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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Adunanza plenaria; decisione 23 febbraio 1982, n. 1;...

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Adunanza plenaria; decisione 23 febbraio 1982, n. 1; Pres. Pescatore, Est. Agresti; Russo e altri (Avv. Capaccioli, D'Amelio) c. Min. pubblica ıstruzione e altri. Annulla T.A.R. Toscana 23 giugno 1976, n. 371 Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1982), pp. 189/190-191/192 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174336 . Accessed: 28/06/2014 08:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.159 on Sat, 28 Jun 2014 08:28:28 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Adunanza plenaria; decisione 23 febbraio 1982, n. 1; Pres. Pescatore, Est. Agresti; Russo e altri(Avv. Capaccioli, D'Amelio) c. Min. pubblica ıstruzione e altri. Annulla T.A.R. Toscana 23 giugno1976, n. 371Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1982),pp. 189/190-191/192Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174336 .

Accessed: 28/06/2014 08:28

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

CONSIGLIO DI STATO; CONSIGLIO DI STATO; Adunanza plenaria; decisione 23 feb

braio 1982, n. 1; Pres. Pescatore, Est. Agresti; Russo e altri

(Avv. Capaccioli, D'Amelio) c. Min. pubblica istruzione e al

tri. Annulla T.A.R. Toscana 23 giugno 1976, n. 371.

Istruzione pubblica — Università — Ricercatori dipendenti dal

C.N.R. — Incaricati interni di insegnamento — Assegno pen sionabile — Assegno speciale — Spettanza (D. 1. 1° ottobre

1973 n. 580. misure urgenti per l'università, art. 12; 1. 30 no

vembre 1973 n. 766, conversione in legge, con modificazioni,

del d. 1. 1° ottobre 1973 n. 580, art. unico; 1. 15 novembre 1973

n. 732, provvidenze a favore del personale dipendente da enti

pubblici non economici, art. unico).

Impiegato dello Stato e pubblico — Stipendi e assegni arretrati — Interessi dalla domanda — Rivalutazione del credito —

Giurisdizione amministrativa.

Ai ricercatori dipendenti dal Consiglio nazionale delle ricerche,

cui è attribuito l'assegno temporaneo annuo e che siano an

che incaricati interni di un insegnamento universitario, spetta

l'assegno pensionabile previsto per i docenti universitari. (1)

Ai ricercatori dipendenti dal Consiglio nazionale delle ricerche,

che siano anche incaricati interni di un insegnamento univer

sitario, spetta l'assegno speciale. (2) Al pubblico dipendente che vanti nei confronti dell'amministra

zione di appartenenza un credito per stipendi e assegni arre

trati spettano i relativi interessi dal momento della domanda, e al riguardo sussiste la giurisdizione del giudice amministra

tivo. (3) Il credito che il pubblico dipendente vanti nei confronti dell'am

ministrazione di appartenenza per stipendi e assegni arretrati

deve essere rivalutato secondo gli indici 1ST AT, e al riguardo sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. (4)

Diritto. — Gli appellanti, dipendenti del Consiglio nazionale

delle ricerche (C.N.R.), professori incaricati presso l'università

di Pisa, chiedono la riforma di una sentenza con la quale il

T.A.R. per la Toscana ha respinto un loro ricorso in tema di

diritto agli emolumenti istituiti con l'art. 12 d. 1. 1° ottobre 1973

n. 580, recante misure urgenti per l'università, convertito con

modificazioni nella 1. 30 novembre 1973 n. 766.

Come ricordato nella pregressa esposizione in fatto, la norma

citata istituì a favore del personale insegnante delle università e

degli istituti di istruzione universitaria di ruolo, fuori ruolo ed

incaricato un assegno annuo pensionabile ed utile ai fini dell'in

dennità di buonuscita, stabilito in misure indicate nelle tabelle

annesse al decreto-legge. A norma del 2° comma dello stesso articolo, l'assegno pensio

nabile sostituì' l'indennità di ricerca scientifica prevista dall'art. 22

1. 26 gennaio 1962 n. 16.

Lo stesso assegno (3° comma) fu dichiarato non cumulabile con

altri assegni o indennità analoga e con trattamenti economici on

nicomprensivi. Il 4° comma del ripetuto art. 12 istituì, a favore del perso

nale di cui al r comma, un assegno speciale mensile nelle misure forfettarie di lire 150.000 per i professori di ruolo e fuori ruolo e di lire 80.000 per i professori incaricati esterni e per gli as

sistenti. Per rendere maggiormente chiaro quanto appresso si dirà, gio

va ricordare che gli incaricati di insegnamento universitario si

dividono in due categorie: a) incaricati esterni, che sono coloro i quali « non ricoprano un ufficio con retribuzione a carico del bilancio dello Stato, di ente pubblico o privato o, comunque, non fruiscono di reddito di lavoro subordinato »; b) gli altri,

denominati per contrapposizione incaricati interni, che sono co

loro i quali ricoprono un ufficio dello Stato o di ente pubbli

(1) L'ordinanza di rimessione della Sez. VI 15 gennaio 1980, n. 10, è riportata in Foro it., 1980, III, 447, con ampia nota di richiami.

(2) L'adunanza plenaria applica ai ricercatori del C.N.R. il prin

cipio secondo il quale il c. d. assegno speciale spetta anche agli in

caricati interni, già affermato nei due suoi precedenti 10 giugno 1980,

n. 21, e 6 maggio 1980, n. 14, Foro it., 1980, III, 433, con nota di

richiami, ai quali adde, sempre nel medesimo senso, Sez. VI 14 lu

glio e 20 ottobre 1981, nn. 426 e 508, Cons. Stato, 1981, I, 878 e 1091.

(3) L'adunanza plenaria conferma il proprio precedente 7 aprile

1981, n. 2, Foro it., 1981, III, 427, con nota di richiami. Cfr. anche

T.A.R. Lazio, Sez. III, 1° febbraio 1982, n. 116, id., 1982, III, 120, con nota di richiami, che, affermato che il giudice amministrativo deve

rivalutare il credito di lavoro del pubblico dipendente, precisa che

esso deve aggiungere alla somma cosi rivalutata gli interessi legali.

(4) Nello stesso senso, Ad. plen. 30 ottobre 1981, n. 7, Foro it.,

1982, III, 1, con nota di Pardolesi, nonché la sentenza del T.A.R.

Lazio richiamata nella nota che precede.

Il Foro Italiano — 1982 — Parte

co o privato o fruiscono, comunque, di redditi di lavoro subor

dinato.

Le questioni che l'adunanza plenaria è chiamata a risolvere so

no le seguenti: 1) se agli appellanti spetti, nella qualità di inca

ricati interni, l'assegno pensionabile in rapporto al fatto che es

si, pur non godendo di trattamento economico onnicomprensivo,

percepivano dal C.N.R. l'assegno temporaneo previsto dalla 1. 15

novembre 1973 n. 732, assegno ritenuto dai primi giudici di na

tura analoga all'assegno pensionabile; 2) se agli appellanti spet

ti l'assegno speciale, ritenuto dai primi giudici limitato agli in

caricati esterni; 3) se, in subordine, l'assegno pensionabile spetti in misura pari alla differenza tra esso e l'assegno temporaneo;

4) se, in ipotesi ancora più subordinata, fermo il diritto all'asse

gno speciale, spetti, al posto dell'assegno pensionabile, l'inden

nità di ricerca scientifica; 5) se sulle somme che fossero rico

nosciute dovute spettino gli interessi e la rivalutazione mone

taria.

Sul primo punto, l'ordinanza di rimessione ricorda che il T.A.R.

ha ritenuto l'assegno integratore dei dipendenti del C. N. R.

di natura analoga all'assegno pensionabile, e perciò preclusivo di

quest'ultimo, in considerazione del carattere di miglioramento retributivo di entrambi gli emolumenti e ricorda, inoltre, che nel

parere della commissione speciale del Consiglio di Stato n. 5/

2330/76 del 27 giugno 1977 (Foro it., Rep. 1979, voce Istruzione

pubblica, n. 319), è stato ritenuto che il richiamo ad «altri asse

gni o indennità di natura analoga » contenuto nel 3° comma del

d.l. n. 580/1973 è « da intendersi riferito ad altri assegni e

indennità anche futuri, parimenti pensionabili... aventi fun

zione esplicitamente o implicitamente perequativa... », e ciò,

perché tale funzione perequativa avrebbe l'assegno temporaneo, inteso ad attenuare il divario tra il trattamento degli insegnanti universitari e quello introdotto per i funzionari dirigenti dal

d. p. r. n. 748/1972. L'ordinanza osserva, peraltro, che manchereb

bero elementi sicuri per qualificare come perequativo l'assegno

temporaneo. L'adunanza plenaria non solo condivide tale punto di vista, ma

rileva che già la natura dell'assegno pensionabile non appare si

curamente individuabile. Tale assegno, invero, è pacificamente riconosciuto spettante anche agli incaricati esterni e non si vede

a quale funzione perequativa assolva nei confronti di costoro. A

meno che non si voglia considerarlo perequativo nei confronti

degli insegnanti di ruolo, creando una catena di perequazioni, nella quale ogni perequazione sarebbe il presupposto di un'altra.

Quanto all'aspetto del miglioramento retributivo, l'ordinanza

di rimessione ha giustamente osservato come l'argomento sia po co persuasivo perché il divieto di cumulo non si applicherebbe, con evidente irrazionalità, nei casi di miglioramento retributivo

concesso mediante aumento dello stipendio. Per quanto, in particolare, si riferisce agli incaricati interni,

non sarà inutile, poi, rilevare come la diversità di posizioni di

stato e di trattamenti economici che in concreto possono ricor

rere rende estremamente ardua la ricerca di indennità o assegni « di natura analoga ».

In presenza di situazioni del genere che determinano solu

zioni non completamente appaganti, il collegio ritiene sia miglior

consiglio addivenire ad una interpretazione restrittiva, giustificata dal carattere derogatorio dell'esclusione, e vedere, nella linea

adombrata dall'ordinanza di rimessione, nel divieto di cumulo

con altri assegni di analoga natura un'esplicitazione o un raffor

zamento della disposizione, secondo la quale l'assegno pensio nabile può essere percepito in base ad un solo titolo, per « tito

lo » potendo ragionevolmente intendersi, anche nei confronti de

gli incaricati, l'insegnamento.

In relazione a quanto sopra, al primo quesito va data risposta affermativa.

La stessa risposta l'adunanza plenaria ha già avuto occasione

di dare anche al secondo quesito, quando, con decisione n. 14

del 6 maggio 1980 (id., 1980, III, 433), ha affermato che i do

centi universitari incaricati interni hanno diritto all'assegno spe ciale previsto dall'art. 12 d. 1. n. 580/1973 pur in mancanza

di una esplicita previsione normativa, potendo la quantificazio ne dell'assegno speciale per gli incaricati interni essere ricavata

dall'entità della retribuzione dell'incaricato esterno secondo il pa rametro stabilito dall'art. 99 r. d. 30 dicembre 1923 n. 2960.

Da siffatta statuizione il collegio non ha alcun motivo di di

scostarsi nella presente fattispecie. ■

L'accoglimento delle due tesi principali rende ovviamente su

perfluo l'esame delle due subordinate indicate ai punti 3) e 4). In ordine alla domanda di interessi, sarà sufficiente ricordare

che la questione è stata di recente approfonditamente esaminata

dall'adunanza plenaria ed è stata risolta in senso affermativo sia

sotto il profilo della giurisdizione sia nel merito, precisandosi che

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PARTE TERZA

sono dovuti nella misura legale dalla data della domanda (cfr. Ad. plen. 7 aprile 1981, n. 2, id., 1981, III, 427).

Anche in ordine al problema della rivalutazione monetaria è

emerso nell'adunanza plenaria orientamento favorevole. Si è, in

vero, ritenuto che dalla esigenza di mantenere inalterato il po tere di acquisto di beni reali delle somme costituenti oggetto dei

crediti del lavoratore, posta in relazione alle finalità di sostenta

mento proprie della retribuzione giusta l'art. 36 Cost, tenuto an

che conto dei principi che la legislazione viene introducendo in

tema di crediti di lavoro (arg. 1. 11 agosto 1973 n. 533), non

possa non discendere la conseguenza che, pur in costanza del

principio nominalistico sul quale si fondano le prestazioni retri

butive, ove sussista il ritardo o l'inadempimento di tali presta zioni da parte dell'amministrazione, venga senz'altro meno il

principio dell'insensibilità delle obbligazioni pecuniarie alla sva

lutazione monetaria, dovendo trovare questa automatica appli cazione in forza del rischio che il ritardo o l'inadempimento

comportano a carico dell'amministrazione debitrice. È poi da te

nere presente che, in relazione alla tecnica risarcitoria introdotta

in materia dalla citata 1. 533/1973, sono attratti in una fattispe cie unica e complessa tanto i momenti di maturazione dei cre

diti stessi, quanto i relativi interessi e la loro svalutazione in

modo che possa realizzarsi un meccanismo di conservazione del

valore economico della retribuzione, atto a ripristinarne il po tere di acquisto connesso alla sua natura e alle sue finalità.

Né deve ritenersi che nella fattispecie in esame sia necessario

l'atto di costituzione in mora, e ciò sia perché in materia la ri

petuta 1. n. 533 del 1973 ha introdotto il principio della mora

ex re sia perché l'attività di cooperazione del dipendente, attivi

tà che si esteriorizza nella totale disponibilità dello stesso al rice

vimento della prestazione retributiva, essendo egli professional mente e diuturnamente presente nel luogo del pagamento, rende

in ultima analisi un atto di messa in mora alla scadenza pre fissata nei confronti dell'amministrazione debitrice, atto peraltro non richiesto dall'ordinamento, logicamente superfluo.

Siffatte considerazioni consentono anche di risolvere la que stione attinente alla giurisdizione, la quale, nonostante abbia ca

rattere pregiudiziale, va ora qui esaminata, stante i riflessi che

su essa hanno i rilevati profili della svalutazione monetaria.

Come già si è avuto modo di rilevare, i momenti di matura

zione dei crediti di lavoro, la loro svalutazione e la loro liqui dazione costituiscono una fattispecie unica e complessa. Ciò non

può che indurre a ritenere che il quid pluris, in cui detta sva

lutazione si sostanzia, mantenga pur sempre il carattere della re

tribuzione dovuta al dipendente per le prestazioni effettuate.

Questa adunanza (dee. 7 aprile 1981, n. 2) ha già avuto mo

do di esaminare l'analoga questione concernente gli interessi mo

ratori che, secondo un precedente indirizzo giurisprudenziale, in

quanto di natura risarcitoria, erano stati ritenuti rientrare nella

giurisdizione del giudice ordinario ed ha escluso che tali inte

ressi potessero prospettare una questione patrimoniale conseguen

ziale, trovandosi rispetto alla retribuzione in un rapporto di con

nessione diretta e necessaria, per cui in relazione ad essi è stata affermata la giurisdizione del giudice amministrativo.

Non ritiene il collegio di discostarsi da siffatta impostazione anche per quanto concerne la svalutazione monetaria.

Detta svalutazione, invero, non introduce un incremento ulte

riore nelle ragioni creditorie del dipendente ma opera una quan tificazione di valori ontologicamente e funzionalmente coinciden

ti con i momenti originari di maturazione del diritto alla retribu zione. Con il riconoscimento della svalutazione monetaria cioè si at

tua un meccanismo automatico di conservazione e di reintegra zione del patrimonio del creditore della diminuzione patita, sic

ché in essa non è dato ravvisare un posterius rispetto alla stessa

retribuzione, ma piuttosto un elemento strettamente connesso con

le prestazioni lavorative già effettuate nel corso del rapporto.

Giova peraltro rilevare che il detto meccanismo prescinden do — come si è detto — dalla costituzione in mora, è ancorato,

per quanto concerne il quantum, ad indici prestabiliti quali quel li ISTAT, il che vale a confermare che la conservazione del va

lore è un quid che è proprio della retribuzione e nella quale anzi si immedesima.

La questione, dunque, non caratterizzata da alcuna conseguen zialità di ordine patrimoniale, rientra nella giurisdizione esclu

siva del giudice amministrativo.

Sulla base di tali considerazioni, sono fondate anche le do

mande di interessi e di rivalutazione monetaria; i primi vanno

liquidati, come si è detto, nella misura legale a decorrere dalla

data della domanda, mentre la seconda va riconosciuta appli cando gli indici ISTAT dalla maturazione dei singoli diritti.

L'appello deve essere dunque accolto. (Omissis)

CORTE DEI CONTI; CORTE DEI CONTI; Sezione III pensioni civili; decisione 12

maggio 1982, n. 49970; Pres. ed est. Saraceno, P. M. Bar

rella (conci, diff.); Domingo ed altri (Avv. Coronas) c. Pres.

cons, ministri, Min. grazia e giustizia.

Pensione — Magistrati a riposo — Riliquidazione della pensio ne — Diritto — Sussistenza — Fattispecie (L. 24 maggio 1951

n. 392, distinzione dei magistrati secondo le funzioni, trattamen

to economico della magistratura nonché dei magistrati del Con

siglio di Stato, della Corte dei conti, della giustizia militare e

degli avvocati e procuratori dello Stato, art. 11; 1. 29 aprile 1976 n. 177, collegamento delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Miglioramento del trattamento

di quiescenza del personale statale e degli iscritti alle casse

pensioni degli istituti di previdenza, art. 1, 2, 3, 4; 1. 2 aprile 1979 n. 97, norme sullo stato giuridico dei magistrati ordinari

e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato, art. 9, 10, 11; 1. 19 febbraio 1981 n. 27,

provvidenze per il personale di magistratura, art. 1, 2). Pensione — Dipendenti civili dello Stato — Trattamento di quie

scenza — Determinazione — Criteri (L. 29 aprile 1976 n. 177, art. 15; 1. 2 aprile 1979 n. 97, art. 9; 1. 19 febbraio 1981 n. 27, art. 2).

Per effetto dell'art. Il l. 24 maggio 1951 n. 392, i magistrati a

riposo hanno diritto alla riliquidazione della pensione, a de correre dal 1" gennaio 1979 {data a partire dalla quale ai me desimi non è più applicabile la disciplina dettata dagli art. 1-4 l. 29 aprile 1976 n. 177), sulla base della retribuzione spettan te ai colleghi in attività di servizio, ai sensi della l. 2 aprile 1979 n. 97, e, a decorrere dal 1" gennaio 1980, in base alla l. 19 febbraio 1981 n. 27. (1)

Ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza dei

dipendenti civili dello Stato si applica l'art. 15 l. n. 177 del 1976 in coordinazione con quanto disposto dagli art. 9 l. n. 97 del 1979 e 2 l. n. 27 del 1981. (2)

Fatto. — 1 suddetti magistrati a riposo Ignazio Domingo, Giovanni Allavena, Attilio Inglese ed Arrigo Lanzara, con istan ze prodotte, rispettivamente, il 27 giugno 1979, il 14 giugno

(1-2) La decisione — le cui massime riproducono sostanzialmente il dispositivo (il quale contiene anche l'ordine « che entro il termine di giorni 30, decorrenti dalla data di deposito della presente statuizione, gli atti siano rimessi all'autorità amministrativa affinché provveda, per quanto di sua competenza, alla esecuzione della decisione stessa entro il successivo termine di giorni 120 verso contestuale cessazione ed impu tazione delle minori somme corrisposte dal 1" gennaio 1979 in poi ») — è stata duramente criticata, stando alla stampa quotidiana (v., ad es., Il Messaggero del 26 maggio 1982) dalla segreteria generale della fe derazione lavoratori funzione pubblica della C.g.i.l., che avrebbe preso diverse iniziative per eliminare gli effetti della pronuncia stessa.

La corte è giunta alle conclusioni riassunte nelle massime in base a rilievi di carattere generale non del tutto coincidenti con la portata delle norme rilevanti ai fini del decidere e si è soffermata sul disegno di legge n. 1296 come se si trattasse di testo normativo già operante. La stessa corte ha, poi, fatto riferimento alla giurisprudenza della Corte costituzionale sulla natura dei trattamenti di quiescenza dei la voratori, ma, nella relativa ricognizione, è stata alquanto sommaria. La richiamata sentenza 13 marzo 1980, n. 26, Foro it., 1980, I, 897, con nota di richiami, non si è, infatti, limitata ad enunciare i principi ripresi dalla decisione in rassegna, ma ha anche aggiunto che « l'ade guatezza del trattamento di quiescenza non comporta automatica mente che nella fase della liquidazione il livello della pensione, in progressiva puntuale concomitanza con il servizio prestato, debba poter attingere il traguardo della integrale coincidenza con la retri buzione goduta all'atto della cessazione dal servizio » (sul punto, per una impostazione in qualche modo divergente in relazione alla 1. n. 177 del 1976, Corte cost. 11 dicembre 1980, n. 156, id., 1981, I, 591), dichiarando, quindi, infondata la questione di costituzionalità degli art. 2, 1°, 2° e 3° comma, 5 e 6, 1° comma, d.p. r. 11 gennaio 1956 n. 20, come modificato dalla 1. 11 luglio 1956 n. 734, nella parte in cui la base pensionabile e qualunque altra voce retributiva è pre sa in considerazione a fini previdenziali nella misura massima del 1*80 %, escludendosi quindi che al dipendente statale possa essere con ferito un trattamento di quiescenza pari all'ultima retribuzione per cepita, in riferimento agli art. 3, 36, 1° comma, e 38, 1° e 2° com ma, Cost. La Corte dei conti ha valutato, infine, la influenza de gli art. 36 e 38 Cost, sui trattamenti di quiescenza, ignorando però Corte cost. 10 dicembre 1981, n. 185, id., 1982, I, 346, con nota redazionale (adde, per ulteriori riferimenti su temi collegati, Cass. 7 maggio 1981, n. 2950, ibid., 783), che ha enunciato in argomento principi di indubbio interesse dotati di notevole forza espansiva.

Considerata la rilevanza anche economica della questione, una inda gine più aderente alla portata delle norme vigenti e una valutazione più esauriente dei principi affermati dalla Corte costituzionale avreb be certo conferito maggiore obiettività alle argomentazioni svolte a sostegno della soluzione ritenuta preferibile.

M. Barone

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