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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || ordinanza 23 aprile 1980, n. 270; Pres. Lo Jacono,...

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ordinanza 23 aprile 1980, n. 270; Pres. Lo Jacono, Rel. Barbieri; Querio (Avv. De Sanctis) c. Regione Piemonte (Avv. Casavecchia, Crosetti), Comune di Pont Canavese (Avv. Barbanti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980), pp. 309/310-311/312 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171183 . Accessed: 24/06/2014 22:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Tue, 24 Jun 2014 22:11:18 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 23 aprile 1980, n. 270; Pres. Lo Jacono, Rel. Barbieri; Querio (Avv. De Sanctis) c.Regione Piemonte (Avv. Casavecchia, Crosetti), Comune di Pont Canavese (Avv. Barbanti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1980),pp. 309/310-311/312Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171183 .

Accessed: 24/06/2014 22:11

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

denti in generale che per la loro funzione abbiano necessità di

collegamenti telefonici al proprio domicilio.

Deve pertanto concludersi con l'affermare che se, per avventura,

quei direttori generali avessero, come vuole la domanda attrice, messo a disposizione del provveditorato dello Stato le utenze gra tuite perché venissero destinate, sia pure a fine di pubblica uti

lità, ad altre amministrazioni, sarebbero allora incorsi in colpe vole violazione degli obblighi pattizi assunti dallo Stato nei con

fronti della società concessionaria (la S.i.p.). Pervenuto a tale convincimento che esonera da colpa, nei ter

mini come contestati con la domanda attrice, i due convenuti dott.

Michele Principe e dott. Ugo Monaco, deve tuttavia il collegio rammentare come, in qualche non precisa misura con l'atto scrit

to e più incisivamente al dibattimento, il rappresentante del

p. m. abbia delineato diversi titoli di responsabilità dei conve

nuti nella loro qualità di esecutori e gestori della norma patti zia dettata dal più volte richiamato art. 50 della convenzione.

Si è parlato, genericamente, della natura giuridica del canone

telefonico, di non motivate concessioni delle utenze gratuite e di

diversi, conseguenti profili di danno.

Su tali assunti i giudicanti non hanno elementi né formali né

sostanziali per qualsiasi pronuncia. Vedrà e valuterà il procuratore

generale, nella sua autonoma sfera di competenza, quanto potrà ritenere di proporre al riguardo.

Le conclusioni alle quali il collegio è sin qui pervenuto lo

esonerano dall'esaminare l'assunto difensivo che si incentra sulla

mancanza di nesso di causalità tra l'asserita colpevole azione dei

due convenuti e l'evento lesivo (il danno erariale). In mancanza

dell'elemento della colpa apparirebbe infatti del tutto superfluo ai fini del decidere analizzare e valutare i nessi tra azione ed

evento là dove l'azione medesima rientra negli schemi del cor

retto comportamento cui i funzionari chiamati erano tenuti in

ragione del loro rapporto di servizio.

Sulla scorta di tale convincimento viene anche meno la neces

sità di pronuncia sulla eccezione difensiva che vorrebbe alterna

tiva la responsabilità dei funzionari del ministero delle pp.tt. con

quelli del ministero del tesoro.

Quanto a questi ultimi, i convenuti Casalengo e Di Jorio, non

ritiene il collegio di sussistere in causa tutti gli elementi utili e

necessari alla definizione del giudizio; provvede pertanto al pro

posito con separata ordinanza.

Non è a farsi pronuncia sulle spese, nei confronti dei conve

nuti assolti.

Per questi motivi, ecc.

II

La Corte, ecc. — Nel giudizio di responsabilità ad istanza

del procuratore generale contro il dott. Francesco Casalengo ed

il dott. Giacomo Di Jorio, succedutisi nella carica di provvedi tore generale dello Stato durante il triennio 1974, 1975 e 1976; nonché il dott. Michele Principe ed il dott. Ugo Monaco, succe

dutisi, nello stesso periodo, nella carica di direttore generale nel ministero delle poste e telecomunicazioni.

Visti gli atti'introduttivi del giudizio iscritti al n. 11587 del re

gistro di segreteria; Vista l'ordinanza di questa sezione prima in data 12 novem

bre 1976, relativa al giudizio medesimo; Visti gli atti ed i documenti della causa; Uditi alla pubblica udienza il relatore cons. Plinio Gallucci,

l'avv. Oscar Casini in rappresentanza e difesa dei convenuti Ca

salengo, Monaco e Principe, l'avv. Lucio Valerio Moscarini in

rappresentanza e difesa del convenuto Di Jorio, ed il rappresen tante del p. m. nella persona del sostituto procuratore generale

prof. Paolo Maddalena; Considerato che durante il triennio 1974, 1975, 1976 sul bilan

cio dello Stato gravò un onere per complessive lire 405.202376

per canoni di utenze telefoniche installate nelle private abitazio

ni di on. ministri e sottosegretari, capi e vice capi di gabinetti ministeriali e direttori generali nei ministeri;

Considerato che il procuratore generale della Corte dei conti

ha ritenuto le autorizzazioni concesse per le utenze in questione non conformi alla normativa vigente e quindi causa di danno

per l'erario ed ha pertanto convenuto in giudizio, con gli atti di

citazione del 29 maggio 1976 e del 21 febbraio 1979, i menzionati

provveditori generali che quelle autorizzazioni ebbero a conce

dere, per sentirli condannare, ciascuno in proporzione al servi

zio nel triennio prestato, al risarcimento in favore dell'erario della

indicata somma o di altra dal collegio giudicante meglio de

terminata; Considerato altresì che il p. g. ha ritenuto che del danno come

innanzi indicato debbono anche rispondere, per la parte per la

quale con la loro azione ebbero a provocarlo, i menzionati di

rettori generali del ministero delle pp.tt. i quali, a suo avviso,

colpevolmente omisero di destinare agli utilizzi per i quali è

causa le utenze gratuite di cui all'art. 50 della convenzione tra

il ministero pp.tt. e la S.i.p., approvata con il d. pres. 28 agosto 1972 n. 803;

Visto che con l'atto di citazione del 21 febbraio 1979 i direttori

generali Monaco e Principe sono stati ritualmente convenuti in

giudizio; Considerato altresì che per questi ultimi due chiamati il colle

gio ha, con coeva decisione parziale, definito il giudizio; Attesoché mediante l'attività istruttoria dal p. g. svolta in ese

cuzione dell'ordinanza di questa sezione in data 12 novembre 1976, sono state acquisite agli atti del giudizio, tra gli altri documen

ti, le circolari della presidenza del Consiglio dei ministri n. 75434

dell'8 novembre 1946 e n. 103387 del 30 aprile 1947; Considerato che, ove si pervenisse a riconoscere nel com

plesso delle norme che regolano e perseguono la efficienza della

pubblica amministrazione la fonte primaria in grado di legitti mare le concessioni per le quali è causa, esse concessioni appa rirebbero compiutamente disciplinate dalle direttive della presi denza del Consiglio innanzi specificate;

Che tali direttive, innovando rispetto alla disciplina dettata

con la circolare 6269 del 14 luglio 1930, ebbero a disporre, per

gli atti di autorizzazione delle sole utenze al domicilio dei diret

tori generali, oltre che la preventiva valutazione dell'onere fi

nanziario in relazione alle possibilità di bilancio, la necessità

della esplicita motivazione in ordine alle esigenze di servizio

che le utenze medesime imponevano; Ritenuto pertanto che, come anche dal p. g. prospettato al di

battimento, appare necessario acquisire agli atti, per ogni utenza,

tali motivate autorizzazioni, ove esistenti; Ritenuto inoltre che, in mancanza, occorrerà ai fini del deci

dere, individuare, per ciascuna amministrazione, le autorità cui

l'obbligo della valutazione incombeva e le conseguenti possibili omissioni (restando ai competenti organi del ministero del tesoro

il mero compito ed il dovere della verifica dell'onere finanziario

ai fini di bilancio); Ritenuto che il p. g. potrà, nella sfera della sua competenza,

compiere gli alternativi accertamenti ed integrare, se del caso,

il contraddittorio con la chiamata in giudizio di quei soggetti che a suo avviso ebbero con colpevoli omissioni quanto meno a

concorrere nella produzione dell'allegato danno; Per questi motivi, dà mandato al p. g. perché vengano acqui

site agli atti le motivate autorizzazioni alle utenze per le quali è

causa, integrando, se del caso, il contraddittorio con la chiamata

in giudizio di quegli altri soggetti che ritenesse perseguibili.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; ordinanza 23 aprile 1980, n. 270; Pres. Lo Jacono,

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; ordinanza 23 aprile 1980, n. 270; Pres. Lo Jacono, Rei. Barbieri; Querio (Avv. De Sanctis) c. Regione Piemonte

(Avv. Casavecchia, Crosetti), Comune di Pont Canavese (Avv.

Barbanti).

Giustizia amministrativa — Sospensione del provvedimento im

pugnato — Espropriazione e occupazione di urgenza — Mancata

tempestiva trattazione del ricorso per (atto dell'amministra

zione — Rinnovazione (Legge 3 gennaio 1978 n. 1, accelera

zione delle procedure per la esecuzione di opere pubbliche e

di impianti e costruzioni industriali, art. 5).

Deve essere rinnovata la sospensione del provvedimento impu

gnato, in materia di espropriazione e occupazione di urgenza

per la costruzione di opere pubbliche, se la trattazione del ri

corso entro quattro mesi, e la pubblicazione della sentenza en

tro sei mesi dall'adozione della prima ordinanza di sospensio

ne, sia stata impedita dall'amministrazione, che ha prodotto tar

divamente gli atti del procedimento, provocando il rinvio della

discussione (nella motivazione, si rileva che la diversa in

terpretazione dell'art. 5 legge 3 gennaio 1978 n. 1, secondo la

quale la sospensione non sarebbe rinnovabile, implicherebbe la

necessità di proporre questione di illegittimità costituzionale di

esso). (1)

(1) Cons. Stato, Sez. IV, ord. 5 maggio 1979, n. 75, Cons. Stato.

1979, I, 1312, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di

costituzionalità dell'art. 5 legge 3 gennaio 1978 n. 1, in quanto li

mita a sei mesi dalla loro emanazione l'efficacia delle ordinanze di

sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, in mate

ria di esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni in

dustriali. Tale articolo ha già dato luogo a controversie e dibattiti per la

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PARTE TERZA

Il Tribunale, ecc. — L'istanza è diretta ad ottenere la conces

sione di una nuova sospensiva alla scadenza dell'efficacia di quella concessa il 23 ottobre 1979 ai sensi dell'art. 5, 4° comma, legge 3

gennaio 1978 n. 1. Poiché è dovere del giudice evitare di dar

corso ad un diniego di giustizia interinale costituzionalmente ga rantita (diniego che non è pensabile sia stato voluto dal legisla

tore) e poiché nulla giustifica che il ricorrente, indipendente mente da fatti ascrivibili alla sua volontà, e per il solo fatto del

decorrere del tempo veda irreparabilmente pregiudicata la sua

posizione, ritiene il tribunale che la norma in esame, nella parte che qui rileva, debba essere letta nel senso che il giudice ammi

nistrativo ha il preciso dovere di fissare l'udienza di merito en

tro il termine massimo di quattro mesi dall'adozione dell'ordi

nanza di sospensione e, seppure implicitamente, di pubblicare la

relativa sentenza contro il termine massimo di sei mesi dalla

data di concessione della sospensiva. Se però il comportamento

processuale di una delle parti non consente il rispetto di uno di

questi termini, o se il tribunale dal canto suo non fosse in condi

zione di rispettarli, la parte pregiudicata (che non può essere che

il ricorrente), qualora non abbia concorso nella causazione del

ritardo, ha titolo per riproporre l'istanza di sospensione. Ciò an

che in concreta applicazione del dovere di lealtà e probità, san

cito dall'art. 88 cod. proc. civile. Solo in caso contrario, decorsi

sei mesi, perde efficacia.

In questo modo la norma assolve alla sua esclusiva funzione

di accelerazione del giudizio senza pregiudizio per la difesa e

risulta costituzionalmente corretta. Si evita cosi', inoltre, la ne

cessità di sottoporla al giudizio della Corte costituzionale, ciò

che, relativamente al presente giudizio, si tradurrebbe in un con

creto diniego di giustizia, perché nelle more del giudizio di costi

tuzionalità la sospensione del provvedimento impugnato non po trebbe essere concessa.

Alla luce di questi criteri il tribunale osserva che, nel caso in

esame, la ragione della mancata discussione del ricorso in tempo

perché la sentenza potesse essere pronunciata prima che la sospen siva diventasse inefficace va individuata esclusivamente nella tar

diva produzione degli atti del provvedimento da parte dell'am

ministrazione, avvenuta il 4 ed il 5 aprile 1980, a meno di venti

giorni dalla data fissata per la discussione del ricorso (15 aprile

1980), il che ha costretto al rinvio della discussione del ricorso

a dopo la scadenza dei sei mesi di efficacia della sospensiva (e cioè al 13 maggio 1980).

La sospensiva richiesta può essere pertanto di nuovo concessa

fino alla data della pubblicazione della sentenza, e comunque per un periodo di tempo non superiore a sei mesi da oggi, sussisten

do lo stesso pericolo di danni gravi ed irreparabili, già accertato

alla data del 23 ottobre 1979.

Per questi motivi, accoglie la suindicata domanda incidentale

di sospensione limitatamente al decreto del sindaco di Pont Ca

navese n. 2 del 27 luglio 1979, determinandone l'efficacia massi

ma in sei mesi da oggi. (Omssis)

norma che sottrae all'appello le ordinanze suddette, non si sa se in generale, o limitatamente alla materia considerata dalla legge: la vicenda è riassunta in nota a Cons. Stato, Sez. V, ord. 9 marzo

1979, n. 55, Foro it., 1979, III, 371, che ha deciso, accogliendolo, l'appello contro una ordinanza di sospensione dell'esecuzione del

provvedimento impugnato, alla quale era stata apposta la condizio ne del pagamento di una cauzione da parte del ricorrente, in una materia estranea alla esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali; ai precedenti ivi richiamati, adde il rinnova to rinvio alla Corte costituzionale della questione di costituzionalità della sottrazione all'appello di tali ordinanze, da parte della citata ordinanza della Sez. IV 5 maggio 1979, n. 75.

I

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sentenza 25 marzo 1980, n. 152; Pres. Lo [acono, Est. Barbieri; Bonifetto (Avv. Besostri) c. Comune di To rino (Avv. Sanfelici), Guarneri.

Locazione — Legge 392/1978 — Immobili urbani adibiti ad uso di abitazione — Equo canone — Determinazione — Individua zione degli edifici particolarmente degradati — Questione di costituzionalità — Manifesta infondatezza (Cost., art. 23; legge 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili

urbani, art. 18). Locazione — Legge 392/1978 — Immobili urbani adibiti ad uso

di abitazione — Equo canone — Determinazione — Individua

zione di intere zone di degrado — Deliberazione comunale —

Illegittimità (Legge 27 luglio 1978 n. 392, art. 18). Locazione — Legge 392/1978 — Immobili urbani adibiti ad uso

di abitazione — Equo canone — Determinazione — Individua

zione di zone di degrado — Difetto di previa determinazione dei criteri di valutazione — Deliberazione comunale — Illegit timità (Legge 27 luglio 1978 n. 392, art. 18).

È manifestamente infondata, in riferimento all'art. 23 Cost., la

questione di costituzionalità dell'art. 18, ult. comma, legge 27 luglio 197S n. 392, in quanto demanda ai consigli comunali

il potere di individuare gli edifici o i comparti di edifici parti colarmente degradati, senza stabilire i criteri in base ai quali

questa valutazione debba essere compiuta. (1) È illegittima la deliberazione con la quale un comune, ai fini della

determinazione dell'equo canone di locazione degli immobili

urbani, delimita intere zone di degrado, invece di individuare

singoli edifici o comparti di edifici particolarmente degradati (in motivazione è precisato che se gli elementi per qualificare come degradato un immobile non attengono alla sua struttura

complessiva, allora il comune deve arrivare fino alla individua zione della singola unità locativa). (2)

È illegittima la deliberazione con la quale un comune, ai fini della

determinazione dell'equo canone di locazione degli immobili

urbani, delimita le zone di degrado, senza la previa determina zione dei criteri sulla base dei quali operare la valutazione. (3)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; sentenza 23 gennaio 1980, n. 40; Pres. De Roberto, Est. Scognamiglio; Callegari, Tomacelli (Avv. Salvadori del

Prato) c. Comune di Milano (Avv. Marchese, Tucci, Ammen

bola), Alleanza assicurazioni (Avv. Cutrera, Romano).

Locazione — Legge 392/1978 — Immobili urbani adibiti ad uso di abitazione — Equo canone — Determinazione — Ripartizio ne in zone del territorio comunale — Ricorso — Giurisdizione

amministrativa — Sussistenza (Legge 27 luglio 1978 n. 392, art. 18).

Locazione — Legge 392/1978 — Immobili urbani adibiti ad uso

di abitazione — Equo canone — Coefficiente di ubicazione —

Deliberazione comunale — Insufficiente motivazione — Ille

gittimità — Fattispecie (Legge 27 luglio 1978 n. 392, art. 18).

Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso

proposto contro la deliberazione con la quale un comune ripar tisce in zone il territorio comunale, al fine della determinazione

del c. d. « equo canone » di locazione di immobili urbani adi

biti ad uso di abitazione. (4) È illegittima, per insufficiente motivazione, la deliberazione con

la quale un comune (nella specie, di Milano) qualifichi come

«zona di pregio particolare», ai fini della determinazione del

coefficiente di ubicazione per il calcolo del c. d. « equo canone »

di locazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, un quartiere periferico (nella specie, Ripamonti), omettendo

ogni riferimento ad elementi concreti di rilevazione compara tiva con altri quartieri della città. (5)

I

Il Tribunale, ecc. — Il tribunale ritiene, innanzitutto, di esclu dere che, per effetto della deliberazione 3 marzo 1980, possa ri

tenersi cessata la materia del contendere o sopravvenuta la ca renza di interesse a ricorrere. Il nuovo provvedimento, infatti, non incide in alcun modo sulla situazione posta in essere dalla

deliberazione impugnata, che resta del tutto integra. Va, poi, preliminarmente esaminata l'eccezione di illegittimità

(1-5) Da ultimo, nel senso che rientra nella giurisdizione del giu dice ordinario il ricorso avverso la deliberazione comunale con la

quale, ai fini della applicazione della legge n. 392/1978, un comune ripartisce in zone il territorio comunale, v. T.A.R. Veneto 9 novem bre 1979, n. 537, Foro it., 1980, III, 73, con nota di richiami.

Per T.A.R. Lazio, Sez. I, 15 dicembre 1979, n. 1060 (ibid.), sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso proposto dal proprietario di un immobile urbano dato in locazione contro la deter minazione da parte dell'ISTAT della variazione dell'indice dei prezzi al consumo, ai fini del calcolo dell'equo canone.

La sentenza del T.A.R. Piemonte in epigrafe ha anche affermato che è legittima la deliberazione con la quale un comune, ai fini della determinazione dell'equo canone di locazione degli immobili urbani, delimita le zone di degrado, anche se nel procedimento siano inter venute le associazioni sindacali, il SUNIA ed i comitati di quartiere, purché le loro segnalazioni siano state spontanee e non abbiano avuto un proprio rilievo giuridico.

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