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Decisione 13 settembre 1910; Pres. ed Est. Chiericati; Lava ed altri c. Comune di CremonaSource: Il Foro Italiano, Vol. 36, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1911),pp. 159/160-175/176Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23110916 .
Accessed: 28/06/2014 08:41
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PARTE TERZA
per l'altra, che esso ben può veriticarsi anche colla noti
ficazione, quando non sia stata fatta a tutte le parti in
causa : per cui tale circostanza non apporta alcuna influenza
sulla questione.
Che, a ritenere escluso l'altro inconveniente sulla in
certezza del momento da cui incominciano a decorrere i
termini pel gravame, basta riflettere che la piena scienza
della decisione deve risultare soltanto dalla produzione di un atto o dalla manifestazione di un fatto avvenute
in modo palese e non equivoco ; e questa precisione di
elementi sta ad attestare — come ognun vede — una
sufficienza di guarentigie anche per quanto riguarda la
certezza del momento in cui la notificazione si deve in
tendere per avvenuta.
Considerato, dopo il fin qui esposto, tenendo anche
presenti le argomentazioni contenute nella precedente decisione di questo Collegio in data 29 aprile 1910, Co mune di Ariano di Puglia contro De Simone, che, con
trariamente all'assunto del ricorrente, nessuna delle vi
genti disposizioni sulle funzioni giurisdizionali del Con siglio di Stato e delle Giunte prov. amm. esclude l'appli cazione del criterio della equipollenza per la notifica delle
decisioni. Considerato che, siccome questo criterio viene adot
tato, giusta quanto si è detto, come uno dei mezzi di di
fesa e tutela del pubblico interesse, ne deriva che, pur
potendosi discutere sulla convenienza della sua estensione
alle notifiche delle decisioni al privato, per aver egli un
interesse proprio ad impugnarle, indubbiamente giusti ficata se ne ravvisa invece l'applicazione nei riguardi delle Amministrazioni, che dell'interesse pubblico sono
le naturali tutrici.
Considerato che tanto più il criterio della equipollenza deve applicarsi nella specie, in cui trattasi di un Consi
glio comunale che — come risulta dalla deliberazione 28
giugno 1908 — non solo ebbe piena conoscenza della de
cisione, ma ne discusse la motivazione, stabilì alla una
nimità di ricorrere, ed autorizzò il sindaco a nominare
all'uopo il difensore.
Qui pure, come nella specie cui si riferisce la deci
sione 29 aprile sopra richiamata, vi è infatti qualche cosa
di più di una piena conoscenza della pronuncia : vi è la
manifestazione della volontà di farne uso legale, di espe rire cioè il ricorso: il che fa anche presumere la rinun zia del Comune al termine per la costituzione in mora.
Considerato che il ricorso, essendo stato notificato
circa venti mesi dopo da che fu presa la deliberazione
consiliare, dalla data della quale, perciò ohe fu detto, deve intendersi incominciato a decorrere il termine, è
monifestamente tardivo, per cui non può non esser di
chiarato irricevibile. Nè vale il dire che fu prodotto entro i trenta giorni
da quello in cui il segretario Capitta aveva notificato al
Comune la decisione, poiché la notifica, fatta dal segre tario allo scopo di dare esecuzione.al provvedimento,
giunse quando il termine pel ricorso era già esaurito ;
per cui non poteva avere efficacia di riaprire nuovi ter
mini. Considerato che la irricevibilità del gravame impedi
sce alla Sezione di scendere all'esame dei motivi del me
desimo e di quello incidentale proposto dal segretario. Per questi motivi, ecc.
GIUNTA PROVINCIALE AMMINISTRATIVA DI CREMONA. Decisione 13 settembre 1910; Pres. ed Est. Chiericati;
Lava ed altri c. Comune di Cremona.
Tane coni il uni i — Sovrimposta — Aumenti — Ri
corso alla Giunta prov. ani eh. — Carattere conten
zioso (L. com. e prov., testo unico 21 maggio 1908, art. 304).
Le attribuzioni della Giunta prov. amm. nel provvedere sui ricorsi in materia di aumento di sovrimposta hanno carattere tutorio e non contenzioso. (1)
La Giunta, ecc. [Omissis). — Attesoché questa Giunta
prov. amm. in sede contenziosa, decidendo il 3 aprile 1909 sopra impugnative del bilancio 1909 del Comune di
Cremona, ha stabilito il principio che il ricorso dei con tribuenti a sensi dell'art. 304 della legge com. prov. non
è proponibile in sede giurisdizionale, e ciò per molte sva
riate considerazioni che è necessario qui riassumere.
a) Motivi fondati sull'esame degli atti parlamen tari•
Nella relazione alla Camera dei deputati sul progetto della legge 23 luglio 1894 n. 340, dimostrata la conve
nienza di deferire alla Giunta prov. amm. come funzione
spontanea di tutela, l'autorizzazione ai Comuni per l'au
mento e l'eccedenza della sovrimposta, si soggiunge che
occorre « disciplinare il diritto al reclamo dinanzi alla
Giunta stessa, affinchè sia meglio illuminata nelle sue
decisioni, ed ammettere il ricorso alla IV (ora V) Se zione del Consiglio di Stato per correggere i possibili er rori od abusi » ; donde risulta chiaramente che il reclamo
dev'essere diretto contro la deliberazione del Consiglio comunale alla Giunta, perchè possa emettere la sua deci
sione con piena cognizione di causa, e quindi prima che
la decisione#venga emessa, e inoltre che il sindacato er
roris corrigendi causa spetta unicamente al Consiglio di
Stato e non anche, in. primo grado, ad altro inferior giu
dice, cioè alla Giunta prov. amm. in sede contenziosa.
Nella relazione della Commissione della Camera si
legge poi che « nuovo è il diritto al ricorso che s'intro
duce coll'art. 3 esteso ad ogni contribuente rimpetto al
Comune ed anche ai Comuni rimpetto alle Provincie : se
in prima istanza la Giunta prov. amm. e il Governo del Re debbono giudicare degli aumenti e delle eccedenze, è
utile che il giudizio possa esser reso in contraddittorio e
che si possa provocarne la correzione innanzi ad altro
magistrato », le quali parole confermano essere stata in
tenzione del legislatore di stabilire un sol grado di giu
(1) Confermando quanto ritenne in una sua precedente pro nuncia in data 3 aprile 1909 (che crediamo inedita) e che fu annullata dalla Y Sez. con decis. 8 aprile 1910, (Foro it., 1910, III, 258) la Giunta prov. amm. di Cremona svolge una tesi che — pur a traverso la sovrabbondanza dello svolgimento spesso marcatamente polemico e la molteplicità degli argomenti, non sempre inoppugnabili — non cessa di essere interessante an che perchè, riesaminando a fondo la controversia, si schiera risolutamente contro una giurisprudenza ormai assodata del Consiglio di Stato. Vedi infatti da ultimo, nel senso del carat tere contenzioso di queste attribuzioni della Giunta prov. amm. :
Consiglio di Stato, V Sezione, 8 aprile 1910, cit. con i richiami in nota, che è appunto la decisione che ora la Giunta di Cre mona mira a confutare. Ed inoltre ; 28 giugno 1909, id., Rep. 1909, voce Tasse comun., n. 12 : 11 marzo e 26 agosto 1910, rias sunte in Giust. amm., 1910,1, rispettivamente p. 206 e 466.
La questione è ora nuovamente sottoposta al giudizio della V Sezione, essendo stata impugnata la deetsione che pubbli chiamo nel testo.
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161 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 162
risdizione contenziosa per correggere eventualmente la
decisione dell'autorità di tutela, e non due gradi succes
sivi, come la Y Sezione ha ritenuto.
Necessità (arg. dalla parola debbono) del giudizio da
rendersi dalla Giunta prov. amm. e dal Governo del Re,
e semplice utilità e potestatività (arg. della parola possa)
del contradditorio (o ricorso) sarebbero termini fra loro
inconciliabili, qualora dovesse intendersi che il giudicare
in prima istanza è compito del magistrato iusdicente (o
contenzioso) anziché del magistrato discrezionale (od auto
rità tutoria), se è vero che la giurisdizione (in senso
stretto) di quello, a differenza della giurisdizione (in senso
lato) di questo, ha sempre bisogno di eccitamento. Con
cludendo, non vi ha dubbio che la Commissione della
Camera abbia voluto significare ciò : che, resa spontanea
la funzione tutoria della Giunta prov. amm. e del Go
verno del Re ne' riguardi dell'aumento ed eccedenza della
sovrimposta e, quindi, messa nella condizione di doversi
esplicare ex officio, necessariamente, sempre ed in ogni
caso, senza uopo dell'antico mezzo eccitatorio, tuttavia
conveniva (era utile) disciplinare l'esercizio in maniera
che questo, erroris vitandi caussa, potesse svolgersi in
contradditorio di qualunque contribuente (esperto, come
tale della materia) avente motivi per impugnare la legit
timità od opportunità dell'atto consigliare, affinchè le ra
gioni della eventuale impugnativa potessero servire, se
riconosciute buone, a dissuadere l'autorità di tutela dal
consentire all' inasprimento del tributo deliberato dalla
rappresentanza del Comune o della Provincia, cioè dal
l' integrare con le sue sanzioni il provvedimento soggetto
ope legis al suo esame. Come si vede, è l'applicazione
pura e semplice, e al tempo stesso savissima del noto
aforisma prineipiis obsta : applicazione inspirata al legis
latore dalla limpida visione e da un acuto senso della
convenienza di evitare possibilmente —
grazie ad un ri
medio di efficacia, per così dire, profilattica — le per dite di tempo, le spese, insomma i molti e gravi fastidi
di diverso genere, propri del rimedio consistente nella
impugnativa della decisione tutoria avanti la IV Sezione
(ora V) del Consiglio di Stato. Più semplicemente può stabilirsi che, secondo il pensiero espresso con mirabili
perspiscuità e incisività dalla Commissione della Camera,
il ricorso di prima istanza sta al ricorso di seconda istanza
come il mezzo preventivo sta al mezzo terapeutico o cu
rativo.
b) Motivi fondati sulla dizione della legge.
L'art. 304 della legge comunale dice chiaramente che
il ricorso deve essere proposto contro la deliberazione
del Consiglio comunale e non contro la decisione della
Giunta prov. amm. autorizzante in sede di tutela l'aumento
o l'eccedenza. Né vale obbiettare che un ricorso avverso
un provvedimento non definitivo o, meglio, non perfetto,
qual'è la deliberazione del Consiglio prima dell' integra
zione tutoria, sia un non senso giuridico, giacché anzi
tutto l'obbiezione dovrebbe valere anche nei riguardi della
deliberazione del Consiglio provinciale circa la sovrim
posta provinciale, mentre l'art. 304 ammette esplicita
mente l'impugnabilità immediata e diretta in sede am
ministrativa col ricorso al re. In secondo luogo per sta
bilire la decorrenza dei termini nell' ipotesi di ricorso
contenzioso alla. Giunta prov. amm. in appello della de
cisione tutoria, si dovrebbe presupporre l'obbligo della
pubblicazione di tale decisione, obbligo che invece non è
imposto da alcuna disposizione di legge e di regolamento.
La ragione del ricorso — ricorso di natura affatto spe
ciale — si trova invece nelle dette relazioni del Governo
e della Commissione della Camera, nell' importanza tutta
particolare della questione, versante in tema di diritto
singolare, e nella stessa ragione per cui è dato esplicita •
mente il ricorso al re, e non ad autorità contenziosa di
primo grado, contro le deliberazioni del Consiglio pro
vinciale per aumento o eccedenza di sovrimposta.
Che poi la legge non avrebbe avuto bisogno di di
chiarare la proponibilità di un ricorso in via gerarchica,
essendo questo sempre ammesso, si contesta, giacché — nel
silenzio della legge — contro un atto non perfetto, qual'è
quello che abbisogna dell'integrazione tutoria, non è am
missibile un ricorso nel senso giuridico della parola, ma
soltanto una denuncia, ed è pacifico che l'autorità non ha
obbligo giuridico di prendere in considerazione una de
nuncia e tanto meno di motivare il proprio provvedimento,
obblighi che sorgono invece cojla presentazione di un ri ■
corso.
Non ha, inoltre, importanza il fatto che l'art. 304, ove
parla di ricorsi alla V Sezione del Consiglio di Stato, usi
l'espressione «contro le decisioni della Giunta» giacché
la legge usò altre volte una dizione impropria : basti av
vertire che l'art. 216 chiama proprio decisioni i provve
dimenti della Giunta prov. amm.in sede di tutela. (Omissis),
e) Ragioni di necessità ed opportunità.
E evidente che, trattandosi di questione strettamente
connessa col bilancio di un prossimo esercizio finanziario
d'un Comune e così con tutto un sistema di previsioni e
stanziamenti in attivo e in passivo, occorra un pronto
giudizio, che certo non si avrebbe colla solennità e la
lentenza del procedimento contenzioso. Al contradditorio
in questa sede mancherebbe poi ogni virtù di apportare
elementi nuovi tali che possano essere sfuggiti nella sede
tutoria, essendo ivi la Giunta composta di 'membri in
maggior numero e con prevalenza dell'elemento elettivo,
più conoscitore dei bisogni locali. Inoltre il frapporre in
ciampi di termini, di more, di decadenze e di spese, quali
sono propri del procedimento contenzioso, sarebbe in con
trasto colla facoltà di ricorso esteso ad ogni contribuente,
in considerazione appunto alla importanza del caso e
alla- necessità di meglio illuminare l'autorità tutoria, com
petente ad esaminare il bilancio.
E già troppo lunga l'attesa del giudizio contenzioso
del Consiglio di Stato, in caso di ricorso, giudizio che
giunge sempre ad esercizio finanziario terminato e rimane
così privo d'ogni pratica efficacia.
Attesoché ai saldi fondamentali di tale costruzione lo
gico-giuridica della quistione, la V Sezione del Consiglio di Stato, insistendo con decisione del 10 marzo 1910 nella
quindicennale sua giurisprudenza assertrice della compe
tenza contenziosa, ha opposto taluni brevi ragionamenti,
che non sembrano abbastanza persuasivi a questa Giunta ;
la quale perciò —
pur intendendo di non venir meno al
l'obbligo di un ragionevole ossequio Verso il Supremo
magistrato amministrativo — trovasi nella necessità di
mantener ferma la convinzione che il ricorso dei contri
buenti ai sensi dell'art. 304 della legge com. prov. non
sia proponibile altrimenti che in sede tutoria, e ciò pei motivi esposti nel citato provvedimento del 3 aprile 1909:
motivi che fa proprii e ai quali —
previo un rapido esame
della citata decisione della V Sezione — altri si propone
di aggiungere. Sostiene l'alto consesso che la Commissione parlamen
Il Foro Italiano — Anno XXXVI — Parte III-12.
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163 È ARTE TÈRZA 164
tare, in ordine al ricorso dei contribuenti fondiari, usò
per la funzione che è chiamata ad esercitare la Giunta
prov. le parole « giudicare » e « in contradditorio », accen
nando successivamente come si possa provocare la corre
zione di tale giudizio innanzi « ad altro magistrato »,
espressioni che per loro natura rispondono più al con
cetto d'una propria funzione giurisdizionale anziché a
quello dell'ordinaria tutela.
Spiace a questa Giunta dover rilevare, ciò che del re
sto è di per sè troppo evidente, come il sistema di estrarre
da un periodo solamente alcune parole, staccarle dalle
locuzioni antecedenti e susseguenti con cui trovansi col
legate da nesso logico, al fine di dedurre da elementi così
solitari una conclusione, non sembri il miglior sistema
per interpretare e chiarire la intenzione, la volontà del
legislatore.
Ecco — a prova — l'integrale testo del documento
parlamentare : «Nuovo è il diritto al ricorso che s'intro
duce con l'art. 3 esteso ad ogni contribuente rimpetto al
Comune ed anche ai Comuni rimpetto alle Provincie. Se
in prima istanza la Giunta prov. amm. e il Governo del
Re debbono giudicare degli aumenti e delle eccedenze, é
utile che il giudizio possa essere reso in contradditorio
e che si possa provocarne la correzione innanzi ad altro
magistrato ».
Donde emerge anzitutto che non si parla soltanto del
compito della Giunta ma insieme di quello del Governo
del Re ; che le parole « giudicare » e « contradditorio » si
riferiscono ad entrambe le dette funzioni ; che « ricorso »
e « giudizio » riflettono tanto il bilancio comunale quanto il provinciale ; che le parole « ad altro magistrato » vanno
perciò intese anche in rapporto alle opposizioni dirette
contra il bilancio della Provincia ; che infine merita uno
sguardo anche la locuzione « se in prima istanza la Giunta
prov. amm. e il Governo del Re... ». Ma l'errore fonda
mentale sta nel credere che la Commissione parlamentare abbia riferito le parole « giudicare » e « in contraddito
rio » al ricorso dei contribuenti. Certo, se così fosse, il
concetto della Commissione non si potrebbe dire chiaro
nel senso di un giudizio tutorio. Il vero q che la rela
zione non dice che la Giunta e il Governo del Re deb
bono giudicare il ricorso e in eontradditorio, ma che deb
bono (ben si intende nell'esercizio della funzione tutoria)
giudicare degli aumenti e delle eccedenze, vale a dire del
bilancio, e aggiunge, appunto per accennare poi alla fa
coltà di ricorso, essere utile che il giudizio (giudizio tu
torio del bilancio) possa essere reso in contradditorio, cioè
non esaminando soltanto le ragioni contenute nelle deli
bere del Consiglio comunale o provinciale, ma anche
quelle esposte in eventuali ricorsi. Donde balza evidente
la sostanziale differenza fra giudicare di ricorsi e giudi care di aumenti e eccedenze di sovrimposta.
Inoltre, poiché il verbo giudicare è nella prima parte della proposizione e l'azione è ivi attribuita senza possi bilità di equivoco alla Giunta e al Governo del Re come autorità tutrici ordinarie in tema di bilanci comunali e
provinciali che eccedano, e — si noti bene — senza che
ivi si parli ancora del ricorso, è chiaro che la Commis
sione ha usato la parola in senso generico. E allora nem
meno alla parola giudizio contenuta nella proposizione se
guente può darsi un valore specifico, e di più devesi in
tendere questo giudizio, in rapporto al ricorso, siccome
una decisione in sede tutoria, perchè dicendosi « il giu dizio» (con articolo determinato) anziché un giudizio od
un altro giudizio, si riproduce l'identico pensiero prece
dente, concernente la decisione sul bilancio e sull'ecce
denza, e non soltanto del Comune — come si pretende —
ma anche della Provincia, per la quale il Governo del Re
non giudica certo come giudice contenzioso. Inoltre è
detto « sia reso » il giudizio delle autorità tutorie, mentre
se ivi si fosse trattato di giudizio contenzioso (applica
bile soltanto alla Giunta) si sarebbe detto « è utile che
il giudizio sia rinnovato in contradditorio ».
Che sia esattissimo intendere la parola giudizio come
la ripetizione al sostantivo del verbo giudicare, e quindi
come decisione propria dell'autorità di tutela, ce lo in
segna indirettamente lo stesso Consiglio di Stato, il quale,
a dimostrazione della sua tesi, ha riunito i vocaboli giu
dicare, e in contradditorio trovantisi nelle due distinte
proposizioni, colla differenza però che il senso venne af
fatto mutato, imaginando che dopo il verbo giudicare sia
scritto sul ricorso mentre sta scritto degli aumenti e
delle eccedenze in relazione alla funzione tutoria. Mag
gior prova della bontà dell'interpretazione si ha nell'in
dicazione del giudizio di prima istanza che debbono ren
dere tanto la Giunta tutrice quanto il Governo del Re, e
nell'espressione « è utile che il giudizio possa essere reso
in contradditorio » : l'utilità del ricorso posta in rela
zione alla necessità (arg. della parola debbono) del com
pito tutorio, dimostra che il ricorso in prima istanza Va
appunto esaminato nel primo stadio tutorio. D'altronde
— prescindendo pure dalla concomitante indicazione della
funzione del Governo del Re —■ sarebbe assurdo attribuire
alla Giunta quale magistrato giudicante (o contenzioso)
un compito necessario (debbono), mentre la giurisdizione
in senso stretto ha bisogno sempre di essere eccitata.
Tutto ciò dimostrato, non potrebbe poi avere alcun
valore decisivo e contrario la parola « contradditorio ».
Del resto lo scopo avuto in mira col concedere il ricorso
è questo : che l'autorità tutoria non abbia unicamente
sott'occhio il bilancio e la deliberazione consigliare, ma
anche le contro osservazioni del contribuente (e ciò è con
fermato, come si vedrà, dalla relazione governativa), il
che costituisce appunto il contradditorio. Collegando poi
la frase con quella seguente « e che si possa provocarne la correzione innanzi ad altro magistrato» si chiarisce
che l'appello è dato, sia pel bilancio comunale che pel
provinciale, ad una sola identica autorità, cioè alla Y Se
zione del Consiglio di Stato, secondo la disposizione con cretata dalla legge. Il che è avvalorato dal fatto che le
parole « in contradditorio » si riferiscono, nel testo della
relazione, anche all'esame da parte del Governo del Re,
davanti al quale, siccome autorità non contenziosa, manca
certo il contradditorio colle forme del contenzioso. E al
lora contradditorio significa semplicemente l'opposizione che ha facoltà di fare il contribuente, appunto perchè di
regola non sarebbe ammissibile in tale sede un vero ri
corso, ma soltanto una denuncia, che ne' suoi effetti è
ben diversa da quello. Contradditorio deriva da contra
dicere e si ha sempre quando alle parti è dato mezzo di
opporre ragione a ragione, oralmente o per iscritto. La
facoltà di ricorso in sede di tutela ha appunto virtù di
aprire il contradditorio perchè, introdotto il ricorso, l'am
ministrazione è sempre e subito chiamata ad esaminarlo
e a farvi le proprie controdeduzioni, e il ricorrente può
sempre, finché la Giunta prov. non ha deciso, far perve nire aggiunte e memorie (art. 12 Reg. per l'esecuzione
della legge comunale, comma 5°). La Giunta in sede tu
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165 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 166
toria può pure ordinare alle amministrazioni ed agli in
teressati e richiedere alle autorità governative gli schia
rimenti e i documenti che ritenga necessari, e può per sino — badisi — invitare tutte le parti interessate a com
parire personalmente o per mezzo di rappresentanti legali
(proprio come nel procedimento contenzioso) per ottenere
schiarimenti e ragguagli (articolo citato comma 1° e 2°).
Il che non sarebbe praticamente attuabile di fronte ad
una semplice denuncia.
Qualche dubbio potrebbe ingenerare il prefisso altro
alla parola magistrato, sembrando a tutta prima indicare
che, non soltanto il Consiglio di Stato, ma anche le auto
rità di prima istanza dovessero essere magistrature vere
e proprie, e cioè contenziose. Ma il dubbio esula di fronte
alla considerazione che non è possibile dare ad uno stesso
vocabolo, in una stessa proposizione, due significati di
versi, per cui si deve scegliere quello che si adatti a tutti i casi ivi contemplati. Orbene, poiché non si può, come
scrive il Mortara « attribuire al Re funzione giurisdizio
nale diretta, in quanto che la giustizia è amministrata
dal Re soltanto per mezzo dei giudici ch'egli istituisce »
e poiché nella relazione si nominano congiuntamente il
Governo del Re e la Giunta prov., ne deriva che, per
adattare ad entrambi questi organi la parola «magi
strato » (desunta dal pronome « altro »), si deve inten
dere questa nel senso generico di autorità e non di corpi
contenziosi, allo stesso modo che, per esempio, il sindaco,
pur non essendo rivestito di giurisdizione in senso speci
fico, si suole chiamare « il primo magistrato del Comu
ne ». Insomma, se in questo senso generale è magistrato
tanto la Giunta in sede tutoria quanto il Governo del Re,
mentre in senso stretto è magistrato soltanto la Giunta
in contenzioso e non il Governo del Re, perchè voler pre
ferire questa seconda interpretazione, contrastante pure
coll'analisi grammaticale della proposizione, che non per
mette trarre conclusioni diverse per il ricorso alla Giunta
e per quello al Governo del Re ?
Prosegue la decisione del Consiglio di Stato portando
l'esame sulla relazione ministeriale alla Camera dei de
putati, e sostiene :
a) che non vale argomentare dalle parole del rela
tore, che il ricorso sia chiamato ad « illuminare », perchè
quest'espressione può ben riferirsi tanto alla funzione
tutoria quanto alla giurisdizionale ;
b) che è invece importante l'espressione « decisioni »,
la quale va meglio riferita alle pronuncie emesse in sede
giurisdizionale ;
c) che nella dizione « rimane alla Giunta il diritto
di togliere dal bilancio le spese delle quali ricusa l'ap
provazione, ma devesi disciplinare il diritto al reclamo
avanti alla Giunta stessa » sia insito il concetto che il
reclamo dei contribuenti dovesse essere successivo alla
deliberazione della Giunta tutrice e quindi proponibile
nella sede contenziosa.
Nemmeno qui la Giunta può inclinarsi alla citata de
cisione, pel valore affatto diverso che presenta la rela
zione ministeriale, quando sia riprodotta integralmente ed
esaminata secondo il nesso grammaticale e logico, an
ziché limitare lo studio a frasi monche od a vocaboli
staccati.
Il brano è così concepito :
« Rimane alla Giunta prov. amm. il diritto di togliere dal bilancio le spese delle quali essa ricusa l'approva
zione, ma devesi disciplinare il diritto al reclamo innanzi
alla Giunta stessa, affinchè sia meglio illuminata nelle
sue decisioni, e devesi pure ammettere il ricorso alla IV
(ora Y) Sezione del Consiglio di Stato per correggere i
possibili errori ed abusi ».
a) Non v' li a dubbio che nella prima parte si parla
della funzione tutoria della Giunta, e dicendosi poi, a
proposito del reclamo, « innanzi alla Giunta stessa », non
si può intendere altro che la Giunta nella medesima fun
zione, sia pel significato letterale del pronome stessa, sia
perchè, volendo riferirsi alla Giunta in sede contenziosa,
e così alla giurisdizione speciale, la relazione l'avrebbe
certo detto espressamente, o con perifrasi, ma in modo
da chiarire bene ciò che, essendo eccezione, non può in
una relazione esplicativa venire sottinteso.
Ma un argomento probatorio di ciò si ha nella pro
posizione che segue, intimamente legata alla precedente
dalla prima parola : « affinchè sia meglio illuminata nelle
sue decisioni ». Afferma il Consiglio di Stato che l'espres
sione « illuminare » può riferirsi tanto alla funzione tu
toria quanto alla giurisdizionale. Ora, per poco che si
badi alla differenza essenziale che corre fra l'una e l'al
tra, si scorge come l'affermazione non sia accoglibile,
tanto meno poi quando si badi al comparativo « meglio »
a cui venne felicemente disposata la parola « illuminata ».
Un ricorso può difatti dare maggiori lumi alla Giunta
nel suo compito di tutela, in quanto che alcuni lumi le
vengono già necessariamente a causa del carattere obbli
gatorio, immanente, di tale sua funzione, che si esplica
ogni anno non appena le è presentato —
per imposizione
legislativa — il bilancio d'un Comune che ecceda il li limite legale della sovrimposta. Allora il reclamo d'un
contribuente, colle osservazioni che contiene, aiuta certa
mente tale compito naturale e spontaneo della autorità di
tutela, ponendole sott'occhio elementi di fatto forse da
essa ignorati, o fermando la sua attenzione su altri che
le potrebbero sfuggire perchè appena adombrati, cioè av
vivati di poca luce, nella deliberazione consigliare e negli
allegati al bilancio. Ed ecco che il ricorso viene precisa
mente a meglio illuminare la Giunta, dopo che il bilancio
e la deliberazione consigliare già diedero a lei — unica
autorità competente a riceverla — la consapevolezza del
l'anormale stato attivo e passivo del Comune.
Ma questo concorso di aiuto può verificarsi nella sede
contenziosa, nella quale alla Giunta nemmeno è dato di
funzionare se non sia eccitata dal ricorso ? Il compara
tivo meglio presuppone che la Giunta già sappia alcun
che della questione, ne abbia almeno un barlume, e al
contrario essa, Corpo giurisdizionale, nulla sa, perchè, senza la presentazione d'un ricorso, non ha diritto di
esaminare il bilancio e anzi ne ignora persino l'atto di
nascita. Mancando il ricorso essa è completamente al
l'oscuro, non ha occhi per vedere, mentre la Giunta in
sede ordinaria conosce e giudica la condizione del bilancio
per obbligo e privativa di legge anche se non esistano
ricorsi ; e questi, se esistono, hanno lo scopo, non già di
toglierla dalla oscurità, ma di aggiungere luce a luce.
Pertanto anche qui è nel vero l'assunto fin'ora difeso,
nè si sarebbe potuto dubitarne sol che si fosse posta in
relazione la prima parte del periodo, ove si riafferma la
portata della funzione spontanea di tutela, colla seconda
ove si accenna al reclamo alla Giunta stessa, e col le
game stretto che unisce questa seconda parte alla propo
sizione successiva mediante la parola « affinchè », racchiu
dente il concetto d'uno scopo che trova poi la chiara si
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167 PARTE TERZA 168
gnifioazione nella frase « sia meglio illuminata» ; la quale a sua volta si riallaccia, anche pel suo contenuto logico e univoco, alla prima parte del periodo alludente alla
Giunta tutrice.
b) Che di fronte a tali salde argomentazioni possa
ancora assumere importanza l'espressione « decisioni » ri
servata piuttosto alla funzione contenziosa, non sembra
sostenibile, specialmente poi quando si ammette che la
legge stessa sovente qualifica colla parola « decisione »,
coniata più precisamente per i giudicati veri e propri,
quelle che sono deliberazioni delle ordinarie autorità am
ministrative. Se la legge pecca ad ogni passo d'impreci
sione, non merita venia di uguale fallo una relazione ?
Se bastasse un vocabolo, usato sempre come un sinonimo,
a risolvere una questione, si verrebbe all'assurdo di sop
primere quasi il compito tutorio della Giunta prov. amm.
Tutti i casi indicati negli art. 211, 212, 213, 214 e 262 della legge com. prov. dovrebbero passare alla sede con
tenziosa, unicamente perchè l'art. 216 parla di «decisioni».
Altro esempio si ha nell'art. 161, comma 1°, ove si chiama
« decisione » la pronuncia della Giunta in sede tutoria sul
ricorso del segretario comunale licenziato prima del ter
mine del periodo di prova. Anzi in tutta la legge comu
nale che — notisi — è quella che istituisce e regola la
competenza di tutela della Giunta prov. amm. non si
trova forse un caso in cui non sia chiamata decisione la
deliberazione di tale consesso in sede ordinaria. Ma a
che insistere quando persino l'art. 307, concernente pre cisamente l'autorizzazione della Giunta prov. amm. e del
Governo del re, ai Comuni ed alle Province eccedenti il
limite legale della sovrimposta, di mantenere certe spese, dice che l'autorizzazione è data « con decisioni delle
Giunte prov. amm. o per decreto reale » ?
c) Sul terzo punto non occorrerebbe fermarsi dopo la dimostrazione data dianzi che il periodo citato, quando sia letto ed interpretato nel suo insieme, dà chiara l'idea
del ricorso in sede tutoria, e non successivo ma contem
poraneo alla presentazione del bilancio, concordando così
pienamente coi risultati delle indagini fatte sulla rela
zione della Commissione della Camera. Non può tuttavia
tacersi un altro argomento rafforzativo, cioè notare quanto
grande sia la importanza della espressione usata dalla
relazione ministeriale « reclamo innanzi alla Giunta stes
sa » non « contro la Giunta stessa », nel qual caso si sa
rebbe potuto arguire l'istituzione di un ricorso succes
sivo alla decisione emessa nella sede tutoria.
Le relazioni sucitate hanno poi piena e chiarissima
conferma in quella 9 luglio 1894 presentata al Se.nato ove è detto : «... quale ultimo freno all'aggravarsi della
sovrimposta e quasi al controllo dell'operato delle auto
rità locali, si è dato ai contribuenti ed ai Consigli co
munali la più ampia facoltà di ricorso alla superiore auto
rità in via gerarchica ed alla IV Sezione del Consiglio di stato in via contenziosa. (Omissis)
L'on. Consiglio di Stato conchiude con dire che, co
munque, gli atti parlamentari, non prestandosi ad una
interpretazione chiara ed univoca della legge, non po trebbero addursi per mutare una giurisprudenza che s' è
affermata non solo sulla base della legge 23 luglio 1894, ma del complesso della legislazione che, coli'istituzione
d'una giurisdizione di primo grado, ha inteso garantire
gl' interessi dei ricorrenti ; che infine non può affermarsi
l'ammessione del ricorso contenzioso contro i bilanci co
munali avanti ad unico magistrato, deducendola per ana
logia dalla mancanza di un giudizio contenzioso di primo
grado pel bilancio provinciale e ciò per non sussistervi
analogia, in quanto l'approvazione dell'eccedenza della
sovrimposta provinciale e l'esame dei ricorsi relativi ha
luogo con ben altre forme e garanzie, non escluso il pa rere del Consiglio di Stato in sede consultiva.
Orbene, che gli atti parlamentari si prestino ad in
terpretazione univoca e indubbia della legge, questa Giunta
lo ritiene ormai provato dalle argomentazioni già svolte
colla decisione 3 aprile 1909 e dalle illustrazioni aggiunte colla presente, e una controprova si desume dall'avere
dovuto il Consiglio di Stato fondarsi su vocaboli disgiunti dal contesto per legittimare le opposte risultanze. D'al
tronde si conceda che manchi un sicuro fondamento negli atti parlamentari. Ma come può allora affermarsi che la
giurisprudenza siasi svolta sulla base della legge del 1894,
quando si premette che essa è oscura, e che gli atti par
lamentari, unica fonte rischiaratrice, non offrirebbero
mezzi migliori ? E come sulla base della legislazione del
contenzioso, se appunto si disputa della sua applicazione al caso in esame e invano si attende dal Supremo con
sesso la discussione sul carattere giurisdizionale o meno
della questione, mentre essa è l'unica chiave di volta per chi non voglia vedere la chiarezza del pensiero legisla tivo che è negli atti parlamentari ? In sostanza la forza
del ragionamento contrario sta tutta nella testimonianza
di un ins reeeptum, senza la prova ch'esso sia tuttora
incrollabile di fronte ad una larga indagine esegetica,
logica e giuridica. E poi proprio vero che non siavi analogia fra il caso
del ricorso contro il bilancio comunale e quello del ricorso
avverso il bilancio provinciale ? L'analogia si trova nel
soggetto : amministrazioni pubbliche, nell'oggetto : bilan
cio che ecceda il limite legale della sovrimposta, nel carat
tere delle opposizioni : ricorsi di contribuenti, nella iden
tità delle persone colpite : il contribuente del Comune è
pure contribuente della Provincia, nelle finalità: osser
vanza delle limitazioni poste dalla legge. Perchè dunque non deve esservi analogia tra le funzioni delle autorità
giudicanti in prima istanza sui ricorsi ? Non è nelle forme
colle quali si manifestano tali funzioni che si deve qui cercare l'analogia, ma nel carattere tutorio o meno delle
medesime, ciò che costituisce precisamente il caso simile
e la materia analoga, di cui è parola nell'art. 3 comma 2°
delle disposizioni preliminari del codice civile.
Che poi contro il bilancio provinciale possa essere
concesso in primo grado il solo gravame in via gerar chica pel motivo che bilancio e ricorso sono esaminati
« con ben altre forme e garanzie » sia lecito di dubitare,
giacché le autorità lontane, se pure più alte, non hanno
certo la visione esatta della realtà pratica, quale può in
vece avere la Giunta prov. amm., anche per essere com
posta in maggioranza di elementi elettivi, conoscitori del
l'ambiente locale. Anzi il decentramento di funzioni da
autorità centrali a quelle provinciali costituirebbe un sen
sibile progresso nell'interesse delle amministrazioni locali
e degli stessi amministrati, pei quali la prima garanzia è che chi giudica d'un atto amministrativo conosca i mille
fattori dell'ambiente in cui l'atto stesso è sorto. Si giun
gerebbe così finalmente a ravvivare la legislazione di un
po' di senso pratico, la cui mancanza viene ogni giorno
più sentita da tutte le autorità e da tutti i corpi che
sono a contatto cogli enti locali.
Pur prescindendo ora da tali verità, è doveroso che
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
almeno il compito della Giunta tutoria, in tema di bilan
cio comunale che ecceda, sia posta allo stesso livello di
competenza del compito spettante al Governo del Re, sen
tito il Consiglio di Stato, circa il bilancio provinciale. Se tale parificazione può stabilirsi, si avrà provato che
v'è perfetta analogia e che quindi anche il ricorso, dato
il silenzio della legge e data', ma non concessa, l'oscu
rità degli atti parlamentari, deve essere proposto per ambo
i casi nella sede tutoria. Ebbene, la risposta è data dalla
IV Sezione del Consiglio di Stato (decisione 14 giugno 1907, Provincia di Trapani contro Ministero degli interni) nel brano seguente:
« Considerato che quando il Governo è chiamato ad
autorizzare le Provincie all'eccedenza della sovrimposta
esso riassume in sè tutte le funzioni ed esercita quella
potestà che spetta alla Giunta prov. amm. di fronte ai
Comuni. Questa autorizzazione era originariamente, cioè
per la legge 1 maggio 1886, deferita al Parlamento, tanto
per le Provincie quanto per i Comuni, così che i loro
bilanci che eccedessero il limite legale della sovrimposta
dovevano essere approvati per legge speciale. Quando, per
ragioni che ora sarebbe inutile rammentare, fu mutato
sistema con la legge 23 luglio 1894, quella potestà, pur
restando una nel suo contenuto, si bipartì quanto al suo
esercizio: al Governo fu deferito per le Provincie, alle
Giunte prov. amm. per i Comuni. Le discussioni avve
nute in Parlamento e la dizione della legge avvertono
che la funzione del Governo sui bilanci provinciali in
eccedenza è funzione tutoria. Un'ulteriore prova di ciò
si ha nel fatto che da molti erasi sostenuto doversi affi
dare l'approvazione anche dei bilanci delle Provincie alle
stesse Giunte prov. e che se tale partito, propugnato da
autorevoli scrittori, non prevalse, ciò non avveniva cer
tamente per essersi ravvisato una diversità intrinseca di
funzioni tra l'azione da esercitare sui Comuni e quella
sulle Provincie».
Se dunque identica è la funzione, identico ne è il
valore e identica l'efficacia positiva. Devesi anzi conve
nire che la bilancia pende più favorevole verso le garan
zie di competenza pratica locale insite nelle Giunte prov.
amm., che non verso le forme, per quanto più solenni,
di un decreto reale, suffragato dal parere del Consiglio
di Stato. Fu per un principio di saggio decentramento,
osserva il Mazzoccolo, (La legge comunale e provinciale,
p. 774) che la legge del 1894 attribuì alle Giunte prov.
amm., la potestà di autorizzare i Comuni ad eccedere il
limite della sovrimposta, mentre prima, per la legge del
1886, occorreva l'autorizzazione legislativa. « Le Giunte,
egli nota, per la loro vicinanza e per la loro cognizione
dei bisogni locali possono meglio e più presto adempiere
quest'importantissima funzione tutoria». Circa la compe
tenza data al Governo del Re per le Provincie osserva :
« si doveva porre mente che nella legge vigente la Giunta
prov. amm. esercita sull'amministrazione provinciale una
tutela poco dissimile da quella sui Comuni, e che al Go
verno centrale è stata tolta ogni attribuzione tutoria che
aveva sulle Provincie nella legge del 1865, onde non è
saggio sistema quello di avere stabilito questa duplica
zione di ingerenze».
L'analogia è pure rivelata dall'armonia dell'art. 304,
alla quale giustamente mostrò di tenere assai la stessa
V Sezione del Consiglio di Stato, che con decisione 19
luglio 1909 (Provincia di Brescia contro Ministero In
terno), nel dimostrare come alla Provincia non spetti con
tro il decreto reale ricorso alla Sezione V del Consiglio
di Stato, dichiarava : « Se la tesi della Provincia ricorrente dovesse ammet
tersi, si verrebbe a turbare nel modo più illogico l'armo
nia dell'articolo, col riconoscere nell'ente impositore, Pro
vincia, quel diritto che, nell' identicità del caso, è negato all'ente impositore, Comune, senz'alcuna ragione che po
tesse in qualche modo giustificare la diversità di trat
tamento ».
Perchè dunque guastare l'armonia dell'articolo mede
simo, riconoscendo contro l'ente impositore Comune un
primo grado di giurisdizione contenziosa che, nell'iden
ticità del caso, è negato contro l'ente impositore Provin
cia, ovvero, ciò che è poi la stessa cosa, ammettendo pel
contribuente del Comune un primo grado di giudizio con
tenzioso che, nella identicità del caso, è negato al con
tribuente della Provincia ?
Anzi si potrebbe domandare se non sia piuttosto vero
il contrario, che il contribuente sia più propenso a con
cedere al Comune, dove vive, maggiori mezzi, come quelli
che danno poi frutti più sensibili, anziché alla Provincia,
che rappresenta certamente un interesse meno sentito per
chè più indiretto, e se non sarebbe perciò logico che il
contribuente avesse contro la Provincia, anziché contro
il Comune, maggiori mezzi di gravame.
In seguito la decisione del Consiglio di Stato combatte
le argomentazioni desunte dall'art. 304. Ma rimane tuttora
inspiegato perchè, parlandosi in quest'articolo della ridu
zione dei termini, sia detto « pel ricorso e pel provvedi
mento contenzioso » anziché « pei ricorsi e pei provvedi
menti » come dovrebbe essere se veramente la legge con
cedesse due distinti ricorsi da proporsi a due diversi Corpi
giudicanti, cioè la Giunta prov. amm. in sede contenziosa
e la V Sezione del Consiglio di Stato.
Circa l'eccezione che la decisione della Giunta prov.
amm. in sede di tutela dovrebbe essere pubblicata per
potersi far luogo al ricorso contenzioso, si ammette dal
l'alto consesso che la legge non ne fa obbligo espresso,
ma si aggiunge che l'obbligo è desunto dalla circostanza
che un ricorso non è proponibile contro atti complessi
bisognevoli d'integrazione e quindi non perfetti ma de
vesi invece presentare contro la decisione dell'autorità
che li abbia approvati, la quale deeisione perciò ha da
essere necessariamente pubblicata. Ma anche qui bisogna
allora astrarre dalle fonti parlamentari e dall'analogia,
in quanto che e nelle fonti e nella legge si tratta pure
della funzione del Governo del Re per l'esame del bilan
cio provinciale ; e certamente la deliberazione del Con
siglio provinciale è pur essa « un atto complesso che non
sussiste come provvedimento finché non sia integrato nelle
forme di legge ». Eppure circa la proponibilità del ricorso
al Governo del Re, direttamente, contro la deliberazione
del Consiglio provinciale non si fa eccezione alcuna.
Qui trova luogo una osservazione incidentale.
Fu chiesto : dato che la Giunta sia competente a deci
dere in sede tutoria sul rèclamo del contribuente, entro
quale termine dovrà il reclamo essere prodotto ? Eviden
temente nel termine ordinario di un mese. Si intende che,
frattanto, l'esame della deliberazione consigliare da parte
della Giunta resta sospeso (iurisdietio differtur) secondo
la regola che ha cosi numerose applicazioni nella nostra
legislazione amministrativa e giudiziaria. Il termine di
un mese non è, tuttavia, da considerarsi perentorio', come
in qualche caso è stato erroneamente deciso. Giova ricor
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171 PARTE TERZA 172
dare che, mentre da un lato la durata massima dei ter
mini per ricorrere è stabilita dalla legge allo scopo di
non lasciare indefinitamente sospesa l'esecuzione dei prov vedimenti avverso cui è possibile che sia prodotto gra
vame, da altro lato, nel caso speciale, il ricorso mira ad
impugnare un provvodimento non eseguibile di per sè, ma soltanto in seguito e per effetto della integrazione tutoria. Posto ciò è da ritenersi senza titubanze che il
ricorso sia sempre ricevibile, purché presentato prima che
la deliberazione consigliare sia stata approvata da parte della Giunta in sede di tutela.
Sulla questione della competenza la decisione conchiude
finalmente con dire che « tale essendo la volontà del le
gislatore » (cioè nel senso della proponibilità del ricorso
nella sede contenziosa della Giunta prov. amm.), è super flua l'indagine sugi' inconvenienti d'una prolungata pro
cedura, che del resto fu già abbreviata colla riduzione
dei termini, e che avendo il legislatore riconosciuto ai
contribuenti fondiari un diritto di gravame contro gli aumenti di sovrimposta, non v'è ragione perchè non possa
sperimentarsi nelle sedi ordinarie della costituita giuri sdizione amministrativa e così avanti la Giunta prov. amministrativa.
Si permette questa Giunta di osservare come si farebbe
torto al legislatore ritenendo ch'egli non siasi preoccu
pato della necessità d'una sollecita decisione sulla que stione dell'approvazione o meno di un bilancio, che è la
base di tutta l'azienda finanziaria di un ente, preoccupa zione poi che in fatto si ebbe pel bilancio della Provin
cia, ente creato dalla legge, e quindi di minore impor tanza del Comune, ente naturale. D'altronde gli atti par lamentari non fanno distinzione e l'art. 304 dice chiara
mente « contro la deliberazione del Consiglio comunale».
Osserva appunto il Mazzoccolo, dopo avere riportato la
giurisprudenza vigente : « Sarebbe però da studiare un
temperamento pel quale la Giunta prov. amm. potesse
contemporaneamente giudicare dei ricorsi dei contribuenti
contro la semplice deliberazione comunale pubblicata, e
statuire in via tutoria sull'approvazione da darsi o ne
garsi alla deliberazione stessa ; sarebbe cosi semplificato assai ed abbreviato il procedimento». Necessità ribadita
dal Mortara quando, a proposito della giurisprudenza in
valsa sulla materia, scriveva che le decisioni valevano
« a confermare il concetto della grandissima confusione
fra il sistema dei ricorsi gerarchici e quello dei conten
ziosi, che scende in linea retta dall'ipotesi del carattere
giurisdizionale del sindacato istituito dalla legge del 1894,
potendo incrociarsi istanze di contribuenti e reclami del
Comune, quelle contro la deliberazione comunale nelle
parti in cui abbia ottenuto approvazione della Giunta,
questi contro la deliberazione della Giunta in quanto abbia
modificato quella comunale : senza dire che ai reclami dei
contribuenti in forma contenziosa possono esserne con
temporanei altri con la forma di ricorsi in via gerarchica, ed è disputabile se la Giunta abbia facoltà di dispensarsi dall'esame di questi o se, eseguendolo, debba mantenere
la trattazione rigorosamente dentro i confini della fun
zione tutoria» (Commentario ecc., p. 431). Necessità esige che la questione sia subito portata in
nanzi all'autorità di tutela, il che appunto si rende facile
semplice, tempestivo col ricorso dato direttamente avverso
la deliberazione comunale, della quale è obbligatoria la
pubblicazione. Le spese e le lungherie del ricorso con
tenzioso fanno invece tenere lontano tale esperimento,
rendendo così raramente possibile un esame completo della
questione, che invece è bene si faccia nell'interesse di
tutti. E il contribuente non ha sempre, in tal guisa, dop
pio ordine di reclamo, uno in sede tutoria, la più com
petente, e l'altro per legittimità e merito alla V Sezione
del Consiglio di Stato ? E come può supporsi che non
sia ammesso ricorso alla Giunta in sede tutoria, impe dendo così alla medesima di conoscere e vagliare anche
le eventuali ragioni dei contribuenti, mentre ciò sarebbe
così necessario nell'occasione di un'indagine tanto com
plessa ed importante qual'è quella del bilancio d'un Co
mune trovantesi fra le strette dei bisogni che urgono e
l'insufficienza dei mezzi normali ? Anche qui si rende
palese la giusta visione del legislatore, il quale creò un
sistema armonico e relativamente pratico di un unico
grado tutorio e di un unico grado contenzioso.
Ma è tempo di avvertire come una grave lacuna si ri
contri nella motivazione della decisione 10 marzo-8 aprile 1910 della V Sezione del Consiglio di Stato ; per ciò che
il supremo magistrato amministrativo abbia omesso di
vagliare le argomentazioni essenziali della decisione 3
aprile 1909 di questa Giunta, intesa ad escludere il ca
rattere giurisdizionale della controversia.
Ora il punetum saliens della quistione è tutto qui.
Quali ragioni esclusivamente proprie, cioè pertinenti al suo privato interesse e non anche comuni agli altri
contribuenti, ha il ricorrente da opporre alla delibera
zione consigliare impugnata ? Se il provvedimento sog
getto alla Giunta prov. amm. è un proyvedimento di in
dole generale, che non tocca in particolar modo alcun
contribuente, ma bensì li tocca tutti al modo istesso, come
potrà ritenersi che la presenza di un ricorso è sufficiente a determinare da parte della Giunta medesima l'esplica mento di una funzione non già discrezionale, cioè diretta a vagliare ed apprezzare un atto di pubblica amministra
zione nei riguardi dell'interesse collettivo, ma sibbene
giurisdizionale cioè consistente nel riconoscere, o no, la
lesione di un interesse privato ?
E si badi. La dimostrazione della discrezionalità (e quindi della non giurisdizionalità) della quistione sol
levata dal ricorso del contribuente è di capitale impor tanza di fronte alla disposizione dell'art. 13 del t. u.
(approvato con regio decreto 16 agosto 1907) delle leggi relative alle attribuzioni della Giunta prov. amm. in sede
giurisdizionale. Per effetto di tale disposizione, con cui
esaudivasi finalmente il voto espresso dall'Orlando nel
suo trattato « La Giustizia Amministrativa» (ed è noto
rio che agli studi preparatori della riforma legislativa,
rispondente meglio ai postulati della teoria che non alle
esigenze della pratica, prese personalmente parte lo stesso
autore) tutte le controversie affidate alla Giunta prov. amm. da qualsiasi legge si devono esaminare e risolvere
in sede contenziosa, quando si verifichino le seguenti con
dizioni : a) che le controversie stesse siano di indole giu risdizionale ; b) che la legge non stabilisca esplicitamente una sede diversa. E in verità non può non apparire strano
come la disposizione medesima, alla cui portata conferi
scono tanta chiarezza, anche più della relazione ministe
riale al Senato, le varie e gravi discussioni che l'hanno
preceduta nel campo dottrinale, sia stata generalmente così male interpretata e applicata fin qui, al punto che di tutte le Giunte prov. amm. del Regno solo quella di
Cremona (salvo errore) si è dichiarata competente a cono
scere dei ricorsi per tasse comunali, involventi vere e
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1?3 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 174
proprie questioni di diritto, in sede contenziosa, anziché
in sede tutoria. Sopratutto riesce difficile comprendere
(dato l'altissimo valore del magistrato, maestro nell'arte
dell' interpretare) come, nonostante la radicale novità in
trodotta dalla legge 7 marzo 1907, possa la V Sezione
del Consiglio di Stato mantenersi costante nel ritenere
e decidere che le quistioni relative a rimborsi di spese
di spedalità (quistioni aventi un contenuto di importanza
patrimoniale) debbano continuare ad essere risolute dalla
Giunta in sede tutoria; mentre l'espressione in via am
ministrativa, usata dall'art. 80 L. 17 luglio 1890 sulle
Opere Pie, puramente e semplicemente in antitesi all'espres
sione in via giudiziaria, implica tanto il concetto della
competenza tutoria, quanto quello della competenza con
tenziosa. D'altro canto, all'applicazione del rito conten
zioso non può fare ostacolo il fatto che l'art. 125 Reg.
amministrativo 5 febbraio 1891 stabilisce per detti ricorsi una speciale procedura (confronta con l'Orlando op. cit.),
precisamente allo stesso modo che alla contenziosità del
procedimento, sottratta ad ogni discussione dal bene av
visato richiamo dimostrativo dell'art. 31 Reg. 17 ago
sto 1907, non è di impedimento )a particolarità delle
forme procedurali anche più minuziosamente ordinate dal
l'art. 87 della legge comunale e provinciale pei ricorsi
in materia elettorale.
Ad ogni modo è fuor di dubbio che se la controver
sia sollevata dal ricorso del contribuente fosse di indole
giurisdizionale, essa, a malgrado di tutti gli argomenti
in contrario messi avanti dai fautori della competenza
tutoria, non potrebbe, per effetto del citato art. 13 del
t. u. 17 agosto 1907, avere i suoi giudici se non nella
sede contenziosa della Giunta.
Da ciò la necessità (meglio che l'opportunità) dell'esa
me particolarmente diffuso compiuto, con la decisione
9 aprile 1909, dalla Giunta prov. amm. di Cremona in
ordine alla natura della quistione stessa.
Dalle fonti parlamentari emergono ad evidenza due
fatti egualmente incontestabili: cioè che i freni, posti
all'aumento delle sovrimposte comunali e provinciali dalle
varie leggi succedutesi fra il 1865 e il 1894, ebbero in
mira di salvaguardare non già l'interesse particolare dei
singoli contribuenti sibbene l'interesse generale dello
Stato e che la facoltà di ricorso dato ai contribuenti me
desimi (in origine al semplice scopo di provocare la fun
zione tutoria, in seguito per coadiuvarla) va intesa non
come un mezzo di far valere e trionfare private ragioni,
ma come un espediente ritenuto adatto a rinvigorire e
crescere efficacia all'azione di vigilanza dei pubblici poteri.
Specialmente degne di menzione sono le parole pro
nunciate dal Ministro Depretis nella seduta del 3 feb
braio 1886 in difesa della disposizione di legge con cui
avoca vasi al Parlamento l'autorizzazione ai Comuni ad
eccedere il limite legale della sovrimposta : « Io aggiun
gerò ancora l'esempio di paesi che certo non possono di
chiararsi avversi ai principi più larghi di libertà ed alla
autonomia dei Comuni, e singolarmente della Francia :
per un grande interesse generale, come quello di una im
posta che viene a colpise la principale industria dello
Stato, l'agricoltura, noi sappiamo che nel bilancio fran
cese i centesimi addizionali sono votati col bilancio stesso
dello Stato. » Nessuno potrebbe disconoscere che in virtù
della legge comunale e provinciale del 1865 e di quella
del 1889 al reclamo dei privati non fu assegnata altra
funzione se non di promuovere un atto di giurisdizione
obiettiva, tenuto conto non solo del carattere indiscuti
bilmente tutorio del provvedimento eccitabile mediante
il reclamo medesimo, ma anche, e più, del fatto che la
facoltà di ricorrere non era data ad ogni e singolo con
tribuente ma ad un complesso di contribuenti paganti
nell'insieme dapprima il decimo e, in seguito, il vente
simo delle contribuzioni dirette imposte dal Comune. Se
si fosse trattato di un ricorso inteso a promuovere un
atto di giurisdizione subiettiva (cioè di giurisdizione vera
e propria) la facoltà di ricorrere sarebbe stata evidente
mente riconosciuta a qualunque contribuente che si fosse
ritenuto leso in proprio dagli eccessi della finanza comu
nale. Bene è vero che al reclamo collettivo la legge del
1894 sostituì il reclamo individuale, con l'aggravante che
la relazione della Commissione della Camera chiama nuovo
il reclamo medesimo. Ma dall' intero contesto della fonte
parlamentare emerge, appunto, chiaro che la novità non
consistette in altro che nella singolarizzazione della facoltà
di ricorrere: mentre per tutto il rimanente, e in specie
ne' riguardi della spinta e dell'obbiettivo del ricorso, nulla
fu mutato del vecchio istituto. La base fondamentale del
contradditorio non subì cambiamenti : quello che era pri
ma un- mezzo per l'opportuno esercizio di una missione
civica, tale rimase anche dopo la riforma del 1894. Sol
tanto, eretto l'esame della Giunta a dignità di funzione
costante ed autonoma, cioè posto il sindacato tutorio nella
necessità di esplicarsi ex officio, senza più bisogno di ecci
tamento, era venuto meno qualsiasi motivo di limitare
l'esperimento del diritto a ricorrere alla condizione, sug
gerita da ovvie ragioni di convenienza pratica, che il
reclamo fosse, per così dire, l'indice di una preoccupa
zione collettiva, l'espressione di un pubblico allarme,
quasi vox populi, e come tale offrisse, almeno in appa
renza, garanzie di ponderatezza e di serietà.
Porse la ragione per la quale la V Sezione del Con
siglio di Stato non credette necessario, nella sua deci
sione del IO marzo corr. anno, indagare se la quistione
rilevata dal ricorso dei contribuenti sia di indole giuris
dizionale ovvero discrezionale, sta in ciò : che, sebbene
la dottrina si è in modo prevalente affermata nel senso
che l'attribuzione di giurisdizione contenziosa da parte
della legge alla Giunta prov. amm. possa esser tacita
(cioè si avveri, pur in mancanza di esplicita designazione
della legge stessa, quando la quistione, oggetto del ricorso
abbia gli elementi costitutivi della giurisdizione vera e
propria), la giurisprudenza del Supremo magistrato am
ministrativo appare, all'incontro, pacifica nel sostenere il
contrario.
La decisione 19 luglio 1909 della V Sezione (Provin
cia di Brescia c. Ministero interno), dopo accennato che
è tassativa l'elencazione fatta dall'art. 23 L. 17 agosto 1907
n. 638, dei casi nei quali è dato adire la V Sezione, sog
giunge che « è tassativa per il principio d'ordine gene
rale che in tema di competenza, anche sotto l'aspetto
delle proponibilità dell'azione, l'autorità giurisdizionale
ripete il cuo potere unicamente dalla norma di diritto
positivo, e quando tal potere non è concesso, essa non
può arrogarselo per lavorio, sia pur sottile, d'interpreta
zione analogica o per identità di motivi e di criteri : prin
cipio codesto che è garanzia d'ordine e di libertà, per
chè, se così non fosse, la funzione dell'autorità giurisdi
zionale, chiamata ad infrenare ed a reprimere l'arbitrio
ed a reintegrare il diritto subiettivo leso per violazione
del diritto obbiettivo, potrebbe essa stessa nell'arbitrio
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175 PARTE TERZA 176
trascendere e violare la norma giuridica positiva ». E più oltro : « In nessun naso come in tema di competenza può trovare più esatta applicazione la nota massima: lex ubi
voluit dixit, ubi noluit taeuit ».
Meglio esplicita ancora fu la decisione 6 dicembre 1909
della stessa V Sezione (Comune di Napoli c. d'Eustachio) la quale dichiarò che le decisioni della Giunta prov. amm.
in tema di tasse sul valore locativo non hanno carattere
giurisdizionale, epperò non è ammesso ricorso alla Y Se
zione. TI motivo è il seguente : « L'accertamento ha dop
pio grado di esame, e la Giunta prov. amm., quando è
chiamata al secondo grado, non esercita giurisdizione, e
la sua pronuncia non è atto di quella giurisdizione am
ministrativa che e attribuita dal primo articolo della legge 17 agosto 1907 n. 629 e però non va compresa nella lata
e generica disposizione onde si chiude il n. 20 dell'art. 23
della legge sul Consiglio di Stato. A quest'esclusione in
duce anche la considerazione che la competenza del giu dice supremo amministrativo e sempre di attribuzione, vale a dire che dev'essere specificatamente e caso per caso
attribuita dalla legge, e un atto tanto importante della
potestà pubblica non può aver base in una giurisdizione, che dalla Giunta prov. amm. non potrebbe essere affer mata per esplicita disposizione di legge».
Se dunque una competenza, per essere di giurisdizione deve venire (secondo l'avviso dell'alto Consesso) « speci
ficamente e caso per caso attribuita dalla legge », come è
mai possibile conchiudere che tale sia quella disciplinata dall'art. 304 della legge comunale, ove ogni attribuzione
specifica manca ? Nè importa che la necessità di siffatta
determinazione sia molto disputabile ed anzi, come si è
detto, sia risolutamente negata dalla miglior dottrina (la
dottrina, appunto, seguita da questa Giunta) però che non
del fondamento giuridico di una tesi è qui questione, ma della logica e coerenza dei principi che presiedettero alla sua applicazione.
Per concludere, un ultimo rilievo.
Suppongasi che la Giunta neghi l'autorizzazione e il
Consiglio comunale ricorra in via gerarchica e cioè al
Governo del Ee, secondo la norma generale dell'art. 309
della legge comunale. Orbene, dato che il Governo del
Re, accogliendo il ricorso, autorizzi l'aumento o l'ecce
denza, quale rimedio ha in tal caso il contribuente ? Non
può certo ricorrere nè alla Giunta in contenzioso, nè alla
Sezione V del Consiglio di Stato, poiché non si ha più la fattispecie contemplata dall'art. 304, che resta perciò
inapplicabile: e nemmeno gli competerebbe il ricorso per sola illegittimità alla IV Sezione del Consiglio di Stato contro il provvedimento definitivo contenuto nel decreto
reale. Ed ecco come il contribuente, in luogo di avere
assicurata, colla facoltà di ricorso in sede contenziosa, una maggiore garanzia di difesa, finirebbe, in taluni casi,
(ove si accogliesse la tesi della competenza giurisdizio
nale) con vedersi preclusa la via ad ogni e qualunque contradditorio.
Per i suesposti motivi, ecc.
RIVISTA DI IMIDENZA AMMINISTRATIVA Deliberazioni amministrative — Regolamenti — Appro
vazione tutoria — Ricorso gerarchico — Poteri del
Governo — Limiti (L. com. e prov., testo unico 21
maggio 1908, art. 216). Nel decidere i ricorsi gerarchici contro i provvedi
menti dell'autorità tutoria in sede di approvazione il
Governo non ha facoltà di sostituire il proprio apprez zamenti a quello degli organi locali. (1)
(Consiglio di Stato, Sezione finanze; parere 5 agosto
1910; Comune di Gonzaga; Man. ital., 1910, 563).
(1) Il parere riassunto nel testo è così motivato : « Che indubbiamente rientra nei limiti della potestà tutoria
della Giunta prov. amm. la facoltà di interloquire sui criteri di commisurazione della tassa sui cani applicata dai Comuni
per dare o negare la propria approvazione alla tariffa adottata dai Comuni, secondochè la ravvisi o no equa e corrispondente ai ragionevoli principi di un ordinato sistema tributario e adatto alle peculiari condizioni del Comune cui si riferisce :
« Che nella valutazione dei criteri di commisurazione delle tasse la Giunta prov. amm., si avvale necessariamente di un
potere discrezionale, imposto anche dalla diversità e varietà di condizioni dei vari enti sottoposti a tutela, mutevoli da luogo a
luogo e diversamente combinati ; potere non soggetto, nel
campo dei suoi apprezzamenti, a sindacato da parte del potere centrale, nel senso che a questo non è consentito di sostituire i propri apprezzamenti a quelli dell'autorità tutoria locale. Che
pertanto la facoltà di sindacato dell'autorità centrale si riduce, come altre volte il Consiglio di Stato ha opinato, all'esame del
provvedimento tutorio sotto l'aspetto dell'errore manifesto di
giudizio e di apprezzamento o di una illegalità o di un ec cesso di potere ».
La giurisprudenza contenziosa ritiene invece che si ap plichi anche in questo caso la norma generale che consente all'autorità adita col ricorso gerarchico piena facoltà di rie same in merito dell'affare. Vedi in tal senso : IV Sezione, 15 feb braio 1901, Foro it., Rep. 1901 voce Deliberaz. amm., n. 10; e (anche nei motivi) 9 marzo 1907, Foro it., 1907, III, 234. Cfr. altresì: Cammeo, Commentario, I, p. 296.
L'opinione espressa nel parere riassunto nel testo risponde, d'altro canto, ad una conforme giurisprudenza consultiva, la quale può dirsi concorde nel ritenere che quando un provve dimento amministrativo importi un apprezzamento discrezionale ed una cognizione di circostanze locali, l'autorità superiore, in vestita di un ricorso gerarchico contro di esso, non possa giu dicarne il merito e tanto meno sostituirvi un apprezzamento proprio tranne nei casi di manifesto errore o di eccesso di po tere (Cfr. Cons, di Stato, par. 6 maggio 1904, riassunto in Ri vista amm.., 1904, 482 ; 9 dicembre 1904, Foro it., Rep. 1905, voce Impiegato com. n. 4 ; 13 luglio 1906, riassunto in Rivista amm., 1906, 768).
Non mi pare che siffatta giurisprudenza meriti accoglimento. Essa viene, anzitutto, a ristringere il sindacato su ricorso ge rarchico alla sola legittimità dell'atto impugnato, (l'eccesso di potere e l'errore manifesto rientrano, com'è noto, nel sinda cato di legittimità anziché in quello di merito), mentre il ri corso gerarchico si estende al merito dell'atto, e la competenza di merito importa che l'autorità decidente possa, da una parte, esaminare l'opportunità e la convenienza di un provvedimento amministrativo, e, dall'altra, modificare lo stesso provvedimento, sostituendone uno proprio. (In pochi casi il ricorso gerarchico si limita ai tali motivi di legittimità dell'atto impugnato. Cfr. la mia nota pubblicata nella Rivista cLi diritto pubblico, 1910, II, 505).
In secondo luogo gli atti amministrativi sono in gran parte atti discrezionali. Limitare quindi gli effetti del ricorso gerar chico contro gli atti discrezionali significa addirittura soppri mere in molti casi il ricorso stesso. Né la discrezionalità del l'atto ne rende impossibile il riesame in merito, giacché la di screzionalità non significa arbitrio insindacabile ed il riesame in merito degli atti discrezionali è ammesso nella nostra legi slazione, nella competenza di merito della V Sezione del Con siglio di Stato e della Giunta prov. amm. Neppure la circostanza che il provvedimento amministrativo richiegga la conoscenza di fatti e di circostanze locali è un motivo per limitare gli ef fetti del ricorso gerarchico, giacché il detto ricorso investe sempre per sua natura, i provvedimenti delle autorità inferiori che importano cognizione di circostanze locali, ed il limitarne gli effetti in questi casi importerebbe limitarne gli effetti in tutti i casi, contrariamente al principio fondamentale, che estende il ricorso al merito dell'atto. Dott. Leonida Ragnisco. Dott. Leonida Ragnisco.
Avv. Prof. GIUNIO SABBATINI Condirettore Avv. GUSTAVO BALJDONI Responsabile
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