Parere 10 gennaio 1879, adottato —Consiglio provinciale di AscoliSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1879), pp.65/66-67/68Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23086470 .
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65 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
CONSIGLIO DI STATO. Parere 10 gennaio 1879, adottato — Consiglio provin
ciale di Ascoli.
i&icorso al re — Strade provinciali — Hettifica
zioni (L.27 giugno 1869, art. 1,4, 11 ; L. 30 maggio 1865,
art. 9; L. 20 marzo 1865 sulle opere pubb., art. 35).
E inammessibile il ricorso al re contro le decisioni
ministeriali che dichiarano non potersi asswnere
a carico dello Stato la rettificazione e sistemazione
di tratti di strade provinciali già aperti o in eser
cizio prima della emanazione della legge che le
dichiara di serie.
Gotesta legge mirò soltanto a procurare la strada
dove mancava od a farla compire dove la costru
zione ne era intrapresa, ma non già ad aprire una
strada nuova dove una ve n'era, ne a migliorare le
esistenti.
Se Velenco compreso nell'art. 4 della legge 27 giu
gno 1869 non si presenta compilato con uniforme
sistema per quanto concerne la designazione delle
strade in esso comprese, non ne consegue che pei
diversi numeri di esso siasi data una diversa esten
sione al concetto della legge.
Quanto di vago o di indeterminato s'incontra nella
enumerazione delle strade resta precisato dall'art, li
della legge medesima; e gli studi fatti dalla, Commis
sione incaricata di riferire alla Camera dei depu
tati ed i quadri annessi al suo rapporto debbono
essere tenuti in conto nell'interpretare la legge. (1)
Il Consiglio, ecc. — Ritenuto che la legge 27 giugno
1869 dispone coll'art. 1": « Saranno intraprese o com
piute nelle Provincie meridionali continentali le strade
nazionali e provinciali enumerate nella presente legge » ;
Che all'art. 4° iscrive fra le strade provinciali di
prima serie, al n. 3, quella da Penne ad Ascoli per
Teramo ; Che nel quadro generale di ripartizione della spesa
per le strade provinciali proposte dalla Commissione
della Camera dei deputati, e costituente l'allegato se
condo della sua relazione, la strada da Aquila ad Ascoli
pel tratto scorrente nella Provincia di Ascoli, vi si
trova compresa per una lunghezza di metri 2500 e per la spesa di lire 30 mila, e la strada da Penne ad Ascoli,
per Teramo vi è compresa per metri 9000 e per la
spesa di lire 157,205; Che questi due tronchi esclusivamente furono con
segnati allo Stato a norma del prescritto dall'art. 11
della legge del 1869, e dallo Stato ne fu curato il com
pimento ;
Che, in occasione della liquidazione dei conti delle
opere eseguite, la Provincia di Ascoli pretese che a
carico dello Stato si dovesse sistemare anche il tratto
da Ascoli all'Osteria Pacifici, il quale mediante i 9000
metri suindicati riunisce le due Provincie Ascoli-Te
ramo; ma, respinta l'istanza, fu riprodotta col ricorso
al re del 26 novembre 1877, col quale chiese ancora
che lo Stato sistemasse il tronco da Ascoli verso Tufo,
il quale, mediante i 2500 metri di cui sopra, congiunge le due Provincie di Ascoli ed Aquila ;
Considerato che la legge del 1869 ordinò la costru
zione di nuove vie per provvedere ad urgenti bisogni, dove ne era assolato difetto;
Che in virtù della legge medesima si vollero intra
prendere e compiere nelle Provincie meridionali con
tinentali le strade indispensabili a metterle in comu
nicazione fra loro, e ne fu formato l'elenco in relazione
alle rispettive condizioni della viabilità; Che cotesto elenco compreso nell'art. 4° della legge,
per rispetto alle strade provinciali, se non si presenta
compilato con uniforme sistema, per modo che in esso
si accenni genericamente alle linee di Ascoli-Aquila e
Ascoli-Penne per Teramo, come ai n. 1, 3, mentre si
circoscrive a determinati punti di altre linee, come ai
numeri 7, 9, 10, 12, 17, non ne consegue che pei di
versi numeri siasi data una diversa estensione al con
cetto della legge; Che essa mirò soltanto a procurare la strada dove
mancava, od a compierla dove la costruzione ne era
intrapresa, ma non già ad aprire una strada nuova
dove una ve n'era, od a migliorare le esistenti; Che quanto di vago o di indeterminato s'incontra
nell'enumerazione delle strade resta precisato dall'ar
ticolo 11, dove fu prescritto che al 1° gennaio 1870 si
dovesse far consegna allo Stato od alla Provincia dello
strade annoverate nell'art. 4, le quali dovevano co
struirsi a loro cura; Che gli studi fatti dalla Commissione incaricata di
riferire alla Camera dei deputati, ed i quadri annessi
(1) Dagli Annali delle strade obblig. togliamo le seguenti osserva zioni :
« La legge del 1869 è un provvedimento di favore e di eccezione, a
deroga delle massime generali fissate dalla legge fondamentale pei lavori pubblici, la quale attribuisce alle provincie il carico delle co
struzioni delle strade provinciali, e perciò non si potrebbe interpretare essa legge del 1869 come legge generale di cui la dicitura materiale
vincoli il potere esecutivo, ma debbonsi estendere gli obblighi di questa soltanto fino a raggiungere il limite che il legislatore volle assegnare e fissò nel modo più preciso colla misura dei fondi assegnati.
« In caso simile, cioè esaminando taluni quesiti di massima relativi
ad interpretazione della legge 30 maggio 1875 pure per strade provin ciali di serie riguardo a diritti e obblighi delle provincie per codeste
strade, il Consiglio di Stato a Sezioni riunite esprimeva il 6 aprile ul timo un parere fondato su considerazioni di cui la più importante è
formolata nei seguenti termini : « Nello interpretare la legge di cui si « tratta (30 maggio 1875 per costruzioni di strade provinciali nelle pro « vincie più deficienti di viabilità) devesi aver presente sopratutto che « nella medesima si tratta di strade provinciali, le quali secondo il di « ritto comune dovrebbero essere intieramente ed esclusivamente a ca « rico di ciascuna provincia ; e che perciò, ove si presenti un dubbio « nella interpretazione della legge, dovendo a preferenza seguirsi quella « via che meno si scosta dal diritto comune, si deve preferire quella « interpretazione per cui sia il meno possibile aumentato il carico che « viene imposto allo Stato con essa legge, e sia ridotto ai più ristretti « limiti il vantaggio che in linea di favore viene recato alla provincia. »
« Finalmente la legge 30 maggio 1875, la quale non è che una più
larga applicazione del principio cui è informata quella del 1869 per talune provinciali, .è formolata con quella più esatta definizione di
norme e di condizioni esecutive che l'esperienza dimostrò necessaria
e la giurisprudenza consigliò di adottare. L'art. 9 della legge 30 mag
gio 1875 non si può non avere per una illustrazione ed uno schiarimento
della legge anteriore 27 giugno 1869, ed il legislatore non fece nella
seconda che precisare il concetto implicitamente sancito nella prima ».
Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte III. — 6.
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PARTE TERZA
al suo rapporto, non possono non essere tenuti in conto
nell' interpretare la legge, tanto più che questa risulta
basata sugli apprezzamenti e sui calcoli fatti, e si tratta
di legge di eccezione, portante assegnazione di fondi
sotto l'osservanza di alcune norme e col concorso di
determinate condizioni, di guisa che, salva una precisa
e chiara disposizione sua, debbasi mantenere ed appli
care la legge generale sui servizi stradali;
Che mediante le opere eseguite dallo Stato nelle due
linee Ascoli-Penne essendosi provvisto alla continuità
del carreggio fra le due provincie, già in parte servite
dai tronchi in esercizio, si è soddisfatto alla legge spe
ciale del 1869, e così le opere non indispensabili a ri
durre questi tronchi in condizioni lodevoli, come quelle
di rettificazioni, debbono ricadere sulla provincia a
norma dell'art. 37 della legge del 1865;
Che il silenzio della Provincia di Ascoli nel 1870 e
posteriormente fino a che si procedette alla liquida
zione dei conti relativi ai tratti costrutti dallo Stato,
la pratica costante nell'applicare la legge del 1869 in
senso contrario ai reclami di quella con acquiescenza
delle altre Provincie interessate, ed il riflesso che la
interpretazione sostenuta nel ricorso indurrebbe ad
estendere il favore al di là di ogni previsione e degli
intendimenti pei quali fu concessa una somma limitata,
non consentono di aderire alle tardive pretese;
Che, se è lecito eccedere gli assegni fatti per com
piere le opere specificamente indicate, non si avrebbe
modo di provvedere ad opere diverse e nuove, ed il
carico dello Stato richiederebbe la emanazione di una
legge apposita, lo che esclude vi sia provvisto da quella
del 1869; Che d'altronde non si possono ricusare gli argomenti
di analogia opportunamente dedotti dalla legge del
30 maggio 1875, la quale certamente ebbe a scopo di
completare il concetto di quella del 1869, e dell'altra
precedente del 1868, nella viabilità obbligatoria ; Richiamando abbondantemente il parere del 6 aprile
1878, e concorrendo nel voto spiegato il 23 marzo 1877
dal Consiglio superiore dei lavori pubblici;
Opina che il ricorso della Provincia di Ascoli debba
essere respinto.
CORTE DEI CONTI. Sezione III — Udienza 3 luglio 1878, Pres. Magliani,
Est. Finali, Giuri, spec. — De-Coclrika (Avv. Cor
belli).
Eredità — Kiiiiincia — Slifliiaia/idiic al Console — Stranieri — Muliità (Cod. civ., disp. prel., art.
8, 9; Reg. consolare 28 gennaio 18G6, art. 54).
E nulla la dichiarazione di rinuncia, ad una eredità
non apertasi in Italia fatta da stranieri al console
italiano all'estero, mancando quei requisiti per i
quali i consoli del Regno all'estero sono ufficiali dello Stato civile e notai rispetto ai cittadini che
trovimi nel luogo della loro residenza.
La Corte, ecc. — Ritenuto che colla decisione del
16 novembre 1876 la Corte, giudicando il conto dei
vaglia postali reso nell'interesse del fu barone Carlo
Kemperle di Philipsborne, già console pel regno di
Italia a Panama pel periodo dal 1° gennaio 1872 al 14
gennaio 1873, accertò un debito di lire 7398 50, al cui
pagamento, insieme agli interessi dal 15 gennaio 1873,
condannò gli eredi del contabile debitore.
Fra questi sono nella decisione menzionati Alberto e
Giovanna De-Codrika, unitamente alla loro madre
Paolina nata Kemperle di Philipsborne. I predetti Al
berto e Giovanna De-Codrika si presentarono il 15 no
vembre 1876, cioè il giorno innanzi alla data della de
cisione, al console generale d'Italia in Parigi per ri
nunciare alla eredità dello zio materno; Giovanna pre
sentandosi di persona, e per Alberto, domiciliato a
Colmar in Alsazia, presentandosi il padre di lui Achille
che ne aveva mandato. Alla dichiarazione di rinuncia
della eredità è aggiunta quella di essere pronti a rin
novarla innanzi a qualunque autorità e magistrati poi
fini di diritto. In appresso Alberto De-Codrika e sua sorella Gio
vanna, con atti rispettivamente fatti a Colmar il 24
ed a Parigi il 23 aprile 1877, diedero mandato all'av
vocato Francesco Corbelli di Roma di rinunciare alla
eredità del barone Carlo Kemperle, reiterare la ri
nuncia precedente, costituire avvocati, procuratori, e
fare opposizione contro ogni sentenza o decisione pro nunciata a carico del defunto barone Kemperle di Phi
lipsborne e de' suoi eredi. In quest'ultima parte l'avv. Cor
belli adempì il mandato, presentando addi 9 maggio l'atto
di opposizione sul quale la Corte deve decidere.
La Procura generale, visto l'art. 54 del Regolamento consolare approvato col R. Decreto 28 gennaio 1866, n. 2804, ed atteso che la rinuncia alla eredità prece dette in tempo la oppugnata decisione, si rimette alla
giustizia della Corte.
Considerando che, sebbene console per S. M. il Re
d'Italia a Panama, il barone Carlo Kemperle di Phi
lipsborne non era cittadino italiano; che la succes
sione di lui non si aperse in Italia, e che stranieri sono
gli opponenti Alberto e Giovanna De-Codrika;
Che, secondo l'art. 8 delle disposizioni preliminari al
Codice civile del 25 giugno 1865, le successioni legit time e testamentarie sono in tutto regolate dalla legge nazionale della persona della cui eredità si tratta; e
secondo l'art. 9 di quelle disposizioni preliminari le
forme estrinseche degli atti tra vivi e di ultima vo
lontà sono determinate dalla legge del luogo in cui
furono fatte; Che il console generale del Regno d'Italia a Parigi
ricevette una dichiarazione di rinuncia di eredità non
apertasi in Italia, da parte di due stranieri; onde di
quell'atto non potrebbe riconoscersi la legittima effi
cacia, mancando quei requisiti pei quali i consoli del
Regno all'estero sono ufficiali dello stato civile e notai
rispetto ai cittadini italiani che trovinsi nel luogo della loro residenza;
Che la pretesa rinuncia del 15 novembre 1876 non fu dagli opponenti o dal suo mandatario reiterata e
regolarizzata;
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