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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Adunanza plenaria; decisione 6 maggio 1980, n. 13;...

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Adunanza plenaria; decisione 6 maggio 1980, n. 13; Pres. Levi Sandri, Est. Delfino; Focà (Avv. Bussi) c. Min. difesa (Avv. dello Stato D'Amato) Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980), pp. 441/442-443/444 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171247 . Accessed: 28/06/2014 16:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.49 on Sat, 28 Jun 2014 16:06:31 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Adunanza plenaria; decisione 6 maggio 1980, n. 13; Pres. Levi Sandri, Est. Delfino; Focà (Avv.Bussi) c. Min. difesa (Avv. dello Stato D'Amato)Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 441/442-443/444Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171247 .

Accessed: 28/06/2014 16:06

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Manifestamente infondata è poi l'eccezione di incostituziona

lità sollevata dal ricorrente, per assunta violazione dell'art. 3

Cost., nei riguardi dell'esaminato art. 5, 1° comma, seconda par te, d. 1. 8 luglio 1974 n. 261, sotto il profilo che, come sopra in

terpretato, esso creerebbe una ingiustificata disparità di tratta

mento tra quanti si sono visti egualmente accogliere la domanda

di esodo volontario con i benefici combattentistici, a seconda che

il collocamento a riposo sia stato fissato per data anteriore ov

vero susseguente il 1° luglio 1974.

In contrario devesi rilevare come proprio tale diversa decor

renza del collocamento a riposo costituisce elemento differenzia

tore tra le due ipotesi, eppertanto ne giustifica a livello costitu

zionale la difformità di regolamentazione, in connessione anche

con la ineliminabile esigenza, propria del fenomeno di succes

sione delle leggi nel tempo, di determinazione di una data certa

per l'inizio di efficacia della legge sopravveniente. Né maggiore fondamento è ravvisabile nell'altro rilievo del

ricorrente, secondo cui l'illegittimità della deliberazione impugna ta discenderebbe dall'aver con essa l'amministrazione disatteso una

posizione dello Zanon che, in quanto radicantesi su provvedimen to amministrativo perfetto, aveva al momento già consistenza di

diritto quesito. Una volta invero acclarato, giusta le considera

zioni innanzi svolte, che cosi statuendo la deliberazione in que stione ha prestato puntuale ossequio alla regola discendente dal

l'art. 5, 1° comma, seconda parte, d.l. 8 luglio 1974 n. 261, si

mile tesi potrebbe al più essere direttamente rivolta contro tale

norma per prospettarne, sotto corrispondente profilo, l'incostitu

zionalità. Senonché non si vede su quale disposizione della Co

stituzione essa tesi avrebbe suscettibilità di basarsi, tenuto in

particolare conto che la nuova disciplina introdotta nel 1974 ha

comportato non la totale vanificazione del predetto invocato di

ritto, bensì il mero differimento nel tempo della sua concreta

attuazione.

Parimenti infondato appare l'ulteriore assunto del ricorrente, secondo cui il collocamento a riposo al 17 luglio 1974 sarebbe

comunque a lui spettato, vantando egli a quella data e, anzi, addirittura superando l'anzianità di quaranta anni di servizio e

rendendosi, pertanto, nei suoi confronti operante il disposto del

l'art. 1, penultimo comma, del più volte citato d.l. 8 luglio 1974

n. 261 che giustappunto esclude dal sistema dei contingenti se

mestrali — tra l'altro — il collocamento a riposo per raggiun

gimento dei limiti massimi di anzianità di servizio previsti dal

l'art. 2 legge 15 febbraio 1958 n. 46.

Come univocamente in altre occasioni affermato da questo con

sesso (cfr. decisioni sez. VI innanzi citate), devesi in contrario

rilevare che il predetto penultimo comma dell'art. 1 si è, in parte

qua, limitato a far puramente e semplicemente riferimento al ci

tato art. 2 legge 15 febbraio 1958 n. 46, senza in alcun modo mu

tarne la sfera soggettiva di efficacia; senza, più precisamente, estenderlo oltre l'ambito del personale statale e di quegli enti

pubblici che nei rispettivi regolamenti organici allo stesso si sia

no richiamati. E poiché il regolamento organico dell'I.n.p.s. nes

sun richiamo contempla a detto art. 2, ad esso evidentemente

l'istante non ha titolo di rifarsi onde invocare a suo favore il

delineato disposto dell'art. 1, penult, comma, d.l. 8 luglio 1974

n. 261.

Il ricorso va pertanto respinto. Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO; Adunanza plenaria; decisione 6 mag

gio 1980, n. 13; Pres. Levi Sandri, Est. Delfino; Focà (Avv.

Bùssi) c. Min. difesa (Avv. dello Stato D'Amato).

Impiegato dello Stato e pubblico — Contributi previdenziali —

Omesso versamento — Domanda di costituzione di rendita

vitalizia — Giurisdizione amministrativa (Legge 12 agosto 1962 n. 1338, disposizioni per il miglioramento dei trattamenti

di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la

vecchiaia e i superstiti, art. 13).

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la domanda

con la quale il pubblico dipendente chieda che l'amministrazio

ne, che abbia omesso il versamento dei contributi previdenziali

obbligatori, costituisca presso l'I.n.p.s. una rendita vitalizia

equivalente alla pensione. (1)

(1) Cons. Stato, Sez. IV, 4 luglio 1978, n. 699, ha affermato l'ob

bligo dell'amministrazione, in una data fattispecie, di provvedere alla costituzione della posizione assicurativa di un pubblico dipendente, ri conoscendo la giurisdizione del giudice amministrativo in proposito, mentre con ordinanza di pari data n. 698, ha rimesso all'adunanza

L'Adunanza, ecc. — 1. - Il sig. Focà chiede che sia dichiarato il suo diritto alla costituzione presso l'I.n.p.s. della rendita vita lizia di cui all'art. 13 legge 12 agosto 1962 n. 1338.

La sezione quarta ha ritenuto necessaria una verifica di ufficio della giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, e, avendo riscontrato la esistenza di un contrasto giurisprudenziale, ha rimesso la questione all'esame dell'adunanza plenaria.

2. - Secondo opinione ormai consolidata in giurisprudenza, ine risce al rapporto di impiego, e non a quello propriamente previ denziale, l'obbligo della pubblica amministrazione di iscrivere i

propri dipendenti non di ruolo all'assicurazione generale per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, gestita dall'I.n.p.s., e di versare a quest'ultimo i relativi contributi.

Essendo, infatti, l'oggetto del rapporto che si instaura fra il lavoratore e il detto istituto rappresentato dalle prestazioni alle

quali il primo, una volta assicurato, ha diritto, si rivelano cer tamente estranei a tale rapporto — di cui costituiscono invece soltanto un presupposto di fatto — il diritto dello stesso lavo ratore alla iscrizione e i conseguenti obblighi contributivi posti in capo al datore di lavoro; situazioni che, infatti, traendo causa, a loro volta, direttamente dall'atto di assunzione, non possono che inerire a una delle varie relazioni intersoggettive facenti capo al rapporto di impiego globalmente inteso.

Viene, per ciò, pacificamente riconosciuta l'appartenenza alla

giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 29, n. 1, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, delle controversie sulla legittimità o meno del comportamento dell'amministrazione che abbia omesso di iscrivere il proprio dipendente all'assicurazione obbligatoria ovvero di versare, in tutto o in parte, i relativi contributi previ denziali (Ad. plen. 21 giugno 1968, n. 15, Foro it., 1969, III, 14, e, in applicazione del principio da questa enunciato, ancora da ultimo Sez. IV 29 giugno 1979, n. 527, id., Rep. 1979, voce

Impiegato dello Stato, n. 1315). È invece ancora motivo di dubbi se spetti allo stesso giudice

amministrativo, o non piuttosto a quello ordinario, una volta che sia stata accertata l'illegittimità della omissione, di conoscere altresì delle domande di risarcimento ex art. 2116 cod. civ. o — come è nel caso in esame — di costituzione della rendita vitalizia di cui al cit. art. 13 legge 12 agosto 1962 n. 1338. In

fatti, mentre la Corte di cassazione in sede di regolamento della

giurisdizione è da tempo costantemente orientata, sia pure con motivazioni non sempre uniformi, a riconoscere per entrambe le ipotesi la giurisdizione del giudice amministrativo (da ultimo

plenaria la questione di giurisdizione sulla domanda di risarcimento del danno per la violazione di tale obbligo, proposta dal medesimo

dipendente' (la decisione dell'adunanza plenaria adesso riportata è sta ta emessa, però, in seguito all'ordinanza di rimessione 23 maggio 1978, n. 487, Foro it., Rep. 1978, voce Impiegato dello Stato, n.

1414, che la stessa sez. IV ha emesso in diversa, analoga controver sia). Dalla nota alle pronunce nn. 698 e 699 del 1978, id., 1979, III, 81, si può ricavare il quadro della giurisprudenza amministrativa, che è consolidata nel senso della giurisdizione amministrativa sulle con troversie relative all'obbligo dell'amministrazione di versare i con tributi previdenziali (successivamente, v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 26 giugno 1979, n. 527, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1315), mentre è

più incerta, e anzi prevalentemente nel senso della giurisdizione del

giudice ordinario sulle controversie relative alle conseguenze della violazione di quell'obbligo (successivamente, nel senso della giurisdi zione del giudice ordinario, v. T.A.R. Campania 8 novembre 1979, n. 645, Trib. amm. reg.,. 1980, I, 368, e nel senso della giurisdizione del giudice amministrativo, v. T.A.R. Liguria 15 novembre 1979, n. 407, ibid., 216).

La giurisprudenza della Cassazione è però consolidata nel senso della giurisdizione del giudice amministrativo anche sulle contro versie relative al risarcimento del danno per omesso versamento da

parte dell'amministrazione dei contributi previdenziali, sia che la pre tesa risarcitoria sia basata sull'art. 13 legge 12 agosto 1962 n. 1338, sia che essa si fondi sull'art. 2116 cod. civ., in quanto la pretesa avanzata dal dipendente pubblico inerirebbe comunque al rapporto di impiego: Cass. 17 maggio, 29 giugno, 1° ottobre e 19 novembre

1979, nn. 2805, 3655, 5020 e 6021, Foro it., Rep. 1979, voce cit., nn.

1320, 230, 1319, 1318, nonché 10 novembre 1979, n. 5781, ibid., voce Previdenza sociale, n. 315. La Cassazione afferma la giurisdizio ne del giudice ordinario quando la controversia investa solo il

rapporto assicurativo in quanto tale, e non anche il rapporto di

pubblico impiego, come nel caso nel quale essa sia tra amministra zione e Ln.p.s.: sentenze 7 giugno 1979, nn. 3228 e 3229, ibid., voce

Impiegato dello Stato, nn. 1322, 1323. La decisione dell'adunanza plenaria che ora si riporta, si pronun

cia per un corrispondente ampliamento della giurisdizione ammini strativa in materia comprendendo in essa anche domande di tipo ri

sarcitorio, sulla base della distinzione del risarcimento come reinte

grazione per equivalente del diritto fatto valere in via principale, dal risarcimento come misura satisfattoria degli « ulteriori » danni, di stinzione che evidentemente potrà trovare in futuro altre applicazioni nel senso dell'estensione della giurisdizione amministrativa stessa.

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PARTE TERZA

Cass., Sez. un., 17 maggio 1979, n. 2805, id., Rep. 1979, voce

cit., n. 1320), la giurisprudenza del Consiglio di Stato appare so

stanzialmente consolidata nel senso opposto per quel che con

cerne l'ipotesi ex art. 2116 cod. civ. (da ultimo, Sez. V 21 aprile

1978, n. 471, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1418); ed è — come

appunto rileva l'ordinanza di rimessione — contrastante per

quanto riguarda invece quella di cui al detto art. 13, essendosi, nei suoi più recenti svolgimenti, espressa per la giurisdizione am

ministrativa con la dee. 20 dicembre 1974, n. 638 della sezione

quinta (id., Rep. 1974, voce cit., n. 773), ed avendola invece

negata con la dee. 29 marzo 1977, n. 347 della sezione sesta (id.,

Rep. 1977, voce cit., nn. 1458, 1476). Siffatto contrasto, che nasce dal dubbio se le questioni in

esame siano attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali ovvero

ineriscano anch'esse direttamente al rapporto di pubblico im

piego, viene sostanzialmente imputato alle ancora irrisolte contro

versie sulla natura, risarcitoria o meno, delle suddette domande, e in particolare di quella di cui all'art. 13, essendo comunemente

accettata l'opinione che ogni domanda di risarcimento di danni

in una qualunque guisa connessi a un atto o comportamento il

legittimo dell'amministrazione dia luogo, senza eccezione alcuna, a una questione inerente a diritti patrimoniali conseguenziali, e

quindi alla giurisdizione del giudice ordinario.

L'adunanza plenaria ritiene, però, che non abbiano fonda

mento le perplessità sulla sussistenza, nel caso in esame, della

giurisdizione del giudice amministrativo; e che debba quindi es

sere condiviso, per le ragioni che seguono, l'orientamento del

giudice dei conflitti.

In tal senso va, in primo luogo, rilevato che è lecito dubitare

della natura propriamente risarcitoria del rimedio previsto dal

l'art. 13. Infatti, questa disposizione, per il caso che sia stato

omesso, e non sia più possibile per sopravvenuta prescrizione, il versamento dei contributi previdenziali, riconosce al lavora

tore il diritto alla costituzione di una rendita vitalizia pari alla

pensione, o quota di pensione, che gli sarebbe spettata compu tando i contributi omessi; e però non contempla affatto un cor

rispondente obbligo del datore di lavoro, ma soltanto una mera

facoltà, per altro esercitabile in via successiva anche dallo stesso

lavoratore, di costituire presso l'I.n.p.s. la relativa « riserva ma

tematica ».

Il che appunto depone per l'ipotesi di un rimedio inteso a

prevenire piuttosto, e non già a risarcire, il danno derivante

dall'omesso versamento dei contributi: come altresì sembra con

fermare la circostanza che, solo quando il datore di lavoro si

sia astenuto dall'esercitare la suddetta facoltà, e della stessa si

sia avvalso invece il lavoratore, insorge in capo a quest'ultimo

quel che l'art. 13 definisce «diritto al risarcimento del danno», e che però è, in realtà, soltanto diritto alla reintegrazione degli esborsi effettuati (Cass. 18 novembre 1975, n. 3876, id., Rep. 1976, voce Previdenza sociale, n. 303).

Non senza dire, infine, che la facoltà in questione è eserci

tabile, dal datore di lavoro o dallo stesso lavoratore, anche

prima della cessazione del rapporto, quando, cioè, il danno con

seguente all'omesso versamento dei contributi può anche non essersi ancora concretamente verificato: e ciò in virtù del mede

simo principio che in via alternativa consente pure al lavora tore di chiedere, nell'ambito della previsione dell'art. 2116 cod.

civ., la preventiva condanna generica, cioè del pari ancora in

costanza dfil rapporto, del datore di lavoro al « risarcimento », con possibilità di iscrivere ipoteca giudiziaria (Cass. 14 gennaio 1977, n. 202, id., Rep. 1977, voce cit., n. 313).

Il che per l'appunto conferma, da altro punto di vista, i dubbi

sulla natura risarcitoria del rimedio previsto dall'art. 13, e sem

bra anzi coinvolgervi anche quello di cui all'art. 2116.

F, però, ai fini che qui rilevano, conta non tanto stabilire se

i rimedi in questione abbiano o meno contenuto risarcitorio,

quanto piuttosto individuare esattamente il rapporto in cui le

questioni aventi ad oggetto tali rimedi si pongono con l'accer

tata illegittimità dell'omesso versamento dei contributi, non es

sendo — ad avviso dell'adunanza plenaria — la natura risarci toria della domanda ragione di necessaria insorgenza di una

questione patrimoniale conseguenziale. È comune e fondata opinione che siano questioni inerenti a

diritti patrimoniali conseguenziali quelle nelle quali la pretesa che si fa valere non trae la propria causa giuridica dal rapporto dedotto innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, ma rinviene in esso soltanto un mero presupposto di

fatto, dipendendo invece la lesione lamentata da una ulteriore e

autonoma ragione di illiceità.

Ed è noto come la giurisprudenza abbia ritenuto riferibile tale

concetto soprattutto alle domande di danni da svalutazione mo

netaria o di interessi moratori sugli assegni non corrisposti per effetto di licenziamento illegittimo, sull'esatto presupposto della

loro attinenza non ad effetti propri, ma soltanto a conseguenze « ulteriori » della restitutio in integrum.

Da qui, però, trae forse origine la tendenza, agevolata anche

dal fatto che le suddette ipotesi coprono in concreto quasi tutta

l'area interessata dal fenomeno, a enunciare per l'appunto il

principio che, anche al di fuori di quel presupposto, ogni do

manda di risarcimento vada per ciò solo qualificata come que stione inerente a diritti patrimoniali conseguenziali, e debba quin di essere riservata alla giurisdizione del giudice ordinario: la ten

denza, insomma, a identificare l'ubi consistam del fenomeno in

esame nel contenuto risarcitorio del petitum, e non più nell'auto

nomia della causa petendi rispetto al rapporto dedotto innanzi

al giudice amministrativo.

Ma evidentemente diverso da quelli sopra ricordati è invece

il caso che si verifica allorché del diritto, di cui il giudice am

ministrativo abbia accertato la lesione, si chieda non il rsarci

mento per « ulteriori » danni, bensì' la stessa reintegrazione per

equivalente, essendone invece, o essendone divenuto, impossibile il ripristino mediante restituzione specifica.

Nel qual caso, però, non ha più alcun fondamento logico ri

tenere esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo per il

solo fatto che sia stata esercitata un'azione di risarcimento, una

volta che questa sia stata proposta come necessitata alterna

tiva a una domanda della cui appartenenza a tale giurisdizione viceversa non si discute.

Ed è precisamente siffatta particolare manifestazione del fe

nomeno in esame a verificarsi nella materia qui controversa.

'Infatti, è fuori dubbio che il diritto del dipendente alla costi

tuzione, a cura sua stessa o dell'amministrazione, della rendita

ex art. 13 — operando come suo necessario presupposto la so

pravvenuta impossibilità del versamento dei contributi omessi —

viene comunque, anche, cioè, a volerne ammettere la natura ri

sarcitoria, a porsi, rispetto all'accertata illegittimità della omis

sione, in quel rapporto di diretta e immediata attinenza nel quale incontestabilmente si troverebbe il diritto dello stesso dipendente a veder condannata l'amministrazione al versamento effettivo dei

contributi, ove ciò non fosse già precluso dalla prescrizione:

questione, quest'ultima, della cui appartenenza alla giurisdizione del giudice amministrativo viceversa non si discute (da ultimo:

Sez. VI 5 giugno 1979, n. 430, id., Rep. 1979, voce Impiegato dello Stato, n. 1309).

In conclusione, sussiste quindi la giurisdizione del Consiglio di Stato sulla domanda del sig. Focà; e può, pertanto, passarsi all'esame del merito. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO; Adunanza plenaria; decisione 1° aprile 1980, n. 10; Pres. Imperatrice, Est. Berruti; Carrubba (Avv.

Paone) c. Associazione naz. famiglie dei caduti e dispersi in

guerra (Avv. M. S. Giannini), Serafini (Avv. F. G. Scoca).

Giustizia amministrativa — Decisione del Consiglio di Stato im

pugnata per cassazione — Ricorso per l'esecuzione — Inam

missibilità (R.d. 26 giugno 1924 m. 1054, t. u. sul Consiglio di Stato, art. 27, n. 4; legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitu

zione dei tribunali amministrativi regionali, art. 37).

È inammissibile il ricorso per l'esecuzione di una decisione del

Consiglio di Stato la quale non sia ancora passata in giudicato,

perché pende ricorso per cassazione nei confronti di essa. (1)

(1) La decisione dell'Adunanza plenaria 7 luglio 1978, n. 22, della

quale è stata chiesta l'esecuzione, è riportata in Foro it., 1978, III, 454, con nota di richiami.

L'adunanza plenaria conferma il meditato capovolgimento della

propria precedente giurisprudenza, attuato col precedente richiamato in motivazione: decisione 23 marzo 1979, n. 12, id., 1979, III, 307, con nota di richiami; anche nella pronuncia che ora si riporta le ar gomentazioni sono formulate in generale, e dunque valgono per ogni caso di decisione non ancora passata in giudicato per pendenza del l'impugnazione, ivi comprese le sentenze dei tribunali amministrativi regionali.

La giurisprudenza successiva delle sezioni singole del Consiglio di Stato si è uniformata all'orientamento assunto dall'adunanza plena ria, non solo per la soluzione data al problema, ma anche per l'im postazione di esso in termini cosi generali, da abbracciare la (negata) esperibilità del ricorso per l'esecuzione del giudicato tanto delle de cisioni del Consiglio di Stato stesso impugnate per cassazione, quanto delle sentenze dei tribunali amministrativi regionali appellate: Sez. V 29 febbraio e 14 marzo 1980, nn. 247 e 272, Cons. Stato, 1980, I, 190 e 302, nonché 19 ottobre 1979, n. 608, id., 1979, I, 1382; Sez. IV 30 ottobre 1979, n. 887, ibid., 1351; nello stesso senso v. anche

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