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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monterosso,...

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sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monterosso, Est. Novarese; Associazione «Italia Nostra» (Avv. Pettinelli) c. Comune di Teramo (Avv. Marini, Nisii, Scoca), Regione Abruzzo (Avv. dello Stato Bafile), Soc. costruttori Teramani (Avv. Massignani, La Morgia), Soc. Selva Piana (Avv. Alby); interv. ad adiuvandum World Wildlife Fund (Avv. Lorizio) Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991), pp. 461/462-471/472 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183226 . Accessed: 25/06/2014 00:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.37 on Wed, 25 Jun 2014 00:53:15 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monterosso, Est. Novarese; Associazione «Italia Nostra» (Avv. Pettinelli) c. Comune di Teramo

sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monterosso, Est. Novarese; Associazione «Italia Nostra»(Avv. Pettinelli) c. Comune di Teramo (Avv. Marini, Nisii, Scoca), Regione Abruzzo (Avv. delloStato Bafile), Soc. costruttori Teramani (Avv. Massignani, La Morgia), Soc. Selva Piana (Avv.Alby); interv. ad adiuvandum World Wildlife Fund (Avv. Lorizio)Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 461/462-471/472Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183226 .

Accessed: 25/06/2014 00:53

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'A BRUZZO; sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monte

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'A BRUZZO; sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monte

rosso, Est. Novarese; Associazione «Italia Nostra» (Aw. Pet

tinelli) c. Comune di Teramo (Avv. Marini, Nisii, Scoca),

Regione Abruzzo (Avv. dello Stato Bafile), Soc. costruttori

Teramani (Avv. Massignani, La Morgia), Soc. Selva Piana

(Avv. Alby); interv. ad adiuvandum World Wildlife Fund

(Avv. Lorizio).

Giustizia amministrativa — Provvedimenti lesivi dell'ambiente — Ricorsi di associazioni ambientalistiche — Ammissibilità — Fattispecie (L. 8 luglio 1986 n. 349, istituzione del ministe

ro dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale, art. 13, 18; d.m. 20 febbraio 1987, individuazione delle asso

ciazioni di protezione ambientale ai sensi dell'art. 13 1. 8 lu

glio 1986, n. 349, art. 1). Giustizia amministrativa — Provvedimenti lesivi dell'ambiente

— Intervento «ad adiuvandum» di associazioni ambientalisti

che legittimate ad agire in via principale — Ammissibilità —

Termine di decadenza — Fattispecie (R.d. 17 agosto 1907 n.

642, regolamento per la procedura dinanzi al Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale, art. 37, 40; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi, art. 22; I. 8 luglio 1986

n. 349, art. 13, 18). Edilizia e urbanistica — Opere pubbliche comunali — Conces

sione di costruzione — Necessità (L. 17 agosto 1942 n. 1150,

legge urbanistica, art. 29, 31; 1. 6 agosto 1976 n. 765, modifi

che e integrazioni della legge urbanistica 17 agosto 1942 n.

1150, art. 10; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per l'edificabi

lità dei suoli, art. 1, 9). Giustizia amministrativa — Approvazione di progetti di opere

pubbliche — Ricorso — Termine — Decorrenza dalla pubbli cazione della deliberazione (L. 17 agosto 1942 n. 1150, art.

31; 1. 6 agosto 1976 n. 765, art. 10). Bellezze naturali (protezione delle) — Opera pubblica in area

prossima a fiume — Difetto di nulla osta paesaggistico —

Concessione di costruzione — Illegittimità — Fattispecie (L.

29 giugno 1939 n. 1497, norme sulla protezione delle bellezze

naturali, art. 7; r.d. 3 giugno 1940 n. 1357, regolamento di

applicazione della 1. 29 giugno 1939 n. 1497, art. 25; d.m.

2 aprile 1968 limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza,

di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi desti

nati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a par

cheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi stru

menti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi

dell'art. 17 1. 6 agosto 1967 n. 765, art. 2, 4; d.p.r. 24 luglio

1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22

luglio 1975 n. 382, art. 82; d.l. 27 giugno 1985 n. 312, dispo

sizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse

ambientale, art. 1; 1. 8 agosto 1985 n. 431, conversione in

legge, con modificazioni, del d.l. 27 giugno 1985 n. 312, art. 1).

Un'associazione ambientalistica riconosciuta dal ministro del

l'ambiente è legittimata ad impugnare la concessione per la

costruzione di due parcheggi a cinque piani, su aree limitrofe

al centro storico di una città e prospicienti due fiumi. (1)

(1) La sentenza fa applicazione della norma dell'art. 18, 5° comma, 1. n. 349 del 1986 che ha finalmente risolto, legislativamente, la proble matica della tutela giurisdizionale degli interessi ambientali da parte delle

associazioni esponenziali di tali interessi, riconoscendo ad esse sia il

diritto di intervento nei giudizi di danno ambientale che quello di chie

dere l'annullamento degli atti illegittimi che si pongano in contrasto

con i valori ambientali. In ordine all'individuazione delle associazioni a cui è riconosciuta la

legittimazione, Corte cost. 28 maggio 1987, n. 210, Foro it., 1988, I,

329, con nota di F. Giampietro, ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità delle norme che limitano tale legittimazione a quelle aventi carattere nazionale e/o presenti in cinque regioni e da determi

narsi con decreto del ministro dell'ambiente. Tar Lombardia, sez. II, 15 aprile 1988, n. 105, id., 1989, III, 33, ha, peraltro, ritenuto inam

missibile il ricorso promosso dalle articolazioni locali delle associazioni

nazionali individuate dal decreto del ministro in difetto di apposito pre ventivo mandato pur in presenza di una ratifica successiva.

Il Foro Italiano — 1991.

Nel ricorso proposto contro provvedimenti lesivi dell'ambiente, è ammissibile l'intervento ad adiuvandum proposto da un'as

sociazione ambientalistica la quale, per essere stata ricono

sciuta dal ministro per l'ambiente, avrebbe potuto impugnarli in via principale, purché il ricorso abbia rispettato il termi

Tar Lazio, sez. I, 21 settembre 1989, n. 1272, id., 1990, III, 179, con nota di richiami di R. Ferrara, offre un'attenta e completa rico struzione della tematica, precisando che, ai fini del riconoscimento del la legittimazione, non si richiede alcun accertamento da parte del giudi ce amministrativo della situazione di danno ambientale dovendosi fare

applicazione delle regole generali del processo amministrativo nella va lutazione della concretezza ed attualità dell'interesse a ricorrere. La stessa decisione ritiene, inoltre, superato l'orientamento giurisprudenziale fa vorevole anche alla legittimazione di altre associazioni sul presupposto della loro rappresentatività di interessi localizzati in concreto in una determinata area. In senso conforme, v. la decisione d'appello della stessa sentenza, Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 1990, n. 728, che sarà

riportata in un prossimo fascicolo. Per l'opinione contraria, v., oltre i precedenti citati nella nota a Tar

Lazio 1272/89, cit., Tar Lazio, sez. II, 19 dicembre 1990, n. 2235, id., 1991, III, 179, con nota di richiami, che, peraltro senza alcun appro fondimento della questione, estende la legittimazione a ricorrere anche ad associazioni non riconosciute, purché abbiano tra i fini statutari la tutela dei valori ambientali.

La tesi secondo cui la legittimazione ex lege delle associazioni di pro tezione ambientale coesisterebbe accanto alla legittimazione delle for mazioni sociali e dei singoli in virtù del criterio della vicinitas è sostenu ta in dottrina da F. Giampietro, Responsabilità civile per danno al

l'ambiente: iniziative internazionali ed esperienza italiana, id., 1986, V, 500; Schettini, L'intervento delle associazioni nel giudizio di danno

ambientale, in Riv. critica dir. privato, 1987, 673; G. Romeo, L'interes se diffuso, l'ambiente ed il giudice amministrativo, in Foro amm., 1986, 2594; M. Franco, La titolarità dell'azione di impugnazione di atti am

ministrativi in materia di tutela ambientale dopo l'entrata in vigore del la l. 8 luglio 1989 n. 349, in Quaderni regionali, 1989, 1095, per i quali l'intervento del legislatore ha avuto solo la funzione di integrare i risul tati già raggiunti, in sede giurisprudenziale, nella questione dell'accesso dell'interesse diffuso di natura ambientale nel processo amministrativo, attribuendo alle associazioni ambientaliste il ruolo istituzionalizzato di

controllo dell'attività delle amministrazioni coinvolte nella gestione del l'interesse ambientale. In senso conforme, se pur critico verso tale risul tato legislativo, V. Caianiello, Manuale di diritto processuale ammini

strativo, Torino, 1988, 169 ss., che assegna alla giurisprudenza il com

pito di escludere le azioni proposte in nome di un astratto rispetto della

legalità e di circoscrivere l'ammissibilità dei ricorsi solo a quelli rivolti

alla protezione di un interesse ambientale. Medugno, Sulla legittima zione ad agire delle associazioni di protezione dell'ambiente e di singoli cittadini in sede di giurisdizione amministrativa, in Riv. giur. ambiente, 1991, 98; Parisio, Associazioni ambientali e procedimento di valutazio ne dell'impatto ambientale, ibid., 101, sostengono che l'intervento re

strittivo del legislatore potrebbe essere superato da un'interpretazione che attribuisca all'autorità giurisdizionale il potere di valutare caso per caso la legittimazione facendo uso dei criteri già enucleati dalla giuri

sprudenza amministrativa. Ulteriore spazio è riservato alle associazioni

non «individuate» anche da Matteini-Chiari, Il danno da lesione am

bientale, Rimini, 1990, 138, per il quale dette associazioni riacquiste rebbero pienezza di azione in relazione all'interesse legittimo connesso

alle singole componenti del bene ambiente. La posizione, nel processo amministrativo, delle associazioni ambien

taliste non riconosciute va, peraltro, oggi rivista anche alla luce delle

nuove previsioni contenute nella 1. 7 agosto 1990 n. 241 che, sancendo

l'ingresso degli interessi diffusi anche nella fase del procedimento am

ministrativo, fanno si che le associazioni potranno divenire titolari nei

relativi giudizi anche di interessi concreti e non già del mero rispetto della legalità dell'azione amministrativa. Sulle nuove facoltà partecipa tive concesse alle associazioni ambientaliste, R. Fuzio, Diritto all'infor mazione e diritto alla partecipazione nella gestione del vincolo paesisti co e degli altri interessi ambientali. Il ruolo delle associazioni ambienta

liste, in Comuni d'Italia, 1991, 529. Tar Lombardia, sez. I, 21 marzo 1989, n. 124, Foro it., 1990, III,

274, ha sostenuto che le associazioni riconosciute, ai fini della legitti mazione a ricorrere, devono agire esclusivamente per la tutela di inte

ressi strettamente inerenti la materia dell'ambiente, disconoscendo tale

legittimazione in ipotesi di censure rivolte alla salvaguardia di interessi

diversi da quelli oggetto della 1. n. 349 del 1986, quali quelli connessi

ai vincoli artistici, storici ed archeologici ed all'urbanistica, mentre ha

ritenuto ammissibile la legittimazione in materia di vincolo paesaggisti co ed idrogeologico. In senso diametralmente opposto, la decisione del

lo stesso Tar Lombardia, sez. I, 17 gennaio 1990, n. 15, ibid.

Sul problema degli interessi ricompresi nella nozione di ambiente, di cui all'art. 18, 1. n. 349/86, in dottrina, F. Giampietro, La respon

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PARTE TERZA

ne di decadenza e non abbia provocato dilatazioni anche tem

porali del processo. (2) Anche per la realizzazione delle opere pubbliche di competenza

sabilità per danno all'ambiente. Profili amministrativi, civili e penali, Milano, 1988, 352 ss.; Sala, in nota a Tar Lombardia 21 marzo 1989, n. 124, cit., in Corriere giur., 1989, 830; Morbidelli, Il danno ambien

tale nell'art. 18 della I. n. 349/86. Considerazioni introduttive, in Riv.

critica dir. privato, 1987, 609; Conti, La legittimazione ad agire delle

associazioni ambientalistiche di cui all'art. 13 I. 349/86 secondo un re

cente orientamento, giurisprudenziale, in Riv. giur. ambiente, 1990, 777.

(2) I. - L'intervento nel processo amministrativo è istituto che non trova una sua specifica disciplina nell'ordinamento, giacché l'art. 37 r.d. 17 agosto 1907 n. 642 e l'art. 22 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 si limitano a sancire che «chi ha un interesse nella contestazione può in

tervenirvi» secondo le modalità e le forme, per la verità molto scarne,

previste dal medesimo art. 22. L'istituto ha perciò finito per trovare

la sua definizione nell'ambito dottrinario e negli orientamenti giurispru denziali, sedi nelle quali si è esclusa ogni forma di intervento principale o litisconsortile ammettendosi solo l'intervento volontario, dipendente ed adesivo, nelle due forme: ad adiuvandum, a sostegno del ricorrente e ad opponendum, a sostegno del resistente. Per la dottrina, Caianiel

lo, Manuale di diritto processuale amministrtivo, cit., 540; Virga, Di

ritto amministrativo - Atti e ricorsi, Milano, 1987, 360. In giurispru denza, Cons. Stato, sez. VI, 27 maggio 1988, n. 725, Foro it., 1989,

III, 348, con nota di richiami; Tar Lazio, sez. II, 11 maggio 1988, n. 676, id., Rep. 1989, voce Giustizia amministrativa, n. 685; Tar Lom

bardia, sez. II, 17 febbraio 1988, n. 31, id., Rep. 1988, voce cit., n.

621 e Foro amm., 1988, 943, tutte univoche nel negare l'ammissibilità di un intervento da parte di chi sia titolare di una posizione sostanziale

tale da legittimarlo quale ricorrente principale. L'intervento in pratica, offre copertura ad alcune situazioni giuridi

che che, non disponendo di mezzi di tutela diretta, l'ordinamento ritie ne degne di una tutela solo residuale, accessoria e dipendente dalla po sizione del soggetto legittimato in via principale.

La massima non presenta precedenti specifici atteso che, a parte le

decisioni segnalate in precedenza per quanto attiene al potere di legitti mazione diretta delle associazioni ambientaliste, solo Tar Toscana, sez.

I, 10 novembre 1989, n. 929, Foro it., 1990, III, 476, si è occupata del potere di intervento nel processo amministrativo delle associazioni

ambientaliste, ma limitatamente alla forma dell'intervento ad oppo nendum.

Sul punto la sentenza che si riporta si presta, peraltro, a due diverse

interpretazioni. In prima approssimazione essa non si discosta dall'o rientamento generale secondo cui l'intervento da parte di chi sia porta tore di un interesse identico a quello della parte principale e che lo avrebbe legittimato come ricorrente autonomo è pur sempre ammissibi le qualora venga proposto nel termine di decadenza previsto per la pro posizione del ricorso principale; in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 27

maggio 1988, n. 725, cit., ed ivi ulteriori riferimenti tanto in motivazio ne che nella nota di richiami.

In tal caso, più opportunamente, in dottrina si parla di conversione dell'atto di intervento: Caianiello, op. cit.. 505; Santoro, Appunti sull'intervento nel processo amministrativo, in Dir. proc. ammin., 1986, 554; Brienza, L'intervento volontario nel processo amministrativo, in Foro amm., 1978, I, 2684.

II. - L'affermazione contenuta in sentenza si offre, però, anche ad

altra, ma più forzata, interpretazione in base alla quale l'intervento adesivo litisconsortile sarebbe ammissibile, in via generale, purché siano

rispettati i termini di decadenza dell'intervento e ciò non comporti una eccessiva dilatazione del processo. In proposito va rilevato che, ai sensi dell'art. 40 r.d. 17 agosto 1907 n. 642, nel processo amministrativo l'intervento ha luogo nello stato in cui si trova la controversia e, quin di, senza alcun onere di osservanza di inesistenti termini di decadenza, se non quello implicito del passaggio in decisione della causa (Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 1989, n. 526, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 686) e che, pertanto, per effetto del disposto degli art. 22, 2° e 3°

comma, e 23, 4° comma, 1. 1034/71, l'atto di intervento in giudizio non può essere ammesso quando manchino meno di venti giorni dalla data fissata per la discussione del ricorso, salvo che nei casi di rinunzia delle altre parti ai termini posti a loro favore per rispondere all'inter

vento, o di consenso delle parti medesime al rinvio dell'udienza (Tar Lazio, sez. II, 14 ottobre 1988, n. 1247, ibid., n. 691).

Contra, Tar Lombardia, sez. II, 17 febbraio 1988, n. 31, cit., con nota adesiva, ma non convincente, di A. Ferrari, L'intervento tardivo nel processo amministrativo, che ha affermato, invece, l'ammissibilità dell'intervento in giudizio pur se depositato meno di venti giorni prima della data fissata per la discussione del ricorso, facendo derivare dalla tardività dell'intervento l'unica preclusione dell'allegazione di documenti.

In questa prospettazione la sentenza, però, non offrirebbe alcuna mo tivazione sull'ammissibilità di un intervento litisconsortile eccetto l'indi cata particolare configurazione dell'interesse fatto valere dalle associa zioni ambientaliste. Di rilievo, al riguardo, è quanto sostenuto da Tar

Il Foro Italiano — 1991.

comunale è necessaria la concessione di costruzione da rila

sciarsi dal sindaco. (3) Il termine di decadenza entro cui deve essere proposto il ricorso

contro le deliberazioni comunali di approvazione dei progetti esecutivi di un'opera pubblica, di competenza del comune stes

so, decorre, a differenza di quello per i ricorsi contro la sus

seguente concessione di costruzione, dalla loro pubblicazione,

indipendentemente dal momento successivo in cui l'interessa

to ne viene a conoscenza. (4)

Toscana, sez. I, 10 novembre 1989, n. 929, cit., che ha negato alle

associazioni riconosciute ai sensi degli art. 13 e 18 1. 349/86 la qualità di controinteressato, avente titolo a litisconsorzio necessario passivo, assegnando alle stesse solo «facoltà dialetticamente collaborativa per la realizzazione delle esigenze della collettività, che esclude la configu razione di situazione giuridica sostanziale di diretta ed immediata lesio ne di un interesse imputato, in via autonoma, alle stesse associazioni», con ciò offrendo argomento per ritenere la posizione di queste come

dipendente dalla posizione giuridica dell'organo pubblico competente a gestire l'interesse alla tutela ambientale.

Il problema del rapporto tra la facoltà delle associazioni ambientali

ste di impugnare gli atti illegittimi lesivi dell'ambiente e quella di inter

venire a sostegno del ricorso altrui, non ha trovato ancora alcun appro fondimento neppure in dottrina; per Santoro, op. cit., 559, l'interven to a tutela di interessi diffusi costituirebbe un tertium genus di intervento

con la conseguenza che alle associazioni intervenute andrebbero ricono sciuti tutti i poteri che competono alle parti necessarie.

È da segnalare che nessuna attenzione al problema è stata prestata dal disegno di legge delega per la riforma del processo amministrativo, su cui v. La riforma della giustizia amministrativa, in Foro it., 1990,

V, 289, a cura di un gruppo di studio, che opportunamente propone l'introduzione di una disciplina delle ipotesi di legittimazione all'inter vento volontario da parte di terzi cui la causa è comune.

In proposito vanno anche qui richiamati gli effetti conseguenti alla pos sibilità di intervento oggi riconosciuta dagli art. 9, 10, 11 1. 241/90, alle associazioni ambientalistiche nell'ambito dei procedimenti amministrati vi interferenti con la materia dell'ambiente (su cui v. già Cons. Stato, sez.

VI, 27 agosto 1982, n. 407, id., 1983, III, 136, con nota di Ferrara). (3) Il Tar Abruzzo con il principio espresso in massima si schiera

con quella parte minoritaria della giurisprudenza amministrativa che sostiene la necessità per il comune di munirsi della concessione edilizia

per l'esecuzione di opere pubbliche comunali. L'affermazione è fondata sulla netta separazione tra l'approvazione dell'opera, diretta alla dichia razione di pubblica utilità della stessa, e la verifica della sua conformità urbanistica di esclusiva competenza del sindaco. Vi è da rilevare, peral tro, che la sentenza richiama a sostegno della propria tesi anche due decisioni del Consiglio di Stato che esprimono, invece, opinioni diame tralmente opposte a quelle ad esse attribuite dai giudici abruzzesi. Di

recente, Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 1988, n. 592, Foro it., 1990, III, 21, con nota di richiami (citata in maniera erronea in motivazione) ha consolidato, pur senza molto approfondimento, la tesi prevalente della non necessità della concessione in quanto, con l'approvazione del

progetto esecutivo, gli organi comunali assolvono anche al compito di controllare che l'opera sia conforme agli strumenti urbanistici ed alle

leggi e regolamenti. In dottrina, per gli opposti orientamenti, v. G. Antinori, Opere pub

bliche del comune. Necessità della concessione edilizia, in Riv. giur. edilizia, 1987, II, 54, con particolare approfondimento sulla natura dei

poteri del sindaco in materia urbanistica, e Grassi, Necessità di preven tiva concessione per l'esecuzione di opere pubbliche comunali, in Nuo va rass., 1986, 2637.

La giurisprudenza del giudice penale è, invece, consolidata nel senso della necessità della concessione; da ultimo, per la giurisprudenza in

merito, Pret. Pizzo 6 luglio 1988, Foro it., Rep. 1989, voce Edilizia e urbanistica, n. 651, che richiama a sostegno il disposto del d.l. 12

gennaio 1988 n. 2, convertito con 1. 13 marzo 1988 n. 68, e, per la

giurisprudenza di legittimità, Cass. 8 novembre 1988, Matarazzo, Riv.

pen. economia, 1991, 73.

(4) Anche la quarta massima riafferma un principio abbastanza con

solidato, per il quale mentre il termine dell'impugnativa della conces sione edilizia decorre non dalla sua affissione all'albo pretorio (art. 10, 8° comma, 1. 6 agosto 1967 n. 675) ma solo dall'inizio dei relativi lavo

ri, purché sufficiente a far conoscere i vizi dell'atto, altrettanto non si verifica per gli atti presupposti della concessione edilizia, qual è nella

fattispecie la delibera di approvazione di un progetto esecutivo di opera pubblica comunale.

Per quanto riguarda i termini d'impugnazione della concessione edili

zia, Cons. Stato, sez. IV, 23 maggio 1988, n. 434, Foro it., Rep. 1988, voce Giustizia amministrativa, n. 277, ritiene che l'elemento della cono scenza va rapportato al concreto svolgersi della situazione di fatto in relazione alla violazione urbanistica che si assume commessa: con la

conseguenza che, ove venga dedotta la violazione di un vincolo di inedi ficabilità in superficie, la conoscenza può presumersi avvenuta solo se

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

È illegittima la concessione di costruzione, rilasciata dal sindaco

malgrado il difetto del nulla osta paesaggistico, per la realiz

zazione di parcheggi a distanza inferiore a centocinquanta metri

da due fiumi, su aree che non possono essere considerate in

cluse nelle zone A e B, perché, tra le altre ragioni, diverse

per caratteristiche morfologiche e ambientali dal pur conti

guo centro storico. (5)

Diritto. — 1. - I tre ricorsi debbono essere riuniti, essendo

rivolti contro atti e provvedimenti che ancorché distinti e prove nienti da autorità diverse rappresentano lo sviluppo di una de

terminazione amministrativa sostanzialmente unitaria (o che, co

munque, in essa vengono — a vario titolo — ad inserirsi) e

chiaramente percepibile un'attività edilizia sicuramente indirizzata alla

costruzione fuori terra; Tar Lombardia, sez. I, 21 marzo 1989, n. 124,

cit., nella parte motiva non massimata, sostiene che, ai fini dell'impu

gnazione della concessione edilizia, la piena conoscenza deve ritenersi

desumibile non già dalla data di inizio dei lavori bensì' da quella di

ultimazione degli stessi.

Più in generale, sulla decorrenza dei termini di impugnazione, Tar

Lazio, sez. II, 27 giugno 1988, n. 907, id., 1989, III, 141, con nota

di richiami, in cui si ribadisce la distinzione tra i soggetti non contem

plati direttamente nell'atto, per i quali il termine decorre dalla data

di pubblicazione nelle forme prescritte, salva l'eventuale anteriore piena conoscenza da provare da parte di chi eccepisce l'intempestività e colo

ro che siano direttamente interessati dall'atto per i quali il termine de

corre dall'awenuta notifica o dalla piena conoscenza dell'atto.

(5) I. - I rapporti tra l'autorizzazione paesistica e la concessione edi

lizia sono stati definitivamente chiariti nel senso della loro piena auto

nomia da Cons. Stato, ad. plen., 3 ottobre 1988, n. 8, Foro it., 1989,

III, 65. Il nulla osta paesaggistico è, peraltro, strutturato dall'ordina

mento (art. 25 r.d. 3 giugno 1940 n. 1357) come presupposto di legitti mità della concessione; a questa visione aderisce il Tar Abruzzo con

la precisazione che l'inversione dell'ordine procedimentale costituisce

solo una mera irregolarità. In senso conforme, Cons. Stato, sez. V, 1° febbraio 1990, n. 61 e 20 novembre 1989, n. 738, id., Rep. 1990, voce Edilizia ed urbanistica, nn. 375, 374, per le quali l'autorizzazione

paesistica è necessaria, comunque, che intervenga prima dell'inizio dei

lavori.

Per Tar Sicilia, sez. II, Catania, 7 luglio 1989, n. 515, ibid., n. 373,

pur non escludendosi che la sovrintendenza ai beni ambientali, in sede

di rilascio dell'autorizzazione paesistica, possa valutare incidentalmente

l'eventuale inedificabilità assoluta dell'area, tale valutazione deve essere

evitata in presenza di una concessione edilizia già rilasciata.

Per ulteriori riferimenti sul punto, v. le osservazioni di Fuzio in nota

a Tar Lazio, sez. II, 20 settembre 1989, n. 1270, id., 1991, III, 204.

II. - Sui criteri per l'individuazione delle aree sottoposte a vincolo

ex lege dall'art. 1 1. 431/85, in dottrina, Famiglietti-Giuffrè, Il regime delle zone di particolare interesse ambientale, Napoli, 1989, 21 ss.; Fu

zio, I nuovi beni paesistici - Manuale di tutela del paesaggio, Rimini,

1990, 167 ss. Per la giurisprudenza, in particolare per le aree contigue ai corsi e specchi d'acqua e per le aree boscate, Pret. Cremona 24 set

tembre 1990, Foro it., 1991, II, 409 e Tar Lombardia, sez. Brescia, 27 settembre 1989, n. 931, id., Rep. 1990, voce Bellezze naturali, n. 43.

III. - Non constano precedenti specifici in ordine ai criteri di determi

nazione delle aree da includere nelle zone territoriali omogenee di cui

all'art. 2 d.m. 2 aprile 1968. La decisione del Tar Abruzzo si basa

sull'espressa indicazione legislativa che include nella zona A, oltre le

parti di territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono parti colari caratteri di rilevanza storica, artistica ed ambientale, anche le

aree circostanti purché esse «possano considerarsi parti integranti della

zona per tali caratteristiche». L'omogeneità richiesta dalla norma è, quin

di, di natura qualitativa e prevale sulla mera contiguità spaziale. Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 1986, n. 268, id., Rep. 1986, voce

Edilizia e urbanistica, n. 252, pur in fattispecie diversa, sostiene che

l'individuazione dell'omogeneità di una zona, in riferimento alla situa

zione morfologica, ambientale e d'uso di una parte del territorio comu

nale, acquista rilevanza ai soli fini della dotazione degli standards, e

non vincola l'amministrazione ad altri fini.

Quanto ai casi di esclusione dal vincolo ex lege ed in particolare per le aree incluse nei programmi pluriennali di attuazione, si segnala che

Cons. Stato, sez. VI, 1° febbraio 1990, n. 180, id., Rep. 1990, voce

Bellezze naturali, n. 35, ha ritenuto che la misura di salvaguardia dell'i

nedificabilità ingiunta con decreto emesso ai sensi dell'art. 2 d.m. 21

settembre 1984 e convalidato dall'art. 1 quinquies 1. 431/85 può esten

dersi anche alle aree ricomprese nei piani pluriennali di attuazione. [R.

Fuzio]

Il Foro Italiano — 1991.

concernente la costruzione nella città di Teramo di due par

cheggi sui lungofiumi Vezzola e Tordino.

Con ricorsi n. 146 e n. 147 del 1989 l'associazione Italia No

stra ha impugnato le concessioni edilizie rilasciate dal sindaco

di Teramo per la costruzione (rispettivamente in località «San

Francesco» e località «San Giuseppe») di detti parcheggi, e gli atti presupposti e connessi tra cui esplicitamente le precedenti delibere consiliari di approvazione di dette opere pubbliche e le successive delibere di affidamento in concessione dei lavori

di costruzione e di gestione degli impianti alle società controin

teressate.

Con il ricorso n. 147 del 1989 l'impugnativa è estesa anche

al piano particolareggiato del centro storico di Teramo.

In sostanza l'associazione ricorrente (adiuvata in giudizio dal

W.W.F. a tal fine intervenuto) lamenta la mancata acquisizione del nulla osta paesaggistico che si imponeva in quanto dette

opere insisterebbero su aree sottoposte al vincolo previsto dal

l'art. 1 1. n. 431 del 1985 e denuncia, poi, ulteirori e specifici

profili di illegittimità in relazione alla destinazione (in parte a negozi e uffici) del parcheggio «San Francesco» e la sua ubica

zione in area pervenuta al comune a seguito della riforma sani

taria (per cui si rendeva necessario anche acquisire l'apposita autorizzazione regionale prevista dalla l.reg. n. 35 del 1981) e

in relazione alle modalità di affidamento dei lavori di costruzio

ne e gestione dei parcheggi «San Giuseppe» e «San Francesco»

alle società concessionarie.

Infine con il ricorso n. 636 del 1989 l'associazione Italia No

stra ha impugnato — peraltro a fini dichiaratamente tuzioristici — le note con le quali i responsabili degli uffici dell'ammini

strazione regionale e dell'amministrazione statale preposti alla

tutela degli interessi ambientali hanno aderito, in sostanza, alle

tesi del comune in ordine alla non applicazione del vincolo pae

saggistico alle aree interessate dai parcheggi in questione. 2. - Cosi sintetizzato il complessivo thema decidendum dei

tre ricorsi, occorre procedere all'esame delle questioni pregiudi ziali sollevate dalle amministrazioni resistenti e dalle società con

trointeressate, esame per il quale sembra opportuno seguire un

ordine parzialmente diverso da quello dei ricorsi, dei motivi o

della prospettazione delle parti, al fine di sgomberare il campo da tutto ciò che contribuisce a complicare inutilmente la tratta

zione delle questioni sostanziali. (Omissis) 4. - Si può, quindi, passare all'esame dei capi che residuano

nei ricorsi nn. 146 del 1989 e 147 del 1989 e cioè per la parte in cui si rivolgono contro le delibere consiliari di approvazione dei progetti per la costruzione dei parcheggi sulle aree in que

stione, contro i provvedimenti di rilascio delle relative conces

sioni edilizie e, infine, contro le delibere di affidamento dei la

vori alle società controinteressate.

In relazione ai sopraindicati capi dei ricorsi sono state solle

vate una serie di eccezioni pregiudiziali con le quali variamente

si contesta la legittimazione in toto dell'associazione ricorrente

alle impugnative; la tardività dell'impugnativa delle delibere di

approvazione dei progetti e la conseguente inammissibilità (ol tre che tardività) dell'impugnativa delle concessioni edilizie in

quanto, essendo rilasciate alla stessa amministrazione comuna

le, sono (secondo l'assunto) prive di rilevanza prowedimentale; la carenza di legittimazione dell'associazione ricorrente a far va

lere l'inosservanza di norme che non sono poste a protezione

degli interessi ambientalistici e/o contro provvedimenti che non

sono idonei ad incidere autonomamente (come le delibere di

affidamento dei lavori) su tali interessi.

5. - Sulla prima questione (sollevata dalla soc. Costruttori

Teramani) è sufficiente osservare che la ricorrente rientra nel

novero (art. 13 1. 8 marzo 1986 n. 349 e d.m. 20 febbraio 1987)

delle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale

legittimate (art. 18 1. cit.) a ricorrere in sede di giurisdizione

amministrativa per l'annullamento di «atti» (che si assumono)

illegittimi e lesivi dei beni ambientali.

Non vi è dubbio che la realizzazione cronologicamente e fun

zionalmente coordinata di due parcheggi di cinque piani (ancor

ché in parte interrati) su aree limitrofe al centro storico cittadi

no e prospicienti due fiumi, anche se diretta a soddisfare inte

ressi pubblici apprezzabili e meritevoli di tutela (come del resto

tutte le opere pubbliche), comporta una alterazione sostanziale

dell'assetto dei luoghi interessati, sufficiente, quindi, a determi

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PARTE TERZA

nare un danno all'ambiente nel suo ampio significato desumibi

le dall'art. 9 Cost, (nonché dai successivi interventi del legisla tore ordinario e, in primo luogo, dalla 1, 8 agosto 1985 n. 431

e della giurisprudenza costituzionale: Corte cost. 28 maggio 1987,

n. 210, Foro it., 1988 I, 329), e, quindi, legittima — in linea di principio — le associazioni ambientaliste a sindacare che l'au

torità pubblica nell'adottare le determinazioni in ordine a tale

realizzazione abbia osservato la normativa vigente concernente

le opere pubbliche e la disciplina urbanistica ed edilizia, abbia fatto un corretto uso del potere attribuitole dalla legge e, so

prattutto, che gli interessi collegati all'ambiente abbiano ricevu

to giusta considerazione dalla stessa e dalle altre autorità preposte. Il problema se mai si pone in ordine all'ammissibilità dell'in

tervento ad adiuvandum del W.W.F.

Non vi è dubbio che nella specie si è in presenza di un inter

vento adesivo litisconsortile, facendo valere l'interveniente (an ch'essa inclusa nel citato d.m. del 1987) una posizione giuridica

autonoma, non dipendente da quella della ricorrente e tale da

legittimarla ad agire in via principale. Il collegio non ignora che la giurisprudenza — pur in assenza

di una esplicita norma in tal senso — esclude per il processo amministrativo la proponibilità di un intervento di tale natura

e che proprio la normativa sull'ambiente (art. 18, 5° comma,

1. n. 348 del 1986) sembrerebbe, almeno sul piano letterale, con

fermare tale conclusione.

Osserva, peraltro, il collegio che — pur prescindendo da ogni

particolare approfondimento in ordine alla peculiare natura del

l'interesse fatto valere dalle associazioni ambientaliste (interesse la cui struttura potrebbe, in linea di principio e sia pure in ipo tesi diverse da quella in esame, militare nel senso dell'ammissi

bilità dell'intervento litisconsortile anche nel processo ammini

strativo) — non vi sono, nel caso di specie, ragioni per estro

mettere dal giudizio l'intervenuto W.W.F. atteso che ciò non

ha comportato né il superamento da parte di quest'ultimo dei

termini di decadenza, né una eccessiva dilatazione (anche tem

porale) del processo e che, comunque, tale esigenze non sono

state avvertite dalle parti processuali interessate che nulla hanno

eccepito al riguardo. 6. - Ammessa in linea di principio la legittimazione dell'asso

ciazione ricorrente ad impugnare quantomeno le delibere di ap

provazione dei progetti e le relative concessioni edilizie, l'esame

delle questioni pregiudiziali concernenti la tempestività dei ri

corsi per la parte in cui si dirigono contro detti provvedimenti richiede necessariamente alcune considerazioni in ordine alla re

lazione esistente tra opera pubblica comunale e concessione

edilizia. Al riguardo è noto che la giurisprudenza del giudice ordina

rio (Cass. 15 marzo 1982; 19 gennaio 1984, n. 83, id., Rep.

1985, voce Edilizia e urbanistica, n. 708) è nel senso che anche

l'esecuzione di un'opera pubblica comunale è soggetta al previo rilascio della concessione edilizia da parte del sindaco, non es

sendo sufficiente la deliberazione di approvazione del consiglio comunale.

A tale conclusione il giudice ordinario giunge argomentando dalla circostanza che l'ar. 1 1. n. 10 del 1977 — innovando

in merito — subordina a concessione da parte del sindaco «ogni» attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del

territorio comunale e, perciò, anche quella avente ad oggetto

un'opera pubblica e che l'art. 9 della stessa legge contempli la

concessione gratuita per le opere pubbliche o di interesse gene rale realizzate dagli enti istituzionali competenti, lasciando fer

me in materia le sole norme di cui agli art. 29 e 31, 2° comma, 1. n. 1150 del 1942 (opere da eseguire da amministrazioni stata

li, opere da eseguire su terreni demaniali, opere destinate alla

difesa nazionale). In sostanza il giudice ordinario (evidentemente sollecitato dai

problemi concernenti la responsabilità penale) ritiene che la leg

ge urbanistica attribuisca al sindaco una competenza propria ed esclusiva di controllo preventivo della conformità a legge delle opere edilizie o urbanistiche a tutela di interessi generali

e, comunque, diversi per cui l'opera pubblica è stata disposta a vantaggio del comune, verifica di legalità a cui non è esonera

to sol perché l'opera è stata deliberata dal consiglio comunale.

7. - È altrettanto noto che la giurisprudenza del giudice am

ministrativo non è invece univoca.

Il Foro Italiano — 1991.

Dopo un primo momento in cui sembrava volersi orientare

nel senso della non necessità tout court della concessione edili

zia (Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 1978, n. 289, id., Rep. 1978,

voce cit., n. 370, nello stesso senso sembrerebbe anche Cons.

Stato, sez. II, 30 maggio 1984, n. 936, id., Rep. 1986, voce

cit., n. 426) si è andata ad attestare su due diverse posi zioni.

Secondo un primo orientamento — evidentemente ispirato dal

l'esigenza di evitare duplicazioni o interferenze nell'azione am

ministrativa — la concessione edilizia per le opere pubbliche comunali non sarebbe necessaria in quanto sostanzialmente con

tenuta nell'approvazione del progetto esecutivo, con il conse

guente corollario che vengono ad assumere natura di presuppo sti di legittimità dell'approvazione del progetto esecutivo dell'o

pera pubblica anche tutti quegli atti e adempimenti che la legge

pone quali presupposti di legittimità della concessione (parere

della commissione edilizia, nulla osta dell'ufficiale sanitario —

ora Usi — in questo senso il Cons. Stato, sez. V, 22 giugno

1979, n. 340, id., 1980, III, 300 e Tar Lombardia 23 novembre

1979, n. 365, 17 giugno 1980, n. 222). Il secondo orientamento — evidentemente sollecitato dalla di

versa esigenza di evitare appesantimenti neWiter procedimentale di approvazione dell'opera pubblica comunale — è, invece, nel

senso che detta approvazione — che è finalizzata alla dichiara

zione di pubblica utilità dell'opera e di urgenza e indifferibilità dei lavori da eseguire (ai sensi della 1. n. 1 del 1978) e costitui sce presupposto (se necessario) per l'acquisizione coattiva del

l'area interessata — si «. . . appalesa dinstint(a) da quell(a) del

la verifica di conformità sia alle previsioni urbanistiche sia alle

norme legislative e regolamentari che disciplinano l'attività edi

ficatoria . . .», verifica quest'ultima che è demandata anche per le opere comunali al sindaco, che rilascia la concessione edilizia

(ovviamente con natura autoritativa e prowedimentale) al ter

mine del relativo procedimento e dopo l'acquisizione di tutti

gli altri atti che ne costituiscono presupposto (in questo senso:

Cons. Stato, sez. IV, 4 novembre 1985, n. 488, id., Rep. 1986,

voce Espropriazione per p.i., n. 70, a cui si riferiscono le frasi

virgolettate e Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 1988, n. 592, id.,

1990, III, 21). Questo tribunale ha già avuto modo di esprimersi in quest'ul

timo senso (19 luglio 1985 n. 332) ed il collegio non ha alcuna

ragione per rimettere in discussione la questione (per eventual

mente discostarsene) atteso che non sono state apportate dalle

parti nuove e sostanziali argomentazioni che ne possano confu

tare la validità.

8. - Avuto riguardo alle conclusioni a cui si è giunti nel punto che precede e cioè alla necessità della concessione edilizia anche

per la realizzazione delle opere pubbliche comunali e alla sepa razione del procedimento diretto all'approvazione del progetto esecutivo con la conseguente dichiarazione di pubblica utilità

dell'opera e del (successivo) procedimento diretto alla verifica

di conformità dell'opera stessa alle previsioni urbanistiche (che,

peraltro, possono essere state variate nella precedente fase con

l'eventuale intervento dell'autorità urbanistica sopraordinata) e

alle altre norme legislative e regolamentari che disciplinano l'at

tività edificatoria, ne consegue che i ricorsi in esame, per la

parte in cui concernono propriamente le delibere di approvazio ne dei progetti (e a prescindere dalla natura delle singole censu

re) sono tardivi, come giustamente eccepito dalle parti resisten

ti, e le censure (che propriamente le riguardano), in quanto la

ricorrente abbia inteso riferirle anche alle successive concessioni

edilizie, sono inammissibili perché concernenti provvedimenti pre

supposti non impugnati ritualmente.

Il collegio intende affermare che il principio giurisprudenziale secondo cui la pubblicazione della concessione edilizia non ha

rilievo ai fini della determinazione della tempestività della sua

impugnazione (il cui termine decorre quantomeno dall'inizio dei

lavori se è sufficiente a far conoscere i vizi dell'atto) concerne — quando si tratti di opera pubblica per la cui realizzazione

il rilascio della concessione si renda necessario — solamente que st'ultima e non certo il presupposto provvedimento di approva zioe del progetto esecutivo per il quale valgono le regole ordi

narie.

In sostanza, il principio per cui l'impugnativa della concessio

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

ne edilizia è azionabile da «chiunque» vi abbia interesse a de

correre dal termine sopra indicato risponde unicamente all'esi

genza di controllare che l'attività edificatoria sia conforme (co me si è detto) alle disposizioni urbanistiche e alle altre norme

di legge e regolamentari che disciplinano tale attività, per cui

non vi è alcuna ragione di estenderlo alla presupposta determi

nazione di edificare, quando quest'ultima — essendo riferibile

ad una pubblica autorità — viene ad assumere rilievo sul terre

no pubblicistico. Ciò premesso, si osserva che le delibere di approvazione dei

progetti esecutivi (e del piano di utilizzo delle aree) per la realiz

zazione dei parcheggi in località San Francesco e in località San

Giuseppe sono state adottate rispettivamente il 24 aprile 1987

(n. 64) e pubblicata il 27 aprile 1987; il 10 maggio 1988 (n. 171) e pubblicata il 25 maggio 1988 e il 23 aprile 1987 (n. 60) e pubblicata il 6 maggio 1987 e il 24 aprile 1987 (n. 65) e pub blicata il 27 aprile 1987.

Non vi è dubbio che l'impugnativa di tali delibere avvenuta

con i ricorsi in esame — notificati nel marzo del 1989 — è

di gran lunga tardiva dovendosi avere riguardo per l'individua

zione della decorrenza del termine di decadenza — nei confron

ti dell'associazione ricorrente (né formalmente né sostanzialmente

contemplata da detti provvedimenti) — alla data di pubblica zione e di superamento del controllo (di alcuni giorni successivi).

In conclusione sono irricevibili i ricorsi (n. 146 del 1989 e

n. 147 del 1989) per la parte in cui sono diretti contro le delibe

re di approvazione dei progetti esecutivi dei parcheggi ed è inam

missibile la censura (ric. n. 146 del 1989) incentrata nella viola

zione della 1. reg. n. 35 del 1982 (nulla osta per l'alienazione

di aree acquisite a seguito della riforma sanitaria) in quanto rivolta contro la concessione edilizia mentre concerne sostan

zialmente l'atto presupposto. 9. - Si può, quindi, passare all'esame dell'unica censura diret

tamente riferibile alle impugnate concessioni edilizie e che è in

centrata nella mancanza del nulla osta paesaggistico di cui al

l'art. 7 I. n. 1497 del 29 giugno 1939 e all'art. 82 d.p.r. n.

616 del 24 luglio 1977 nel testo modificato dalla 1. 8 agosto

1985 n. 431 e che è fondata sull'assunto che i progettati par

cheggi San Francesco e San Giuseppe insistono in aree compre se nella fascia di 150 metri rispettivamente dal fiume Vezzola

e dal fiume Tordino (che non risultano esclusi dal vincolo ai

sensi dell'art. 1 quater 1. n. 431 cit.).

Riguardo alla tempestività non vi possono sorgere dubbi atte

so che i lavori al momento della proposizione dei ricorsi, come

è pacifico, non erano iniziati, e comunque (a prescindere cioè

dalla peculiarità della censura in esame) dalla documentazione

che le parti resistenti hanno versato in atti non emerge che la

ricorrente abbia avuto «piena conoscenza» delle impugnate con

cessioni in epoca anteriore.

Oppongono nel merito le amministrazioni e le società conces

sionarie controinteressate che detto vincolo nella specie non sus

sisteva (ai sensi del 6° comma del citato art. 82) in quanto le

aree in questione erano ricomprese nella zona omogenea A pre

vista dal p.r.g. di Teramo o in subordine nella zona B; erano

incluse nel piano pluriennale di attuazione, e comunque sono

state inserite nella zona A dal piano particolareggiato del centro

storico (definitivamente approvato e ritualmente non impugna

to). In ogni caso il piano paesistico regionale avrebbe escluso

dal vincolo ivi previsto le opere pubbliche anche se ricomprese in piani solo adottati.

10. - Osserva innanzitutto il collegio che in ordine al rappor

to tra concessione edilizia e nulla osta paesaggistico le incertez

ze che in giurisprudenza ancora sussistevano (si veda l'ord. del

Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 1988, n. 311, id., Rep. 1988,

voce Edilizia e urbanistica, n. 345), si possono ritenere del tutto

superate dopo la decisione adottata dall'adunanza plenaria del

Consiglio di Stato (del 3 ottobre 1988, n. 8, id., 1989, III, 65) a cui ha fatto seguito ancor più di recente una decisione sostan

zialmente adesiva della V sezione dello stesso consesso (del 20

novembre 1989, n. 738, id., Rep. 1990, voce cit., n. 374).

Ritiene il collegio di potet ricavare da tale giurisprudenza il

principio in base al quale, ancorché il nulla osta paesaggistico

e la concessione edilizia siano preordinati ad interessi tra loro

diversi, per effetto dell'art. 25 r.d. 3 giugno 1940 n. 1357 (reg. di attuazione della legge sulle bellezze naturali) che fa espresso

Il Foro Italiano — 1991.

divieto al sindaco di rilasciare concessioni edilizie in zone sog

gette a vincolo paesistico se non previo nulla osta della soprin tendenza (ora regione), quest'ultimo costituisce presupposto di

legittimità della concessione. Il successivo rilascio del nulla osta

ha, peraltro, effetto sanante della concessione illegittimamente rilasciata e l'inversione del procedimento costituisce mera irre

golarità. Avuto riguardo al principio che precede, ritiene il collegio

che nel momento in cui sono state rilasciate (24 novembre 1987,

mentre la variante relativa al parcheggio San Francesco è del

24 giugno 1988) le impugnate concessioni edilizie erano sicura

mente illegittime, imponendosi nella specie l'acquisizione del nulla

osta paesaggistico. Innanzitutto non vi è dubbio che i due parcheggi insistono,

almeno nella loro parte sostanziale, in area ricompresa nella

fascia dei 150 metri dal fiume Vezzola e dal fiume Tordino;

ciò non è stato seriamente contestato e del resto è facilmente

ricavabile dalle planimetrie in scala versate in atti.

È, poi, da escludere che in base al vigente p.r.g. di Teramo

(del 1958-1972 e successiva variante del 1978) fossero da ricom

prendere nella zona omogenea A o B di cui al d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 (e per tale ragione essere escluse dal vincolo).

Al riguardo si osserva che l'art. 8 delle norme tecniche di

attuazione dello strumento urbanistico generale (nel testo stral

ciato versato in atti dalla ricorrente e non contestato) individua

quale zona A il centro storico e precisamente «la zona che com

prende il vecchio nucleo urbano racchiuso tra le due circonval

lazioni (Spalato e Ragusa)»; delimitazione che trova conferma

anche nella cartografia allegata al fascicolo di causa.

Le aree interessate dai parcheggi sono, invece, all'esterno del

le circonvallazioni e precisamente nella zona ricompresa tra queste

ultime e i fiumi e (sempre per quanto emerge dagli atti) erano

dallo strumento urbanistico generale destinate (S. Giuseppe) a

zona E (attrezzature generali e parcheggi) e (S. Francesco) a

parcheggi e per una parte marginale a zona verde.

Anche a voler seguire un concetto sostanziale di zona omoge

nea che prescinda da quanto formalmente impresso in sede di

definizione dello strumento urbanistico generale è ugualmente

certo che le aree in questione non possono essere ricomprese

nella zona A di Teramo.

Come si è visto il p.r.g. ha assunto a parametro di individua

zione della zona A il vecchio nucleo urbano e le zone in que

stione non solo ad esso geograficamente esterne ma hanno ca

ratteri morfologici ed ambientali totalmente diversi da quelli del

centro storico, come emerge con sufficiente chiarezza da tutte

le planimetrie allegate in atti.

Non si può, infatti, ritenere che a fondare l'omogeneità di

un'area sia sufficiente il requisito della contiguità in assenza

di comuni caratteristiche morfologiche ed ambientali, essendo

evidente che un tale criterio annullerebbe la stessa possibilità

di utilizzare il concetto di zona omogenea. Il collegio non si nasconde che da una relazione di sintesi

di indicazioni emerse nel corso di un dibattito promosso dal

l'amministrazione ed inviate ai progettisti incaricati della reda

zione del piano particolareggiato del centro storico si sostiene

che le aree comprese tra le circonvallazioni e cioè «le vecchie

mura demolite» e i fiumi costituiscono un insieme unitario con

il centro storico (in epoca antica sarebbero state abitate).

A tale conclusione si giunge, peraltro, adottando criteri che

non tengono conto né della consapevole contraria determina

zione (che ne viene confermata) dell'autorità urbanistica (in se

de di adozione e approvazione della variante generale del 1978),

né degli attuali e reali caratteri morfologici delle due zone, a

cui invece fa riferimento la lett. A dell'arg. 2 del citato d.m.

n. 1444 del 1968.

Neppur si può ritenere — con riguardo al parcheggio S. Fran

cesco — che possa costituire idoneo criterio di inclusione nella

zona A il rapporto funzionale che può essersi creato tra il cen

tro storico e il «parcheggio» realizzatosi in una porzione di tale

area (l'omonimo piazzale) in assenza di qualsiasi infrastruttura.

Innanzitutto il rapporto funzionale non è sufficiente (art. ex

art. 4, 2° comma, d.m. n. 1444 del 1968) a determinare il requi

sito della omogeneità quando non si sia concretizzato in un as

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Page 7: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monterosso, Est. Novarese; Associazione «Italia Nostra» (Avv. Pettinelli) c. Comune di Teramo

PARTE TERZA

setto dei luoghi tale da determinare anche una identità morfolo

gica ed ambientale con l'area interessata.

Non vi è, poi, ragione per derogare da tale principio in rela

zione all'applicazione delle norme di salvaguardia ambientale

per le quali l'esclusione dal vincolo paesaggistico (relativo) delle

aree (fiumi, ecc.) incluse nelle zone A e B riposa (almeno con

riguardo agli strumenti urbanistici approvati anteriormente al

l'entrata in vigore della legge vincolistica) sulla presunzione che

esse siano irrimediabilmente degradate rispetto all'interesse che

si intende salvaguardare, il che non può certo affermarsi nelle

ipotesi in cui rientra il caso di specie. Per concludere sul punto, appare al collegio del tutto invero

simile pensare che l'autorità urbanistica (variante al p.r.g. del

1978), nel momento in cui ha consapevolmente individuato il

centro storico quale zona A ed ha corrispondentemente perime trato nella cartografia il centro storico, abbia nello stesso tem

po inteso includere nella zona A aree che non appartengono

morfologicamente al centro storico e che sono state escluse dal

la relativa perimetrazione. Per le stesse ragioni è da respingere la tesi che le aree in que

stione siano da ricomprendere nalla zona B, non essendo stata

fornita alcuna prova al riguardo e potendosi ragionevolmente

escludere — sulla base delle planimetrie in atti — che presenti no quegli indici di edificazione a cui fa riferimento il d.m. del

1968. Nessuna prova è stata data neppure in ordine all'inclusione

delle aree in questione in un programma pluriennale di attua

zione (a prescindere da ogni altra considerazione). In effetti, una tale affermazione si trova nel contesto delle

delib. nn. 60 e 65 del 1987 (per l'area San Giuseppe) e della

delib. n. 64 del 1987 (per l'area San Francesco), ma si tratta

di affermazione priva di riferimenti specifici ed in palese con

traddizione con la circostanza che, secondo le stesse autorità

urbanistiche, l'ipotizzato p.p.a. era destinato a dare attuazione

al piano particolareggiato del centro storico che in quel mo

mento non era stato nemmeno approvato. Del tutto inconfererente è, infine, il richiamo al piano paesi

stico regionale che non risulta ancora approvato e che, quindi, è privo di vigenza.

11. - È anche da escludere che la definitiva approvazione (in

precedenza le aree dei parcheggi erano state stralciate) e l'entra

ta in vigore del piano particolareggiato del centro storico (ap

provato dal consiglio provinciale il 14 maggio 1988 delib. n.

170 e pubblicato nel Bura del 30 luglio 1988) abbia avuto l'ef

fetto di includere nel centro storico le aree in questione renden

do, quindi, non più necessario il nulla osta paesaggistico e, quin

di, sanando per questa via (o, comunque, privando di rilevan

za) l'illegittimità delle concessioni in questione. Si è, già, detto che la sola costituzione di un rapporto funzio

nale tra le aree e il centro storico non è sufficiente a far ritenere

incluse in quest'ultimo le aree asservite a standards. Ciò emerge chiaramente dal 2° comma dell'art. 4 del d.m. n. 1444 del 1968.

Se si esclude la costituzione di tale rapporto funzionale che

del resto la citata normativa imponeva, non essendo sufficiente

il reperimento degli standards all'interno del centro storico, non

emerge dal contesto delle delibere di adozione e di approvazio ne del piano particolareggiato una consapevole determinazione

dell'autorità urbanistica diretta a modificare il piano regolatore nel senso di includere nel centro storico aree ad esso esterne, né una tale volontà si è estrinsecata in una conseguente modifi

ca delle tavole di piano che continuano ad indicare con un di

verso tratteggio il centro storico rispetto alle aree in questione.

(Omissis) Al riguardo si può ancora osservare che se poi con la delibera

c.c. n. 105 del 1987 (adeguamento alle osservazioni del Sup) l'amministrazione comunale di Teramo avesse veramente inteso

modificare la perimetrazione della zona A — in variante al p.r.g. e in applicazione dell'art. 21 (sopravvenuta) 1. reg. n. 18 del

1983 — includendovi le aree destinate ai parcheggi, e con ciò

venendo ad incidere sui vincoli medio termine imposti dalla 1.

n. 431 del 1985, non avrebbe sicuramente mancato di sentire

o richiedere il parere dell'autorità preposta alla loro tutela (co me imposto dall'art. 20 1. reg. cit.), adempimento che non risul

II Foro Italiano — 1991.

ta essere stato osservato, ed anzi si è affermato in proposito che l'amministrazione era unicamente tenuta ad acquisire il pa rere della soprintendenza ai sensi 1. n. 1089 del 1939.

Segno questo che non si intendeva affatto sottrarre le aree

in questione (includendole nella zona A) dai vincoli paesaggisti ci e che le opere ipotizzate (peraltro, sostanzialmente diverse

da quelle per cui è causa, essendo previsto nella località San

Francesco un parcheggio a due piani completamente interrato

e non visibile dalla zona est, ed un parcheggio a due livelli nella

località San Giuseppe) rimanevano soggette al vaglio di fattibi

lità dell'autorità paesaggistica.

Neppure la delibera di approvazione esprime il convincimen

to dell'autorità urbanistica superiore che il piano particolareg

giato che si andava ad approvare determinava una profonda modifica del p.r.g. e veniva a consentire — al di fuori di ogni verifica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo — l'edificazione su aree che nel frattempo la legge nazionale

aveva inteso sottoporre a tutela ambientale.

Di fronte alla mancanza o quantomeno alla mancata esterna

zione di una chiara e consapevole volontà di determinarsi nel

senso di includere dette aree nel centro storico (con le relative

implicazioni) non sembra al collegio che si possa pervenire alle

conclusioni volute dalle parti resistenti, non assumendo univoca

rilevanza gli elementi portati a sostegno (come neppure la pub blicazione nel Bura della delibera di approvazione oppure il cal

colo degli standards che se mai può solo indicare il soggettivo ed errato convincimento del progettista che le aree in questione dovevano già ritenersi ricomprese nel centro storico).

È, infine, appena il caso di aggiungere — per quanto ciò non

sia stato neppure ipotizzato dalle pratiche — che è anche da

escludere che la pretesa inclusione nella zona A delle aree dei

parcheggi possa essere stata determinata dalle deliberazioni di

approvazione dei progetti esecutivi di dette opere. L'effetto di variante del p.r.g. che la 1. n. 1 del 1978 attribui

sce a tali delibere non può che limitarsi (atteso il carattere ecce

zionale e derogatorio della disposizione) a rendere conforme la

destinazione dell'area ad opera pubblica in questione e non può certamente estendersi anche a modificazioni delle previsioni del

lo strumento urbanistico generale, ulteriori e non strettamente

conseguenziali, quali, per il caso di specie, la modificazione del

la zona A.

Si può, quindi, concludere per la fondatezza delle censure

di illegittiità delle impugnate concessioni edilizie per la mancata

acquisizione del nulla osta paesaggistico. Esse vanno di conse

guenza annullate. (Omissis)

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