sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monterosso, Est. Novarese; Associazione «Italia Nostra»(Avv. Pettinelli) c. Comune di Teramo (Avv. Marini, Nisii, Scoca), Regione Abruzzo (Avv. delloStato Bafile), Soc. costruttori Teramani (Avv. Massignani, La Morgia), Soc. Selva Piana (Avv.Alby); interv. ad adiuvandum World Wildlife Fund (Avv. Lorizio)Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1991),pp. 461/462-471/472Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183226 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'A BRUZZO; sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monte
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'A BRUZZO; sentenza 14 febbraio 1990, n. 100; Pres. Monte
rosso, Est. Novarese; Associazione «Italia Nostra» (Aw. Pet
tinelli) c. Comune di Teramo (Avv. Marini, Nisii, Scoca),
Regione Abruzzo (Avv. dello Stato Bafile), Soc. costruttori
Teramani (Avv. Massignani, La Morgia), Soc. Selva Piana
(Avv. Alby); interv. ad adiuvandum World Wildlife Fund
(Avv. Lorizio).
Giustizia amministrativa — Provvedimenti lesivi dell'ambiente — Ricorsi di associazioni ambientalistiche — Ammissibilità — Fattispecie (L. 8 luglio 1986 n. 349, istituzione del ministe
ro dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale, art. 13, 18; d.m. 20 febbraio 1987, individuazione delle asso
ciazioni di protezione ambientale ai sensi dell'art. 13 1. 8 lu
glio 1986, n. 349, art. 1). Giustizia amministrativa — Provvedimenti lesivi dell'ambiente
— Intervento «ad adiuvandum» di associazioni ambientalisti
che legittimate ad agire in via principale — Ammissibilità —
Termine di decadenza — Fattispecie (R.d. 17 agosto 1907 n.
642, regolamento per la procedura dinanzi al Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, art. 37, 40; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi, art. 22; I. 8 luglio 1986
n. 349, art. 13, 18). Edilizia e urbanistica — Opere pubbliche comunali — Conces
sione di costruzione — Necessità (L. 17 agosto 1942 n. 1150,
legge urbanistica, art. 29, 31; 1. 6 agosto 1976 n. 765, modifi
che e integrazioni della legge urbanistica 17 agosto 1942 n.
1150, art. 10; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per l'edificabi
lità dei suoli, art. 1, 9). Giustizia amministrativa — Approvazione di progetti di opere
pubbliche — Ricorso — Termine — Decorrenza dalla pubbli cazione della deliberazione (L. 17 agosto 1942 n. 1150, art.
31; 1. 6 agosto 1976 n. 765, art. 10). Bellezze naturali (protezione delle) — Opera pubblica in area
prossima a fiume — Difetto di nulla osta paesaggistico —
Concessione di costruzione — Illegittimità — Fattispecie (L.
29 giugno 1939 n. 1497, norme sulla protezione delle bellezze
naturali, art. 7; r.d. 3 giugno 1940 n. 1357, regolamento di
applicazione della 1. 29 giugno 1939 n. 1497, art. 25; d.m.
2 aprile 1968 limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza,
di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi desti
nati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a par
cheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi stru
menti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi
dell'art. 17 1. 6 agosto 1967 n. 765, art. 2, 4; d.p.r. 24 luglio
1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22
luglio 1975 n. 382, art. 82; d.l. 27 giugno 1985 n. 312, dispo
sizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse
ambientale, art. 1; 1. 8 agosto 1985 n. 431, conversione in
legge, con modificazioni, del d.l. 27 giugno 1985 n. 312, art. 1).
Un'associazione ambientalistica riconosciuta dal ministro del
l'ambiente è legittimata ad impugnare la concessione per la
costruzione di due parcheggi a cinque piani, su aree limitrofe
al centro storico di una città e prospicienti due fiumi. (1)
(1) La sentenza fa applicazione della norma dell'art. 18, 5° comma, 1. n. 349 del 1986 che ha finalmente risolto, legislativamente, la proble matica della tutela giurisdizionale degli interessi ambientali da parte delle
associazioni esponenziali di tali interessi, riconoscendo ad esse sia il
diritto di intervento nei giudizi di danno ambientale che quello di chie
dere l'annullamento degli atti illegittimi che si pongano in contrasto
con i valori ambientali. In ordine all'individuazione delle associazioni a cui è riconosciuta la
legittimazione, Corte cost. 28 maggio 1987, n. 210, Foro it., 1988, I,
329, con nota di F. Giampietro, ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità delle norme che limitano tale legittimazione a quelle aventi carattere nazionale e/o presenti in cinque regioni e da determi
narsi con decreto del ministro dell'ambiente. Tar Lombardia, sez. II, 15 aprile 1988, n. 105, id., 1989, III, 33, ha, peraltro, ritenuto inam
missibile il ricorso promosso dalle articolazioni locali delle associazioni
nazionali individuate dal decreto del ministro in difetto di apposito pre ventivo mandato pur in presenza di una ratifica successiva.
Il Foro Italiano — 1991.
Nel ricorso proposto contro provvedimenti lesivi dell'ambiente, è ammissibile l'intervento ad adiuvandum proposto da un'as
sociazione ambientalistica la quale, per essere stata ricono
sciuta dal ministro per l'ambiente, avrebbe potuto impugnarli in via principale, purché il ricorso abbia rispettato il termi
Tar Lazio, sez. I, 21 settembre 1989, n. 1272, id., 1990, III, 179, con nota di richiami di R. Ferrara, offre un'attenta e completa rico struzione della tematica, precisando che, ai fini del riconoscimento del la legittimazione, non si richiede alcun accertamento da parte del giudi ce amministrativo della situazione di danno ambientale dovendosi fare
applicazione delle regole generali del processo amministrativo nella va lutazione della concretezza ed attualità dell'interesse a ricorrere. La stessa decisione ritiene, inoltre, superato l'orientamento giurisprudenziale fa vorevole anche alla legittimazione di altre associazioni sul presupposto della loro rappresentatività di interessi localizzati in concreto in una determinata area. In senso conforme, v. la decisione d'appello della stessa sentenza, Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 1990, n. 728, che sarà
riportata in un prossimo fascicolo. Per l'opinione contraria, v., oltre i precedenti citati nella nota a Tar
Lazio 1272/89, cit., Tar Lazio, sez. II, 19 dicembre 1990, n. 2235, id., 1991, III, 179, con nota di richiami, che, peraltro senza alcun appro fondimento della questione, estende la legittimazione a ricorrere anche ad associazioni non riconosciute, purché abbiano tra i fini statutari la tutela dei valori ambientali.
La tesi secondo cui la legittimazione ex lege delle associazioni di pro tezione ambientale coesisterebbe accanto alla legittimazione delle for mazioni sociali e dei singoli in virtù del criterio della vicinitas è sostenu ta in dottrina da F. Giampietro, Responsabilità civile per danno al
l'ambiente: iniziative internazionali ed esperienza italiana, id., 1986, V, 500; Schettini, L'intervento delle associazioni nel giudizio di danno
ambientale, in Riv. critica dir. privato, 1987, 673; G. Romeo, L'interes se diffuso, l'ambiente ed il giudice amministrativo, in Foro amm., 1986, 2594; M. Franco, La titolarità dell'azione di impugnazione di atti am
ministrativi in materia di tutela ambientale dopo l'entrata in vigore del la l. 8 luglio 1989 n. 349, in Quaderni regionali, 1989, 1095, per i quali l'intervento del legislatore ha avuto solo la funzione di integrare i risul tati già raggiunti, in sede giurisprudenziale, nella questione dell'accesso dell'interesse diffuso di natura ambientale nel processo amministrativo, attribuendo alle associazioni ambientaliste il ruolo istituzionalizzato di
controllo dell'attività delle amministrazioni coinvolte nella gestione del l'interesse ambientale. In senso conforme, se pur critico verso tale risul tato legislativo, V. Caianiello, Manuale di diritto processuale ammini
strativo, Torino, 1988, 169 ss., che assegna alla giurisprudenza il com
pito di escludere le azioni proposte in nome di un astratto rispetto della
legalità e di circoscrivere l'ammissibilità dei ricorsi solo a quelli rivolti
alla protezione di un interesse ambientale. Medugno, Sulla legittima zione ad agire delle associazioni di protezione dell'ambiente e di singoli cittadini in sede di giurisdizione amministrativa, in Riv. giur. ambiente, 1991, 98; Parisio, Associazioni ambientali e procedimento di valutazio ne dell'impatto ambientale, ibid., 101, sostengono che l'intervento re
strittivo del legislatore potrebbe essere superato da un'interpretazione che attribuisca all'autorità giurisdizionale il potere di valutare caso per caso la legittimazione facendo uso dei criteri già enucleati dalla giuri
sprudenza amministrativa. Ulteriore spazio è riservato alle associazioni
non «individuate» anche da Matteini-Chiari, Il danno da lesione am
bientale, Rimini, 1990, 138, per il quale dette associazioni riacquiste rebbero pienezza di azione in relazione all'interesse legittimo connesso
alle singole componenti del bene ambiente. La posizione, nel processo amministrativo, delle associazioni ambien
taliste non riconosciute va, peraltro, oggi rivista anche alla luce delle
nuove previsioni contenute nella 1. 7 agosto 1990 n. 241 che, sancendo
l'ingresso degli interessi diffusi anche nella fase del procedimento am
ministrativo, fanno si che le associazioni potranno divenire titolari nei
relativi giudizi anche di interessi concreti e non già del mero rispetto della legalità dell'azione amministrativa. Sulle nuove facoltà partecipa tive concesse alle associazioni ambientaliste, R. Fuzio, Diritto all'infor mazione e diritto alla partecipazione nella gestione del vincolo paesisti co e degli altri interessi ambientali. Il ruolo delle associazioni ambienta
liste, in Comuni d'Italia, 1991, 529. Tar Lombardia, sez. I, 21 marzo 1989, n. 124, Foro it., 1990, III,
274, ha sostenuto che le associazioni riconosciute, ai fini della legitti mazione a ricorrere, devono agire esclusivamente per la tutela di inte
ressi strettamente inerenti la materia dell'ambiente, disconoscendo tale
legittimazione in ipotesi di censure rivolte alla salvaguardia di interessi
diversi da quelli oggetto della 1. n. 349 del 1986, quali quelli connessi
ai vincoli artistici, storici ed archeologici ed all'urbanistica, mentre ha
ritenuto ammissibile la legittimazione in materia di vincolo paesaggisti co ed idrogeologico. In senso diametralmente opposto, la decisione del
lo stesso Tar Lombardia, sez. I, 17 gennaio 1990, n. 15, ibid.
Sul problema degli interessi ricompresi nella nozione di ambiente, di cui all'art. 18, 1. n. 349/86, in dottrina, F. Giampietro, La respon
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PARTE TERZA
ne di decadenza e non abbia provocato dilatazioni anche tem
porali del processo. (2) Anche per la realizzazione delle opere pubbliche di competenza
sabilità per danno all'ambiente. Profili amministrativi, civili e penali, Milano, 1988, 352 ss.; Sala, in nota a Tar Lombardia 21 marzo 1989, n. 124, cit., in Corriere giur., 1989, 830; Morbidelli, Il danno ambien
tale nell'art. 18 della I. n. 349/86. Considerazioni introduttive, in Riv.
critica dir. privato, 1987, 609; Conti, La legittimazione ad agire delle
associazioni ambientalistiche di cui all'art. 13 I. 349/86 secondo un re
cente orientamento, giurisprudenziale, in Riv. giur. ambiente, 1990, 777.
(2) I. - L'intervento nel processo amministrativo è istituto che non trova una sua specifica disciplina nell'ordinamento, giacché l'art. 37 r.d. 17 agosto 1907 n. 642 e l'art. 22 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 si limitano a sancire che «chi ha un interesse nella contestazione può in
tervenirvi» secondo le modalità e le forme, per la verità molto scarne,
previste dal medesimo art. 22. L'istituto ha perciò finito per trovare
la sua definizione nell'ambito dottrinario e negli orientamenti giurispru denziali, sedi nelle quali si è esclusa ogni forma di intervento principale o litisconsortile ammettendosi solo l'intervento volontario, dipendente ed adesivo, nelle due forme: ad adiuvandum, a sostegno del ricorrente e ad opponendum, a sostegno del resistente. Per la dottrina, Caianiel
lo, Manuale di diritto processuale amministrtivo, cit., 540; Virga, Di
ritto amministrativo - Atti e ricorsi, Milano, 1987, 360. In giurispru denza, Cons. Stato, sez. VI, 27 maggio 1988, n. 725, Foro it., 1989,
III, 348, con nota di richiami; Tar Lazio, sez. II, 11 maggio 1988, n. 676, id., Rep. 1989, voce Giustizia amministrativa, n. 685; Tar Lom
bardia, sez. II, 17 febbraio 1988, n. 31, id., Rep. 1988, voce cit., n.
621 e Foro amm., 1988, 943, tutte univoche nel negare l'ammissibilità di un intervento da parte di chi sia titolare di una posizione sostanziale
tale da legittimarlo quale ricorrente principale. L'intervento in pratica, offre copertura ad alcune situazioni giuridi
che che, non disponendo di mezzi di tutela diretta, l'ordinamento ritie ne degne di una tutela solo residuale, accessoria e dipendente dalla po sizione del soggetto legittimato in via principale.
La massima non presenta precedenti specifici atteso che, a parte le
decisioni segnalate in precedenza per quanto attiene al potere di legitti mazione diretta delle associazioni ambientaliste, solo Tar Toscana, sez.
I, 10 novembre 1989, n. 929, Foro it., 1990, III, 476, si è occupata del potere di intervento nel processo amministrativo delle associazioni
ambientaliste, ma limitatamente alla forma dell'intervento ad oppo nendum.
Sul punto la sentenza che si riporta si presta, peraltro, a due diverse
interpretazioni. In prima approssimazione essa non si discosta dall'o rientamento generale secondo cui l'intervento da parte di chi sia porta tore di un interesse identico a quello della parte principale e che lo avrebbe legittimato come ricorrente autonomo è pur sempre ammissibi le qualora venga proposto nel termine di decadenza previsto per la pro posizione del ricorso principale; in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 27
maggio 1988, n. 725, cit., ed ivi ulteriori riferimenti tanto in motivazio ne che nella nota di richiami.
In tal caso, più opportunamente, in dottrina si parla di conversione dell'atto di intervento: Caianiello, op. cit.. 505; Santoro, Appunti sull'intervento nel processo amministrativo, in Dir. proc. ammin., 1986, 554; Brienza, L'intervento volontario nel processo amministrativo, in Foro amm., 1978, I, 2684.
II. - L'affermazione contenuta in sentenza si offre, però, anche ad
altra, ma più forzata, interpretazione in base alla quale l'intervento adesivo litisconsortile sarebbe ammissibile, in via generale, purché siano
rispettati i termini di decadenza dell'intervento e ciò non comporti una eccessiva dilatazione del processo. In proposito va rilevato che, ai sensi dell'art. 40 r.d. 17 agosto 1907 n. 642, nel processo amministrativo l'intervento ha luogo nello stato in cui si trova la controversia e, quin di, senza alcun onere di osservanza di inesistenti termini di decadenza, se non quello implicito del passaggio in decisione della causa (Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 1989, n. 526, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 686) e che, pertanto, per effetto del disposto degli art. 22, 2° e 3°
comma, e 23, 4° comma, 1. 1034/71, l'atto di intervento in giudizio non può essere ammesso quando manchino meno di venti giorni dalla data fissata per la discussione del ricorso, salvo che nei casi di rinunzia delle altre parti ai termini posti a loro favore per rispondere all'inter
vento, o di consenso delle parti medesime al rinvio dell'udienza (Tar Lazio, sez. II, 14 ottobre 1988, n. 1247, ibid., n. 691).
Contra, Tar Lombardia, sez. II, 17 febbraio 1988, n. 31, cit., con nota adesiva, ma non convincente, di A. Ferrari, L'intervento tardivo nel processo amministrativo, che ha affermato, invece, l'ammissibilità dell'intervento in giudizio pur se depositato meno di venti giorni prima della data fissata per la discussione del ricorso, facendo derivare dalla tardività dell'intervento l'unica preclusione dell'allegazione di documenti.
In questa prospettazione la sentenza, però, non offrirebbe alcuna mo tivazione sull'ammissibilità di un intervento litisconsortile eccetto l'indi cata particolare configurazione dell'interesse fatto valere dalle associa zioni ambientaliste. Di rilievo, al riguardo, è quanto sostenuto da Tar
Il Foro Italiano — 1991.
comunale è necessaria la concessione di costruzione da rila
sciarsi dal sindaco. (3) Il termine di decadenza entro cui deve essere proposto il ricorso
contro le deliberazioni comunali di approvazione dei progetti esecutivi di un'opera pubblica, di competenza del comune stes
so, decorre, a differenza di quello per i ricorsi contro la sus
seguente concessione di costruzione, dalla loro pubblicazione,
indipendentemente dal momento successivo in cui l'interessa
to ne viene a conoscenza. (4)
Toscana, sez. I, 10 novembre 1989, n. 929, cit., che ha negato alle
associazioni riconosciute ai sensi degli art. 13 e 18 1. 349/86 la qualità di controinteressato, avente titolo a litisconsorzio necessario passivo, assegnando alle stesse solo «facoltà dialetticamente collaborativa per la realizzazione delle esigenze della collettività, che esclude la configu razione di situazione giuridica sostanziale di diretta ed immediata lesio ne di un interesse imputato, in via autonoma, alle stesse associazioni», con ciò offrendo argomento per ritenere la posizione di queste come
dipendente dalla posizione giuridica dell'organo pubblico competente a gestire l'interesse alla tutela ambientale.
Il problema del rapporto tra la facoltà delle associazioni ambientali
ste di impugnare gli atti illegittimi lesivi dell'ambiente e quella di inter
venire a sostegno del ricorso altrui, non ha trovato ancora alcun appro fondimento neppure in dottrina; per Santoro, op. cit., 559, l'interven to a tutela di interessi diffusi costituirebbe un tertium genus di intervento
con la conseguenza che alle associazioni intervenute andrebbero ricono sciuti tutti i poteri che competono alle parti necessarie.
È da segnalare che nessuna attenzione al problema è stata prestata dal disegno di legge delega per la riforma del processo amministrativo, su cui v. La riforma della giustizia amministrativa, in Foro it., 1990,
V, 289, a cura di un gruppo di studio, che opportunamente propone l'introduzione di una disciplina delle ipotesi di legittimazione all'inter vento volontario da parte di terzi cui la causa è comune.
In proposito vanno anche qui richiamati gli effetti conseguenti alla pos sibilità di intervento oggi riconosciuta dagli art. 9, 10, 11 1. 241/90, alle associazioni ambientalistiche nell'ambito dei procedimenti amministrati vi interferenti con la materia dell'ambiente (su cui v. già Cons. Stato, sez.
VI, 27 agosto 1982, n. 407, id., 1983, III, 136, con nota di Ferrara). (3) Il Tar Abruzzo con il principio espresso in massima si schiera
con quella parte minoritaria della giurisprudenza amministrativa che sostiene la necessità per il comune di munirsi della concessione edilizia
per l'esecuzione di opere pubbliche comunali. L'affermazione è fondata sulla netta separazione tra l'approvazione dell'opera, diretta alla dichia razione di pubblica utilità della stessa, e la verifica della sua conformità urbanistica di esclusiva competenza del sindaco. Vi è da rilevare, peral tro, che la sentenza richiama a sostegno della propria tesi anche due decisioni del Consiglio di Stato che esprimono, invece, opinioni diame tralmente opposte a quelle ad esse attribuite dai giudici abruzzesi. Di
recente, Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 1988, n. 592, Foro it., 1990, III, 21, con nota di richiami (citata in maniera erronea in motivazione) ha consolidato, pur senza molto approfondimento, la tesi prevalente della non necessità della concessione in quanto, con l'approvazione del
progetto esecutivo, gli organi comunali assolvono anche al compito di controllare che l'opera sia conforme agli strumenti urbanistici ed alle
leggi e regolamenti. In dottrina, per gli opposti orientamenti, v. G. Antinori, Opere pub
bliche del comune. Necessità della concessione edilizia, in Riv. giur. edilizia, 1987, II, 54, con particolare approfondimento sulla natura dei
poteri del sindaco in materia urbanistica, e Grassi, Necessità di preven tiva concessione per l'esecuzione di opere pubbliche comunali, in Nuo va rass., 1986, 2637.
La giurisprudenza del giudice penale è, invece, consolidata nel senso della necessità della concessione; da ultimo, per la giurisprudenza in
merito, Pret. Pizzo 6 luglio 1988, Foro it., Rep. 1989, voce Edilizia e urbanistica, n. 651, che richiama a sostegno il disposto del d.l. 12
gennaio 1988 n. 2, convertito con 1. 13 marzo 1988 n. 68, e, per la
giurisprudenza di legittimità, Cass. 8 novembre 1988, Matarazzo, Riv.
pen. economia, 1991, 73.
(4) Anche la quarta massima riafferma un principio abbastanza con
solidato, per il quale mentre il termine dell'impugnativa della conces sione edilizia decorre non dalla sua affissione all'albo pretorio (art. 10, 8° comma, 1. 6 agosto 1967 n. 675) ma solo dall'inizio dei relativi lavo
ri, purché sufficiente a far conoscere i vizi dell'atto, altrettanto non si verifica per gli atti presupposti della concessione edilizia, qual è nella
fattispecie la delibera di approvazione di un progetto esecutivo di opera pubblica comunale.
Per quanto riguarda i termini d'impugnazione della concessione edili
zia, Cons. Stato, sez. IV, 23 maggio 1988, n. 434, Foro it., Rep. 1988, voce Giustizia amministrativa, n. 277, ritiene che l'elemento della cono scenza va rapportato al concreto svolgersi della situazione di fatto in relazione alla violazione urbanistica che si assume commessa: con la
conseguenza che, ove venga dedotta la violazione di un vincolo di inedi ficabilità in superficie, la conoscenza può presumersi avvenuta solo se
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
È illegittima la concessione di costruzione, rilasciata dal sindaco
malgrado il difetto del nulla osta paesaggistico, per la realiz
zazione di parcheggi a distanza inferiore a centocinquanta metri
da due fiumi, su aree che non possono essere considerate in
cluse nelle zone A e B, perché, tra le altre ragioni, diverse
per caratteristiche morfologiche e ambientali dal pur conti
guo centro storico. (5)
Diritto. — 1. - I tre ricorsi debbono essere riuniti, essendo
rivolti contro atti e provvedimenti che ancorché distinti e prove nienti da autorità diverse rappresentano lo sviluppo di una de
terminazione amministrativa sostanzialmente unitaria (o che, co
munque, in essa vengono — a vario titolo — ad inserirsi) e
chiaramente percepibile un'attività edilizia sicuramente indirizzata alla
costruzione fuori terra; Tar Lombardia, sez. I, 21 marzo 1989, n. 124,
cit., nella parte motiva non massimata, sostiene che, ai fini dell'impu
gnazione della concessione edilizia, la piena conoscenza deve ritenersi
desumibile non già dalla data di inizio dei lavori bensì' da quella di
ultimazione degli stessi.
Più in generale, sulla decorrenza dei termini di impugnazione, Tar
Lazio, sez. II, 27 giugno 1988, n. 907, id., 1989, III, 141, con nota
di richiami, in cui si ribadisce la distinzione tra i soggetti non contem
plati direttamente nell'atto, per i quali il termine decorre dalla data
di pubblicazione nelle forme prescritte, salva l'eventuale anteriore piena conoscenza da provare da parte di chi eccepisce l'intempestività e colo
ro che siano direttamente interessati dall'atto per i quali il termine de
corre dall'awenuta notifica o dalla piena conoscenza dell'atto.
(5) I. - I rapporti tra l'autorizzazione paesistica e la concessione edi
lizia sono stati definitivamente chiariti nel senso della loro piena auto
nomia da Cons. Stato, ad. plen., 3 ottobre 1988, n. 8, Foro it., 1989,
III, 65. Il nulla osta paesaggistico è, peraltro, strutturato dall'ordina
mento (art. 25 r.d. 3 giugno 1940 n. 1357) come presupposto di legitti mità della concessione; a questa visione aderisce il Tar Abruzzo con
la precisazione che l'inversione dell'ordine procedimentale costituisce
solo una mera irregolarità. In senso conforme, Cons. Stato, sez. V, 1° febbraio 1990, n. 61 e 20 novembre 1989, n. 738, id., Rep. 1990, voce Edilizia ed urbanistica, nn. 375, 374, per le quali l'autorizzazione
paesistica è necessaria, comunque, che intervenga prima dell'inizio dei
lavori.
Per Tar Sicilia, sez. II, Catania, 7 luglio 1989, n. 515, ibid., n. 373,
pur non escludendosi che la sovrintendenza ai beni ambientali, in sede
di rilascio dell'autorizzazione paesistica, possa valutare incidentalmente
l'eventuale inedificabilità assoluta dell'area, tale valutazione deve essere
evitata in presenza di una concessione edilizia già rilasciata.
Per ulteriori riferimenti sul punto, v. le osservazioni di Fuzio in nota
a Tar Lazio, sez. II, 20 settembre 1989, n. 1270, id., 1991, III, 204.
II. - Sui criteri per l'individuazione delle aree sottoposte a vincolo
ex lege dall'art. 1 1. 431/85, in dottrina, Famiglietti-Giuffrè, Il regime delle zone di particolare interesse ambientale, Napoli, 1989, 21 ss.; Fu
zio, I nuovi beni paesistici - Manuale di tutela del paesaggio, Rimini,
1990, 167 ss. Per la giurisprudenza, in particolare per le aree contigue ai corsi e specchi d'acqua e per le aree boscate, Pret. Cremona 24 set
tembre 1990, Foro it., 1991, II, 409 e Tar Lombardia, sez. Brescia, 27 settembre 1989, n. 931, id., Rep. 1990, voce Bellezze naturali, n. 43.
III. - Non constano precedenti specifici in ordine ai criteri di determi
nazione delle aree da includere nelle zone territoriali omogenee di cui
all'art. 2 d.m. 2 aprile 1968. La decisione del Tar Abruzzo si basa
sull'espressa indicazione legislativa che include nella zona A, oltre le
parti di territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono parti colari caratteri di rilevanza storica, artistica ed ambientale, anche le
aree circostanti purché esse «possano considerarsi parti integranti della
zona per tali caratteristiche». L'omogeneità richiesta dalla norma è, quin
di, di natura qualitativa e prevale sulla mera contiguità spaziale. Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 1986, n. 268, id., Rep. 1986, voce
Edilizia e urbanistica, n. 252, pur in fattispecie diversa, sostiene che
l'individuazione dell'omogeneità di una zona, in riferimento alla situa
zione morfologica, ambientale e d'uso di una parte del territorio comu
nale, acquista rilevanza ai soli fini della dotazione degli standards, e
non vincola l'amministrazione ad altri fini.
Quanto ai casi di esclusione dal vincolo ex lege ed in particolare per le aree incluse nei programmi pluriennali di attuazione, si segnala che
Cons. Stato, sez. VI, 1° febbraio 1990, n. 180, id., Rep. 1990, voce
Bellezze naturali, n. 35, ha ritenuto che la misura di salvaguardia dell'i
nedificabilità ingiunta con decreto emesso ai sensi dell'art. 2 d.m. 21
settembre 1984 e convalidato dall'art. 1 quinquies 1. 431/85 può esten
dersi anche alle aree ricomprese nei piani pluriennali di attuazione. [R.
Fuzio]
Il Foro Italiano — 1991.
concernente la costruzione nella città di Teramo di due par
cheggi sui lungofiumi Vezzola e Tordino.
Con ricorsi n. 146 e n. 147 del 1989 l'associazione Italia No
stra ha impugnato le concessioni edilizie rilasciate dal sindaco
di Teramo per la costruzione (rispettivamente in località «San
Francesco» e località «San Giuseppe») di detti parcheggi, e gli atti presupposti e connessi tra cui esplicitamente le precedenti delibere consiliari di approvazione di dette opere pubbliche e le successive delibere di affidamento in concessione dei lavori
di costruzione e di gestione degli impianti alle società controin
teressate.
Con il ricorso n. 147 del 1989 l'impugnativa è estesa anche
al piano particolareggiato del centro storico di Teramo.
In sostanza l'associazione ricorrente (adiuvata in giudizio dal
W.W.F. a tal fine intervenuto) lamenta la mancata acquisizione del nulla osta paesaggistico che si imponeva in quanto dette
opere insisterebbero su aree sottoposte al vincolo previsto dal
l'art. 1 1. n. 431 del 1985 e denuncia, poi, ulteirori e specifici
profili di illegittimità in relazione alla destinazione (in parte a negozi e uffici) del parcheggio «San Francesco» e la sua ubica
zione in area pervenuta al comune a seguito della riforma sani
taria (per cui si rendeva necessario anche acquisire l'apposita autorizzazione regionale prevista dalla l.reg. n. 35 del 1981) e
in relazione alle modalità di affidamento dei lavori di costruzio
ne e gestione dei parcheggi «San Giuseppe» e «San Francesco»
alle società concessionarie.
Infine con il ricorso n. 636 del 1989 l'associazione Italia No
stra ha impugnato — peraltro a fini dichiaratamente tuzioristici — le note con le quali i responsabili degli uffici dell'ammini
strazione regionale e dell'amministrazione statale preposti alla
tutela degli interessi ambientali hanno aderito, in sostanza, alle
tesi del comune in ordine alla non applicazione del vincolo pae
saggistico alle aree interessate dai parcheggi in questione. 2. - Cosi sintetizzato il complessivo thema decidendum dei
tre ricorsi, occorre procedere all'esame delle questioni pregiudi ziali sollevate dalle amministrazioni resistenti e dalle società con
trointeressate, esame per il quale sembra opportuno seguire un
ordine parzialmente diverso da quello dei ricorsi, dei motivi o
della prospettazione delle parti, al fine di sgomberare il campo da tutto ciò che contribuisce a complicare inutilmente la tratta
zione delle questioni sostanziali. (Omissis) 4. - Si può, quindi, passare all'esame dei capi che residuano
nei ricorsi nn. 146 del 1989 e 147 del 1989 e cioè per la parte in cui si rivolgono contro le delibere consiliari di approvazione dei progetti per la costruzione dei parcheggi sulle aree in que
stione, contro i provvedimenti di rilascio delle relative conces
sioni edilizie e, infine, contro le delibere di affidamento dei la
vori alle società controinteressate.
In relazione ai sopraindicati capi dei ricorsi sono state solle
vate una serie di eccezioni pregiudiziali con le quali variamente
si contesta la legittimazione in toto dell'associazione ricorrente
alle impugnative; la tardività dell'impugnativa delle delibere di
approvazione dei progetti e la conseguente inammissibilità (ol tre che tardività) dell'impugnativa delle concessioni edilizie in
quanto, essendo rilasciate alla stessa amministrazione comuna
le, sono (secondo l'assunto) prive di rilevanza prowedimentale; la carenza di legittimazione dell'associazione ricorrente a far va
lere l'inosservanza di norme che non sono poste a protezione
degli interessi ambientalistici e/o contro provvedimenti che non
sono idonei ad incidere autonomamente (come le delibere di
affidamento dei lavori) su tali interessi.
5. - Sulla prima questione (sollevata dalla soc. Costruttori
Teramani) è sufficiente osservare che la ricorrente rientra nel
novero (art. 13 1. 8 marzo 1986 n. 349 e d.m. 20 febbraio 1987)
delle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale
legittimate (art. 18 1. cit.) a ricorrere in sede di giurisdizione
amministrativa per l'annullamento di «atti» (che si assumono)
illegittimi e lesivi dei beni ambientali.
Non vi è dubbio che la realizzazione cronologicamente e fun
zionalmente coordinata di due parcheggi di cinque piani (ancor
ché in parte interrati) su aree limitrofe al centro storico cittadi
no e prospicienti due fiumi, anche se diretta a soddisfare inte
ressi pubblici apprezzabili e meritevoli di tutela (come del resto
tutte le opere pubbliche), comporta una alterazione sostanziale
dell'assetto dei luoghi interessati, sufficiente, quindi, a determi
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PARTE TERZA
nare un danno all'ambiente nel suo ampio significato desumibi
le dall'art. 9 Cost, (nonché dai successivi interventi del legisla tore ordinario e, in primo luogo, dalla 1, 8 agosto 1985 n. 431
e della giurisprudenza costituzionale: Corte cost. 28 maggio 1987,
n. 210, Foro it., 1988 I, 329), e, quindi, legittima — in linea di principio — le associazioni ambientaliste a sindacare che l'au
torità pubblica nell'adottare le determinazioni in ordine a tale
realizzazione abbia osservato la normativa vigente concernente
le opere pubbliche e la disciplina urbanistica ed edilizia, abbia fatto un corretto uso del potere attribuitole dalla legge e, so
prattutto, che gli interessi collegati all'ambiente abbiano ricevu
to giusta considerazione dalla stessa e dalle altre autorità preposte. Il problema se mai si pone in ordine all'ammissibilità dell'in
tervento ad adiuvandum del W.W.F.
Non vi è dubbio che nella specie si è in presenza di un inter
vento adesivo litisconsortile, facendo valere l'interveniente (an ch'essa inclusa nel citato d.m. del 1987) una posizione giuridica
autonoma, non dipendente da quella della ricorrente e tale da
legittimarla ad agire in via principale. Il collegio non ignora che la giurisprudenza — pur in assenza
di una esplicita norma in tal senso — esclude per il processo amministrativo la proponibilità di un intervento di tale natura
e che proprio la normativa sull'ambiente (art. 18, 5° comma,
1. n. 348 del 1986) sembrerebbe, almeno sul piano letterale, con
fermare tale conclusione.
Osserva, peraltro, il collegio che — pur prescindendo da ogni
particolare approfondimento in ordine alla peculiare natura del
l'interesse fatto valere dalle associazioni ambientaliste (interesse la cui struttura potrebbe, in linea di principio e sia pure in ipo tesi diverse da quella in esame, militare nel senso dell'ammissi
bilità dell'intervento litisconsortile anche nel processo ammini
strativo) — non vi sono, nel caso di specie, ragioni per estro
mettere dal giudizio l'intervenuto W.W.F. atteso che ciò non
ha comportato né il superamento da parte di quest'ultimo dei
termini di decadenza, né una eccessiva dilatazione (anche tem
porale) del processo e che, comunque, tale esigenze non sono
state avvertite dalle parti processuali interessate che nulla hanno
eccepito al riguardo. 6. - Ammessa in linea di principio la legittimazione dell'asso
ciazione ricorrente ad impugnare quantomeno le delibere di ap
provazione dei progetti e le relative concessioni edilizie, l'esame
delle questioni pregiudiziali concernenti la tempestività dei ri
corsi per la parte in cui si dirigono contro detti provvedimenti richiede necessariamente alcune considerazioni in ordine alla re
lazione esistente tra opera pubblica comunale e concessione
edilizia. Al riguardo è noto che la giurisprudenza del giudice ordina
rio (Cass. 15 marzo 1982; 19 gennaio 1984, n. 83, id., Rep.
1985, voce Edilizia e urbanistica, n. 708) è nel senso che anche
l'esecuzione di un'opera pubblica comunale è soggetta al previo rilascio della concessione edilizia da parte del sindaco, non es
sendo sufficiente la deliberazione di approvazione del consiglio comunale.
A tale conclusione il giudice ordinario giunge argomentando dalla circostanza che l'ar. 1 1. n. 10 del 1977 — innovando
in merito — subordina a concessione da parte del sindaco «ogni» attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del
territorio comunale e, perciò, anche quella avente ad oggetto
un'opera pubblica e che l'art. 9 della stessa legge contempli la
concessione gratuita per le opere pubbliche o di interesse gene rale realizzate dagli enti istituzionali competenti, lasciando fer
me in materia le sole norme di cui agli art. 29 e 31, 2° comma, 1. n. 1150 del 1942 (opere da eseguire da amministrazioni stata
li, opere da eseguire su terreni demaniali, opere destinate alla
difesa nazionale). In sostanza il giudice ordinario (evidentemente sollecitato dai
problemi concernenti la responsabilità penale) ritiene che la leg
ge urbanistica attribuisca al sindaco una competenza propria ed esclusiva di controllo preventivo della conformità a legge delle opere edilizie o urbanistiche a tutela di interessi generali
e, comunque, diversi per cui l'opera pubblica è stata disposta a vantaggio del comune, verifica di legalità a cui non è esonera
to sol perché l'opera è stata deliberata dal consiglio comunale.
7. - È altrettanto noto che la giurisprudenza del giudice am
ministrativo non è invece univoca.
Il Foro Italiano — 1991.
Dopo un primo momento in cui sembrava volersi orientare
nel senso della non necessità tout court della concessione edili
zia (Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 1978, n. 289, id., Rep. 1978,
voce cit., n. 370, nello stesso senso sembrerebbe anche Cons.
Stato, sez. II, 30 maggio 1984, n. 936, id., Rep. 1986, voce
cit., n. 426) si è andata ad attestare su due diverse posi zioni.
Secondo un primo orientamento — evidentemente ispirato dal
l'esigenza di evitare duplicazioni o interferenze nell'azione am
ministrativa — la concessione edilizia per le opere pubbliche comunali non sarebbe necessaria in quanto sostanzialmente con
tenuta nell'approvazione del progetto esecutivo, con il conse
guente corollario che vengono ad assumere natura di presuppo sti di legittimità dell'approvazione del progetto esecutivo dell'o
pera pubblica anche tutti quegli atti e adempimenti che la legge
pone quali presupposti di legittimità della concessione (parere
della commissione edilizia, nulla osta dell'ufficiale sanitario —
ora Usi — in questo senso il Cons. Stato, sez. V, 22 giugno
1979, n. 340, id., 1980, III, 300 e Tar Lombardia 23 novembre
1979, n. 365, 17 giugno 1980, n. 222). Il secondo orientamento — evidentemente sollecitato dalla di
versa esigenza di evitare appesantimenti neWiter procedimentale di approvazione dell'opera pubblica comunale — è, invece, nel
senso che detta approvazione — che è finalizzata alla dichiara
zione di pubblica utilità dell'opera e di urgenza e indifferibilità dei lavori da eseguire (ai sensi della 1. n. 1 del 1978) e costitui sce presupposto (se necessario) per l'acquisizione coattiva del
l'area interessata — si «. . . appalesa dinstint(a) da quell(a) del
la verifica di conformità sia alle previsioni urbanistiche sia alle
norme legislative e regolamentari che disciplinano l'attività edi
ficatoria . . .», verifica quest'ultima che è demandata anche per le opere comunali al sindaco, che rilascia la concessione edilizia
(ovviamente con natura autoritativa e prowedimentale) al ter
mine del relativo procedimento e dopo l'acquisizione di tutti
gli altri atti che ne costituiscono presupposto (in questo senso:
Cons. Stato, sez. IV, 4 novembre 1985, n. 488, id., Rep. 1986,
voce Espropriazione per p.i., n. 70, a cui si riferiscono le frasi
virgolettate e Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 1988, n. 592, id.,
1990, III, 21). Questo tribunale ha già avuto modo di esprimersi in quest'ul
timo senso (19 luglio 1985 n. 332) ed il collegio non ha alcuna
ragione per rimettere in discussione la questione (per eventual
mente discostarsene) atteso che non sono state apportate dalle
parti nuove e sostanziali argomentazioni che ne possano confu
tare la validità.
8. - Avuto riguardo alle conclusioni a cui si è giunti nel punto che precede e cioè alla necessità della concessione edilizia anche
per la realizzazione delle opere pubbliche comunali e alla sepa razione del procedimento diretto all'approvazione del progetto esecutivo con la conseguente dichiarazione di pubblica utilità
dell'opera e del (successivo) procedimento diretto alla verifica
di conformità dell'opera stessa alle previsioni urbanistiche (che,
peraltro, possono essere state variate nella precedente fase con
l'eventuale intervento dell'autorità urbanistica sopraordinata) e
alle altre norme legislative e regolamentari che disciplinano l'at
tività edificatoria, ne consegue che i ricorsi in esame, per la
parte in cui concernono propriamente le delibere di approvazio ne dei progetti (e a prescindere dalla natura delle singole censu
re) sono tardivi, come giustamente eccepito dalle parti resisten
ti, e le censure (che propriamente le riguardano), in quanto la
ricorrente abbia inteso riferirle anche alle successive concessioni
edilizie, sono inammissibili perché concernenti provvedimenti pre
supposti non impugnati ritualmente.
Il collegio intende affermare che il principio giurisprudenziale secondo cui la pubblicazione della concessione edilizia non ha
rilievo ai fini della determinazione della tempestività della sua
impugnazione (il cui termine decorre quantomeno dall'inizio dei
lavori se è sufficiente a far conoscere i vizi dell'atto) concerne — quando si tratti di opera pubblica per la cui realizzazione
il rilascio della concessione si renda necessario — solamente que st'ultima e non certo il presupposto provvedimento di approva zioe del progetto esecutivo per il quale valgono le regole ordi
narie.
In sostanza, il principio per cui l'impugnativa della concessio
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
ne edilizia è azionabile da «chiunque» vi abbia interesse a de
correre dal termine sopra indicato risponde unicamente all'esi
genza di controllare che l'attività edificatoria sia conforme (co me si è detto) alle disposizioni urbanistiche e alle altre norme
di legge e regolamentari che disciplinano tale attività, per cui
non vi è alcuna ragione di estenderlo alla presupposta determi
nazione di edificare, quando quest'ultima — essendo riferibile
ad una pubblica autorità — viene ad assumere rilievo sul terre
no pubblicistico. Ciò premesso, si osserva che le delibere di approvazione dei
progetti esecutivi (e del piano di utilizzo delle aree) per la realiz
zazione dei parcheggi in località San Francesco e in località San
Giuseppe sono state adottate rispettivamente il 24 aprile 1987
(n. 64) e pubblicata il 27 aprile 1987; il 10 maggio 1988 (n. 171) e pubblicata il 25 maggio 1988 e il 23 aprile 1987 (n. 60) e pubblicata il 6 maggio 1987 e il 24 aprile 1987 (n. 65) e pub blicata il 27 aprile 1987.
Non vi è dubbio che l'impugnativa di tali delibere avvenuta
con i ricorsi in esame — notificati nel marzo del 1989 — è
di gran lunga tardiva dovendosi avere riguardo per l'individua
zione della decorrenza del termine di decadenza — nei confron
ti dell'associazione ricorrente (né formalmente né sostanzialmente
contemplata da detti provvedimenti) — alla data di pubblica zione e di superamento del controllo (di alcuni giorni successivi).
In conclusione sono irricevibili i ricorsi (n. 146 del 1989 e
n. 147 del 1989) per la parte in cui sono diretti contro le delibe
re di approvazione dei progetti esecutivi dei parcheggi ed è inam
missibile la censura (ric. n. 146 del 1989) incentrata nella viola
zione della 1. reg. n. 35 del 1982 (nulla osta per l'alienazione
di aree acquisite a seguito della riforma sanitaria) in quanto rivolta contro la concessione edilizia mentre concerne sostan
zialmente l'atto presupposto. 9. - Si può, quindi, passare all'esame dell'unica censura diret
tamente riferibile alle impugnate concessioni edilizie e che è in
centrata nella mancanza del nulla osta paesaggistico di cui al
l'art. 7 I. n. 1497 del 29 giugno 1939 e all'art. 82 d.p.r. n.
616 del 24 luglio 1977 nel testo modificato dalla 1. 8 agosto
1985 n. 431 e che è fondata sull'assunto che i progettati par
cheggi San Francesco e San Giuseppe insistono in aree compre se nella fascia di 150 metri rispettivamente dal fiume Vezzola
e dal fiume Tordino (che non risultano esclusi dal vincolo ai
sensi dell'art. 1 quater 1. n. 431 cit.).
Riguardo alla tempestività non vi possono sorgere dubbi atte
so che i lavori al momento della proposizione dei ricorsi, come
è pacifico, non erano iniziati, e comunque (a prescindere cioè
dalla peculiarità della censura in esame) dalla documentazione
che le parti resistenti hanno versato in atti non emerge che la
ricorrente abbia avuto «piena conoscenza» delle impugnate con
cessioni in epoca anteriore.
Oppongono nel merito le amministrazioni e le società conces
sionarie controinteressate che detto vincolo nella specie non sus
sisteva (ai sensi del 6° comma del citato art. 82) in quanto le
aree in questione erano ricomprese nella zona omogenea A pre
vista dal p.r.g. di Teramo o in subordine nella zona B; erano
incluse nel piano pluriennale di attuazione, e comunque sono
state inserite nella zona A dal piano particolareggiato del centro
storico (definitivamente approvato e ritualmente non impugna
to). In ogni caso il piano paesistico regionale avrebbe escluso
dal vincolo ivi previsto le opere pubbliche anche se ricomprese in piani solo adottati.
10. - Osserva innanzitutto il collegio che in ordine al rappor
to tra concessione edilizia e nulla osta paesaggistico le incertez
ze che in giurisprudenza ancora sussistevano (si veda l'ord. del
Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 1988, n. 311, id., Rep. 1988,
voce Edilizia e urbanistica, n. 345), si possono ritenere del tutto
superate dopo la decisione adottata dall'adunanza plenaria del
Consiglio di Stato (del 3 ottobre 1988, n. 8, id., 1989, III, 65) a cui ha fatto seguito ancor più di recente una decisione sostan
zialmente adesiva della V sezione dello stesso consesso (del 20
novembre 1989, n. 738, id., Rep. 1990, voce cit., n. 374).
Ritiene il collegio di potet ricavare da tale giurisprudenza il
principio in base al quale, ancorché il nulla osta paesaggistico
e la concessione edilizia siano preordinati ad interessi tra loro
diversi, per effetto dell'art. 25 r.d. 3 giugno 1940 n. 1357 (reg. di attuazione della legge sulle bellezze naturali) che fa espresso
Il Foro Italiano — 1991.
divieto al sindaco di rilasciare concessioni edilizie in zone sog
gette a vincolo paesistico se non previo nulla osta della soprin tendenza (ora regione), quest'ultimo costituisce presupposto di
legittimità della concessione. Il successivo rilascio del nulla osta
ha, peraltro, effetto sanante della concessione illegittimamente rilasciata e l'inversione del procedimento costituisce mera irre
golarità. Avuto riguardo al principio che precede, ritiene il collegio
che nel momento in cui sono state rilasciate (24 novembre 1987,
mentre la variante relativa al parcheggio San Francesco è del
24 giugno 1988) le impugnate concessioni edilizie erano sicura
mente illegittime, imponendosi nella specie l'acquisizione del nulla
osta paesaggistico. Innanzitutto non vi è dubbio che i due parcheggi insistono,
almeno nella loro parte sostanziale, in area ricompresa nella
fascia dei 150 metri dal fiume Vezzola e dal fiume Tordino;
ciò non è stato seriamente contestato e del resto è facilmente
ricavabile dalle planimetrie in scala versate in atti.
È, poi, da escludere che in base al vigente p.r.g. di Teramo
(del 1958-1972 e successiva variante del 1978) fossero da ricom
prendere nella zona omogenea A o B di cui al d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 (e per tale ragione essere escluse dal vincolo).
Al riguardo si osserva che l'art. 8 delle norme tecniche di
attuazione dello strumento urbanistico generale (nel testo stral
ciato versato in atti dalla ricorrente e non contestato) individua
quale zona A il centro storico e precisamente «la zona che com
prende il vecchio nucleo urbano racchiuso tra le due circonval
lazioni (Spalato e Ragusa)»; delimitazione che trova conferma
anche nella cartografia allegata al fascicolo di causa.
Le aree interessate dai parcheggi sono, invece, all'esterno del
le circonvallazioni e precisamente nella zona ricompresa tra queste
ultime e i fiumi e (sempre per quanto emerge dagli atti) erano
dallo strumento urbanistico generale destinate (S. Giuseppe) a
zona E (attrezzature generali e parcheggi) e (S. Francesco) a
parcheggi e per una parte marginale a zona verde.
Anche a voler seguire un concetto sostanziale di zona omoge
nea che prescinda da quanto formalmente impresso in sede di
definizione dello strumento urbanistico generale è ugualmente
certo che le aree in questione non possono essere ricomprese
nella zona A di Teramo.
Come si è visto il p.r.g. ha assunto a parametro di individua
zione della zona A il vecchio nucleo urbano e le zone in que
stione non solo ad esso geograficamente esterne ma hanno ca
ratteri morfologici ed ambientali totalmente diversi da quelli del
centro storico, come emerge con sufficiente chiarezza da tutte
le planimetrie allegate in atti.
Non si può, infatti, ritenere che a fondare l'omogeneità di
un'area sia sufficiente il requisito della contiguità in assenza
di comuni caratteristiche morfologiche ed ambientali, essendo
evidente che un tale criterio annullerebbe la stessa possibilità
di utilizzare il concetto di zona omogenea. Il collegio non si nasconde che da una relazione di sintesi
di indicazioni emerse nel corso di un dibattito promosso dal
l'amministrazione ed inviate ai progettisti incaricati della reda
zione del piano particolareggiato del centro storico si sostiene
che le aree comprese tra le circonvallazioni e cioè «le vecchie
mura demolite» e i fiumi costituiscono un insieme unitario con
il centro storico (in epoca antica sarebbero state abitate).
A tale conclusione si giunge, peraltro, adottando criteri che
non tengono conto né della consapevole contraria determina
zione (che ne viene confermata) dell'autorità urbanistica (in se
de di adozione e approvazione della variante generale del 1978),
né degli attuali e reali caratteri morfologici delle due zone, a
cui invece fa riferimento la lett. A dell'arg. 2 del citato d.m.
n. 1444 del 1968.
Neppur si può ritenere — con riguardo al parcheggio S. Fran
cesco — che possa costituire idoneo criterio di inclusione nella
zona A il rapporto funzionale che può essersi creato tra il cen
tro storico e il «parcheggio» realizzatosi in una porzione di tale
area (l'omonimo piazzale) in assenza di qualsiasi infrastruttura.
Innanzitutto il rapporto funzionale non è sufficiente (art. ex
art. 4, 2° comma, d.m. n. 1444 del 1968) a determinare il requi
sito della omogeneità quando non si sia concretizzato in un as
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PARTE TERZA
setto dei luoghi tale da determinare anche una identità morfolo
gica ed ambientale con l'area interessata.
Non vi è, poi, ragione per derogare da tale principio in rela
zione all'applicazione delle norme di salvaguardia ambientale
per le quali l'esclusione dal vincolo paesaggistico (relativo) delle
aree (fiumi, ecc.) incluse nelle zone A e B riposa (almeno con
riguardo agli strumenti urbanistici approvati anteriormente al
l'entrata in vigore della legge vincolistica) sulla presunzione che
esse siano irrimediabilmente degradate rispetto all'interesse che
si intende salvaguardare, il che non può certo affermarsi nelle
ipotesi in cui rientra il caso di specie. Per concludere sul punto, appare al collegio del tutto invero
simile pensare che l'autorità urbanistica (variante al p.r.g. del
1978), nel momento in cui ha consapevolmente individuato il
centro storico quale zona A ed ha corrispondentemente perime trato nella cartografia il centro storico, abbia nello stesso tem
po inteso includere nella zona A aree che non appartengono
morfologicamente al centro storico e che sono state escluse dal
la relativa perimetrazione. Per le stesse ragioni è da respingere la tesi che le aree in que
stione siano da ricomprendere nalla zona B, non essendo stata
fornita alcuna prova al riguardo e potendosi ragionevolmente
escludere — sulla base delle planimetrie in atti — che presenti no quegli indici di edificazione a cui fa riferimento il d.m. del
1968. Nessuna prova è stata data neppure in ordine all'inclusione
delle aree in questione in un programma pluriennale di attua
zione (a prescindere da ogni altra considerazione). In effetti, una tale affermazione si trova nel contesto delle
delib. nn. 60 e 65 del 1987 (per l'area San Giuseppe) e della
delib. n. 64 del 1987 (per l'area San Francesco), ma si tratta
di affermazione priva di riferimenti specifici ed in palese con
traddizione con la circostanza che, secondo le stesse autorità
urbanistiche, l'ipotizzato p.p.a. era destinato a dare attuazione
al piano particolareggiato del centro storico che in quel mo
mento non era stato nemmeno approvato. Del tutto inconfererente è, infine, il richiamo al piano paesi
stico regionale che non risulta ancora approvato e che, quindi, è privo di vigenza.
11. - È anche da escludere che la definitiva approvazione (in
precedenza le aree dei parcheggi erano state stralciate) e l'entra
ta in vigore del piano particolareggiato del centro storico (ap
provato dal consiglio provinciale il 14 maggio 1988 delib. n.
170 e pubblicato nel Bura del 30 luglio 1988) abbia avuto l'ef
fetto di includere nel centro storico le aree in questione renden
do, quindi, non più necessario il nulla osta paesaggistico e, quin
di, sanando per questa via (o, comunque, privando di rilevan
za) l'illegittimità delle concessioni in questione. Si è, già, detto che la sola costituzione di un rapporto funzio
nale tra le aree e il centro storico non è sufficiente a far ritenere
incluse in quest'ultimo le aree asservite a standards. Ciò emerge chiaramente dal 2° comma dell'art. 4 del d.m. n. 1444 del 1968.
Se si esclude la costituzione di tale rapporto funzionale che
del resto la citata normativa imponeva, non essendo sufficiente
il reperimento degli standards all'interno del centro storico, non
emerge dal contesto delle delibere di adozione e di approvazio ne del piano particolareggiato una consapevole determinazione
dell'autorità urbanistica diretta a modificare il piano regolatore nel senso di includere nel centro storico aree ad esso esterne, né una tale volontà si è estrinsecata in una conseguente modifi
ca delle tavole di piano che continuano ad indicare con un di
verso tratteggio il centro storico rispetto alle aree in questione.
(Omissis) Al riguardo si può ancora osservare che se poi con la delibera
c.c. n. 105 del 1987 (adeguamento alle osservazioni del Sup) l'amministrazione comunale di Teramo avesse veramente inteso
modificare la perimetrazione della zona A — in variante al p.r.g. e in applicazione dell'art. 21 (sopravvenuta) 1. reg. n. 18 del
1983 — includendovi le aree destinate ai parcheggi, e con ciò
venendo ad incidere sui vincoli medio termine imposti dalla 1.
n. 431 del 1985, non avrebbe sicuramente mancato di sentire
o richiedere il parere dell'autorità preposta alla loro tutela (co me imposto dall'art. 20 1. reg. cit.), adempimento che non risul
II Foro Italiano — 1991.
ta essere stato osservato, ed anzi si è affermato in proposito che l'amministrazione era unicamente tenuta ad acquisire il pa rere della soprintendenza ai sensi 1. n. 1089 del 1939.
Segno questo che non si intendeva affatto sottrarre le aree
in questione (includendole nella zona A) dai vincoli paesaggisti ci e che le opere ipotizzate (peraltro, sostanzialmente diverse
da quelle per cui è causa, essendo previsto nella località San
Francesco un parcheggio a due piani completamente interrato
e non visibile dalla zona est, ed un parcheggio a due livelli nella
località San Giuseppe) rimanevano soggette al vaglio di fattibi
lità dell'autorità paesaggistica.
Neppure la delibera di approvazione esprime il convincimen
to dell'autorità urbanistica superiore che il piano particolareg
giato che si andava ad approvare determinava una profonda modifica del p.r.g. e veniva a consentire — al di fuori di ogni verifica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo — l'edificazione su aree che nel frattempo la legge nazionale
aveva inteso sottoporre a tutela ambientale.
Di fronte alla mancanza o quantomeno alla mancata esterna
zione di una chiara e consapevole volontà di determinarsi nel
senso di includere dette aree nel centro storico (con le relative
implicazioni) non sembra al collegio che si possa pervenire alle
conclusioni volute dalle parti resistenti, non assumendo univoca
rilevanza gli elementi portati a sostegno (come neppure la pub blicazione nel Bura della delibera di approvazione oppure il cal
colo degli standards che se mai può solo indicare il soggettivo ed errato convincimento del progettista che le aree in questione dovevano già ritenersi ricomprese nel centro storico).
È, infine, appena il caso di aggiungere — per quanto ciò non
sia stato neppure ipotizzato dalle pratiche — che è anche da
escludere che la pretesa inclusione nella zona A delle aree dei
parcheggi possa essere stata determinata dalle deliberazioni di
approvazione dei progetti esecutivi di dette opere. L'effetto di variante del p.r.g. che la 1. n. 1 del 1978 attribui
sce a tali delibere non può che limitarsi (atteso il carattere ecce
zionale e derogatorio della disposizione) a rendere conforme la
destinazione dell'area ad opera pubblica in questione e non può certamente estendersi anche a modificazioni delle previsioni del
lo strumento urbanistico generale, ulteriori e non strettamente
conseguenziali, quali, per il caso di specie, la modificazione del
la zona A.
Si può, quindi, concludere per la fondatezza delle censure
di illegittiità delle impugnate concessioni edilizie per la mancata
acquisizione del nulla osta paesaggistico. Esse vanno di conse
guenza annullate. (Omissis)
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