adunanza plenaria; decisione 21 ottobre 1989, n. 14; Pres. Cresci, Est. Santelia; Inadel (Avv.Capobianco) c. Cordaro (Avv. Costa). Annulla Tar Lazio, sez. I, 11 settembre 1985, n. 948Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1990),pp. 105/106-111/112Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182981 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
I
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 21 otto bre 1989, n. 14; Pres. Cresci, Est. Santelia; Inadel (Avv. Ca
pobianco) c. Cordaro (Avv. Costa). Annulla Tar Lazio, sez.
I, 11 settembre 1985, n. 948.
CONSIGLIO DI STATO;
Impiegato dello Stato e pubblico — Dipendente dell'istituto George Eastman — Trattamento di quiescenza — Rivalutabilità auto
matica — Giurisdizione amministrativa.
Le somme spettanti per indennità di fine rapporto all'ex dipen dente dell'istituto George Eastman, e tardivamente corrisposte dall'Inadel, devono essere rivalutate automaticamente, e la re
lativa domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. (1)
II
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 12 set
tembre 1989, n. 12; Pres. Crisci, Est. Baccarini; Liberati e
altri (Avv. Scjacca) c. Min. difesa, Min. tesoro, Enpas (Avv. dello Stato Bruno). Annulla Tar Lazio, sez. I, 16 gennaio 1986, nn. 69, 70, 71.
Impiegato dello Stato e pubblico — Buonuscita a carico dell'En
pas — Corresponsione tardiva — Rivalutazione automatica —
Giurisdizione amministrativa.
Le somme spettanti per indennità di buonuscita all'ex dipendente dello Stato, e tardivamente corrisposte dall'Enpas, devono es
sere rivalutate automaticamente, e la relativa domanda rientra
nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. (2)
(1-2) Rispetto all'orientamento giurisprudenziale sui limiti della rivalu tabilità automatica, da parte del giudice amministrativo, dei crediti tardi vamente soddisfatti del pubblico dipendente, secondo cui tale rivalutabili tà sarebbe circoscritta ai soli crediti di natura retributiva, il più significa tivo punto di svolta pare contrassegnato dalla decisione della stessa adunanza plenaria 15 marzo 1989, n. 7 (relativa a pensione integrativa e indennità di buonuscita a carico dell'Inps), Foro it., 1989, III, 374, con nota di richiami: essa ha affermato che la stessa logica che ha basato
quella rivalutabilità per i crediti retributivi, deve portare ad analoga riva lutabilità anche per i crediti previdenziali, in particolare relativi al tratta mento di fine rapporto.
L'estensione della rivalutabilità a tali crediti, già talvolta sostenuta da alcune pronunce, è stata fatta propria, sulla scia della citata decisione dell'adunanza plenaria, da una giurisprudenza abbastanza compatta: in
particolare, da Cons. Stato, sez. VI, 8 e 22 aprile 1989, nn. 372 e 475
(ibid.), relative all'indennità di buonuscita che l'Enpas deve corrisponde re ai dipendenti dello Stato, pacificamente ritenuta di natura previdenzia le, e che, quindi, su questa questione specifica, hanno anticipato la deci sione dell'adunanza plenaria 12/89 ora riportata. Nello stesso senso, v., tra le altre, sez. VI 10 giugno 1989, n. 475 e 10 luglio 1989, n. 850, Cons. Stato, 1989, I, 760 e 947.
Queste decisioni, e in particolare, ad. plen. 7/89 e sez. VI 372/89 e 475/89 sono giunte alla conclusione indicata sulla base dell'affermazione
dell'applicabilità anche ai crediti di natura previdenziale di cui all'art. 442 c.p.c. del principio di rivalutazione automatica delle retribuzioni del lavoratore sancito dal precedente art. 429; nello stesso senso, anche Cons,
giust. amm. sic. 12 settembre 1989, n. 381, ibid., 1108; Cons. Stato, sez. VI, 15 aprile 1989, n. 436, ibid., 506; 9 ottobre 1989, n. 1315, ibid., 1224.
Senonché la Cassazione, pur arrivando per i crediti previdenziali tardi vamente soddisfatti in periodo di inflazione a risultati pratici equivalenti a quelli ai quali porta la loro rivalutabilità automatica in base all'art. 429 c.p.c., seguita a ritenere tale norma ad essi inapplicabile e adotta una diversa linea di ragionamento (v., però, la recentissima ordinanza 7 febbraio 1990, n. 74, id., 1990, I, 427, che ha sollevato la questione di costituzionalità dell'art. 429 c.p.c., nella parte in cui esclude la sua
applicazione ai crediti per prestazioni previdenziali, in riferimento agli art. 3, 36 e 38 Cost.) considerare, cioè, la conseguente diminuzione del loro potere di acquisto come maggior danno da ritardo nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria, da risarcire in base all'art. 1224, 2° com
ma, c.c. Maggior danno, peraltro, la cui sussistenza deve essere puntual mente provata dal creditore, con difficoltà notevoli, le quali, d'altra par te, vengono aggirate da un noto orientamento della giurisprudenza civile: mediante un'articolazione astratta dei possibili creditori in diverse catego rie, a ciascuna delle quali si applicherebbe un regime di prova basato su presunzioni e fatti notori; in particolare, mediante la costruzione della
categoria del piccolo consumatore, cui apparterrebbero gli operai, gli im
piegati e i quadri, che si presume che destini ai normali bisogni della vita quotidiana quanto percepisce sul fondamento del proprio lavo
Ii Foro Italiano — 1990 — Parte III-4.
Diritto. — Con il primo motivo di appello si eccepisce il difet
to di giurisdizione del giudice amministrativo sul presupposto che
la controversia, vertendo sull'applicazione delle leggi 152/68 e
303/74 e, quindi, in materia previdenziale, sarebbe di competen za del giudice del lavoro.
ro: da questo punto di vista, indifferentemente se a titolo retributivo o se a titolo previdenziale; e ciò, almeno quando la somma che gli viene
corrisposta tardivamente in unica soluzione, non sia di grande entità, in relazione alle sue normali entrate. Per gli appartenenti alla categoria dei
piccoli consumatori, il danno da ritardata corresponsione del loro credito
corrisponderebbe allora esattamente alla svalutazione che si è avuta nel
frattempo: ed è per questa strada, quindi, che, almeno nei loro confronti, si può tornare all'applicabilità degli indici Istat: v., tra le tante, Cass. 18 maggio 1989, n. 2381, Foro it., 1989, I, 2795, con osservazioni di Casadonte.
Per altre categorie di creditori, in particolare di creditori previdenziali, diversi da quelli inquadrabili nella figura del piccolo consumatore, peral tro, l'equivalenza di risultati ai quali portano le due linee argomentative non si riscontra più: come, appunto, si rileva da tale sentenza, concer nente il credito previdenziale di un dirigente, che piccolo consumatore non poteva essere considerato; e che, perciò, ha cassato la sentenza impu gnata, la quale non aveva colto la distinzione e aveva conseguentemente esonerato il creditore dal dare più specifica prova del danno subito per la tardività del soddisfacimento del suo credito, non di per sé presumibi le. Non mancano pronunce di merito, peraltro, che dichiarano senz'altro l'art. 429 c.p.c. applicabile anche ai crediti previdenziali: Trib. Firenze 23 novembre 1988 e Pret. Foggia 14 gennaio 1989, ibid., 2616, con nota di richiami.
La decisione dell'adunanza plenaria 12/89, relativa a trattamenti di fi ne rapporto di generali in ausiliaria, emessa in base a ordinanza di remis sione della sez. IV 2 aprile 1988, n. 292, id., Rep. 1988, voce Pensione, n. 401, sviluppa una linea argomentativa sostanzialmente analoga a quel la ora ricordata della Cassazione; e, pur arrivando alla medesima conclu sione della precedente decisione 7/89, nonché delle altre pronunce della sesta sezione sopra richiamate, circa l'applicabilità degli indici Istat anche a tali trattamenti, perciò da esse se ne discosta nella giustificazione. Orien tamento simile aveva già manifestato Tar Lazio, sez. II, 20 maggio 1989, n. 1024, Trib. amm. reg., 1989, I, 2197; sez. Ili 24 febbraio 1989, n.
239, ibid., 867; 28 luglio 1988, n. 983, id., 1988, I, 2549; 11 giugno 1988, n. 752, Foro it., Rep. 1988, voce Impiegato dello Stato, n. 895, anche in riferimento alla tardiva corresponsione dell'intera indennità di buonuscita a carico dell'Enpas. La decisione 12/89 richiama esplicita mente la suddetta giurisprudenza della Cassazione, nonché la sentenza 7 aprile 1988, n. 408, id., 1988, I, 2127, con note di Cea e Pardo lesi, con la quale la Corte costituzionale, considerando ormai «diritto vivente» l'orientamento da essa espresso, ha dichiarato non più sussistente in fatto la denunciata disparità di trattamento: il creditore previdenziale non è
più tenuto a provare, a differenza di altri, l'effettiva entità del danno
subito, almeno purché si tratti di «modesto consumatore», e le somme
corrispostegli tardivamente in unica soluzione non siano di grande entità
(giacché, altrimenti, sarebbero applicabili le regole e i criteri previsti per il creditore c.d. occasionale). La giurisprudenza amministrativa che si ac costa a tale orientamento, peraltro, come dalle decisioni relative a tratta menti di fine rapporto di generali, e corresponsione dell'intera indennità di buonuscita a carico dell'Enpas, sembra applicarlo più largamente, sia
per quel che riguarda i soggetti creditori previdenziali, come per quel che concerne l'entità delle somme corrisposte tardivamente in unica solu zione: con un ampliamento del quale la decisione 12/89 offre una spiega zione, mutuandola dalla sent. 408/88 della Corte costituzionale, nel pas so secondo il quale le prestazioni previdenziali sono «... normalmente destinate alle comuni esigenze di vita ed in quanto tali sensibili al danno
conseguente alla svalutazione monetaria»: per loro natura, ossia a pre scindere dalle caratteristiche soggettive del creditore. Soprattutto, tale giu risprudenza non tiene conto che la configurazione della perdita del potere di acquisto del credito previdenziale tardivamente soddisfatto, come mag gior danno da ritardato adempimento di obbligazione pecuniaria, sia pu re da quantificare ugualmente mediante l'applicazione automatica degli indici Istat, pone un problema di superamento dei limiti della giurisdizio ne amministrativa anche esclusiva: ove si ritenga che da questa esulino
comunque domande di natura risarcitoria (Cass. 6 ottobre 1988, n. 5379, id., 1989, I, 112, con nota di A. Romano).
La decisione 14/89, pur vertendo sul medesimo problema della rivalu tabilità automatica da parte del giudice amministrativo del trattamento di fine rapporto del pubblico dipendente, si tiene ai margini di questo dibattito concernente l'estensione di tale rivalutabilità anche ai crediti di natura previdenziale e le strade per pervenirvi. L'ordinanza della sez. VI 29 marzo 1988, n. 361, id., 1988, III, 325, con nota di richiami, infatti,
partiva dal presupposto che dei due conti per la liquidazione della capita lizzazione finanziaria a favore degli ex dipendenti dell'istituto «George Eastman», quello A, a differenza di quello B, non abbia natura retributi
va; e, appunto, è per il problema della rivalutabilità anche del primo che la questione era stata rimessa all'adunanza plenaria. La quale, vice
versa, lo ha in un certo senso aggirato, accomunando ambedue i conti in un'uguale natura retributiva. [A. Romano]
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PARTE TERZA
L'eccezione è infondata. Nessuna specifica contestazione viene
proposta nell'appello alle convincenti argomentazioni svolte nel
l'impugnata sentenza per affermare la natura non previdenziale dell'indennità di fine rapporto richiesta, ai sensi dell'art. 68 del
regolamento organico dell'istituto superiore di odontoiatria «Geor
ge Eastman», dal dott. Valerio Cordaro, attuale appellato. Al riguardo, si osserva che, come risulta dalle premesse in fat
to, il dott. Cordaro è stato dipendente dell'istituto George Ea
stman dal 27 ottobre 1959 al 1971 (anno in cui il predetto istituto
è stato costituito in ente ospedaliero) e da quest'ultimo nel perio do 1971 - 10 luglio 1977, cessando dall'impiego a seguito di as
sunzione presso l'ospedale «Bambin Gesù» di Roma.
Con il ricorso originario l'interessato aveva chiesto la conces
sione di quelle somme che, ai sensi dell'ultimo comma dell'art.
68 del citato regolamento organico, gli sarebbero spettate al mo
mento della cessazione del rapporto d'impiego con il predetto istituto.
La richiamata disposizione regolamentare dopo aver previsto
l'apertura, per ogni impiegato di ruolo, di un conto «A» (alimen tato da un contributo annuo a carico del bilancio dell'istituto,
pari all'importo di una mensilità del solo stipendio spettante a
ciascun dipendente alla fine dell'anno solare cui detto contributo
si riferiva) e di un conto «B» (alimentato da un contributo a
carico del personale pari al 4% degli emolumenti predetti, dagli eventuali contributi volontari, nonché di un contributo a carico
dell'istituto pari al 4% dello stipendio) — stabiliva che la liquida zione del conto «A» e del conto «B» per la parte afferente la
quota versata non potesse, peraltro, essere inferiore all'importo di una mensilità della retribuzione per assegni fissi ed a carattere
continuativo spettante al personale all'atto della cessazione dal
servizio per quanti erano gli anni di servizio prestati. In virtù della disposizione regolamentare il dott. Cordaro ave
va, quindi, acquisito il diritto ad ottenere, per il periodo di servi
zio prestato presso il predetto istituto, prima della trasformazio
ne dello stesso in ente ospedaliero, l'indennità di fine rapporto,
pari, quanto meno, ad una mensilità per ogni anno di servizio
prestato, con riguardo alla retribuzione per assegni fissi ed a ca
rattere continuativo spettante alla cessazione del rapporto
d'impiego. Tale indennità, dovuta in ragione di una mensilità per ogni
anno di servizio, indipendentemente dall'ammontare complessivo
degli anni di servizio prestati, non si configura come idennità
di premio per fine servizio, quale quella prevista dall'art. 2 1.
152/68, ma, piuttosto, come idennità di fine rapporto di tipo
privatistico; essa non ha natura essenzialmente previdenziale, ma
si caratterizza, di fatto, come retribuzione, sia pure differita.
Né appare influente, ai fini del riconoscimento dell'indennità
de qua a favore del dott. Cordaro, la circostanza fattuale che
10 stesso non abbia, formalmente, optato per la concessione del
trattamento previsto secondo la normativa dell'Inadel ovvero quello che competeva al pari grado presso l'istituto di provenienza.
In proposito è, infatti, sufficiente rilevare come la 1. 303/74
(contenente norme sul trattamento di previdenza, di quiescenza e di assistenza del personale dipendente — tra gli altri enti costi
tuiti in enti ospedalieri — nell'istituto George Eastman), nel pre vedere (art. 1) la validità dei servizi già riconosciuti utili ai fini del preesistente ordinamento e nel garantire (art. 2), a carico del
l'Inadel, il trattamento di buona uscita spettante secondo l'ordi
namento di tale istituto, riconosca (art. 3) agli interessati, ove
non lo facciano subito in sede di trasferimento, la facoltà di chie
dere, al termine della carriera, il trattamento più favorevole tra
quello che spetterebbe al pari grado esistente presso l'istituto di
provenienza (applicando le tabelle di equiparazione indicate nel
l'art. 2 della stessa legge) e quello spettante secondo la normativa
vigente presso l'Inadel. In tal caso, l'ente ospedaliero dovrà ver
sare al predetto istituto la differenza tra tale trattamento e quello risultante dall'ordinamento dell'istituto medesimo.
Ora per il dott. Cordaro non sussisteva alcun onere di esercita
re la predetta facoltà, in quanto, ai sensi dell'art. 2 1. 152/68
non aveva titolo ad ottenere la prevista indennità premio di fine
rapporto, atteso che alla data di cessazione dell'impiego presso l'istituto George Eastman non aveva ancora raggiunto il minimo
di anni di servizio (venticinque) prescritto dalla lett. c) del citato
art. 2.
Mancava, quindi, il presupposto stesso perché l'interessato po tesse operare la scelta di cui trattasi.
Con il secondo motivo si deduce, sostanzialmente, violazione
11 Foro Italiano — 1990.
delle leggi 152/68 e 303/74 in quanto non sarebbe stata, di fatto,
operata la prescritta opzione. Le considerazioni svolte in ordine al precedente motivo di im
pugnazione valgono a far ritenere privo di pregio anche tale cen
sura, attesa, appunto, l'affermata natura essenzialmente retribu
tiva e non previdenziale dell'indennità di cui all'art. 68 del rego lamento organico dell'istituto George Eastman, nonché la rilevata
carenza del necessario presupposto per esercitare la facoltà de qua. Con il terzo motivo di appello si deduce violazione dell'art.
429 c.p.c. in quanto trattandosi di indennità essenzialmente pre videnziale non sarebbe applicabile la rivalutazione.
Anche tale censura si appalesa infondata.
Come è noto, questa adunanza plenaria ha ormai ammesso de
plano (dee. 5 maggio 1986, n. 5, Foro it., 1986, III, 289; 1° agosto 1985, n. 18, id., 1985, III, 413; 15 aprile 1985, n. 13,
ibid., 327; 30 ottobre 1981, n. 8, id., Rep. 1982, voce Impiegato dello Stato, n. 1016), la rivalutazione monetaria dei crediti di
lavoro di pubblici dipendenti, stabilendo, altresì', che alla rivalu
tazione il giudice possa procedere anche d'ufficio.
Poiché, per le considerazioni sopra svolte, all'indennità de qua
può, sostanzialmente, riconoscersi natura retributiva, sia pure dif
ferita, la stessa è riconducibile fra i crediti rivalutabili, a parte
qualsiasi altra considerazione circa la tendenza in atto, verso la
rivalutabilità di tutte le indennità connesse con il rapporto di pub blico impiego.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell'art. 1282 c.c.,
in quanto trattandosi di debito pecuniario di un ente pubblico lo stesso diventerebbe liquido ed esigibile e produrrebbe interessi
solo dopo l'emissione del relativo titolo.
La censura si appalesa parzialmente fondata. Invero, nella fat
tispecie in esame, è solo con la domanda per la corresponsione di quanto dovuto per l'idennità de qua diretta dal dott. Cordaro
all'Inadel che il credito nei confronti di quest'ultimo può ritener
si si sia attualizzato ed abbia acquisito con la certezza i requisiti della liquidità e dell'esigibilità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 giu
gno 1983, n. 514, id., Rep. 1983, voce cit., n. 717) gli interessi
compensativi devono, quindi, essere corrisposti dalla data di no
tifica (24 gennaio 1981) della predetta istanza non potendo avere
alcun rilievo il ritardo frapposto dall'Inadel al richiesto pagamento, in quanto il profilo di vantaggio del creditore è posto in primo
piano dalla norma di cui all'art. 1282 c.c. e, pertanto, senz'altro
opponibile al predetto istituto, indipendentemente da qualsiasi va
lutazione delle cause del ritardo stesso.
Con memoria depositata il 13 ottobre 1988 il comune di Roma
ha chiesto l'estromissione dal presente giudizio per carenza di le
gittimazione passiva in relazione anche al disposto dell'art. 7 d.l.
392/87, convertito in 1. 456/87, secondo cui sono posti a carico
dello Stato le passività contratte dagli ex enti ospedalieri risultan
ti alla data della loro soppressione e non ancora estinti alla data
di entrata in vigore del citato d.l. 398/87.
L'adunanza ritiene che l'istanza stessa possa essere accolta nel
la considerazione che il ricorso introduttivo appare proposto nei
confronti anche del predetto comune, sostanzialmente, in via tu
zioristica senza alcuna specifica e precisa richiesta e che, pertan
to, il comune stesso va estromesso dal presente giudizio, fatte
salve le eventuali azioni di rivalsa da parte dell'Inadel nelle com
petenti sedi.
Per le considerazioni sopra svolte l'appello va accolto limitata
mente alla data di decorrenza degli interessi compensativi che va
individuata in quella (24 gennaio 1981) di notifica dell'istanza prodotta dal dott. Cordaro per la corresponsione di quanto do
vutogli per l'indennità de qua.
II
Diritto. — (Omissis). Può quindi procedersi all'esame dell'ap
pello principale, con il quale gli appellanti lamentano che il Tar
abbia disatteso la domanda di rivalutazione monetaria dei crediti
accertati in sentenza.
Va ricordato che nella materia controversa non rientra il trat
tamento di quiescenza, la cui cognizione è devoluta alla giurisdi zione esclusiva della Corte dei conti, come dianzi affermato in
accoglimento del primo motivo dell'appello incidentale. Rientra
no invece l'indennità di buonuscita e le speciali indennità di cui
agli art. 67 e 68 1. 113/54 e agli art. 47 e 48 1. 288/56.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
In proposito, l'adunanza plenaria non ignora che al quesito in ordine alla rivalutabilità dell'indennità di buonuscita Enpas, come pure ad analogo quesito relativo all'indennità di fine servi
zio Inam, l'adunanza stessa ha dato in passato risposta negativa con le sentenze 28 gennaio 1985, n. 1 (Foro it., 1985, III, 142) e 26 marzo 1985, n. 8 (ibid., 238).
Appare necessaria, tuttavia, una rimeditazione del tormentato
tema, alla luce anche delle successive acquisizioni giurisprudenziali. Il presupposto logico-giuridico dal quale muoveva il tessuto ar
gomentativo delle predette pronunce era la dicotomia: crediti re
tributivi - crediti previdenziali, che riproduceva la bipartizione tra
dizionale nel codice di procedura civile — titolo IV del libro II — tra «controversie individuali di lavoro» e «controversie in ma
teria di previdenza e di assistenza obbligatoria». Più in particolare, il problema immanente era quello dell'ap
plicabilità diretta dell'art. 429 c.p.c., concernente la rivalutazione
automatica dei crediti di lavoro, ai crediti previdenziali e la rispo ta era negativa, in conformità alla giurisprudenza della Corte di
cassazione e della Corte costituzionale (in particolare, cfr. sent.
162/77, id., 1978, I, 7) la quale ultima, recependo la soluzione
restrittiva prevalsa presso il giudice comune, affermava non esse
re costituzionalmente illegittima la diversità di regime, in punto rivalutazione monetaria, tra crediti di lavoro e crediti previdenziali.
Il quadro normativo e giurisprudenziale appare, peraltro, inve
stire una problematica più ampia. Ed invero, la 1. 533 del 1973, introduttiva delle nuove disposi
zioni (art. 429 e 150 disp. att. c.p.c.) in punto di rivalutazione
monetaria dei crediti di lavoro, appare il punto di emersione di
un orientamento più generale, affermatosi negli anni '70, diretto
a conservare inalterato, di fronte alla costanza ed alle dimensioni
del fenomeno inflattivo, il potere d'acquisto a favore dei credito
ri pecuniari. Sul piano della normazione, in particolare, veniva introdotto,
nel diritto comune (art. 24 1. 27 luglio 1978 n. 392), l'istituto
dell'aggiornamento, in relazione agli indici Istat, del canone delle
locazioni degli immobili urbani, istituto strumentale alla realizza
zione di primarie esigenze abitative della persona. Nell'ambito del pubblico impiego, costituivano evenienze signi
ficative:
a) l'introduzione e la generilizzazione della contrattazione col
lettiva periodica, diretta, principalmente, ad adeguare la misura
delle contribuzioni dei pubblici dipendenti (per il personale degli enti ospedalieri: art. 40 1. 12 febbraio 1968 n. 132 e 33 d.p.r. 27 marzo 1969 n. 130; per il personale statale: art. 24 1. 28 otto
bre 1970 n. 775 e 9 1. 22 luglio 1975 n. 382; per il personale
degli enti substatali: art. 26-28 1. 20 marzo 1975 n. 70; per il
personale degli enti locali: art. 6 d.l. 29 dicembre 1977 n. 946
convertito in 1. 27 febbraio 1978 n. 43; per il personale delle uni
tà sanitarie locali: art. 47 1. 23 dicembre 1978 n. 833), fino alla
legge-quadro sul pubblico impiego (1. 29 marzo 1983 n. 93);
b) la progressiva accentuazione della dinamica retributiva co
stituita dall'indennità integrativa speciale (1. 27 maggio 1959 n.
324 e successive modificazioni ed integrazioni), di cui il recente
d.p.r. 17 settembre 1987 n. 494 (art. 15, 22, 38, 51, 56 e 69) ha previsto il parziale conglobamento nello stipendio per il perso nale dei ministeri, degli enti pubblici non economici, degli enti
locali, delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordi
namento autonomo, del servizio sanitario nazionale e della scuola;
c) l'adeguamento annuale con decreto, in relazione agli indici
rilevati per la maggiorazione dell'indennità integrativa speciale, delle indennità di trasferta e delle indennità chilometriche, spet tanti ai dipendenti dello Stato inviati in missione (art. 1 e 8 1.
26 luglio 1978 n. 417; art. 1 e 5 d.p.r. 16 gennaio 1978 n. 513). Non può poi essere sottaciuto il recentissimo riconoscimento legis lativo della rivalutazione monetaria del diritto al risarcimento del
danno a favore del proprietario del terreno utilizzato per finalità
di edilizia residenziale, pubblica, agevolata e convenzionata, in
caso di provvedimento espropriativo dichiarato illegittimo con sen
tenza passata in giudicato (art. 3, 2° comma, 1. 27 ottobre 1988
n. 458). Sul versante giurisprudenziale, si evidenziava una decisa linea
di tendenza diretta a spostare, nel caso di tardivo adempimento di obbligazioni pecuniarie, il punto di rilevanza ermeneutica dal
debitore al creditore.
In materia di diritto comune, si affermava il principio secondo
il quale, ai fini dell'identificazione e della quantificazione del mag
gior danno conseguente al ritardo nel pagamento di cui all'art.
Il Foro Italiano — 1990.
1224, cpv., c.c., poteva farsi ricorso allo strumento probatorio delle presunzioni, purché fondato su condizioni e qualità perso nali del creditore quali quella di esercente attività imprenditoriale
(con il criterio dei proventi medi dell'attività imprenditoriale o
del costo del prestito bancario), di risparmiatore abituale (con il criterio dell'investimento consueto), di creditore occasionale (con 11 criterio degli investimenti più probabili, ivi incluso il deposito bancario), di modesto consumatore (con il criterio degli indici
inflattivi) (cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 5 aprile 1986, n. 2368,
id., 1986, I, 1265). In materia di pubblico impiego, l'estensione del principio della
rivalutazione monetaria ai crediti di lavoro dei pubblici dipen denti (Cons. Stato, ad. plen., 7 aprile 1981, n. 2, id., 1981, III, 422 e 30 ottobre 1981', n. 7, id., 1982, III, 1), veniva condivisa, sub specie iurisdictionis, della Corte di cassazione (cfr. sez. un.
12 ottobre 1982 n. 5225, id., Rep. 1982, voce Impiegato dello
Stato, n. 713; 3 novembre 1982, n. 5750, id., 1982, I, 2755). Al contempo, si veniva svolgendo, nella problematica della ri
valutazione monetaria del credito di lavoro, un processo di affi
namento concettuale che ne spostava la collocazione dall'esterno
all'interno del credito stesso, da accessorio ad elemento coessen
ziale di esso in quanto credito indirizzato (Cass., sez. un., 6 otto
bre 1988, n. 5390, id., Rep. 1988, voce cit., n. 733). Si affermavano, pertanto, i principi: a) dell'estensione del pri
vilegio previsto dall'art. 2751 c.c. per le retribuzioni e l'indennità
di fine lavoro alla somma rappresentata dalla rivalutazione mo
netaria di detti crediti (Cass. 18 gennaio 1979, n. 349, id., Rep.
1979, voce Fallimento, n. 273); b) della non imputabilità dell'a
dempimento parziale dell'obbligazione retributiva secondo le pre visioni degli art. 1193 e 1194 c.c., con conseguente rivalutazione
della differenza ancora dovuta (Cass. 2 aprile 1982, n. 2034, id.,
Rep. 1982, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 289); c) della separata azionabilità della pretesa del lavoratore di ottenere
la rivalutazione del proprio credito di lavoro, già soddisfatto tar
divamente nel suo importo originario (Cass. 16 febbraio 1984, n. 1148, id., 1984, I, 383); d) della sussumibilità della rivalutazio
ne monetaria nella nozione di reddito da lavoro dipendente previ sta ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (Cass. 15 maggio 1987, n. 4496, id., Rep. 1987, voce Tributi in genere, n. 550).
Dell'accennato quadro concettuale appare un corollario il prin
cipio della rivalutazione monetaria automatica dei crediti di pen sione ordinaria a carico dello Stato, affermato sull'assunto e con
i limiti del collegamento di quella situazione creditoria con un'at
tività di lavoro (Corte conti, sez. riun., 27 gennaio 1987, n. 525/A,
id., 1988, III, 228). In queste composite ed articolate coordinate normative e giuris
prudenziali va collocato il problema, che ne occupa, della rivalu
tazione monetaria dell'indennità di buonuscita.
In prima approssimazione, va osservato che lo spostamento ex
latere creditoris della prospettiva in tema di adempimento tardivo
delle obbligazioni pecuniarie al tempo stesso accentua il profilo funzionale della fattispecie creditoria e ne sbiadisce la rilevanza
del profilo strutturale e del regime giuridico. Per tal guisa, nella qualificazione alternativa dell'indennità di
buonuscita non è che la natura previdenziale appaia, come in
passato, un'entità ontologicamente contrapposta alla natura re
tributiva, ma piuttosto il questito è se nella fattispecie del credito
previdenziale non si rinvenga un assetto di interessi in qualche modo analogo a quello della fattispecie del credito retributivo.
Al quesito è stata già data risposta affermativa.
Dapprima la Corte di cassazione, con la sent. 3 maggio 1986, n. 3004 (id., 1986, I, 1261), ha affermato che il creditore previ denziale si inquadra, di regola, nella figura del modesto consu
matore, che spende tutto il denaro disponibile per le esigenze di
vita, in maniera, quindi, tale da sottrarsi agli effetti della svaluta
zione monetaria; tale impiego del denaro resta precluso per effet
to del ritardo nell'adempimento del debitore. In tal caso, al mo
desto consumatore si applica una presunzione (di danno) peculia re rispetto a quelle che assistono le altre figure di creditori.
In seguito, con ulteriore passaggio logico, la Corte costituzio
nale, con la sent. 7 aprile 1988, n. 408 (id., 1988, I, 2127), pro nunciando sulla specifica questione di legittimità costituzionale
delle norme che avrebbero precluso, secondo i giudici a quibus, la rivalutazione monetaria dell'indennità di buonuscita Enpas, pas sava dal criterio soggettivo delle condizioni e qualità personali
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PARTE TERZA
del creditore al criterio oggettivo della natura del credito, cosi' testualmente affermando: «Sebbene la giurisprudenza continui a riferirsi a criteri personalizzati, appare evidente come in tema di
crediti previdenziali le conclusioni raggiunte vadano alquanto ol tre e creino un tessuto interpretativo, in presenza del quale questa corte ritiene che si possa sfuggire, nel nuovo quadro complessivo determinato dalle decisioni dei giudici ordinari e amministrativi, a censure di illegittimità, in riferimento cosi all'art. 3 come al
l'art. 38 Cost.
«In altri termini, le enunciazioni riportate inducono alla con clusione che le somme percepite a titolo di prestazione previden ziale sono per loro natura, più che per le particolari qualità per sonali del singolo creditore considerato, normalmente destinate alle comuni esigenze di vita ed in quanto tali sensibili al danno
conseguente alla svalutazione monetaria.
«In caso di tardivo pagamento deve dunque provvedersi ad eli minare tale danno, pur quando sia impossibile allegare la prova di uno specifico pregiudizio.
«Sfuggono a tale regime le somme di rilevante importo corri
sposte in unica soluzione; nel qual caso trovano applicazione . . .
regole e criteri concernenti il creditore occasionale».
L'adunanza plenaria condivide questa impostazione che, nel qua dro di un'autentica «giurisprudenza degli interessi», costruendo una nozione funzionale del credito previdenziale ed individuan done l'affinità con il credito di lavoro, riconduce il sistema a razionale unità e coerenza costituzionale.
Infatti, la capacità espansiva del principio dell'automatismo ri valutativo a tutte le situazioni creditorie collegate, con le presta zioni di lavoro, affermata dal giudice delle pensioni, non può non involgere logicamente anche l'indennità di buonuscita En
pas, legata geneticamente alla cessazione del servizio, che costi
tuisce la cerniera tra pubblico impiego e rapporto pensionistico, nei quali quell'automatismo rivalutativo vive. Cosi soltanto, del
resto, può dirsi completata l'unificazione del sistema di tutela
contro il ritardo nell'adempimento di tutti i crediti che traendo
la loro origine diretta o indiretta, nel rapporto di lavoro, sono destinati comunque ad assicurare ai lavoratori, negli eventi più carichi di significato socio-economico, mezzi adeguati alle loro
esigenze di vita. Lo stesso dicasi, a maggior ragione, per le spe ciali indennità per cui è causa.
Applicando i suesposti principi di diritto al caso di specie, nel
quale si controverte di importi differenziali di indennità, l'appel lo principale va accolto e va dichiarato il diritto degli appellanti alla rivalutazione monetaria sui crediti accertati nelle sentenze di
primo grado, con la conseguente pronuncia di condanna.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 22 maggio 1989, n. 348; Pres. Quartulli, Est. Santoro; Savio e altri (Aw. Janna, Testa, Manzi) c. Comune di Cortina d'Ampezzo (Aw. Caccia villani), Regione Veneto. Annulla Tar Veneto 7 mag gio 1985, nn. 333, 334, 335, 338.
Edilizia e urbanistica — Piano regolatore — Nuova adozione —
Difetto di pubblicazione — Illegittimità — Fattispecie (L. 17
agosto 1942 n. 1150, legge urbanistica, art. 8, 9, 10; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17
agosto 1942 n. 1150, art. 3; 1. reg. Veneto 10 dicembre 1973
n. 27, modifiche e integrazioni alle leggi reg. 21 gennaio 1972
n. 7 e 1° settembre 1972 n. 12, in materia di urbanistica e
lavori pubblici, art. 9). Edilizia e urbanistica — Piano regolatore — Nuova adozione —
Approvazione della regione — Difetto di parere della commis sione tecnica — Illegittimità (L. 17 agosto 1942 n. 1150, art.
9, 10; 1. reg. Veneto 10 dicembre 1973 n. 27, art. 9).
Dopo che la commissione tecnica della regione Veneto aveva espres so parere critico sul piano regolatore adottato dal comune di
Cortina d'Ampezzo, e dopo che la giunta della regione Veneto,
fatte proprie le conclusioni del parere, aveva invitato il comune
Il Foro Italiano — 1990.
a controdedurre, in vista dell'inserzione d'ufficio delle conse
guenti modifiche del piano regolatore, è illegittima la delibera
zione con cui il comune rielabora in modo innovativo il piano originario, ma senza procedere ad una nuova pubblicazione. (1)
È illegittima la deliberazione con cui la giunta della regione Vene
to approva il piano regolatore che il comune dì Cortina d'Am
pezzo aveva profondamente rielaborato, senza chiedere alla com
missione tecnica regionale il nuovo parere rispetto a quello
espresso nei confronti della stesura originaria del piano. (2)
II
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 6 marzo 1989, n. 148; Pres. Paleologo, Est. Patroni Griffi; Comune di Mi
lano (Aw. Marchese, Lopopolo, Predieri, Pbrocchi) c. Soc.
Igiesse (Avv. Ribolzi). Conferma Tar Lombardia 20 gennaio 1983, n. 34.
Edilizia e urbanistica — Piano regolatore — Variante — Osser
vazioni del consiglio circoscrizionale — Legittimità (L. 17 ago sto 1942 n. 1150, art. 9; 1. 8 aprile 1976 n. 278, norme sul
decentramento e sulla partecipazione dei cittadini nell'ammini
strazione del comune, art. 2). Edilizia e urbanistica — Piano regolatore — Variante — Modifi
cazione del progetto originario — Omessa ripnbblicazione —
Legittimità — Fattispecie (L. 17 agosto 1942 n. 1150, art. 9). Edilizia e urbanistica — Piano regolatore — Variante — Difetto
di motivazione — Illegittimità — Fattispecie (L. 17 agosto 1942
n. 1150, art. 9).
È legittima la variante al piano regolatore, formulata definitiva mente con la previsione di un vincolo a servizi collettivi di un'a
rea di proprietà privata, introdotto con l'accoglimento delle os
servazioni presentate al progetto originario dal consiglio circo
scrizionale. (3) È legittima la variante al piano regolatore, anche se, dopo che
il progetto originario era stato modificato, introducendo il vin
colo a servizi collettivi di un'area di proprietà privata con l'ac
coglimento delle osservazioni presentate dal consiglio circoscri
zionale, sia mancata la ripubblicazione al fine di consentire al
proprietario interessato di controdedurre. (4) È illegittima la variante al piano regolatore, che, in seguito all'ac
coglimento delle osservazioni presentate all'originario progetto dal consiglio circoscrizionale, introduca il vincolo a servizi col
lettivi di un'area di proprietà privata, senza addurre adeguata motivazione sulle ragioni del mutamento di destinazione, sia
rispetto alla variante ammessa in precedenza e utilizzata dal
proprietario, sia rispetto alla variante prevista dall'originario progetto. (5)
(1, 4, 7-8) Il Tar Lazio, in relazione alle modifiche apportate dalla
regione per assicurare il rispetto degli standards urbanistici, la tutela del
paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, espressamente afferma non essere rilevante il rispetto delle caratteristiche essenziali del piano.
L'ottava massima riguarda un'analoga questione (anche se più specifi ca), poiché la regione ha introdotto una modifica d'ufficio. Nel caso con creto l'area destinata in sede di adozione a completamento residenziale è stata destinata in sede di approvazione a parcheggio pubblico.
Il problema della necessità della ripubblicazione del progetto di piano è affrontato da tutte e tre le decisioni riportate. Le situazioni sono tutta via differenti, poiché mentre le decisioni della quarta sezione del Consi
glio di Stato si occupano della «rielaborazione» del piano ad opera del comune (avvenuta in un caso — decisione 148/89 — a seguito di osserva zioni proposte dagli interessati, in un altro — decisione 348/89 — in sede di controdeduzione alle proposte di modifiche di ufficio regionali), la sentenza del Tar Lazio si riferisce alle modifiche regionali.
La sentenza del Tar e la decisione 148/89 del Consiglio di Stato risol vono negativamente la questione. La prima si base sul disposto letterale dell'art. 9 della legge urbanistica che si riferisce al «progetto di piano regolatore». La seconda, invece, fa leva, da un lato, sull'unità formale del procedimento di formazione dello strumento urbanistico che si impo ne nei confronti della diversità sostanziale tra piano originario e piano definitivo, dall'altro, sulla natura di apporto collaborativo che rivestono le osservazioni degli interessati, escludendosi cosi la necessità della ripub blicazione, la quale si concreterebbe nell'instaurazione di un contraddit torio di cui non vi è traccia nella legge. La decisione del Consiglio di
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