolamento di procedura davanti alle sezioni giurisdizio nali del Consiglio di Stato (di cui al r. d. 17 agosto 1907 n. 642), nella parte in cui stabilisce che « l'esecuzione delle decisioni si

fa in via amministrativa », dopo che esse siano state comunicate

alle « autorità cui riguardano per mezzo del ministero dal quale

queste dipendono ed a cui debbono essere tosto trasmesse dalla

segreteria « dell'organo giudicante ». Disposizione in base alla

quale l'esecuzione della decisione amministrativa non è subordi

nata al passaggio in giudicato della decisione stessa, ed è chiara

mente distinta dall'emanazione in sede giurisdizionale di prov vedimenti determinativi dell'obbligo di ottemperanza, nei sensi

preveduti dal ricordato art. 27, n. 4, citato t. u. n. 1054 e dal

l'art. 37 legge n. 1034 del 1971. Analogamente, del resto, la di

stinzione concettuale fra esecuzione della decisione e vincolo di

ottemperanza emerge dalla diversa sedes materiae dell'articola

zione delle disposizioni, che rispettivamente concernono tali isti

tuti, nella stessa legge istitutiva dei tribunali amministrativi re

gionali: l'efficacia esecutiva della decisione di primo grado è pre vista, invero, nel contesto delle norme recanti la disciplina del

ricorso in appello (art. 33 segg.), in connessione col procedimento di sospensiva davanti al Consiglio di Stato eventualmente pro mosso su istanza di parte; i ricorsi diretti ad ottenere l'adempi mento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi,

per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato sono autonoma

mente regolati, invece, nell'art. 37, che segue, in ossequio ad un

apprezzabile criterio sistematico, la compiuta disciplina delle im

pugnazioni — cui è, ripetesi, condizionata la formazione della

cosa giudicata. Tale effetto della decisione giurisdizionale si rea

lizza, infatti, con la preclusione, nei limiti inerenti al sistema

del processo amministrativo, all'esercizio delle impugnazioni, ai

sensi del succitato art. 324 cod. proc. civile. Soltanto l'autorità

del giudicato, conseguente alla relativa immutabilità della deci

sione, genera il particolare vincolo d'ottemperanza a carico del

l'amministrazione, in forza del quale questa è tenuta a porre in

essere gli atti ed i comportamenti necessari per l'adeguamento della situazione di fatto, prodottasi in conseguenza di precedenti atti impugnati, alle statuizioni contenute nella decisione. Tale

vincolo, in quanto incide su posizioni di interesse individuale, l'amministrazione può essere chiamata ad osservare col giudizio

d'ottemperanza, ad istanza dei soggetti legittimati dall'autorità del

giudicato a pretenderne l'adempimento.

Come ha rilevato la precedente decisione n. 12/1979, l'area dell'efficacia del giudicato appare, pertanto, in limiti variamente

stabiliti dall'ordinamento vigente per diversi tipi di atti ammi

nistrativi impugnabili, maggiore che non l'ambito dell'esecuti

vità della decisione, finché questo risulti soggetto ad impugna zione. Giusta il combinato disposto degli art. 33 e 37 citata legge n. 1034 del 1971, non sussiste coincidenza fra l'ambito dell'ese

cutività delle decisioni e quello del giudizio d'ottemperanza.

E ciò in 'quanto, in coerenza ed a completamento della fun

zione del giudice amministrativo, il giudizio di ottemperanza

può condurre all'esercizio di poteri sostitutivi delle attribuzioni

istituzionali degli organi amministrativi, in via diretta o per mez

zo di funzionario ad acta, mediante l'adozione degli atti dovuti

dall'amministrazione, ovvero mediante la specificazione degli atti

e dei comportamenti che questo dovrà assumere in conformità

del giudicato. Donde l'esigenza che l'assetto amministrativo conseguente al

l'adempimento del vincolo d'ottemperanza sia assistito dalla re

lativa certezza delle situazioni giuridiche connesse alla forma

zione del giudicato formale.

Soltanto in presenza di tale condizione la ratio delle disposi

This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 10:36:21 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10; Pres. Imperatrice, Est. Berruti; Carrubba (Avv. Paone) c. Associazione naz. famiglie

PARTE TERZA

zioni sopracitate consente che sia ammesso l'intervento del giu dice amministrativo nella dinamica dell'azione amministrativa.

Alla stregua dei principi esposti, non configurandosi rispetto alla decisione in oggetto la situazione giuridica di inoppugna bilità, in pendenza del ricorso per cassazione, il ricorso in esa

me devesi dichiarare inammissibile.

La difficoltà di interpretazione delle norme di leggi in materia

giustificano la compensazione integrale delle spese giudiziali fra

le parti costituite.

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO; Sezione VI; ordinanza 15 gennaio

1980, n. 10; Pres. Daniele, Rei. Rosini; Russo e altri (Avv.

Capacciou, D'Amelio) c. Min. pubblica istruzione, Università

degli studi di Pisa.

Istruzione pubblica — Università — Ricercatori dipendenti dal

C. N. R. — Assegno temporaneo — Incaricati di insegnamen to interni — Spettanza dell'assegno pensionabile — Rimessio

ne della questione all'adunanza plenaria (D. 1. 1" ottobre 1973

n. 580, misure urgenti per l'università, art. 12; legge 30 no

vembre 1973 n. 766, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° ottobre 1973 n. 580, art. unico; legge 15 novembre

1973 n. 732, provvidenze a favore del personale dipendente da enti pubblici non economici, art. unico).

Istruzione pubblica — Università — Incaricati interni — Inden

nità di ricerca scientifica — Spettanza — Assegno speciale —

Spettanza — Rimessione delle questioni all'adunanza plenaria

(Legge 18 marzo 1958 n. 311, stato giuridico ed economico dei

professori universitari, art. 21; legge 26 gennaio 1962 n. 16,

provvidenze a favore del personale insegnante delle università

e degli istituti di istruzione superiore e del personale scienti

fico degli osservatori astronomici, art. 22; d. 1. 1° ottobre 1973

n. 580, art. 12; legge 30 novembre 1973 n. 766, art. unico).

Impiegato dello Stato e pubblico — Stipendi e assegni arretrati — Decorrenza degli interessi — Rivalutazione — Giurisdizione

ordinaria o amministrativa — Rimessione delle questioni al

l'adunanza plenaria.

È opportuno rimettere all'adunanza plenaria la questione se ai

ricercatori dipendenti dal Consiglio nazionale delle ricerche, ai

quali è attribuito l'assegno temporaneo annuo, che siano an

che incaricati universitari interni, spetti l'assegno pensionabile

previsto per i docenti universitari (in subordine, è rimessa al

l'adunanza plenaria anche la questione della spettanza dell'as

segno pensionabile almeno nella misura eccedente quella del

l'assegno temporaneo). (1) È opportuno rimettere all'adunanza plenaria la questione se agli

incaricati universitari interni, ai quali non sia stato attribuito

l'assegno pensionabile, seguiti a spettare l'indennità di ricerca

scientifica. (2) È opportuno rimettere all'adunanza plenaria la questione se agli

incaricati universitari interni spetti l'assegno speciale. (3)

(1) In senso negativo si è espressa l'appellata sentenza del T.A.R. Toscana 23 giugno 1976, n. 371, Foro it., Rep. 1977, voce Istruzione pubblica, n. 845.

Corte cost. 6 dicembre 1979, n. 141, id., 1980, I, 7, con nota di richiami, emessa su ordinanza di rinvio 13 luglio 1978 del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, id., 1979, III, 572, con nota di richiami, ha dichiarato fondata la questione di costituzionalità dell'art. 12 d. 1. 1° ottobre 1973 n. 580, convertito con modificazioni nella legge 30 no vembre 1973 n. 766, in quanto prevede, con riferimento ai professori incaricati interni, il divieto di cumulo dell'assegno annuo pensiona bile con i trattamenti economici onnicomprensivi ad essi spettanti in virtù di un diverso rapporto di impiego.

(2) La questione della sopravvivenza dell'assegno c. d. di ricerca scientifica, dopo l'entrata in vigore dell'art. 12 del d. 1. n. 580 del 1973, che ha previsto l'assegno speciale non pensionabile attribuito ai docenti universitari che non svolgono attività professionale o di con sulenza professionale con un reddito superiore ai due milioni annui, è stata risolta in senso negativo, oltre che dalla sentenza appellata, anche dal Consiglio di Stato in sede consultiva: Comm. spec. 27 giu gno 1977, n. 5/2330/76, Foro it., Rep. 1979, voce Istruzione pub blica, n. 319; e in senso positivo da Corte conti, Sez. contr., 16 marzo 1978, n. 861, id., Rep. 1978, voce cit., n. 333, e 25 settem bre 1975, n. 628, id., Rep. 1976, voce cit., n. 175; nonché da T.A.R. Liguria 24 gennaio 1980, n. 30, Trib. amm. reg., 1980, I, 1036.

(3) L'adunanza plenaria si è già espressa in senso positivo sulla que stione, su diverse ordinanze di rimessione, con decisioni 6 maggio 1980, n. 14 e 10 giugno 1980, n. 21, in questo fascicolo, III, 433, con nota di richiami; queste due decisioni hanno considerato soprat tutto il profilo nella non assimilabilità del reddito da lavoro subor

È opportuno rimettere all'adunanza plenaria la questione del mo

mento dal quale cominci ad essere produttivo di interessi il

credito vantato dal pubblico dipendente verso l'amministra

zione, e la questione della sussistenza della giurisdizione del

giudice ordinario oppure di quello amministrativo sulla relativa

domanda. (4)

dinato che l'incaricato universitario interno trae dal diverso rapporto di impiego, col reddito da attività professionale o di consulenza pro fessionale, che, se superiore ai due milioni annui, preclude ai do centi universitari, compresi i professori di ruolo e gli incaricati esterni, l'attribuzione dell'assegno speciale in questione.

Diversamente da quanto afferma il corrispondente passo della mo

tivazione, appare per lo meno dubbio che sia stata la sentenza della Corte cost. 17 luglio 1975, n. 219, Foro it., 1975, I, 1881, con nota di richiami, la quale ha esteso il trattamento economico della diri

genza ai professori universitari di ruolo all'ultima classe di stipen dio, considerando in essa assorbito l'assegno pensionabile previsto dall'art. 12 d. 1. n. 580 del 1973, ad aver considerato assorbito per implicito anche l'assegno speciale previsto dalla medesima norma:

questa ulteriore conseguenza non sembra deducibile da tale sen tenza della Corte costituzionale, ma piuttosto affermata innovativa mente da Cons. Stato, Sez. VI, 19 dicembre 1975, n. 695, id., 1976, III, 249, con osservazioni di A. Romano.

(4) Nella giurisprudenza amministrativa si sono avute di recente alcune affermazioni secondo le quali gli interessi dovuti dall'ammi nistrazione sulle somme delle quali è debitrice, specie in base a rap porti di pubblico impiego, iniziano a decorrere anche prima che il decreto sia certo, liquido ed esigibile: cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 25 ottobre 1978, n. 843, Foro it., 1979, III, 539, con nota di ri

chiami, che ha affermato che gli interessi corrispettivi sulle mag giori somme che il giudice amministrativo dichiara dovute al pub blico dipendente, decorrono dalla data di maturazione dei rispettivi crediti; e Cons. Stato, Sez. IV, 30 maggio 1978, n. 497, id., 1979, III, 211, parimenti con nota di richiami, che ha affermato che al

l'impiegato pubblico spettano gli interessi corrispettivi sulla retribu zione non tempestivamente corrisposta, dal giorno nel quale essa è è stata determinata, anche se la relativa decorrenza ha fatto oggetto di controversie, e non siano intervenuti ancora l'impegno e l'ordinativo di spesa; cfr. anche Sez. V 2 marzo 1979, n. 113, id., Rep. 1979, voce Impiegato dello Stato, n. 837; T.A.R. Veneto 14 dicembre 1978, n. 1080, ibid., n. 840. In senso più rigoroso, T.A.R. Campania 13

giugno 1979, n. 281, Trib. amm. reg., 1979, I, 2887; Cons, giust. amm. sic. 10 ottobre 1978, n. 193, Foro it., Rep. 1979, voce Conta bilità dello Stato, n. 33; T.A.R. Abruzzo, Sez. Pescara, 27 settem bre 1978, n. 178, ibid., n. 34; cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 26

luglio 1979, n. 606, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 838.

Per altri riferimenti, v. la giurisprudenza della Cassazione, la quale ha affermato che l'amministrazione dello Stato, conduttrice di un immobile destinato a sede di pubblici uffici, la quale non dimostri che il ritardo nel pagamento dei canoni sia stato determinato dalla necessità di compiere un atto del procedimento di formazione del titolo di spesa, è tenuta a corrispondere al locatore gli interessi sulle somme dovute per canoni scaduti, dalla data della costituzione in mora: sent. 17 gennaio 1980, n. 384, id., 1980, I, 958, con nota di C. M. Barone; v. anche, ivi, sent. 12 marzo 1980, n. 1656, che ha affermato che le aziende municipalizzate, non rientrano tra gli enti

pubblici cui si applicano le norme del regolamento sulla contabilità generale dello Stato, devono corrispondere, sulle somme versate ai

propri dipendenti per indennità di anzianità, gli interessi a decor rere dalla data di cessazione dal rapporto, nonostante la mancata emissione dal mandato di pagamento; mentre una soluzione opposta, sempre a proposito degli interessi sulle somme dovute al pubblico dipendente a titolo di indennità di cessazione del rapporto, è stata data da Cass. 3 marzo 1979, n. 1345, id., 1980, I, 196, con nota di richiami, in riferimento al personale delle dogane, perché al relativo fondo di previdenza è applicabile la normativa sulla contabilità dello Stato, secondo la quale i debiti pecuniari divengono liquidi ed esi gibili soltanto dopo l'emissione del regolare ordinamento di spesa.

Per quel che riguarda la questione di giurisdizione, a parte le pronunce che si riferiscono genericamente agli interessi dovuti dal l'amministrazione, affermando in proposito la giurisdizione del giu dice amministrativo (T.A.R. Veneto 14 dicembre 1978, n. 1080, id., Rep. 1979, voce cit., n. 841), o quella del giudice ordinario (Cons. Stato, Sez. VI, 28 gennaio 1977, n. 45, id., Rep. 1977, voce Giusti zia amministrativa, n. 83; T.A.R. Veneto 13 aprile 1976, n. 329, ibid., n. 84; nel senso che se il credito principale deriva da un rapporto di pubblico impiego, il giudice ordinario eventualmente competente do vrebbe essere individuato nel pretore quale giudice del lavoro, Cass. 20 novembre 1979, n. 6055, id., Rep. 1979, voce Impiegato dello Stato, n. 92), il filone principiale della giurisprudenza si riferisce spe cificamente agli interessi moratori, affermando in proposito la giuris dizione del giudice ordinario: Cons. Stato, Sez. VI, 28 marzo 1980, n. 398, Cons. Stato, 1980, I, 353; 30 ottobre 1979, n. 758, id., 1979, I, 1491; Sez. V 26 ottobre 1979, n. 629, ibid., 1387; T.A.R. Campania 13 giugno 1979, n. 281, Trib. amm. reg., 1979, I, 2887; Cons. Stato, Sez. VI, 31 ottobre 1978, n. 1111, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 846; T.A.R. Abruzzo, Sez. L'Aquila, 7 giugno 1978, n. 313, ibid., n. 847; Cons. Stato, Sez. VI, 6 dicembre 1977, n. 901, id., Rep. 1978, voce Giustizia amministrativa, n. 72; Sez. V 11 novembre 1977, n. 1004, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 946; 12 maggio 1978, n.

This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 10:36:21 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended